Sarà una congiunzione piuttosto larga quella che potremo ammirare la mattina presto del 12 dicembre, alle ore 6:00, guardando verso est. Ci colpirà senza alcun dubbio la tridimensionalità della scena che si presenterà ai nostri occhi: una sottile falce di Luna (fase dell’8%), in luce cinerea, alta circa 14° sull’orizzonte che si avvicinerà al brillantissimo pianeta Venere (mag. –3,9). Il senso di tridimensionalità è dato dalla brillantezza nitida e definita dei due oggetti che sembreranno staccarsi dal fondo del cielo. La separazione tra Luna e Venere sarà cospicua, come anticipato, pari a circa 7° 40’. Nonostante questo valore non possa far scalare a questa congiunzione la classifica degli incontri più stretti, sarà di sicuro effetto e molto piacevole da osservare e fotografare a largo campo.
Merita una nota aggiuntiva anche lo scenario che ospiterà questo incontro, ossia il cuore della costellazione della Bilancia, di cui potremo facilmente individuare le due stelle principali, Zubenelgenubi e Zubeneschamali, stelle che, seppur tenui, andranno ad arricchire la scena. Le potremo trovare rispettivamente a destra e a sinistra della Luna, in un sistema di riferimento altazimutale.
In fotografia, il consiglio è quello di utilizzare obiettivi di corta focale, in grado di abbracciare per intero la scena includendo elementi del paesaggio ma attenzione a non esagerare: è sempre bello poter distinguere chiaramente nelle riprese di questo genere i protagonisti! Attenzione anche al tempo di esposizione: forse servirà qualche prova per imprimere correttamente la flebile luce cinerea della Luna, senza però bruciare i bordi del falcetto lunare, e del pianeta Venere.
Per partecipare all’evento compilare il modulo al link presente nella pagina di ogni singolo evento.
Consulta il sito web www.ataonweb.it/wp/eventi per maggiori informazioni. Venerdì 4 dicembre alle ore 21:00 è in programma l’evento virtuale “Stelle in famiglia”. L’evento divulgativo rientra nell’ambito dell’iniziativa “AstroIncontri@Home”, che ha la finalità di offrire a tutti i soci e simpatizzanti dell’ATA un’opportunità di svago e di crescita culturale e di dare continuità all’opera di diffusione della cultura astronomica durante l’emergenza da Covid-19.
Altri Appuntamenti ATA
Gli incontri si terranno presso il Parco Astronomico “Livio Gratton”, Via Lazio, 14 – Rocca di Papa: 11.12, ore 20:15 e 21:30: L’Universo turbolento 18.12, ore 20:15 e 21:30: Serata speciale: la Stella di Natale
Il piano di rientro della capsula (e ripartenza della sonda) di Hayabusa2, previsto per oggi, sabato 5 dicembre. Crediti: Jaxa
In alto a sinistra, una rappresentazione artistica di Hayabusa-2 mentre sorvola la Terra e osserva la capsula che entra in atmosfera. A destra, la stessa scena fotografata realmente nel cielo di Coober Pedy (Sud Australia). In basso a sinistra, un tecnico JAXA esamina la capsula durante le operazioni di recupero.Credits: Jaxa / Royal Australian Air Force
La missione giapponese Hayabusa-2 ha realizzato un altro successo, il più grande dopo il lancio e l’arrivo su Ryugu. A tarda notte (da noi erano ancora le 18:28 del 5 divembre), la capsula ha fatto il suo ingresso nell’atmosfera a 121 km di altezza ed è stata avvolta da una sfera di plasma a 3000 °C, per effetto dell’attrito con l’aria a una velocità di oltre 40mila km/h. Questo attrito ha anche rallentato la capsula a circa un quarto della sua velocità iniziale, una delle più alte con cui un veicolo artificiale è mai rientrato sulla Terra. La decelerazione media è stata 24 volte quella della gravità terrestre (circa 235 m/s2)! Nella figura sottostante, vediamo in bella mostra la protezione termica dorata che le ha permesso di sopportare l’enorme calore e di rallentare.
La capsula CPSL in un modello mostrato durante la conferenza stampa di ieri (a sinistra) con gli schemi che indicano la posizione dei campioni in essa stivati. – Credits: Jaxa – Processing: Marco Di LorenzoUna vista ad “occhio di pesce” con la luna che rischiara il deserto australiano (ma la scia e la Via Lattea si vedono comunque!) – Credits: Jaxa
La “palla infuocata” che attraversava i limpidi cieli australiani è stata immortalata dalle telecamere e dalle macchine fotografiche, come testimoniano le immagini. Quella mostrata in apertura sulla destra è particolarmente suggestiva perché mostra anche la sonda madre (scia più debole e corta) mentre si muove parallelamente alla capsula e attraversa la Via Lattea australe, a metà strada tra la nebulosa oscura “sacco di carbone” e la nebulosa luminosa Eta Carinae. La scia della capsula invece passa poco al di sopra di Alfa Centauri (l’astro più luminoso, nella porzione inferiore dell’immagine). Qui sotto vediamo la stessa scena ripresa con un obiettivo grandangolare, e qui a destra un fish-eye, che abbracciano tutto il percorso della capsula.
Persino dalla ISS gli astronauti sono riusciti a fotografare l’evento, possiamo immaginare l’orgoglio dell’astronauta giapponese Soichi Noguchi, giunto sulla stazione 20 giorni fa a bordo della Crew-Dragon! Qui invece, alcuni fotogrammi della sequenza di ingresso ripresa invece con un teleobiettivo…
Una prima stima grossolana sul luogo di atterraggio è venuta grazie al segnale radio “beacon” inviato dalla capsula. All’alba, quando da noi erano le 19:17, un elicottero si è sollevato dalla base di Woomera e, dopo 90 minuti di ricerche, ha individuato la capsula che era caduta praticamente su un arbusto, rompendo alcuni rami come si vede nella foto sottostante:
Immagine ripresa dall’elicottero (ritratto in alto a destra) che mostra il piccolo paracadute e la capsula (ingrandita in basso a destra) – Credits: Jaxa – Processing: Marco Di LorenzoPhoto Credit: Australian Space Agency – Processing: Marco Di Lorenzo
Qui a destra vediamo invece una parte del team Jaxa giunto sul posto e che sta riportando il prezioso carico verso la base australiana, dove verrà preparato per la spedizione in Giappone. Le operazioni di recupero si sono concluse quando in Italia mancava mezz’ora alla mezzanotte. L’inserto in alto a destra è un ingrandimento della foto di apertura, e si notano le condizioni apparentemente perfette della capsula.
Credits: Jaxa / Australian Space Agency – Processing: Marco Di Lorenzo
Qui a sinistra, vediamo lo stesso tecnico, con un curioso abbigliamento che lo fa somigliare a un artificiere che sta disinnescando una mina. Dopo avere staccato i cavi del paracadute, solleva la capsula che appare solo un po’ impolverata e la porta verso il contenitore ermetico della foto precedente.
Nel frattempo, dopo il rilascio e la manovra correttiva di ieri mattina, Hayabusa-2 era stata immortalata dal telescopio giapponese Nayuta da 2 metri di diametro, mentre si avvicinava a noi insieme alla capsula come si vede sulla sinistra, nella figura sottostante. In fondo all’articolo, riportiamo anche un filmato dei due oggetti ripreso da un altro telescopio giapponese.
Altre immagini del genere sono arrivati anche dall’osservatorio di Tottori city.
Ci sono stati momenti di tensione quando si è perso il contatto radio con la sonda, che nel frattempo era entrata nell’ombra terrestre e quindi non beneficiava dell’energia dai pannelli solari. Per fortuna, i contatti sono stati subito ristabiliti dall’antenna di Goldstone alle 23:15, evento accolto da un applauso liberatorio da parte del team di navigazione in Giappone.
Nell’immagine qui sopra, vediamo anche che adesso la sonda madre si è ormai allontanata a mezza distanza lunare e sta utilizzando i suoi strumenti scientifici per osservare Terra e Luna. Avendo ancora 66 kg di combustibile nei serbatoi, presto riaccenderà i motori a ioni e si dirigerà verso due piccoli asteroidi. Durante il viaggio, nel corso di 6,5 orbite attorno al Sole, effettuerà studi scientifici sulla luce zodiacale (che rivela la distribuzione di polvere nel Sistema Solare interno) e persino su transiti esoplanetari.
Confronto tra le dimensioni di 1998 KY26 e Hayabusa-2. Il modello della forma approssimativa dell’asteroide è stato ricavato dalla curva di luce. – Credits: Auburn University/Jaxa – Processing: Marco Di Lorenzo
Il primo incontro sarà con 2001 CY21, un piccolo NEO con il quale la sonda avrà solo un fugace fly by nel 2026 poi, dopo avere sfruttato anche la gravità terrestre in due “gravity assist” nei due anni successivi, raggiungerà la destinazione finale nel 2031.
Stiamo parlando di 1998 KY26, un oggetto di una trentina di metri di diametro, al quale la sonda si avvicinerà progressivamente, rilasciando anche l’ultimo “target marker” e forse addirittura posandosi su di esso. Sarà la degna conclusione di una missione ambiziosa e di successo, durata ben 27 anni!
Data: 10 dicembre, ore 21:30 (UTC+1) A cura di: Ivan Delvecchio – Associazione Astronomiamo. Ospite: Michele Ginolfi – Fellow all’European Southern Observatory (ESO) a Garching, Monaco, già postdoc all’Osservatorio di Ginevra (Dipartimento di Astronomia, UNIGE) nel gruppo del Prof. Daniel Schaerer. PhD in “Astronomy, Astrophysics and Space Science”, un programma di ricerca di La Sapienza di Roma, Università di Tor Vergata e INAF/OAR sotto la supervisione della Prof.ssa Raffaella Schneider con la tesi “The Baryon Cycle driving Galaxy Evolution”. Parte del PhD è stata svolta al Cavendhish Laboratory di Cambridge, con il Prof. Roberto Maiolino.
Nel suo lavoro, utilizza i più potenti telescopi (principalmente ALMA, VLT/MUSE e HST) unitamente a modelli numerici per esplorare soggetti collegati all’evoluzione delle galassie a diverse ere cosmiche. Recentemente coinvolto nell’ambizioso progetto ALPINE, un programma di ALMA disegnato per studiare le proprietà della polvere e del gas nel mezzo interstellare nelle galassie ad alto redshift.
Illustrazione della sonda di raccolta campioni Chang’e 5. Crediti: CNSA.
Nuovo passo del lungo programma spaziale cinese, che porterà il paese, almeno nelle intenzioni, alla colonizzazione umana della Luna e al successivo viaggio verso Marte. La Cina ci sta ormai abituando a macinare tappe, secondo un programma ben preciso e senza troppi intoppi. Ve ne abbiamo parlato nel numero doppio dell’estate scorsa, in un articolo a cura di Elisabetta Bonora: “Il programma spaziale cinese e la corsa verso Marte”.
In questo caso la Cina è riuscita a far atterrare sul nostro satellite una sonda per la raccolta di suolo lunare da riportare a Terra, a raccogliere e stoccare i campioni e a lanciare il modulo di risalita per l’incontro con il modulo di rientro che lo porterà a Terra. Il tutto sta accadendo proprio in questo momento.
Il lancio della missione Cheng’e 5. Crediti: CNSA
I tre principali obiettivi ingegneristici della missione infatti sono: in primo luogo, testare tecnologie chiave per il lancio in multiorbita a finestra stretta, il campionamento e lo stoccaggio automatici di materiale dalla superficie lunare, il decollo dalla superficie lunare e il rendez vous in orbita con il modulo per il rientro a Terra, migliorando così il livello della tecnologia aerospaziale cinese. Il secondo obiettivo è realizzare il primo campionamento automatico per la Cina e il rientro di materiale extra terrestre per portare avanti importanti conoscenze scientifiche, e infine, come terzo obiettivo quello di acquisire esperienza tecnologica e materiali per il futuro atterraggio sulla Luna con equipaggio umano e per l’esplorazione dello spazio profondo.
La sonda, è partita alle 4:30 del 24 novembre scorso (le 20:30 del 23 novembre ora italiana), dal sito di lancio Wenchang in Cina, a bordo del razzo vettore Yaowu Long March 5, il lanciatore della serie ormai rodata che porta con successo in orbita le attuali missioni del paese del Sol Levante.
Le immagini del suolo lunare durante l’atterraggio.
Alle 23:11 del 1° dicembre (15:11 ora italiana), la sonda è atterrata con successo, a 51,8° di longitudine ovest e 43,1° di latitudine nord, nel sito previsto per l’atterraggio, nei pressi del Mons Rümker. L’agenzia spaziale ha prontamente rilasciato le immagini del suolo lunare riprese dalla sonda durante l’atterraggio, attraverso il social cinese Weibo (analoghi di facebook e youtube, e per fortuna google translate accorre in aiuto), dove l’agenzia spaziale ha un profilo in cui condivide, non senza qualche inghippo ed esitazione in realtà, tutti i passaggi del programma spaziale cinese.
Si tratta comunque di un grande passo avanti per l’agenzia spaziale cinese, che non molto tempo fa passava le informazioni molto in sordina, solo ad evento compiuto e sempre con il contagocce, mentre ora la trasparenza e la spettacolarizzazione delle missioni si sta avvicinando a quella delle missioni occidentali.
Qui si vede l’ombra di una delle gambe del lander, poco prima del morbido touch down.
Anche in questo caso, per la terza volta nel programma spaziale Chang’e, la sonda ha effettuato un atterraggio morbido e controllato andato perfettamente a buon fine. Ha dispiegato i pannelli solari e l’antenna direzionale, e ha iniziato il suo lavoro di raccolta dei campioni.
Dopo sole 19 ore di lavoro la raccolta si è conclusa ed è stato effettuato con successo lo stoccaggio del materiale e il distacco per la risalita in orbita del modulo contenente i 2 chili di campioni previsti, avvenuto alle 15:10 (ora italiana) di oggi 3 dicembre.
La missione è infatti composta da un modulo di servizio e uno di rientro, rimasti in orbita in attesa del modulo di risalita, e dal lander che ha effettuato le operazioni di raccolta, ma che rimarrà abbandonato sulla superficie lunare (non essendo attrezzato per sopravvivere alla fredda notte lunare).
Un fermo immagine del video in cui si vede il braccio del lander raccogliere campioni, e le tracce lasciate sulla superficie.
Ora non resta che attendere l’annuncio di riuscito rendez vous, previsto per le 19:14 (ora italiana) di sabato 5 dicembre, quando il modulo di risalita si aggancerà e trasferirà i campioni al modulo di rientro per il ritorno a Terra.
Più o meno in contemporanea avverrà anche il rientro della capsula di Hayabusa2, della giapponese JAXA, con i campioni raccolti dall’asteroide Ryugu… se tutto andrà bene, una giornata sicuramente da ricordare per la storia delle missioni spaziali dei paesi orientali.
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21 dicembre 2020
La Grande Congiunzione Giove-Saturno
In collaborazione con il Teatro Nuovo e l’Università di Verona (Dip. Culture e civiltà). 16 trasmissioni on line dal 13 novembre 2020 fino al 15 giugno 2021
Il programma prevede 16 brevi puntate, una ogni 15 giorni, trasmesse on line sui canali social del Museo (Instagram @palazzomaffeiverona, Facebook @palazzomaffei, sito palazzomaffeiverona.com tutti linkabili), in cui i racconti degli studenti di Beni Culturali e della laurea Magistrale in Arte metteranno in luce, per singole opere della collezione, connessioni, rimandi, contesti e personaggi che mostrano il dialogo, spesso sottovalutato, tra il sapere scientifico e la creazione artistica.
The instrument platform of the 305m telescope at Arecibo Observatory in Puerto Rico fell overnight. No injuries were reported. NSF is working with stakeholders to assess the situation. Our top priority is maintaining safety. NSF will release more details when they are confirmed. pic.twitter.com/Xjbb9hPUgD
Ha sopportato uragani, tempeste tropicali e terremoti da quando è stato costruito 57 anni fa, ma ora è arrivato al capolinea. Il radiotelescopio di Arecibo, in Puerto Rico, per 53 anni il più grande radiotelescopio single-dish del mondo con la sua apertura di 305 metri e sorpassato nel 2016 dal radiotelescopio cinese Fast (diametro di 500 metri), è crollato ieri 1 dicembre alle ore 12:55 (ora italiana) come conseguenza di alcuni danni ingenti subiti quest’anno, che avevano già resa inevitabile la decisione amara della sua smantellamento, per motivi di sicurezza.
Crediti: Ucf
Prima la rottura a metà agosto di uno dei cavi ausiliari che sostengono il sub-riflettore sospeso a 150 metri di altezza sopra il disco, seguita a novembre dal cedimento di uno dei cavi principali in avanzato stato d’usura, secondo perizie recenti, e la cui sostituzione era già stata programmata per fine anno. Troppo tardi. La sicurezza della struttura nelle ultime settimane era ormai compromessa, a tal punto da non permetterne la riparazione, secondo la National Science Foundation (Nsf) che gestisce e finanzia in gran parte l’osservatorio. Da qui la decisione di smantellare in modo “controllato” il radiotelescopio, seguendo cioè un piano di demolizione sicuro al fine di evitare ulteriori crolli.
Infine, ieri il colpo al cuore. I cavi restanti non hanno retto le 900 tonnellate di peso del sub-riflettore che è precipitato sulla parabola sottostante, fortunatamente senza causare feriti.
Le ispezioni preliminari non hanno evidenziato danni agli edifici 1, 2, al lidar, al laboratorio ottico, alla mensa e agli edifici preposti per la manutenzione. Un team di ingegneri è sul posto per fare le prime valutazioni strutturali e ambientali.
Il radiotelescopio, inizialmente progettato per scopi militari, lascia un’enorme eredità scientifica.
Ha osservato oggetti astronomici dietro l’angolo di casa, quali gli asteroidi potenzialmente pericolosi per la Terra, fino ai fast radio bursts a miliardi di anni luce di distanza. Passando per pianeti, nebulose, pulsar, e aprendo anche la strada alle scoperte degli esopianeti nel 1992.
A pochi mesi dall’inaugurazione, avvenuta il 1 novembre del 1963, il radiotelescopio di Arecibo permise di misurare con osservazioni radar il periodo di rotazione di Mercurio, all’epoca non ancora noto. Fu la prima di una lunga serie di scoperte, tra cui quella nel 1974 del primo sistema binario ad “altissima gravità” composto da una stella pulsar e una di stella neutroni, insignita del premio Nobel per la fisica nel 1993 per “aver inaugurato nuove possibilità nello studio della gravitazione”.
Non può non essere ricordata la partecipazione dell’antenna al progetto Seti per la ricerca di vita intelligente extraterrestre, e in particolare il famoso messaggio di Arecibo, quel segnale radio in codice binario, breve e più potente di qualsiasi trasmissione radiofonica, inviato dal radiotelescopio verso l’ammasso globulare Messier 13, il 16 novembre 1974, a 22mila anni luce di distanza. Un modo per dimostrare la potenza tecnologica dello strumento, più che un vero e proprio tentativo di instaurare una comunicazione con ipotetici extraterrestri.
Dimensioni ciclopiche, un premio Nobel, numerose scoperte, il messaggio di Arecibo, il progetto Seti. Tutti elementi che hanno fatto sì che il radiotelescopio diventasse un’icona della cultura di massa ed entrasse nel cuore delle persone, non solo in quello degli scienziati. L’antenna portoricana è si è guadagnata il posto in vari libri, videogiochi (per esempio Battlefield 4) e vari film di successo, tra cui il diciassettesimo capitolo della saga su 007, Golden Eye, un episodio di X-files e il film Contact di Robert Zemeckis, con protagonista Jodie Foster, ispirato al romanzo omonimo dell’astronomo statunitense Carl Sagan.
Nel 2016, il governo statunitense aveva annunciato l’intenzione di chiudere l’osservatorio di Arecibo per mancanza di fondi (l’osservatorio costa 12 milioni di dollari all’anno, ed è finanziato principalmente dalla Nsf e in misura minore dalla Nasa), decisione poi scongiurata grazie a nuovi finanziamenti e che aveva amareggiato scienziati e pubblico, tanto da promuovere una petizione online aperta a tutti per salvare l’osservatorio.
Il suo smantellamento lascerà un vuoto incolmabile, reale ed emotivo, ma la ricerca va avanti con lo spirito audace che la contraddistingue.
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21 dicembre 2020
La Grande Congiunzione Giove-Saturno
Corsi online
Si potranno seguire comodamente da casa e, se si perde la diretta le lezioni saranno online a disposizione dei corsisti. Iscrizioni e riduzioni sul sito.
– Astronomia Pratica
– Astronomia Generale
– Fotografia Astronomica
– Astrofisica e Cosmologia
– Astronomia Fondamentale
– Archeoastronomia
– Consulenza per corsisti e appassionati
È questo il momento di tentare le lunghe pose centrate sul Polo Celeste per registrare la rotazione apparente della volta stellata: nelle notti prossime al solstizio si potranno infatti raggiungere le 12 ore di esposizione. Quando “l’Occhio del Toro” Aldebaran, l’ammasso delle Iadi, raggiungerà il meridiano, a ponente staranno già scendendo lentamente le costellazioni dell’Acquario, del Pegaso, del Cigno, con la brillante Deneb, e i Pesci, con l’ancora brillantissimo Marte, che qualche mese fa dominavano lo zenit, ora occupato dal Perseo e dall’Auriga, in cui dimora la fulgida Capella. Più in basso rispetto al Toro riconosceremo il dolce fluire delle acque stellari dell’Eridano. Verso est, circondato da altri “animali” e personaggi mitologici, salirà invece un aggressivo Leone. Più tardi, nel corso della notte, sorgerà anche il Boote, con la brillante Arturo, mentre staranno già scendendo verso l’orizzonte occidentale la Balena, i Pesci e Andromeda.
Ormai vi uscirà dalle orecchie e dagli occhi… ma siamo finalmente arrivati al mese del grande appuntamento tra Giove e Saturno che raggiungeranno il loro massimo avvicinamento di soli 6′ il 21 di questo mese, proprio nel giorno del Solstizio d’Inverno. Su questo non aggiungiamo altro, avete un intero numero (o quasi) di Coelum Astronomia per capire l’importanza, i meccanismi, la storia e come osservare e riprendere il fenomeno!
Marte continua ad essere sempre ben osservabile, con la sua luce arancione, ma anticipa sempre più il suo tramnonto, e potremo osservarlo nella prima parte della notte. Venere segue il destino di Marte, ma avvicinando sempre più il suo sorgere all’alba del nostro Sole. con Mercurio nei dintorni che si allontana dall’ottima visibilità del mese scorso.
I giganti ghiacciati, anche se sfuggono alla visione ad occhio nudo, saranno però ben visibili per chi li cercherà con uno strumento. Informazioni, cartine e dettagli a riguardo li trovate, assieme alle notizie su asteroidi, comete e ISS, nelle pagine del Cielo di Novembre su Coelum Astornomia 250:
La Luna
Come ogni mese Francesco Badalotti ci guida attraversole formazioni più interessanti da osservare in ogni fasedel nostro satellite, ci indicatutte le librazionicon quelle zone del bordo tra lato visibile e lato nascosto della Luna che via via si rendono accessibili da Terra grazie al “dondolio” apparente della Luna nella sua orbita attorno alla Terra.
Prosegue poi il viaggio tra le principali formazioni della nostra Lunadal settore sudest verso nord(parte 8 ), questo mese consigliato nei giorni 5 e 6 dicembre e in particolare la sera del 22 dicembre.
Per quanto riguarda inveceluce cinerea e le sottili falcil’appuntamento è nella seconda parte della notte e prima dell’alba il 12 e 13 dicembre e, dopo il Novilunio, le sere del 16 novembre, nei pressi di Giove e Saturno.
Quello delle Geminidi è uno tra i più attivi sciami meteorici dopo quello delle Perseidi, che lo battono solo grazie alle notti miti che agevolano l’osservazione, e si manifesta in genere nel periodo che va dal 7 al 17 dicembre. Il radiante è situato circa 2° a nordovest di Castore, la stella alfa della costellazione dei Gemelli.
L’attività di quest’anno prevede il picco massimo verso le ore 01:00 TU (le nostre ore 2:00) del 14 dicembre, in condizioni osservative eccellenti, considerando che nello stesso giorno la Luna raggiungerà la fase di Nuova, eliminando il rischio del disturbo lunare.
Per la ripresa e l’osservazione dello sciame, valgono tutti i consigli dati nel caso dellePerseidi, a parte circostanze, cartina e dettagli, ovviamente, che potete trovare all’interno della rivista.
Hai compiuto un’osservazione? Condividi le tue impressioni, mandaci i tuoi report osservativi o un breve commento sui fenomeni osservati: puoi scriverci a segreteria@coelum.com. E se hai scattato qualche fotografia agli eventi segnalati, carica le tue foto inPhotoCoelum!
La regione attiva Ar 2786 fotografata da Mauro Messerotti da Trieste. Crediti: Mauro Messerotti/Inaf
La regione attiva Ar 2786 fotografata da Mauro Messerotti da Trieste. Crediti: Mauro Messerotti/Inaf
Grande macchia solare in arrivo per il Giorno del ringraziamento, che quest’anno cade domani, giovedì 26 novembre. L’alert è arrivato mercoledì scorso – dunque con una settimana d’anticipo – dagli scienziati del National Solar Observatory (Nso) statunitense. Diciamolo subito, a scanso d’equivoci: non c’è nessun particolare allarme in vista. Di macchie solari, ora che il Sole si sta risvegliando, ne torneremo a vedere spesso e numerose, nei prossimi anni. Il motivo per cui se ne parla, in questo caso, è dovuto al metodo impiegato dal team dell’Nso per prevederne l’arrivo: l’eliosismologia.
Per approfondire, Coelum Astronomia di novembre 2020 era dedicato al Sole e ai suoi cicli solari. Clicca e leggi.
Così come l’analisi delle onde sismiche che attraversano il nostro pianeta permette di scoprire qualcosa del suo interno, un cambiamento nelle misurazioni delle onde sonore del Sole – perturbate dagli intensi campi magnetici delle regioni attive – indica che potrebbero essere presenti macchie solari ancora non visibili sul lato della nostra stella rivolto verso la Terra. E ciò che è accaduto nel caso della regione attiva Ar 2786: in pratica si sono “sentiti”, nelle onde sonore che si propagano dall’interno del Sole, cambiamenti forieri dell’imminente comparsa di nuove macchie solari – macchie che ora possiamo vedere dalla Terra nei pressi del lembo solare orientale.
«Abbiamo misurato una variazione nei segnali acustici sul lato del Sole più lontano da noi», spiega Alexei Pevtsov dell’Integrated Synoptic Program dell’Nso, il programma che si occupa delle previsioni. «È una tecnica che ci permette di capire cosa sta succedendo sul lato del Sole che non è rivolto verso la Terra alcuni giorni prima che il fenomeno diventi a noi visibile. Sapere con fino a cinque giorni di anticipo che ci sono macchie solari attive è estremamente prezioso per una società come la nostra, ad alto contenuto tecnologico».
Andamento dell’attività solare nelle ultime tre settimane. Su fondo giallo la firma sismica dell’attività nell’emisfero solare a noi più distante. Cliccare sullLa rete Gong impiega le onde sonore per misurare i cambiamenti all’interno del Sole, indicativi della presenza di macchie solari sul lato rivolto lontano dalla Terra. Lo schema mostrale onde acustiche interne del Sole senza macchie solari (pannello superiore) e con macchie solari (pannello inferiore). Il campo magnetico della macchia solare perturba le onde acustiche, cambiandone la forma. La misurazione di questo cambiamento consente agli scienziati di prevedere l’arrivo di macchie solari presenti sulla faccia a noi lontana del Sole. Crediti: Nso / Aura / Nsf
Proprio per anticipare l’arrivo di tempeste solari – potenzialmente dannose per le telecomunicazioni, i sistemi Gps e le reti di distribuzione dell’energia elettrica – l’Nso tiene d’occhio il Sole 24 ore su 24, 7 giorni su 7, attraverso il sistema Gong (Global Oscillation Network Group): una rete di sei stazioni di monitoraggio, posizionate in tutto il mondo, che tengono interrottamente monitorato il campo magnetico e altre caratteristiche della nostra stella. Sono comunque osservazioni che si compiono non solo da terra ma anche dallo spazio, con il Solar Dynamics Observatorydella Nasa.
«Le osservazioni del Sole dalla Terra sono limitate all’emisfero visibile, ovvero quello rivolto verso di noi. Emisfero che cambia continuamente: il Sole ruota intorno al proprio asse in circa 25 giorni all’equatore e 32 giorni ai poli, perciò vediamo una macchia solare comparire al bordo est, attraversare il disco solare e scomparire al bordo ovest dopo circa 14 giorni a latitudini intermedie. Possiamo però ricavare indirettamente la posizione della macchia, purché sia estesa e quindi con forte campo magnetico, anche quando la rotazione la porta nella parte del Sole non visibile dalla Terra», spiega a Media InafMauro Messerotti, senior advisor dell’Inaf per lo space weather.
«Potremo pertanto capire se la macchia esiste ancora e se dobbiamo aspettarci che compaia nuovamente al bordo est trascorsi altri 14 giorni. Oppure possiamo capire se si sia formata qualche grande macchia proprio nella parte che non vediamo e che la rotazione farà comparire al bordo est. Ciò si può fare grazie, appunto, all’eliosismologia, che sonda la parte a noi nascosta del Sole studiando le onde acustiche (oscillazioni) che si propagano nel plasma solare, rilevate sulla parte visibile con tecniche spettroscopiche e la cui velocità dipende dalla densità del plasma e dall’intensità dei campi magnetici lungo il percorso di propagazione. Così è stata identificata la regione attiva Ar 2786 diversi giorni prima che comparisse al bordo est. L’enorme macchia solare che la caratterizza è ora ben visibile».
C’è una notte dell’anno così speciale che tutto è possibile. Può accadere che un’intelligenza artificiale duetti con un noto musicista, che si possano creare vestiti all’ultima moda con buccia di arancia o pomodoro, che degli insetti giochino a tombola e, persino, che tutto questo possa “accadere virtualmente” nelle nostre case. È la Notte Europea dei Ricercatori e delle Ricercatrici di Frascati Scienza, che resiste, anzi, resilie alle difficoltà e alle sfide che quest’anno ha portato con sé, e torna venerdì 27 novembre con una nuova edizione, tutta da seguire online.
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IL TEMA
La scelta del tema non è mai stata tanto azzeccata, sebbene formulata in tempi non sospetti: EnHance Resilience Through Humanity, promuovere resilienza attraverso le donne e gli uomini. E il lato positivo di questo 2020 è sicuramente quello di averci insegnato ad essere resilienti: non opporre resistenza alle avversità, ma adattarsi e sfruttare le situazioni a proprio favore.
Il progetto EARTH, associato alla Notte Europea dei Ricercatori promossa dalla Commissione Europea nell’ambito delle azioni Marie Curie, porta la scienza “a domicilio” con un fitto programma di eventi online pensati per adulti, piccini e scuole.
Si inizia di mattina, con gli eventi per le scuole: Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro presenta Cervelli Fumanti, un webinar interattivo che fornisce agli studenti informazioni sul fumo e limitare la possibilità che possa prendere il controllo su di loro. Per le scuole ma in replica anche nel pomeriggio, è “SuperEvolotto”: la tombola in cui si estraggono variabili ambientali a cura dei divulgatori scientifici di Associazione G.Eco. Tessuti al caffè e cosmetici di buccia di pomodoro: scopriamo la bioeconomia e i prodotti bio-based con Biovoices ed FVA – new media research. Se sei un’”ecoschiappa”, puoi diventare eco-eroe insieme all’Associazione Scienza Divertente. Fondazione Umberto Veronesi porta la prevenzione a scuola con il laboratorio digitale Io vivo Sano Alimentazione e Movimentoper promuovere sane abitudini a partire dalla tavola.
Come si comunica una emergenza sanitaria? Che cos’è il centro di fase 1 di un farmaco? Sono tanti gli interrogativi che, soprattutto in questo periodo di emergenza sanitaria, ci poniamo per capire come vengono gestite le questioni riguardanti la nostra salute. Scopriamo tutte le risposte con i ricercatori di Regina Elena – San Gallicano – IFO. L’Associazione Bioscienza Responsabile presenta “Il grande Gioco dell’Immunità” un webinar interattivo in cui i partecipanti dovranno abbinare ad ogni patogeno, uno specifico anticorpo e la rispettiva malattia da esso causata. Se i visitatori non possono andare ai laboratori di Ricerca dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, l’Università Campus Bio-Medico di Roma va dai visitatori virtualmente contanti eventi legati tra loro dal fil rouge della resilienza.
Fitto anche il programma di Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, che porta i laboratori e i professionisti protagonisti della ricerca a casa delle famiglie.
COVID19
Non poteva mancare un focus dedicato al virus che sta investendo il nostro intero Pianeta, grande convitato di pietra di questo 2020. L’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” propone due approfondimenti: COVID-19: keep calm and carry on curato dal Dipartimento di Biologia e “Turismo e nuovi scenari post Covid 19 tra responsabilità e prossimità” organizzato dal dal Dipartimento di Storia, Patrimonio culturale, Formazione e Società. INMI – Spallanzani ci spiega come si crea un vaccino. Dall’isolamento estremo nelle missioni spaziali alle “solitudini” umane, come l’isolamento da malattia o da smart working che il Covid-19 sta facendo vivere a migliaia di persone ovunque. Esiste un gene della resilienza che possa farci reagire positivamente? Scopriamolo insieme a Fondazione EBRI Rita Levi-Montalcini e Istituto Superiore di Sanità.
Astrocose
L’Agenzia Spaziale Europea – ESA apre le porte per una visita virtuale dello Phi Experience, il Centro multimediale dell’Osservazione della Terra di Frascati e, insieme a Tommaso Parrinello, Mission Manager di CryoSat e Aeolus si parlerà di cambiamenti climatici visti dallo Spazio. E poi ancora sostenibilità, lezioni scientifiche, spettacoli astronomici e artistici: andiamo alla scoperta dei Percorsi di Luce, del Club per l’Unesco di Latina.
Scienza e letteratura
La curiosità è l’elemento che accomuna scienza e letteratura. Spesso queste due discipline s’intrecciano per creare opere grandiose, come quelle di Gianni Rodari raccontate da Multiversi – divulgazione scientifica e quelle di Isaac Asimovricordate attraverso diversi giochi di ruolo dalla Biblioteca Comunale per Ragazzi Casa di Pia.
I ricercatori e gli esperti dell’Istituto Centrale per il Restauro raccontano storie di resilienza scovandola dove forse non avremmo mai immaginato: nel cuoio (I e II parte) e nei materiali dei dipinti murali. Dalla Sardegna Sotacarbo presenta tutte le sue soluzioni sostenibili per una “Generazione Consapevole”, mentre i ricercatori dell’Università degli Studi di Sassari ci accompagneranno fino all’orario dell’aperitivo con “La Scienza è di tutti”.
COME PARTECIPARE Tanti e per tanti interessi gli eventi della Notte Europea dei Ricercatori e delle Ricercatrici di Frascati Scienza. La partecipazione è esclusivamente online e gratuita ma molti eventi necessitano di prenotazione, per conoscere le modalità di accesso, consultare le indicazioni di ogni singolo evento suwww.frascatiscienza.it.
I PARTNER Tanti sono i partner, nuovi e storici, che contribuiscono con attività e supporto al progetto EARTH: ESA – Agenzia Spaziale Europea, Associazione Bioscienza Responsabile, AGET Italia, AIGU – Associazione Italiana Giovani per l’UNESCO, Associazione G.Eco, AICO – Associazione Infermieri di area chirurgica e di Camera Operatoria, Alumni – ALACLAM Associazione Laureati Ateneo Cassino e Lazio Meridionale, Associazione Parimpari, Associazione Scienza Divertente Roma, Associazione Speak Science, Banca d’Italia, Biblioteca Comunale per ragazzi Casa Di Pia, BIOVOICES, Club per l’UNESCO di Latina, Consorzio Nettuno – Digital Education Industry 4.0, CREA – Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, Explora Il Museo dei Bambini di Roma, Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, Fondazione EBRI Rita Levi – Montalcini, Fondazione Umberto Veronesi, FVA New Media Research, Gruppo Astrofili Monti Lepini, IFO – Istituti fisioterapici Ospitalieri – Istituto Tumori Regina Elena e Istituto Dermatologico San Gallicano, IIT – Istituto Italiano di Tecnologia, IRCCS – INMI Lazzaro Spallanzani, Istituto Centrale per il Restauro, ISS – Istituto Superiore di Sanità, Ludis, Mindsharing.tech, Multiversi Divulgazione Scientifica, Museo della Terra Pontina, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Osservatorio Astronomico di Campo Catino – Guarcino, Raffa Fa Cose, Rhea Group, Sapienza Università di Roma – Green Sapiens, Sotacarbo, Tecnoscienza, Unitelma Sapienza, Università Campus Bio-Medico di Roma, Università di Roma LUMSA, Umbria Green Festival, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” – Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” centro PA.TER laboratorio Geo-Cartografico, Università degli studi di Roma “Tor Vergata” – Dipartimento di Storia, Patrimonio culturale, Formazione e Società, Università degli Studi di Sassari, Università degli Studi Roma Tre. Tanti anche i media partner: Greenme, Rai Radio3, Teleambiente, Giornalisti Nell’Erba, MetaMagazine, Radio Scienza, RomaTre Radio, Coelum Astronomia.
21 dicembre 2020
La Grande Congiunzione Giove-Saturno
Iscriviti alla UAI
Una grande opportunità per tutti gli appassionati di astronomia
L’Unione Astrofili Italiani (UAI), l’associazione nazionale che riunisce gli appassionati di astronomia in Italia, lancia la nuova campagna iscrizioni e riserva a tutti gli iscritti tanti vantaggi – in primis opportunità di crescita culturale – e agevolazioni economiche per l’acquisto di beni e servizi di grande interesse per gli astrofili.
Tutte le informazioni su: https://www.uai.it/sito/associazione/iscriviti-e-sostienici/
Corso Asteroidi – 28-29 novembre
Organizzato dal Programma Nazionale Asteroidi UAI, un incontro di approfondimento dei programmi e delle tecniche di studio degli Asteroidi, presso l’Osservatorio Astronomico Beppe Forti, Montelupo Fiorentino (FI) www.uai.it/sito/ricerca-e-studi/
La sera del 25 novembre, alle ore 20:50, volgendo il nostro sguardo verso sud, potremo ammirare una bella congiunzione tra la Luna (fase dell’82%) e il brillante pianeta Marte (mag. –1,3).
La separazione tra i due astri, all’orario indicato, sarà pari a 4° 40’, con Marte che si posizionerà esattamente a nord della Luna.
Il chiarore lunare tenderà a inghiottire il Pianeta Rosso che però riuscirà a saòvarsi, mantenendosi comunque ben evidente, solo grazie alle condizioni eccezionali con cui si mostra ancora in novembre, dopo l’opposizione dello scorso 14 ottobre.
I due soggetti, ospitati tra le stelle della costellazione dei Pesci, saranno molto alti sull’orizzonte: 38° la Luna e circa 43° Marte. Per realizzare fotografie che includano elementi del paesaggio sarà pertanto necessario attendere qualche ora, quando Marte e la Luna saranno prossimi al tramonto, che avverrà alcuni minuti dopo le 3 del 26 novembre. Ovviamente, senza dover fare le “ore piccole”, anche alla mezzanotte del 25 novembre i due soggetti saranno disposti in posizione più fotogenica.
L’iniziativa condivisa di VIS srl, SNS, INAF si rivolge a tutti coloro che si confrontano – o che intendono farlo – con la comunicazione e divulgazione della scienza. Il workshop fornisce valore aggiunto e competenze volti alla crescita professionale in un settore di fondamentale importanza.
ENGAGE è Online!
A causa del peggioramento della situazione relativa alla pandemia di Covid19, ENGAGE passa alla modalità online per garantire la sicurezza e l’accessibilità a tutti i partecipanti. La qualità dei contenuti e l’interattività saranno garantite. Per ottimizzare la fruizione digitale il workshop si terrà nell’arco di cinque mezze giornate nelle date 19-20 novembre, 26-27 novembre e 4 dicembre. Per maggiori informazioni: https://engage.vis-sns.com/
Come ogni anno, in attesa di venerdì 27 novembre, Frascati Scienza insieme agli eccellenti partner, propone un anticipo di quanto si potrà scoprire allaNotte Europea dei Ricercatori e delle Ricercatrici.
Sabato 21 novembre inizia la Settimana della Scienza del progetto EARTH, con tantissimi eventi per scuole, adulti, appassionati e curiosi.
EnHance Resilience Through Humanity, promuovere resilienza attraverso gli uomini e le donne, è il tema scelto dall’associazione tuscolana per celebrare la scienza e rinsaldare il rapporto con i cittadini. E mai come nel 2020, l’anno della pandemia globale, è necessario riscoprire la fiducia nella ricerca scientifica.
Il progetto EARTH è associato alla Notte Europea dei Ricercatori promossa dalla Commissione Europea nell’ambito delle azioni Marie Curie. Tutti gli eventi, in ottemperanza degli ultimi DPCM e per garantire la sicurezza dei partecipanti, si svolgeranno online.
Durante la Settimana della Scienza sono tanti gli eventi oltre l’orario scolastico.
Sabato 21 Mindsharing.tech e CoderDojo SPQR propongono due laboratori di “Attività di coding” per bambini e ragazzi. Ricco di esempi di resilienza il programma dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro: dalle macerie di Amatrice, ai dipinti murali, passando per nuove tecnologie e tante curiosità da scoprire. Vulcani, acceleratori di particelle, dinosauri e molto altro: ce n’è davvero per tutti i gusti e gli interessi nel palinsesto dell’Università di Roma Tre.
Nei pomeriggi infrasettimanali dal 23 al 26, imperdibili “pillole di scienza” con “It’s Earth o’ clock”, a cura dei ricercatori di Raffa fa Cose e “Parola ai Ricercatori”, ogni pomeriggio un’intervista diversa agli esperti dell’Università di Roma Tre.
Sempre con lo stesso Ateneo, non poteva mancare un approfondimento dedicato al Covid19 con la Prof.ssa Elisabetta Affabris, docente di Virologia del Dipartimento di Scienze, inA tu per tu col Coronavirus.
Gli studenti e le studentesse appassionati di scienza potranno trovare pane per le loro menti!
A Università di Roma Tre il compito di aprire la settimana per le scuole con “Benvenuti All’AstroGarden” per conoscere tante curiosità attraverso il mappamondo orientato del giardino astronomico del Dipartimento di Matematica e Fisica.
Dal 23 e fino al 27 ci saranno i “Cervelli fumanti” insieme ai divulgatori scientifici di Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, un webinar interattivo che fornisce ai giovani numerose informazioni sul fumo per limitare la possibilità che possa prendere il controllo su di loro.
I “Lanciatori Spaziali” di ESA – Agenzia Spaziale Europea arrivano direttamente a scuola: nel laboratorio per ragazzi della scuola primaria (23 e 24 novembre) e secondaria di primo grado (25 e 26 novembre) sarà possibile costruire un modellino e scoprire come fa un lanciatore ad arrivare fino a 800 km di distanza dalla Terra!
Dal 25 al 27 Fondazione Umberto Veronesi nel webinar “Io vivo sano Alimentazione e Movimento” ci ricorda che la prevenzione inizia quando ci sediamo a tavola.
Siamo soliti vedere suggestive immagini girate grazie ai droni, ma Banca d’Italia ci mostra “I droni nella manutenzione immobiliare”, un ulteriore impiego per la conservazione di edifici storici e interventi di restauro. Sempre a cura dell’istituto, c’è “Cybersecurity, consapevolezza è protezione” per scoprire tutte le le tracce che lasciamo in rete e le possibili minacce cui ci esponiamo.
Giocattoli biodegradabili e insetti per la bellezza, sono solo alcune delle cose che si potranno scoprire in “La bioeconomia e i prodotti bio-based”con FVA-New Media Research e i progetti Europei BIOVOICES e Biobridges.
Venerdì 27 ci sarà “SuperEvolotto”: l’unica tombola dedicata alle scuole in cui non si estraggono numeri ma variabili ambientali a cura dei divulgatori scientifici di Associazione G.Eco. Scienza Divertente Roma proporrà invece delle “Letture-esperimenti Piccola guida per Ecoschiappe”.
Gli eventi sono tutti online gratuiti, per alcuni è necessaria la prenotazione. Per potervi garantire un posto (virtuale) in prima fila verificare le modalità di accesso all’evento e seguire le istruzioni. L’intero programma è consultabile qui.
Restate sintonizzati per ulteriori aggiornamenti perché ancora tantissimi sono gli eventi in serbo per la Notte Europea dei Ricercatori!
Tanti sono i partner, nuovi e storici, che contribuiscono con attività e supporto al progetto EARTH: ESA – Agenzia Spaziale Europea, Associazione Bioscienza Responsabile, AGET Italia, AIGU – Associazione Italiana Giovani per l’UNESCO, Associazione G.Eco, AICO – Associazione Infermieri di area chirurgica e di Camera Operatoria, Alumni – ALACLAM Associazione Laureati Ateneo Cassino e Lazio Meridionale, Associazione Parimpari, Associazione Scienza Divertente Roma, Associazione Speak Science, Banca d’Italia, Biblioteca Comunale per ragazzi Casa Di Pia, BIOVOICES, Club per l’UNESCO di Latina, Consorzio Nettuno – Digital Education Industry 4.0, CREA – Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, Explora Il Museo dei Bambini di Roma, Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, Fondazione EBRI Rita Levi – Montalcini, Fondazione Umberto Veronesi, FVA New Media Research, Gruppo Astrofili Monti Lepini, IFO – Istituti fisioterapici Ospitalieri – Istituto Tumori Regina Elena e Istituto Dermatologico San Gallicano, IIT – Istituto Italiano di Tecnologia, IRCCS – INMI Lazzaro Spallanzani, Istituto Centrale per il Restauro, ISS – Istituto Superiore di Sanità, Ludis, Mindsharing.tech, Multiversi Divulgazione Scientifica, Museo della Terra Pontina, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Osservatorio Astronomico di Campo Catino – Guarcino, Raffa Fa Cose, Rhea Group, Sapienza Università di Roma – Green Sapiens, Sotacarbo, Tecnoscienza, Unitelma Sapienza, Università Campus Bio-Medico di Roma, Università di Roma LUMSA, Umbria Green Festival, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” – Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” centro PA.TER laboratorio Geo-Cartografico, Università degli studi di Roma “Tor Vergata” – Dipartimento di Storia, Patrimonio culturale, Formazione e Società, Università degli Studi di Sassari, Università degli Studi Roma Tre. Tanti anche i media partner: Greenme, Rai Radio3, Teleambiente, Giornalisti Nell’Erba, MetaMagazine, Radio Scienza, RomaTre Radio, Coelum Astronomia.
Il tardo pomeriggio del 19 novembre, alle ore 18:00, potremo assistere a una bella congiunzione tra la Luna e i pianeti Giove e Saturno. All’orario indicato il cielo sarà già scuro a sufficienza per distinguere non solo i brillanti pianeti, ma anche alcune delle stelle del Sagittario, costellazione in cui, come accaduto anche i mesi precedenti, avviene questa congiunzione.
Guardando dunque verso sud-sudovest, vedremo un brillante triangolo in cielo, a un’altezza di circa 21° sull’orizzonte: una falce di Luna (fase del 25%) si troverà alla sinistra dei due pianeti, a circa 3° e mezzo di distanza da Saturno (–0,6), prospetticamente situato più in alto, e poco meno di 6° da Giove (–2,0), situato invece più in basso di Saturno.
Guardando ancora più giù verso l’orizzonte, a sudovest, noteremo sicuramente le più brillanti stelle del Sagittario, quelle che delineano la famosa forma a teiera, in procinto di tramontare. Complessivamente si tratta di un bel quadretto celeste che potremo sicuramente apprezzare a occhio nudo e immortalare in uno scatto fotografico a largo campo.
Il consiglio è quello di non ridurre troppo la focale: con obiettivi fortemente grandangolari la nostra fotografia abbraccerà sicuramente un’ampia fetta di paesaggio ma renderà meno evidenti gli astri protagonisti della congiunzione. Meglio sarà sfruttare delle focali medie, per inquadrare i soggetti mantenendoli ben intelligibili avendo cura di introdurre nella ripresa elementi del paesaggio naturale o architettonico circostante.
A tal proposito potrebbe risultare più semplice attendere che Luna e pianeti siano più bassi: basterà attendere un’ora o poco più per avere i soggetti molto più in prossimità dell’orizzonte e quindi disponibili a creare interessanti giochi prospettici con gli elementi che ci circondano.
I resti di una supernova nella Grande Nube di Magellano, una galassia nana che si trova vicino alla Via Lattea. Crediti: Nasa / Esa / Heic e The Hubble Heritage Team
L’idea di un telescopio con lo specchio primario liquido ha alcuni precedenti. Questo, per esempio, era il Large Zenith Telescope, un telescopio liquido da 6 metri alla University of British Columbia, dismesso nel 2019. Crediti: Nasa
Il James Webb Space Telescope ancora deve essere lanciato. L’Extremely Large Telescope ancora deve essere costruito. Ma c’è qualcuno che già pensa a quale telescopio verrà dopo. E a che nome potrà avere. Problema, quest’ultimo, da non prendere sottogamba: come si può chiamare il successore del “telescopio estremamente grande”? Ebbene, la risposta è Ult: Ultimately Large Telescope. No, non stiamo scherzando: la proposta è pronta, nero su bianco, a breve verrà pubblicata su The Astrophysical Journal. E il nome non è la sua caratteristica più sorprendente: il “telescopio definitivo”, se mai verrà costruito, sorgerà all’interno di un cratere lunare e avrà uno specchio primario da cento metri di diametro. Uno specchio liquido.
D’accordo, per ora è poco più che un sogno. Ma i tre autori, astronomi alla University of Texas di Austin, non sono partiti da zero: una proposta analoga – ma con uno specchio da “appena” 20 metri di diametro – era già stata presa in esame dalla Nasa nel 2008. Si chiamava Lunar Liquid-Mirror Telescope. Finì per essere scartata e abbandonata in qualche cassetto.
Perché allora volerlo riaprire oggi, quel cassetto? E giocare addirittura al rialzo? La risposta è: Popolazione III. Un’espressione che a noi dice poco, ma per chi studia le stelle è una sorta di Sacro Graal dell’astronomia. Ci si riferisce infatti con l’espressione “Popolazione III” alla prima generazione di stelle nella storia dell’universo. Le prime ad accendersi, circa 13 miliardi di anni fa, e le uniche composte esclusivamente di idrogeno ed elio, visto che all’epoca non c’erano altri elementi. Né avrebbero potuto esserci, d’altronde: sono state le stelle di Popolazione III a fondere i primi elementi “pesanti”. Stelle che mai nessun telescopio è riuscito a osservare, e che nemmeno il James Webb riuscirà a vedere.
Progetto del Lunar Liquid-Mirror Telescope con specchio da 20 metri, scartato dalla Nasa nel 2008. Crediti: Roger Angel et al./Univ. of Arizona
«Nel corso della storia dell’astronomia, i telescopi sono diventati sempre più potenti, permettendoci di studiare sorgenti da tempi cosmici di volta in volta più antichi, sempre più vicini al Big Bang. Il futuro James Webb Space Telescope riuscirà a spingersi fino all’epoca in cui le galassie si sono formate per la prima volta. Ma la teoria prevede che ci sia stata un”epoca precedente», spiega infatti uno degli autori dello studio, l’astronomo Volker Bromm, «in cui le galassie non esistevano ancora, nella quale si formarono per la prima volta le singole stelle: le sfuggenti stelle di Popolazione III. E quell’epoca di “primissima luce” è al di là perfino delle possibilità del potente Jwst: richiede un “telescopio definitivo”».
Un telescopio come l’Ultimately Large Telescope, appunto. In grado di funzionare in modo autonomo, alimentato a energia solare, trasmettendo i dati a un satellite in orbita lunare. Se ne starebbe immobile dentro a un cratere al polo nord o sud della Luna – per poter essere sensibile al vicino infrarosso – fissando sempre lo stesso pezzo di cielo, così da raccogliere quanta più luce possibile dalle prime stelle – unico modo per raccogliere fotoni a sufficienza, data la loro estrema distanza e debolezza: rispettivamente, dicono le stime, redshift 15 e magitudine AB 39.
Ma perché uno specchio liquido? Anzitutto per una questione di costi: trasportarlo sulla Luna sarebbe più economico. Si tratterebbe di uno specchio “dinamico”, ottenuto facendo ruotare in continuazione una vasca contenente il liquido – metallico, così da essere riflettente – in modo da imprimergli una curvatura parabolica.
Gli incontri si terranno presso il Parco Astronomico “Livio Gratton”, Via Lazio, 14 – Rocca di Papa
(Roma)
20.11, ore 20:15 e 21:30: Stelle in famiglia 27.11, ore 22:00 e 23:15: Pianeti a confronto: Marte e Venere Consulta il sito web www.ataonweb.it/wp/eventi per maggiori informazioni
Oggi, 16 novembre alle 01:27 italiane (00:27 UTC), è stata lanciata con successo la navicella Resilience. Per la seconda volta una capsula Crew Dragon della compagnia aerospaziale privata SpaceX sta volando con esseri umani a bordo. Come ormai prassi per l’azienda di Hawthorne, è stato anche recuperato con successo il primo stadio del Falcon 9, che verrà riutilizzato per la prossima missione con equipaggio, Crew-2.
È la prima volta che SpaceX lancia con lo scopo di portare a bordo della Stazione Spaziale Internazionale un equipaggio pienamente operativo, destinato a una permanenza di lunga durata. Soichi Noguchi (astronauta JAXA), Michael S. Hopkins, Victor J. Glover e Shannon Walker (astronauti NASA) sono i protagonisti di questa missione, denominata Crew-1 (USCV-1 secondo la nomenclatura NASA).
Si è arrivati quindi al tanto atteso cambio di paradigma, in cui gli Stati Uniti d’America e le altre nazioni non dipendono più dalla Russia per il lancio di uomini e donne nello spazio.
I giorni precedenti al lancio
Inizialmente la prima data utile fissata per il volo era il 30 ottobre 2020. Da allora sono state apportate altre modifiche al programma di lancio, fino ad arrivare alla decisione di accendere il 16 novembre i motori del Falcon 9.
In un lotto di produzione di motori Merlin (cioè i motori utilizzati dal Falcon 9) si sono riscontrati infatti dei comportamenti anomali, come un’accensione leggermente anticipata rispetto al previsto. Si è velocemente risaliti alla causa dell’anomalia riscontrando che una laccatura applicata durante il processo di produzione non veniva completamente eliminata. Con un’accurata pulizia delle parti meccaniche in causa, il problema non è stato più riscontrato.
Le ultime preparazioni al volo sono cominciate il 10 novembre, quando è stato effettuato il rollout (il trasferimento del mezzo dall’hangar alla piattaforma di lancio) e la verticalizzazione del razzo.
Il giorno successivo il vettore è stato però rimesso in orizzontale per consentire la sostituzione di una valvola del sistema di spurgo del secondo stadio. Il ripristino è stato effettuato in tempi molto rapidi ed è stato possibile far tornare la capsula Resilience in posizione di lancio dopo sole 4 ore. Un’operazione resa agevole grazie alla particolare conformazione della Launch Tower, la struttura che sostiene il mezzo anche durante tutta la fase di preparazione al lancio.
La Launch Tower in azione in questo filmato relativo alla missione precedente, DEMO-2
Sempre nella stessa giornata dell’11 novembre è stato eseguito con successo lo static fire test, la prova finale di accensione dei motori del primo stadio. Da allora in poi, si sono susseguitetutte le prove finali.
L’ultimo rinvio si è avuto il 13 novembre a causa di condizioni meteo avverse nella zona di recupero in caso di problemi al lancio.
Il primo equipaggio pienamente operativo
Abbiamo già visto come la precedente capsula Crew Dragon denominata Endeavour abbia completato con successo la sua missione con a bordo esseri umani. In quel caso però si trattava di una missione dimostrativa (Demo-2, appunto).
Nel numero doppio estivo di quest’anno il report dedicato alla missione dimostrativa Demo-2. Sempre in formato digitale e gratuito. Clicca sull’immagine e leggi.
Douglas Hurley e Robert Behnken, nonostante abbiano collaborato più che attivamente alla vita operativa della ISS, avevano infatti come compito principale il monitoraggio delle prestazioni e del comportamento della capsula in tutte le fasi di volo: decollo, attracco, permanenza agganciata alla ISS, distacco e rientro in atmosfera.
Per quanto sia durata 63 giorni, la Demo-2 non rientrava nella definizione di missione “di lunga durata” destinata a un incarico pienamente votato alle attività scientifiche e di manutenzione che vengono svolte a bordo della ISS. Una missione pienamente operativa (Expedition) si protrae solitamente almeno sei mesi e la Crew-1 rimarrà infatti in orbita fino ad aprile 2021.
I ruoli assegnati all’equipaggio
Michael Hopkins è il responsabile di tutte le fasi di volo, dal lancio al rientro. Sulla ISS assumerà il titolo di ingegnere di volo. All’attivo ha 166 giorni di permanenza nello spazio, guadagnati durante le Expedition 37/38, oltre ad aver compiuto due EVA per un totale di 12 ore e 58 minuti. A bordo della ISS presterà giuramento formale come colonnello della US Space Force, dopo essere stato per diversi anni sotto comando della US Air Force.
Victor Glover è il pilota e il secondo in comando all’interno della Dragon. È responsabile dei sistemi del veicolo e delle loro prestazioni in generale. È al suo primo volo nello spazio, dopo la sua selezione come astronauta nel 2013.
Shannon Walker è la specialsta di missione: assieme a Glover e Hopkins tiene sotto osservazione lo stato della navetta durante le fasi di decollo e rientro, oltre a essere responsabile del monitoraggio delle tempistiche, delle telemetrie e dei materiali di consumo. Diventerà ingegnere di volo una volta raggiunta la ISS; nel suo “ruolino di volo” ci sono già segnati 161 giorni vissuti a bordo della ISS durante l’incremento delle Expeditions 24/25.
Soichi Noguchi sarà anch’egli uno specialsta di missione una volta a bordo della ISS, con gli stessi compiti della Walker. Sta effettuando il suo terzo volo, dopo aver viaggiato a bordo della missione Shuttle STS-114 e di una Sojuz nel 2009. È stato il primo astronauta giapponese a compiere una EVA, totalizzando 20 ore e 5 minuti di attività all’esterno della Stazione Spaziale.
Resilience è anche portatrice di cambiamenti
La capsula di SpaceX è protagonista di alcune “prime volte” che cambieranno le routine finora consolidate durante le missioni di lunga permanenza nello spazio.
Si tratta infatti della prima capsula in assoluto a trasportare più di tre persone a bordo. Questo porterà a un aumento regolare di astronauti in orbita. Già in passato la Stazione Spaziale ha ospitato fino a 13 persone in totale durante alcune missioni Shuttle, ma solo per brevi periodi di qualche settimana. Considerando solo il segmento USOS (la parte della ISS gestita da NASA) si sono avute fino 6 persone, ma per un massimo di 38 giorni.
Parlando sempre della parte di ISS coordinata da NASA (la sezione russa della ISS fa capo all’agenzia spaziale Roskomos), da questo momento in poi si avrà la capacità di sostenere più di tre persone alla volta in rotazione, per missioni della durata di almeno sei mesi.
Questo comporta un cambio di prospettiva riguardo alla logistica. Cibo e acqua dovranno avere una diversa gestione, e anche attività come l’uso delle attrezzature ginniche o dei servizi igienici dovranno sostenere un ritmo di programmazione e utilizzo più serrato. Proprio per questo a bordo dell’ultimo cargo Cygnus NG-14 è stata spedita una nuova toilette.
Gli alloggi notturni presenti nella sezione USOS sono quattro e si trovano all’interno del modulo Harmony. Da oggi e fino ad aprile 2021 gli astronauti non russi saranno cinque (dal 14 ottobre è infatti già presente l’astronauta Kate Rubins, arrivata con una capsula Sojuz) e uno di questi dovrà trovare alloggio in qualche altro modulo. Molto probabilmente verrà utilizzata la stessa Resilience o il modulo della JAXA Kibo, ma al momento la soluzione non è stata comunicata, forse per dare un’opportunità di scelta della postazione secondo il comfort riscontrato. Per il futuro alcuni rack (spazi destinati all’installazione di attrezzature per esperimenti) verranno convertiti in alloggi notturni.
L’astronauta Sunita Williams mostra i quattro alloggi notturni per gli astronauti all’interno del modulo Harmony (Node-2)
Sarà anche la prima volta che una capsula di fabbricazione statunitense effettuerà una operazione di Redocking. Una sostanziale differenza tra Resilience e la precedente Endeavour (la capsula usata durante la missione DEMO-2) è infatti la capacità di poter operare in maniera autonoma anche per cambiare boccaporto di attracco. Ciò dovrebbe avvenire nel gennaio 2021, quando si dovrà far posto alla capsula CST-100 Starliner fabbricata dalla Boeing, che effettuerà un attracco automatico (senza equipaggio) durante la sua seconda missione dimostrativa.
L’attracco alla ISS
È previsto per le 05:00 italiane (04:00 UTC) del 17 novembre e, anche se supervisionato dall’equipaggio a bordo e dal team di supporto a terra, avverrà in maniera automatica.
Ecco come apparirà la ISS una volta attraccata la capsula Resilience. Immagine realizzata sulla base di rendering ottenuti con software NASA/JSC VRlab DOUG.
Non sarà purtroppo possibile osservare Resilience durante il suo viaggio in solitaria, come avvenne per la precedente Endeavour.
La scienza al primo posto
I quattro astronauti a bordo della Resilience dovranno occuparsi principalmente di ricerca scientifica. Per fare questo si sono espressamente addestrati parecchi mesi prima della partenza.
Oltre alle attività scientifiche gli astronauti saranno chiamati a manutenere la loro casa spaziale, sia con operazioni interne, sia con operazioni extraveicolari (EVA).
Gli elenchi dettagliati delle future attività da svolgere all’esterno della ISS e anticipazioni con simulazioni video, possono essere consultate su ForumAstronautico.it.
La patch di missione e il suo significato
Nella realizzazione, si è posta particolare attenzione ai rimandi al passato. Ben visibili e riconoscibili i contorni della testa di un drago con una Crew Dragon proiettata in una parabola ascendente. Il pennacchio azzurro-bianco retrostante alla capsula sta a indicare il senso del movimento e della velocità, una caratteristica grafica già presente in forme diverse in alcune patch di varie missioni degli Space Shuttle. Nella parte bassa, in blu scuro, i simboli dei quattro mezzi spaziali USA con equipaggio umano che hanno preceduto la Crew Dragon: da sinistra a destra Space Shuttle, Apollo, Gemini e Mercury. Non manca un riferimento alla Stazione Spaziale Internazionale, stilizzata in alto a sinistra. Ovviamente il grande “numero 1” di colore bianco sta indicare che si tratta della prima missione operativa della navicella di SpaceX.
Una significativa decisione sul design della patch è stata presa dagli astronauti. Non sono presenti nomi o bandiere di appartenenza, per sottolineare come la missione non sia per l’individuo o la nazione di appartenenza, ma per tutto il genere umano.
L’iniziativa condivisa di VIS srl, SNS, INAF si rivolge a tutti coloro che si confrontano – o che intendono farlo – con la comunicazione e divulgazione della scienza. Il workshop fornisce valore aggiunto e competenze volti alla crescita professionale in un settore di fondamentale importanza.
ENGAGE è Online!
A causa del peggioramento della situazione relativa alla pandemia di Covid19, ENGAGE passa alla modalità online per garantire la sicurezza e l’accessibilità a tutti i partecipanti. La qualità dei contenuti e l’interattività saranno garantite. Per ottimizzare la fruizione digitale il workshop si terrà nell’arco di cinque mezze giornate nelle date 19-20 novembre, 26-27 novembre e 4 dicembre. Per maggiori informazioni: https://engage.vis-sns.com/
Il Falcon 9 della SpaceX con la navicella Crew Dragon in posizione al complesso di lancio 39A del Kennedy Space Center, in Florida, a conclusione delle operazioni di rolling out (trasporto dall’hangar di assemblaggio alla rampa di lancio e posizionamento). Crediti: Nasa/Joel Kowsky
Il Falcon 9 della SpaceX con la navicella Crew Dragon in posizione al complesso di lancio 39A del Kennedy Space Center, in Florida, a conclusione delle operazioni di rolling out (trasporto dall’hangar di assemblaggio alla rampa di lancio e posizionamento). Crediti: Nasa/Joel Kowsky
Food Physiology, un’indagine sugli effetti della dieta sulla funzione immunitaria e sul microbiota intestinale durante i voli spaziali. Genes in Space, uno studio sulla funzionalità neuronale degli astronauti in microgravità. Plant Habitat-02 – Ravanelli in crescita nello spazio, per capire come le differenze di gravità, atmosfera e condizioni influenzino il modo in cui le piante crescono. BioAsteroid, uno studio sulla capacità di microscopici minatori di estrarre minerali utili dalle rocce in microgravità per creare sistemi di supporto vitale. E ancora, Tissue Chips: usare lo spazio per studiare gli organi attraverso dispositivi delle dimensioni di una chiavetta Usb che contengono cellule umane in una matrice 3D che simula le funzioni di un organo. Cardinal Heart, un esperimento per valutare i cambiamenti nelle cellule cardiache in condizioni di microgravità utilizzando tessuti cardiaci ingegnerizzati. E infine Serfe (Spacesuit Evaporation Rejection Flight Experiment), per collaudare una nuova tecnologia per regolare la temperatura degli astronauti all’interno dell’ultima tuta spaziale xEmu. Sono alcuni degli esperimenti scientifici e tecnologici che i membri dell’equipaggio della missione SpaceX Crew-1 della Nasa svolgeranno una volta giunti a bordo della Stazione spaziale internazionale.
Gli astronauti Shannon Walker, Victor Glover e Mike Hopkins della Nasa, e Soichi Noguchi dell’Agenzia spaziale giapponese (Jaxa), dovrebbero partire alla volta della Stazione spaziale sabato 14 novembre prossimo, alle 19:49 Est (le 01:49 di domenica 15 qui in Italia), continuando l’eredità di due decenni di vita e lavoro nell’orbita terrestre bassa per i prossimi sei mesi. Il lancio, inizialmente previsto per il 31 ottobre 2020 e successivamente posticipato per un problema ai razzi del Falcon 9, avverrà dal complesso 39A del Kennedy Space Center, in Florida, a bordo della navicella spaziale SpaceX Crew Dragon.
La missione SpaceX Crew-1 è la prima missione operativa della navicella spaziale SpaceX Crew Dragon e del razzo Falcon 9 verso la Stazione spaziale come parte del programma commerciale di volo dell’agenzia spaziale, nonché il primo di rotazione dell’equipaggio sulla Stazione spaziale utilizzando una navicella SpaceX Crew Dragon dopo la certificazione della Nasa per i voli regolari verso la stazione orbitante.
I quattro membri dell’equipaggio della missione SpaceX Crew-1 che domenica prossima partiranno alla volta della Iss. Crediti: Nasa
La navicella Crew Dragon dovrebbe attraccare alla Stazione spaziale dopo circa otto ore e mezza, alle 4:20 Est di domenica 15 novembre (le 10:20 di domenica 15 qui in Italia).
Potrete seguire tutte le attività, dal pre-lancio all’attracco della navicella con la Iss, in diretta sulla Nasa Tv e sul sito web dell’agenzia spaziale statunitense. E se non volete perdervi nessun dettaglio, registrandovi qui, o rispondendo all’evento Facebook, potrete ricevere aggiornamenti sulle eventuali modifiche al piano del lancio, informazioni sulle attività correlate al lancio e avere accesso a risorse selezionate normalmente riservate agli ospiti in loco.
L’esperienza di lancio virtuale della Crew-1 include una carta d’imbarco digitale, notifiche sulle interazioni social della Nasa e l’opportunità di un timbro del passaporto virtuale a lancio avvenuto. Inoltre, grazie al progetto Next Gen Stem Commercial Crew, bambini e studenti potranno essere coinvolti in attività educative virtuali e pratiche a misura di famiglia.
Infine, se volete fare sapere che siete virtualmente nella sala di controllo a seguire il lancio, l’hashtag da condividere sui social è #LaunchAmerica (qui tutti gli account ufficiali da taggare). Buon viaggio a tutti.
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SOLE tra ordine e caos
È iniziato il 25° ciclo solare
Nell’illustrazione, vediamo come il lato opposto al Sole di Europa possa risplendere comunque, anche se non illuminato da luce diretta. La variazione di brillantezza e colore del bagliore “notturno” della luna può svelare importanti informazioni sulla composizione dei suoi ghiacci. Crediti: NASA/JPL-Caltech
Nell’illustrazione, vediamo come il lato opposto al Sole di Europa possa risplendere comunque, anche se non illuminato da luce diretta. La variazione di brillantezza e colore del bagliore “notturno” della luna può svelare importanti informazioni sulla composizione dei suoi ghiacci. Crediti: NASA/JPL-Caltech
La luna ghiacciata di Giove, Europa, continua a incuriosire i ricercatori, soprattutto per il grande oceano sommerso che nasconde la sua superficie ghiacciata, e che potrebbe celare condizioni favorevoli alla vita. Un nuovo studio del Jet Propulsion Laboratory della NASA nel sud della California, mette l’accento su un qualcosa che ancora non era mai stato osservato, ma che potrebbe essere importante per comprendere meglio la composizione dei ghiacci della luna. Con esperimenti di laboratorio, infatti, i ricercatori hanno ricreato l’ambiente superficiale di Europa, notando che la sua superficie può emettere un bagliore rilevabile anche quando non è illuminata dal Sole, durante la sua notte.
Una luna visibile in un cielo scuro potrebbe non sembrare insolita, capita anche a noi di vedere, anche se molto debole, il lato in ombra della nostra Luna (la cosiddetta luce cinerea della Luna) perché illuminata dalla luce solare rifratta dalla nostra atmosfera. Ma il bagliore di Europa, di cui si parla in questo studio, è causato da un meccanismo completamente diverso. Giove infatti colpisce i suoi satelliti con un implacabile flusso di radiazioni ad alta energia. Che una superficie irradiata possa emettere a sua volta radiazione non è certo una novità, sappiamo che la lucentezza è causata da elettroni energetici che penetrano nella superficie, energizzano le molecole sottostanti, che poi rilasciano parte di quella energia sotto forma di luce visibile.
«Se Europa non fosse sotto l’effetto di questa radiazione, avrebbe l’aspetto della nostra Luna, scura sul lato in ombra», spiega Murthy Gudipati del JPL, autore principale del lavoro pubblicato il 9 novembre su Nature Astronomy. «Ma poiché viene bombardata dalla radiazione di Giove, brilla nell’oscurità».
In realtà lo scopo principale della ricerca era di osservare come il materiale organico sotto i ghiacci di Europa avrebbe reagito al bombardamento di radiazioni. Avendo identificato in precedenza, con i dati di altre missioni e studi, alcuni dei sali che compongono i ghiacci della luna, i ricercatori hanno voluto provare a riprodurre un modello della superficie di Europa, usando quella che è stata chiamata Ice Chamber for Europa’s High-Energy Electron and Radiation Environment Testing (ICE-HEART). Hanno così preso la Ice-Heart, e l’hanno portata in una struttura a Gaithersburg, nel Maryland, dove è stato possibile sottoporla a irradiazione di fasci di elettroni ad alta energia, ed è a questo punto che è entrato in campo un meccanismo noto come serendipità, cioè la scoperta di qualcosa di nuovo e sorprendente, diverso da quello che si cercava!
(Anche se nel suo blog, Gudipati ci tiene a sottolineare, giustamente, che “la serendipità non è altro che essere coscientemente attenti e ricettivi, al momento giusto, nell’interazione con l’’Universo”).
«Vedere la salamoia di cloruro di sodio brillare di un livello significativamente più basso è stato il momento “aha!” che ha cambiato il corso della ricerca», racconta Fred Bateman, coautore dello studio.
«Non avremmo mai immaginato che avremmo visto quello che abbiamo visto», racconta Bryana Henderson sempre del JPL e coautrice della ricerca. «Quando abbiamo provato nuove composizioni di ghiaccio, il bagliore sembrava diverso. E ci siamo limitati a fissarlo per un po’ e poi ci siamo detti: “Questo è nuovo, vero? Questo è decisamente un bagliore diverso?!”. Quindi abbiamo puntato uno spettrometro su di esso e ogni tipo di ghiaccio aveva uno spettro diverso».
I diversi composti reagiscono infatti diversamente a questo bombardamento di particelle, e il ghiaccio superficiale della luna, contenente vari composti salini, reagirebbe emettendo un bagliore, visibile a occhio nudo, con vari gradi di luminosità e varie tonalità di colore tra il blu, il bianco e il verde, a seconda della composizione.
Gli astronomi utilizzano la spettroscopia per separare la luce in lunghezze d’onda e collegare le distinte “firme”, o spettri, ai diversi elementi. Per indagare la composizione del ghiaccio di Europa, però, è stata praticamente sempre stata usata sulla luce emessa dal lato illuminato dal Sole.
Ora invece, con questa scoperta, potrebbe avere senso studiarne invece il lato notturno: «Siamo stati in grado di prevedere che questo bagliore notturno del ghiaccio potrebbe fornire ulteriori informazioni sulla composizione della superficie di Europa. Il modo in cui questa composizione varia potrebbe darci indizi sul fatto che Europa porti condizioni adatte alla vita», spiega ancora Gudipati.
Illustrazione della missione Europa Clipper, in una configurazione che potrebbe ancora variare, proposta nel 2016, quando la missione è stata approvata. Per maggiori informazioni sulla missione: www.nasa.gov/europa.
La prossima missione ammiraglia della NASA Europa Clipper, prevista per il lancio a metà degli anni ‘20, osserverà la superficie della luna in più passaggi ravvicinati, orbitando attorno a Giove. Gli scienziati della missione stanno quindi ora esaminando il nuovo studio per valutare se si tratti di un bagliore rilevabile dagli strumenti scientifici della sonda. È possibile infatti che le informazioni raccolte dalla nuova missione possano servire proprio con lo scopo di identificare e misurare i vari sali che compongono la superficie della luna.
Sebbene Europa Clipper non sia una missione per cercare vita nel Sistema Solare, indagherà a fondo la luna Europa anche per capire se il suo oceano sotterraneo ha la capacità di supportare la vita, anche per meglio comprendere come la vista si sia sviluppata sulla nostra Terra, e quale sia la possibilità di trovare vita al di fuori.
«Non capita spesso di trovarsi in un laboratorio e dire: “questo è ciò che potremmo trovare quando arriviamo lì'”» conclude Gudipati. «Di solito accade il contrario: vai lì e trovi qualcosa che poi cerchi di spiegare in laboratorio. Ma la nostra previsione risale a una semplice osservazione, e questo è quello che fa la scienza».
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SOLE tra ordine e caos
È iniziato il 25° ciclo solare
La traiettoria e i dati cruciali della sonda, aggiornati in tempo reale sul sito della missione. Nell'inserto, l'asteroide fotografato con un telescopio di 50 cm 4 giorni faCrediys: JAXA - Bisei Spaceguard Center
La traiettoria e i dati cruciali della sonda, aggiornati in tempo reale sul sito della missione. Nell’inserto, l’asteroide fotografato con un telescopio di 50 cm 4 giorni faCrediys: JAXA – Bisei Spaceguard Center
L’asteroide 162173 Ryugu si sta avvicinando alla Terra, tanto che il 4 novembre è stato nuovamente avvistato per la prima volta in 4 anni, apparendo come una stellina di magnitudine 16,7. Il 29 Dicembre giungerà a una distanza minima di 9,055 milioni di km, una distanza decisamente ampia che scongiura il suo arrivo sul nostro pianeta… anzi no! Una parte di questo PHA, anche se minuscola, arriverà realmente sulla Terra; chiusa e protetta in una capsula di rientro atmosferico scenderà sull’Australia centrale, nella Woomera Prohibited Area, un’importante struttura aerospaziale militare e civile. L’operazione ricalcherà quanto già fatto dalla prima capsula rilasciata della sorella Hayabusa che, 10 anni fa, riportò campioni di polvere dall’asteroide Itokawa. Per riuscire nell’impresa, il team di navigazione ha programmato una serie di progressive correzioni di rotta, ben cinque dopo le quali la capsula verrà rilasciata e proseguirà per inerzia, mentre la sonda madre farà una ulteriore manovra diversiva onde evitare di bruciare in atmosfera e viaggiare verso il suo prossimo obiettivo.
Distanza e velocità di Hayabusa-2 rispetto alla terra nell’ultimo periodo, riportata sul sito della missione e sulle effemeridi JPL/Horizons – Processing/plot: Marco Di Lorenzo
Dopo una manovra preliminare denominata (TMC-0), la prima vera correzione di rotta TMC-1 è avvenuta la mattina del 22 ottobre, a 17 milioni di km di distanza; durante l’operazione, la sonda ha ruotato ed ha acceso i motori per cambiare la propria velocità di 15 cm/s, imboccando una traiettoria che passa a 330 km dalla Terra. A breve dovrebbe avvenire la TMC-2 e, a distanza di circa 10 giorni una dall’altra, le successive due manovre correttive serviranno ad aggiustare il tiro.
In base alle effemeridi basate JPL/Horizons, seguendo la rotta attuale la sonda dovrebbe penetrare nell’atmosfera terrestre poco dopo le 17:23 UT del 5 dicembre. Tuttavia, questa è una stima basata sulle osservazioni raccolte fino al 21 ottobre ed estrapolata utilizzando la successiva traiettoria nominale. Jaxa non ha ufficialmente comunicato il momento esatto, che dipenderà anche dall’effettiva sequenza di manovre effettuate nei prossimi giorni, ma l’ingresso reale dovrebbe avvenire 24/48 ore più tardi
La capsula, larga 40 cm, atterrerà con un paracadute dopo essere entrata nell’atmosfera a 43000 km/h ed aver rallentato tramite lo scudo termico. Il primo novembre, il primo gruppo di ricercatori giapponesi è partito per l’Australia dove, in collaborazione con le autorità locali, sta organizzando la campagna di raccolta del campione. Cinque giorni dopo, i loro colleghi in Giappone hanno effettuato una simulazione della manovra più critica, quella che prevede lo sgancio della capsula e la successiva “Earth departure manoeuvre” (TCM-5). Il “rehearsal” ha avuto successo, anche se durante la simulazione si sono registrate un paio di anomalie poi risolte.
Modello di elevazione digitale (DEM) del cratere CRS e zona circostante, i colori codificano la variazione di altezza del terreno prima e dopo l’impatto – Credits: Kobe University – Improvement: Marco Di Lorenzo
Nell’attesa di questo cruciale momento, una pubblicazione della Kobe University firmata da A.Masahiko e altri membri della missione presenta i risultati dell’analisi delle immagini ad alta risoluzione attorno al cratere artificiale CRS, scavato dall’omonimo impattatore il 5 aprile dell’anno scorso. Hayabusa-2 ha peraltro raccolto i suoi campioni proprio in vicinanza a nord di questo cratere, che ha un diametro di 20 metri. Gli autori hanno identificato oltre 200 massi di dimensioni comprese tra 0,3 e 6 metri, apparsi o spostati dall’urto dello “Small Carry-on Impactor”; alcuni di essi si trovano anche a 40 metri dal luogo d’impatto, e ci sono segni di movimenti sismici propagatisi fino a 30 metri dall’epicentro.
Direzione ed entità dello spostamento dei massi sulla superficie (a sinistra e a destra, rispettivamente) – Credits: Kobe University – Improvement: Marco Di Lorenzo
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SOLE tra ordine e caos
È iniziato il 25° ciclo solare
Iscriviti alla UAI
Una grande opportunità per tutti gli appassionati di astronomia
L’Unione Astrofili Italiani (UAI), l’associazione nazionale che riunisce gli appassionati di astronomia in Italia, lancia la nuova campagna iscrizioni e riserva a tutti gli iscritti tanti vantaggi – in primis opportunità di crescita culturale – e agevolazioni economiche per l’acquisto di beni e servizi di grande interesse per gli astrofili.
Tutte le informazioni su: https://www.uai.it/sito/associazione/iscriviti-e-sostienici/
Meeting Profondo Cielo – 14 novembre
Organizzato dal nuovo Programma Nazionale Profondo Cielo UAI, presso Oria (BR). Il meeting si terrà in modalità online, sulla piattaforma GoToMeeting. Al termine del meeting è prevista una conferenza divulgativa a cura dell’Astrofisica Marica Branchesi, in diretta sui profili social UAI (facebook e YouTube). www.uai.it/sito/ricerca-e-studi/
Corso Asteroidi – 28-29 novembre
Organizzato dal Programma Nazionale Asteroidi UAI, un incontro di approfondimento dei programmi e delle tecniche di studio degli Asteroidi, presso l’Osservatorio Astronomico Beppe Forti, Montelupo Fiorentino (FI) www.uai.it/sito/ricerca-e-studi/
Rappresentazione artistica di una magnetar, caratterizzata da un complesso campo magnetico e due fasci di radiazione, durante un evento di intensa emissione energetica (in inglese outburst), in questo caso immaginato come conseguenza di una spaccatura della crosta della stella. Crediti: McGill University Graphic Design Team
Durano solo qualche millesimo di secondo ma stanno crucciando gli astronomi da oltre un decennio: sono i lampi radio veloci (in inglese fast radio bursts, o Frb), intensi e brevissimi bagliori osservati in banda radio e provenienti da galassie lontanissime. Ed è proprio la lontananza a rendere difficile la ricerca dell’origine di questi fenomeni, poiché di nessun lampo era stato possibile identificare la sorgente – fino allo scorso 28 aprile.
Quel giorno, l’osservatorio canadese Chime (Canadian Hydrogen Intensity Mapping Experiment) e quello statunitense Stare2 (Survey for Transient Astronomical Radio Emission 2) hanno rivelato un lampo radio veloce diverso dal solito: 30 volte meno brillante del Frb extra-galattico più noto, questo lampo proveniva dalla nostra galassia, la Via Lattea. Allo stesso tempo, diversi telescopi spaziali alle alte energie – tra cui l’europeo Integral, il cinese Hxmt e l’italiano Agile – avevano osservato un lampo all’estremo opposto dello spettro elettromagnetico, permettendo di localizzarne la sorgente d’origine: una magnetar, ovvero una stella di neutroni dal campo magnetico estremamente intenso, scoperta alcuni anni prima.
Lampi radio veloci su Coelum astronomia 244 di maggio 2020, sempre a lettura digitale e gratuita. Clicca sull’immagine e leggi.
La connessione tra questo lampo, battezzato Frb 200428, e la magnetar Sgr 1935+2154, già annunciata qualche mese fa sulla base dell’analisi dei dati alle alte energie (si veda anche un’intervista sull’argomento a Marco Tavani, presidente dell’Inaf e principal investigator di Agile), viene ora confermata dall’analisi delle osservazioni radio, presentata in una serie di articoli pubblicati oggi su Nature. Uno degli articoli descrive le osservazioni effettuate con Chime, un altro quelle di Stare2, un terzo articolo analizza le osservazioni effettuate con il radio telescopio cinese Fast (Five-hundred-meter Aperture Spherical radio Telescope), che precedono la manifestazione di questo lampo, e infine un articolo di reviewdiscute le implicazioni della scoperta.
«Le magnetar erano uno dei principali sospetti per l’emissione di Frb e quindi questa scoperta è stata anche una conferma delle nostre teorie», racconta a Media InafDaniele Michilli, ricercatore al McGill Space Institute di Montreal, in Canada, membro della Chime/Frb Collaboration e co-autore di uno degli articoli.
Cercare qualcosa vicino casa ha i suoi vantaggi, ma anche le sue difficoltà. Ogni giorno, migliaia di lampi radio veloci avvengono nel cielo, ma considerando l’enorme numero di galassie nell’universo, la probabilità che ne avvenga uno in una singola galassia non è alta. E così, anche a causa delle molte incertezze sul numero esatto, i ricercatori non erano sicuri di poterne osservare in breve tempo uno nella nostra galassia.
Il radio telescopio Chime. Crediti: Andre Renard / Chime Collaboration
«Noi vediamo una piccolissima parte di tutti i Frb perché i radio telescopi normalmente guardano una piccolissima porzione del cielo in un dato istante», prosegue Michilli. «Per questo motivo abbiamo costruito telescopi come Chime che, grazie a un campo di vista molto più grande del normale, riescono a vedere una porzione di cielo più ampia e a osservare un numero maggiore di Frb. Stare2, che ha osservato lo stesso Frb, è stato costruito con la specifica idea di cercare Frb dalla nostra galassia: guardare una grande porzione di cielo cercando Frb incredibilmente brillanti, che quindi devono essere stati emessi relativamente vicino a noi».
I dati in banda radio confermano che il lampo è risultato essere migliaia di volte più luminoso dei più potenti outburst mai osservati provenire da una magnetar nella nostra galassia. Se la sua sorgente si fosse trovata in un’altra galassia, sarebbe apparso come uno dei tanti Frb osservati finora, rinvigorendo l’ipotesi che le magnetar possano spiegare l’origine almeno di alcuni lampi radio veloci – se non di tutti.
«Tuttavia, dati i grandi divari energetici e di attività tra le sorgenti di Frb più luminose e più attive e ciò che si osserva per le magnetar, forse sono necessarie magnetar più giovani, più energiche e attive per spiegare tutte le osservazioni di Frb», spiega Paul Scholz del Dunlap Institute of Astronomy and Astrophysics all’Università di Toronto, tra i co-autori dell’articolo basato sui dati della collaborazione Chime/Frb.
Il radiotelescopio Fast, in Cina. Crediti: Foto di Bojun Wang, Jinchen Jiang, elaborazione di Qisheng Cui.
Per una prova schiacciante del legame tra Frb e magnetar bisognerà aspettare la scoperta simultanea di un lampo radio e ai raggi X di provenienza extra-galattica. «Questo richiede una precisa localizzazione di Frb in galassie vicine», aggiunge Michilli, «e stiamo migliorando i nostri radio telescopi per localizzare un numero di Frb sempre maggiore. Nel frattempo, stiamo già studiando i dati ottici di Frb vicini che sono già stati localizzati e sono sicuro che otterremo i primi risultati già nelle prossime settimane».
E anche nel caso dell’ipotesi magnetar, occorreranno ulteriori studi sul fronte della modellistica per comprendere il meccanismo fisico che genera questi lampi. In futuro, un confronto tra lavori teorici e osservazioni potrà aiutare i ricercatori a distinguere fra le due classi di modelli sviluppate finora, secondo cui un Frb potrebbe originarsi direttamente nell’ambiente magnetico immediatamente prossimo alla stella (la magnetosfera), o alternativamente in una regione di plasma a maggiore distanza dalla sua superficie.
Guarda il servizio video di MediaInaf Tv:
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SOLE tra ordine e caos
È iniziato il 25° ciclo solare
Gli incontri si terranno presso il Parco Astronomico “Livio Gratton”, Via Lazio, 14 – Rocca di Papa
(Roma)
13.11, ore 20:15 e 21:30: Il Guinness dell’Astronomia 20.11, ore 20:15 e 21:30: Stelle in famiglia 27.11, ore 22:00 e 23:15: Pianeti a confronto: Marte e Venere
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Da Ottobre a Dicembre: Corso di Astronomia Pratica
Vedremo tutto quello che c’è da sapere su come si osserva il cielo: telescopi, binocoli, fotografia astronomica, montature e astroinseguitori, accessori e app per astronomi; nonchè fondamenti di geografia astronomica, stelle e costellazioni, come orientarsi nel cielo, consigli e tecniche di osservazione..
Una scienza accessibile e divertente, in grado di generare consapevolezza su quanto sta accadendo al nostro pianeta e gli strumenti che abbiamo per combattere, o meglio, resiliere al cambiamento climatico e all’emergenza sanitaria che stiamo vivendo.
È EnHance Resilience Through Humanity il tema della Notte Europea dei Ricercatori e delle Ricercatrici organizzata da Frascati Scienza, sotto l’acronimo EARTH, Terra. “All’inizio dell’anno, quando abbiamo sottomesso la proposal di progetto, mai ci saremmo immaginati che da lì a qualche settimana una pandemia avrebbe investito il mondo intero – dice Matteo Martini, presidente dell’associazione – Eppure il Covid 19 ci fornisce l’esempio perfetto di ciò che ci attende con il cambiamento climatico, dei sacrifici che saremo chiamati ad affrontare se non accetteremo che il cambiamento ormai è in atto, ma che molto è possibile fare per far fronte all’emergenza”.
Solo la scienza può fornire risposte e soluzioni. Smart cities, salute e benessere, energia e ambiente, arte e studi umanistici sono i principali 4 domini di applicazione per comprendere perché e come il lavoro dei ricercatori contribuisce al benessere della società. Ma senza il contributo dei cittadini la ricerca scientifica non può evolvere, né trovare gli spunti necessari per migliorare.
Il progetto EARTH è associato alla Notte Europea dei Ricercatori promossa dalla Commissione Europea nell’ambito delle azioni Marie Curie. A causa dell’emergenza sanitaria, l’appuntamento è stato spostato a venerdì 27 novembre, e la modalità di partecipazione a questa edizione, eccetto qualche caso nel pieno rispetto del DPCM del 24 ottobre, è esclusivamente online. La partecipazione, come sempre, è ad accesso libero e gratuito.
Frascati Scienza per la prima volta in 14 anni non ha ottenuto il finanziamento della Commissione Europea per la realizzazione del progetto. E nonostante ciò la “Notte” si farà.
“Mai come in questo anno così nefasto, i cittadini hanno più bisogno di comprendere e credere nella ricerca e nei suoi protagonisti” continua Martini, “così abbiamo deciso di fare uno sforzo, di mettere a disposizione i fondi della cassa associativa, e di mantenere fede all’impegno preso con i nostri partner”.
L’immagine scelta per questa edizione ricorda il nostro pianeta, ma anche una sfera armillare, strumento di conoscenza alla base dello studio del mondo così come oggi lo conosciamo e di progresso scientifico.
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Tanti sono i partner, nuovi e storici, che contribuiscono con attività e supporto a questa celebrazione della scienza:
ESA – Agenzia Spaziale Europea, Associazione Bioscienza Responsabile, AGET Italia, AIGU – Associazione Italiana Giovani per l’UNESCO, Associazione G.Eco, AICO – Associazione Infermieri di area chirurgica e di Camera Operatoria, Alumni – ALACLAM Associazione Laureati Ateneo Cassino e Lazio Meridionale, Associazione Parimpari, Associazione Scienza Divertente Roma, Associazione Speak Science, Banca d’Italia, BIOVOICES, Club per l’UNESCO di Latina, Consorzio Nettuno – Digital Education Industry 4.0, CREA – Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, Explora Il Museo dei Bambini di Roma, Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, Fondazione EBRI Rita Levi – Montalcini, Fondazione Umberto Veronesi, FVA New Media Research, Giornalisti Nell’Erba, Gruppo Astrofili Monti Lepini, IFO – Istituti fisioterapici Ospitalieri – Istituto Tumori Regina Elena e Istituto Dermatologico San Gallicano, IIT – Istituto Italiano di Tecnologia, IRCCS – INMI Lazzaro Spallanzani, Istituto Centrale per il Restauro, ISS – Istituto Superiore di Sanità, Ludis, Mindsharing.tech, Multiversi Divulgazione Scientifica, Museo della Terra Pontina, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Osservatorio Astronomico di Campo Catino – Guarcino, Raffa Fa Cose, Rhea Group, Sapienza Università di Roma – Green Sapiens, Sotacarbo, Tecnoscienza, Unitelma Sapienza, Università Campus Bio-Medico di Roma, Università di Roma LUMSA, Umbria Green Festival, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” – Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” centro PA.TER laboratorio Geo-Cartografico, Università degli studi di Roma “Tor Vergata” – Dipartimento di Storia, Patrimonio culturale, Formazione e Società, Università degli Studi di Sassari, Università degli Studi Roma Tre
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Black Beauty. Il meteorite marziano Nwa 7533 vale più del suo peso in oro. Crediti: Nasa / Luc Labenne
Black Beauty. Il meteorite marziano Nwa 7533 vale più del suo peso in oro. Crediti: Nasa / Luc Labenne
Tra le tante domande che si pone la planetologia, ce n’è una che riguarda l’origine dell’acqua sulla Terra, su Marte e su altri grandi corpi del Sistema solare, come la Luna. Esiste un’ipotesi secondo la quale l’acqua proviene da asteroidi e comete. Ma alcuni ricercatori non la pensano così: secondo loro, l’acqua potrebbe essere solo una delle tante sostanze che si sono venute a trovare sui pianeti, naturalmente, durante la loro formazione. E una nuova analisi di un antico meteorite marziano supporta questa seconda ipotesi.
Black Beauty è in realtà il nome associato al meteoroide da cui i due frammenti, NWA 7034 e 7533, provengono, qui sopra le dimensioni dell’altro Black Beauty, NWA 7034, che pesa all’incirca 320 grammi. Crediti: NASA
Diversi anni fa, nel deserto del Sahara furono scoperti un paio di meteoriti molto scuri. Vennero soprannominati Nwa 7034 e Nwa 7533, dove Nwa sta per “Africa nord-occidentale” e il numero è l’ordine in cui i meteoriti sono stati ufficialmente approvati dalla Meteoritical Society, un’organizzazione internazionale di scienza planetaria. Una recente analisi – pubblicata su Science Advances la scorsa settimana – ha mostrato che questi meteoriti sono nuovi tipi di meteoriti marziani, costituiti da miscele di diversi frammenti di roccia.
I primi frammenti si sono formati su Marte 4,4 miliardi di anni fa, rendendoli i meteoriti marziani più antichi a oggi conosciuti. Rocce come questa sono rare e possono valere fino a 8500 euro al grammo. Recentemente, sono stati acquistati 50 grammi di Nwa 7533 dal team internazionale con cui stava lavorando Takashi Mikouchi dell’Università di Tokyo, coautore dello studio.
«Studio i minerali nei meteoriti marziani per capire come si è formato Marte e come si sono evoluti la sua crosta e il suo mantello. È la prima volta che indago su questo particolare meteorite, soprannominato Black Beauty per il suo colore scuro», riferisce Mikouchi. «I nostri campioni di Nwa 7533 sono stati sottoposti a quattro diversi tipi di analisi spettroscopiche, metodi per rilevare le impronte chimiche. I risultati hanno portato il nostro team a trarre alcune conclusioni entusiasmanti».
È ben noto agli scienziati planetari che su Marte l’acqua sia stata presente per almeno 3,7 miliardi di anni. Ma dalla composizione minerale del meteorite, Mikouchi e il suo team hanno dedotto che è probabile che l’acqua fosse presente molto prima, circa 4,4 miliardi di anni fa.
«Le rocce ignee, o roccia frammentata, nel meteorite sono formate dal magma e sono comunemente generate da impatti e ossidazione», spiega Mikouchi. «Questa ossidazione potrebbe essersi verificata nel caso in cui fosse stata presente acqua sulla crosta marziana – o all’interno di essa – 4,4 miliardi di anni fa, durante un impatto che ha sciolto parte della crosta. La nostra analisi suggerisce anche che un tale impatto avrebbe rilasciato molto idrogeno, che avrebbe contribuito al riscaldamento planetario in un momento in cui Marte aveva già una spessa atmosfera isolante di anidride carbonica».
Se l’acqua su Marte era presente prima di quanto si sia sempre pensato, allora forse potrebbe essere un sottoprodotto naturale di qualche processo avvenuto all’inizio della formazione del pianeta. Questa scoperta potrebbe aiutare i ricercatori a rispondere alla domanda da cui siamo partiti, sulla provenienza dell’acqua, che a sua volta potrebbe influire sulle teorie sulle origini della vita e sull’esplorazione della vita oltre la Terra.
Per saperne di più:
Leggi su Science Advances l’articolo “Early oxidation of the martian crust triggered by impacts” di Zhengbin Deng, Frédéric Moynier, Johan Villeneuve, Ninna K. Jensen, Deze Liu, Pierre Cartigny, Takashi Mikouchi, Julien Siebert, Arnaud Agranier, Marc Chaussidon e Martin Bizzarro
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SOLE tra ordine e caos
È iniziato il 25° ciclo solare
Nell’era dell’intelligenza artificiale e della robotica, è ancora possibile determinare dove finisce la natura e dove inizia la tecnologia? Possiamo tracciare una linea quando si tratta del nostro corpo, l’oggetto naturale che la tecnologia imita di più? Queste sono solo alcune delle domande che vengono esplorate in “CYBORN L’alba di un mondo artificiale”, la mostra ospitata dal Salone degli Incanti di Trieste durante il Science in the City Festival di ESOF2020.
La mostra è a cura dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT).
Gli incontri si terranno presso il Parco Astronomico “Livio Gratton”, Via Lazio, 14 – Rocca di Papa
(Roma)
06.11, ore 20:15 e 21:30: Il cielo del mese al Planetario 13.11, ore 20:15 e 21:30: Il Guinness dell’Astronomia 20.11, ore 20:15 e 21:30: Stelle in famiglia 27.11, ore 22:00 e 23:15: Pianeti a confronto: Marte e Venere Consulta il sito web www.ataonweb.it/wp/eventi per maggiori informazioni
Verso la mezzanotte si avvicinerà al “mezzocielo superiore” (il punto in cui l’equatore celeste taglia il meridiano, che alle nostre latitudini è situato a circa 48° di altezza) l’inconfondibile Orione, accompagnato dal Toro, con la bella Aldebaran e le Pleiadi, Gemelli e Cane Maggiore con la lucente Sirio. Più in basso, il meridiano sarà attraversato dalla estesa ma debole costellazione dell’Eridano. Cigno e Pegaso si staranno dirigendo verso il tramonto sull’orizzonte ovest, mentre dalla parte opposta del cielo starà sorgendo il grande Leone, con Regolo.
Questo mese tutti i pianeti saranno visibili in cielo: continueremo a seguire Giove e Saturno verso il loro massimo avvicinamento (ovviamente prosepttico) di fine anno, Marte ancora osservabile ottimamente per tutta la notte, Venere sempre brillante assieme a Mercurio, finalmente in un periodo di ottima visibilità, al mattino prima dell’alba. anche i pianeti più lontani, sebbene serva uno strumento per osservarli, sono tranquillamente osservabili per tutta la notte. Come sempre la Luna passerà a trovarli, e potremo riprenderli in congiunzione a partire con la bella congiunzione del 13 novembre.
Anche per questo la rubrica di fotografia “Uno scatto al mese” di Giorgia Hofer è proprio dedicata, con un pizzico di folclore e storia, alla ripresa di questo tipo di eventi celesti:
Questo mese anche l’opposizione di (8) Flora, uno degli asteroidi più luminosi del nostro cielo (ma sempre per chi è dotato di uno strumento per l’osservazione), al meglio da 13 anni a questa parte e… per i prossimi 13 anni. Amanti di questi “inutili puntini lumonosi” non mancate all’appello!
La Luna
Come ogni mese Francesco Badalotti ci guida attraverso le formazioni più interessanti da osservare in ogni fase del nostro satellite, ci indica tutte le librazioni con quelle zone del bordo tra lato visibile e lato nascosto della Luna che via via si rendono accessibili da Terra grazie al “dondolio” apparente della Luna nella sua orbita attorno alla Terra. Prosegue poi il viaggio tra le principali formazioni della nostra Lunadal settore sudest verso nord(parte 7), questo mese consigliato nei giorni 5 e 6 novembre e in particolare la sera del 22 novembre.
Per quanto riguarda inveceluce cinerea e le sottili falcil’appuntamento è nella seconda parte della notte e prima dell’alba dal 12 al 14 novembre e, dopo il Novilunio, le sere del 16 e 17 novembre.
Questo sciame meteorico risulta attivo dal 6 novembre al 30 novembre, con il picco che di solito si manifesta tra il 17 e il 18 novembre. Le Leonidi sono probabilmente ricordate più per le tempeste di meteore degli anni 1833, 1866, 1966 e più recentemente nel 1999 e 2001. Tali tempeste sono provocate dai passaggi al perielio della cometa progenitrice, la 55P/Tempel-Tuttle, nonostante non siano le polveri “nuove” a generare queste “stelle cadenti” ma, piuttosto, i detriti dei passaggi precedenti.
Sfortunatamente le previsioni a lungo termine non indicano alcun incontro con le sacche più dense di detriti fino al 2099, nonostante i passaggi al perielio della 55P previsti per il 2031 e il 2064.
Il massimo delle Leonidi quest’anno si verificherà il 17 novembre poco dopo la luna nuova, quindi con un disturbo lunare estremamente ridotto. Secondo i calcoli, nel 2020 potrebbero essere incontrati alcuni filamenti di polvere. Il 17 ci si attende comunque una ridotta e debole attività ma alla fine della notte astronomica. Altra attività è prevista per il giorno 18 alle ore 2:00 circa e poi il 20 novembre. Purtroppo non c’è da esaltarsi troppo: le attese sono modeste, con uno ZHR sempre compreso tra 10 e 20, e con la dimensione media delle meteore al limite delle possibilità di rilevamento e quindi molto difficili da osservare.
Ma non si sa mai: in queste occasioni conviene sempre spendere qualche ora con gli occhi puntati al cielo!
Chi vorrà tentare di coglierle e avrà la fortuna di osservarle sotto un cielo particolarmente scuro e trasparente, dovrà dirigere il proprio sguardo verso il radiante (il punto del cielo da cui le meteore sembrano provenire) situato nella costellazione del Leone (da cui il nome dello sciame), e più precisamente in prossimità della stella Zeta Leonis.
➜ Supernovae. Inizia un serie di articoli dedicati alle supernovae storiche, esplose in galassie Messier e scoperte da italiani: La supernova SN1967B in M 84
e il Calendario di tutti gli eventi di Novembre 2020, giorno per giornocon l’immagine di fondo dedicata a una classe speciale di regione di formazione stellare chiamata, in breve, frEGGs (Free-floating Evaporating Gaseous Globules, e il cui nome ridotto richiama la parola uova in inglese, eggs), formalmente nota come J025157.5 + 600606. Per saperne di più leggete la didascalia all’immagine al link! (Crediti ESA / Hubble e NASA, R. Sahai; CC BY 4.0).
Hai compiuto un’osservazione? Condividi le tue impressioni, mandaci i tuoi report osservativi o un breve commento sui fenomeni osservati: puoi scriverci a segreteria@coelum.com. E se hai scattato qualche fotografia agli eventi segnalati, carica le tue foto inPhotoCoelum!
Iscriviti alla UAI
Una grande opportunità per tutti gli appassionati di astronomia
L’Unione Astrofili Italiani (UAI), l’associazione nazionale che riunisce gli appassionati di astronomia in Italia, lancia la nuova campagna iscrizioni e riserva a tutti gli iscritti tanti vantaggi – in primis opportunità di crescita culturale – e agevolazioni economiche per l’acquisto di beni e servizi di grande interesse per gli astrofili.
Tutte le informazioni su: https://www.uai.it/sito/associazione/iscriviti-e-sostienici/
ICARA – Congresso Italiano di Radioastronomia Amatoriale –
31 ottobre
Organizzato in modalità online dal Programma Nazionale Radioastronomia UAI e da IARA – Italian Amateur Radio Astronomy. www.uai.it/sito/ricerca-e-studi/
Meeting Profondo Cielo – 14 novembre
Organizzato dal nuovo Programma Nazionale Profondo Cielo UAI, presso Oria (BR). Il meeting si terrà in modalità online, sulla piattaforma GoToMeeting. Al termine del meeting è prevista una conferenza divulgativa a cura dell’Astrofisica Marica Branchesi, in diretta sui profili social UAI (facebook e YouTube). www.uai.it/sito/ricerca-e-studi/
Corso Asteroidi – 28-29 novembre
Organizzato dal Programma Nazionale Asteroidi UAI, un incontro di approfondimento dei programmi e delle tecniche di studio degli Asteroidi, presso l’Osservatorio Astronomico Beppe Forti, Montelupo Fiorentino (FI) www.uai.it/sito/ricerca-e-studi/
I prossimi appuntamenti: 29 ottobre, ore 21:30: Astronomia e Intelligenza Artificiale. Come le macchine imparano a conoscere le stelle. Con Dario Colombo
12 novembre, ore 21:30: Conferenza con Roberto De Carli
Corsi di Astronomia:
Ottobre – Novembre: Galassie e AGN. Docente: Ivan Delvecchio (INAF)
Gennaio – Febbraio: Onde Gravitazionali. Docente: Pia Astone (La Sapienza)
Marzo – Aprile: Atmosfere Planetarie. Docente: Arianna Piccialli (Royal Belgian Institute for Space Aeronomy)
Aprile – Maggio: Accelerazione dell’Universo. Docente: Enrico Trincherini (SNS Pisa)
Gli incontri si terranno presso il Parco Astronomico “Livio Gratton”, Via Lazio, 14 – Rocca di Papa
(Roma) 30.10, ore 20:15 e 21:30: Stelle in famiglia 06.11, ore 20:15 e 21:30: Il cielo del mese al Planetario 13.11, ore 20:15 e 21:30: Il Guinness dell’Astronomia 20.11, ore 20:15 e 21:30: Stelle in famiglia 27.11, ore 22:00 e 23:15: Pianeti a confronto: Marte e Venere Consulta il sito web www.ataonweb.it/wp/eventi per maggiori informazioni
L’iniziativa condivisa di VIS srl, SNS, INAF si rivolge a tutti coloro che si confrontano – o che intendono farlo – con la comunicazione e divulgazione della scienza. Il workshop fornisce valore aggiunto e competenze volti alla crescita professionale in un settore di fondamentale importanza.
ENGAGE è Online!
A causa del peggioramento della situazione relativa alla pandemia di Covid19, ENGAGE passa alla modalità online per garantire la sicurezza e l’accessibilità a tutti i partecipanti. La qualità dei contenuti e l’interattività saranno garantite. Per ottimizzare la fruizione digitale il workshop si terrà nell’arco di cinque mezze giornate nelle date 19-20 novembre, 26-27 novembre e 4 dicembre. Per maggiori informazioni: https://engage.vis-sns.com/
Festeggia il Dark Matter Day, la giornata della Materia Oscura, con l’INFN – Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Segui la diretta su Facebook e YouTube. Che cos’è la Materia Oscura?
Tanti esperimenti stanno cercando di rispondere a questo enigma! Durante questa diretta, ne scopriremo alcuni con l’aiuto di 6 ricercatori e di un astronauta, Luca Parmitano. Per maggiori informazioni: https://home.infn.it/it/comunicazione/eventi/4135-darkmatter-day-2020-alla-ricerca-della-materia-oscura
Saranno 240 i protagonisti di questa edizione 2020 del Festival della Scienza di Genova, che segna da un lato il raggiungimento della maggiore età, dall’altro un momento di profonda riflessione e cambiamento per una delle più grandi manifestazioni al mondo di diffusione della cultura scientifica. Si parte giovedì 22 ottobre, e fino al 1° novembre Genova sarà un punto di incontro per visitatori e ‘fruitori’ di ogni età e livello di conoscenza, per raccontare la scienza in modo innovativo e coinvolgente.
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