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Avvicinamento di Venere a Urano

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Il 4 marzo si verificherà una congiunzione tra Venere e Urano che presenterà almeno due aspetti di grande interesse. Il primo è che si tratta di un avvicinamento che mai negli ultimi due secoli ha portato i due pianeti ad essere – almeno dall’Italia – prospetticamente così vicini. Il secondo è che si tratterà di una congiunzione non facile da cogliere visualmente per la grande differenza di luminosità dei due oggetti: Venere infatti sarà di mag. –4,0 e Urano di mag. +5,9:e come a dire, quasi 9000 volte più debole.

L’ora migliore per tentare l’osservazione sarà probabilmente quella delle 19:00, quando i due pianeti saranno alti +18° sull’orizzonte ovest e il cielo sarà già abbastanza scuro.

Per le effemeridi di Luna e pianeti vedere il Cielo di marzo

18esima Mostra dell’Astronomia e dell’Astronautica – Santa Maria di Sala

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Dal 7 al 15 marzo 2015, presso Villa Farsetti di Santa Maria di Sala

Al via la 18^ Mostra dell’Astronomia e dell’Astronautica

Sabato 7 marzo l’inaugurazione con la Tavola Rotonda, ad opera dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), dedicata alla missione della sonda Rosetta. Per tutta la settimana la mostra sui segreti dell’universo, organizzata dal Gruppo Astrofili Salese “G. Galilei”.

Sabato 14 marzo l’eccezionale intervento dell’astronauta Umberto Guidoni.

“Sarà un evento di altissimo livello, segnato dalla partecipazione per il primo anno dell’Agenzia Spaziale Italiana, che presenterà nell’unica data Veneta del 2015 i risultati scientifici della missione della sonda Rosetta. Questa attenzione da parte dell’ASI è un riconoscimento implicito della serietà e dell’impegno che la nostra associazione sta applicando da anni nello studio dell’universo”.

Lo ha detto Tino Testolina, presidente del Gruppo Astrofili Salese “G. Galilei”, presentando la sette giorni della “18^ Mostra dell’Astronomia e dell’Astronautica” dedicata ai segreti dell’universo, in programma dal 7 al 15 marzo 2015 nella splendida cornice di Villa Farsetti a Santa Maria di Sala.

La mostra sarà inaugurata sabato 7 marzo alle ore 16.00 con una Tavola Rotonda promossa dall’ASI (Agenzia Spaziale Italiana) relativa ai risultati scientifici della missione della sonda Rosetta, alla quale parteciperanno sei scienziati di fama internazionale, moderati dal giornalista scientifico Paolo d’Angelo.

Da domenica 8 marzo a domenica 15 marzo la mostra entrerà nel vivo, offrendo al pubblico, nei due piani della settecentesca Villa Farsetti, mostre fotografiche sul cielo, sui pianeti e sulle costellazioni, simulazioni di missioni spaziali, modelli in movimento e rappresentazioni in scala dei sistemi planetari, esposizioni di strumenti di osservazione e meridiane, libri e documenti. In una sala dedicata sarà poi presente la mostra sulla missione Rosetta, come unica data veneta del 2015. Saranno inoltre presentate prove pratiche di fisica (esperimenti e giochi) per comprendere le leggi che stanno alla base dell’astronomia e dell’astronautica. Nel giardino esterno alla Villa, infine, si potranno trovare la ricostruzione del sistema solare in scala e un Planetario di 6 metri di diametro.

Sabato 14 marzo alle ore 16.00 sarà un’altra data da non dimenticare per gli appassionati di astronautica, con la presenza eccezionale di Umberto Guidoni, tra i più noti ed esperti astronauti italiani, che parlerà della propria esperienza spaziale con la trattazione “Viaggiando oltre il cielo”.

L’ingresso all’inaugurazione è gratuito e prevede una visita alle sale della mostra e un buffet.

Costo del biglietto intero durante la settimana: 8 euro

Ridotto per studenti e over 65: 5 euro

Ingresso gratuito per i bambini sotto i 9 anni

Per info e prenotazioni: cell. 340.345.0274
astrosalese@libero.it
www.astrosalese.it

La cometa all’ombra di Rosetta

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Crediti: ESA

Davvero molto suggestiva questa foto della superficie della cometa 67/P ripresa dalla sonda Rosetta durante il suo ultimo ravvicinatissimo flyby del 14 febbraio scorso. Da un'altezza di 6 km, la sonda è infatti riuscita a fotografare anche la propria ombra! Cliccare per ingrandire. Crediti: ESA

Se De Andrè cantava “all’ombra dell’ultimo sole”, OSIRIS ci canta “all’ombra di Rosetta“. Lo strumento di raccolta immagini montato sulla sonda dell’ ESA ha scattato questa bellissima immagine della cometa 67P / Churyumov-Gerasimenko durante il passaggio ravvicinato di Rosetta il 14 febbraio scorso. I dettagli catturati sono unici: è possibile vedere con precisione l’ombra della sonda europea (lanciata nel 2004 e arrivata nell’orbita della cometa nel 2014) circondata da una corona di luce sulla superficie dell’enorme oggetto spaziale mentre si avvicina al Sole.

In questo rendering grafico si vede la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Il riquadro rosso indica l’area fotografata da Rosetta durante l’ultimo flyby. Crediti: ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA

Con una risoluzione senza precedenti di 11 centimetri per pixel, questi dati della Narrow Angle Camera di OSIRIS (Optical, Spectroscopic, and Infrared Remote Imaging System) rivelano le strutture di 67P e, man mano che si avvicinano al Sole, la sonda e la cometa sono sempre più allineate. L’immagine mostra una zona di 228×228 metri vicino al bordo della parte centrale della cometa, al confine con la regione di Imhotep. La foto è stata scattata da una distanza di 6 chilometri dalla superficie della cometa.

L’ombra della sonda è quel “piccolo” (almeno nella foto) rettangolo di 20×50 metri quadrati in basso. Queste dimensioni sono determinate anche dalla penombra della navicella (che ovviamente non è così grande – 2 x 32 m), particolarmente pronunciata perché l’oggetto viene illuminato da più di una fonte di luce (si aggiunge anche la luce diffusa del Sole), che raggiunge l’oggetto da diverse direzioni creando sia un’ombra scura – dove l’oggetto blocca tutta la sorgente luminosa – sia una penombra dove, invece, solo una parte della sorgente luminosa è celata. In questo caso, l’effetto penombra aggiunge una ventina di metri in larghezza e in altezza al profilo di Rosetta.

Questo grafico illustra la differenza tra come viene generata un’ombra netta e precisa con una sorgente puntiforme (sinistra) e come nasce, invece, un’ombra più sfocata da una sorgente di luce diffusa (destra). Crediti: Spacecraft: ESA/ATG medialab. Comet background: ESA/Rosetta/NAVCAM – CC BY-SA IGO 3.0

In più, se guardate attentamente la foto, potete osservare quello che gli esperti chiamano effetto di opposizione (opposition surge): la regione attorno all’ombra di Rosetta appare significativamente più luminosa rispetto al resto della superficie cometaria. È lo stesso effetto che è stato visto spesso sulle foto degli astronauti attorno alle loro ombre sulla Luna. Questo particolare fenomeno di luce/ombra si verifica in genere sulle superfici di regolite quando la luce proviene dalla stessa direzione da cui si riflette portando ad un aumento marcato della luminosità.

Il flyby del 14 febbraio. Crediti: ESA

Il flyby del 14 febbraio scorso ha due primati da annoverare: intanto la distanza minima dalla cometa mai raggiunta da Rosetta e poi un punto di osservazione unico perché per la prima volta la sonda e Chury (così viene chiamata la cometa dagli appassionati) sono state perfettamente allineate. «Presa da questa angolatura, l’immagine ha un grande valore scientifico», ha detto il Principal Investigator di Osiris Holger Sierks del Max Planck Institute for Solar System Research (MPS) in Germania. Dal momento che sulla superficie ci sono pochissime ombre, le proprietà riflettenti della superficie sono facilmente individuabili. «Questo punto di vista è fondamentale per lo studio delle dimensioni dei grani di polvere», ha aggiunto.

Rosetta non è il primo veicolo spaziale che ha catturato la propria ombra. Nel 2005, la sonda Hayabusa navicella della giapponese JAXA ha fotografato la sua ombra sulla asteroide Itokawa. Tuttavia, dato che Hayabusa era a solo poche decine di metri sopra la superficie, l’effetto penombra era molto meno visibile, e quindi l’ombra della navicella era più nitida e scura.

Cerere in vista, quattro giorni al traguardo

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Credit: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA
Credit: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA

Dawn si accinge ad abbracciare Cerere, e il pensiero corre inevitabilmente a Rosetta. Certo, la suspense per l’inserimento della sonda NASA attorno al grosso asteroide, in programma per venerdì 6 marzo, non è paragonabile a quella che accompagnò l’arrivo della navicella ESA attorno alla cometa 67P. Ma l’evento è di quelli che “fanno la storia”, dice il project manager della missione, Robert Mase, del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena.

Mai prima d’ora una sonda aveva visitato un pianeta nano, come venne definito durante la storica conferenza del 2006 che inquadrò nella stessa categoria anche Plutone. E se per l’ex nono pianeta si trattò d’un declassamento che ancora brucia, per Cerere fu una mezza promozione. Scoperto il primo giorno dell’anno 1801 da un italiano, l’astronomo e sacerdote d’origine valtellinese Giuseppe Piazzi, da quello che era all’epoca l’Osservatorio Nazionale del Regno delle Due Sicilie a Palermo, seppur “nano” come pianeta Cerere è un gigante fra gli asteroidi: il più grande della fascia principale, la cintura di corpi celesti situata fra le orbite di Marte e di Giove. Talmente grande che, pur essendo pari ad appena un quattordicesimo di quella di Plutone, la massa di Cerere costituisce da sola un quarto di quella complessiva dei corpi presenti nella fascia stessa.

Dal momento in cui lo raggiungerà, dopo aver percorso 4.8 miliardi di km in un viaggio durato sette anni e mezzo (compresi i 14 mesi di tappa attorno a Vesta), Dawn non avrà certo tempo per riposarsi: mano a mano che si avvicinava al suo obiettivo, le domande alle quali dovrà cercare di dare una risposta non hanno fatto che aumentare. Prima fra tutte, quella sulla natura delle due misteriose macchie bianche osservate a metà febbraio brillare dentro a un cratere del pianeta nano. Poi c’è da capire – sfruttando strumenti come lo spettrometro di bordo VIR, realizzato in Italia dall’INAF-IAPS di Roma sotto la supervisione di Maria Cristina De Sanctis – cosa possano essere quei geyser giganti che la sonda Herschel della NASA pare aver individuato sulla sua superfice. E gli scienziati vogliono anche verificare quanta acqua si nasconda nel sottosuolo, magari in forma liquida.

Più in generale, Cerere – come anche Vesta, del resto – è considerato un fossile del Sistema solare, dunque prezioso per scoprire le nostre origini. «Questi due corpi celesti rappresentano altrettanti campioni dei mattoni dai quali si sono formati Venere, la Terra e Marte. Quelli più simili a Vesta parrebbero aver contribuito in modo decisivo alla formazione del nucleo del nostro pianeta», distingue Carol Raymond del JPL della NASA, vice-PI della missione, «mentre quelli più simili a Cerere potrebbero averci fornito l’acqua». Senza contare, come ha osservato la stessa Raymond nel corso della conferenza stampa odierna, che Cerere pare fosse in passato assai simile alle lune Europa ed Encelado: dunque non è affatto escluso che possa rivelarsi interessante anche dal punto di vista astrobiologico.

Molto lavoro da svolgere, ma anche tutto il tempo per farlo, grazie anche all’altissima efficienza del motore a ioni con il quale gli scienziati controllano l’assetto della sonda. A sancire la fine della missione sarà l’esaurirsi dell’idrazina, dopo di che Dawn continuerà a orbitare attornoa Cerere per un tempo indefinito. Appuntamento a venerdì 6 marzo, dunque, ma per i primi risultati scientifici occorrerà pazientare fino alla fine di aprile: la sonda, pur in perfette condizioni, è infatti girata dalla parte sbagliata, e orientarla a dovere è una manovra che richiede qualche settimana.

Il Cielo di Marzo

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EFFEMERIDI

Verso le 23:00 di metà marzo, le brillanti costellazioni a cui eravamo abituati in inverno (Orione, Toro, Cane Maggiore, ecc) staranno già declinando a ovest per lasciare il posto a quelle tipicamente  primaverili. Ad annunciare la nuova stagione sarà come sempre il Leone, che con il suo caratteristico profilo dominerà verso sud, circondato da costellazioni molto meno appariscenti come Leo Minor, Sestante, Coma, ecc. Niente a che vedere con l’impressionante lucentezza delle costellazioni invernali, ma c’è da tener conto del fatto che in primavera la porzione di cielo che si offre ai nostri occhi è quello che sta al di fuori del piano della Via Lattea, dove le stelle sono molto più rare e il cielo è dominato da oggetti extragalattici percepibili soltanto al telescopio. Più a est, Vergine, Boote ed Ercole, in successione, saranno già in viaggio verso il meridiano, annunciando quest’ultima addirittura un sapore di estate.

Ricordiamo, inoltre, due importanti eventi nel corso di questo mese: prima di tutto, il giorno 29 si tornerà all’ora legale estiva (TU+2). In quella data, a partire dalle ore 02:00 locali, bisognerà portare gli orologi avanti di un’ora.

Inoltre, nel fine settimana del 21-22 marzo la Luna sarà Nuova e si realizzeranno quindi le condizioni migliori per tentare la Maratona Messier, ovvero l’osservazione in un’unica notte di tutti (o quasi) i 110 oggetti del celebre catalogo.

Nel Cielo – Quarto ritorno nei Cani da Caccia

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La cartina del mese è centrata sulla parte occidentale della costellazione dei Cani da Caccia, giusto al confine con quella dell’Orsa Maggiore. In quella regione, estesa circa 12 gradi, prendono campo le due stelle principali (Cor Caroli e Chara) e gli oggetti trattati nel testo, ovvero le galassie M94, NGC 4244 e NGC 4214. La costellazione si individua con facilità, trovandosi poco a sud della coda dell’Orsa Maggiore (il “timone” del Grande Carro); contiene alcune stelle di quarta magnitudine, ma per il resto è molto debole e la sua estensione è piuttosto ridotta. Nella sua direzione sono però osservabili molte galassie brillanti e ben note.

Per approfondire leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, i cenni storici, le immagini e le mappe dettagliate, nell’articolo tratto dalla Rubrica Nel Cielo di Salvatore Albano presente a pagina 50 di Coelum n. 190

Asteroidi – GIUNONE, NIOBE E GIULIA sotto l’occhio di Giove

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Questo mese portiamo la nostra attenzione nella regione celeste occupata dalla costellazione del Cancro, dove avremo l’opportunità di poter seguire con comodo un terzetto di asteroidi che si muoverà all’interno di un campo binoculare. Il più importante e luminoso dei tre sarà (3) Juno, reduce dall’opposizione del mese scorso e ancora bello vivo in movimento verso nord.

EFFEMERIDI

Gli altri due, Niobe e Julia, di magnitudine intorno alla +11, si muoveranno di moto retrogrado, in procinto di attraversare il piano dell’eclittica andando invece verso sud. A pochi gradi di distanza, proprio sul bordo del campo in alto a sinistra, ci sarà anche il grande occhio di Giove a tenere compagnia all’osservatore.

Leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, nell’articolo tratto dalla Rubrica Asteroidi di Talib Kadori presente a pagina 66 di Coelum n.190

Associazione Astrofili Bassano del Grappa

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03.05ore 18:00: “Nascita e morte del Sole” di Rita Bizzotto.
Per info sull’Associazione: cell. 333.4653279
astrofilibassano@gmail.com
www.astrofilibassano.it
Per info sulla Specola: tel. 0423.934111
ufficio@centrodonchiavacci.it
www.specolachiavacci.it

Sunset selfie per Curiosity

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Crediti: NASA/JPL-Caltech/MSSS

Crediti: NASA/JPL-Caltech/MSSS

La mania dei selfie non ha invaso solo la Terra, ma anche lo spazio. E Marte non è da meno. L’immagine che vede qui sopra è un collage di foto scattate nel mese di gennaio dalla Mars Hand Lens Imager (MAHLI) camera montata sul braccio robotico del rover della NASA Curiosity, arrivato sul Pianeta rosso nell’agosto del 2012. Il veicolo a sei ruote attualmente si trova nel sito denominato “Mojave”, dove Curiosity ha “assaggiato” (per meglio dire analizzato) un campione di polvere marziana del Monte Sharp (vedi Media INAF) raccolto nel corso della sua seconda trivellazione.

Sullo sfondo è possibile notare l’affioramento collinare di “Pahrump Hills” e la parte superiore del Mount Sharp. Sulla destra potete vedere una porzione di terra più scura, mentre in basso a sinistra la superficie sabbiosa mossa dal vento marziano.

Eppure è un selfie inusuale, perché nell’immagine non si vede il braccio robotico su cui c’è la fotocamera. Il tutto è stato reso possibile da complessi movimenti delle “articolazioni” e rotazioni di MAHLI che hanno permesso di acquisire gli scatti che compongono il mosaico lasciando il braccio fuori dall’inquadratura o comunque in porzioni di immagini che non sono state utilizzate. Un procedimento che che era già stato utilizzato in precedenza dai “fotografi” della NASA nei siti “Rocknest”, “John Klein” e “Windjana”.

Kathryn Stack, del  Jet Propulsion Laboratory (California) della NASA, ha spiegato: «Rispetto agli altri selfie di Curiosity, questa volta abbiamo aggiunto delle immagini in più in modo da poter vedere pienamente i punti della campagna Pahrump Hills» e per capire i punti salienti della missione negli ultimi 5 mesi.

Nello specifico, gli scatti del rover sono stati presi durante il giorno marziano (sol) 868, cioè lo scorso 14 gennaio (oggi è il sol 908). Le altre immagini del terreno sono state aggiunte il 29 gennaio e quella dei fori di campionamento il 31 gennaio. Per comprendere meglio le dimensioni basti pensare che le ruote di Curiosity hanno un diametro di 50 centimetri e i fori praticati durante l’ultima trivellazione hanno un diametro di 1,6 centimetri.

La stessa immagine ma con annotazioni. Crediti: NASA/JPL-Caltech/MSSS

Per saperne di più:

Cerere e il mistero della doppia macchia bianca

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Cerere osservata da Dawn il 19 Febbraio, da una distanza di circa 46,000 chilometri. Credit: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA
Cerere osservata da Dawn il 19 Febbraio, da una distanza di circa 46,000 chilometri. Credit: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA

L’INSERIMENTO IN ORBITA PREVISTO IL 6 MARZO

Ecco l'immagine, sempre presa il 19 febbraio da circa 46 mila km di distanza, che mostra che la brillante macchia bianca ha in realtà una compagnapiù piccola all'interno dello stesso bacino. Credit: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA
Mentre la sonda Dawn è a pochissimi giorni (poco più di una settimana) dall’inserimento in orbita intorno al pianeta nano, le immagini in arrivo da Cerere continuano a sorprendere gli scienziati. Le ultime fotografie della camera, scattate da una distanza di circa 46,000 chilometri, rivelano che l’ormai famosa Macchia Bianca, la misteriosa zona che già dalle prime immagini di Hubble si stagliava chiara sulla superficie dell’asteroide, non è sola. Vicino a lei, sarebbe già identificabile una seconda macchia altrettanto chiara, visibile. E misteriosa.

Lo scatto in questione, pubblicato oggi dalla NASA, è stato realizzato il 19 Febbraio scorso e fa parte delle osservazioni compiute dalla sonda in un lasso di tempo di ben 9 ore, a coprire una rotazione completa del pianeta nano. Dall’animazione di Cerere così ottenuta, modificata rispetto agli scatti originali solo aumentando la luminosità delle immagini stesse, prende vita in modo sempre più definito una superficie costellata di crateri, zone più o meno piatte e macchie di diverso colore.

«La Macchia Bianca di Cerere sembra avere un compagna, molto simile anche se meno chiara» annuncia ai media Chris Russell, dell’Università della California, PI della missione. Anche lo strumento italiano VIR si è acceso nella stessa campagna di osservazione, inviando a Terra dati interessanti ancora in fase di studio. Conferma Maria Cristina De Sanctis, INAF-IAPS, responsabile dello strumento: «anche VIR  ha messo in evidenza la Macchia Bianca, distribuita su un paio di pixels. Sebbene tale area più chiara non sia ancora risolta, le osservazioni (e in particolare la distribuzione di albedo osservata) fanno pensare a due macchie chiare molto vicine tra loro».

Se la presenza di una o più macchie bianche sulla superficie di Cerere sembra essere appurata già da queste prime fasi di avvicinamento della missione, molto poco si può ancora dire sulla loro misteriosa natura. Chris Russell, osservando le prime immagini a disposizione, azzarda una tra le ipotesi possibili: «La vicinanza delle due zone Bianche osservate in queste nuove immagini potrebbe essere spiegata da una origina vulcanica. Ma ovviamente sarà necessario avere immagini ad una risoluzione migliore, per essere in grado di fare ipotesi geologiche».

Non bisognerà aspettare molto perché ciò accada: usando il suo motore a ioni, Dawn entrerà il 6 Marzo in orbita intorno a Cerere e comincerà a inviare a Terra immagini e dati molto piu dettagliati, che permetteranno di interpretare la natura della strana macchia e delle altre caratteristiche di questo nuovo mondo.  Dice Andreas Nathues, ricercatore del Max Planck Institute for Solar System Research, Germania, a capo del team della camera: «Al momento la Macchia Bianca è troppo piccola per poter essere risolta, ma è molto più chiara di qualsiasi altra cosa visibile sul pianeta nano Cerere. E questo è un mistero che intendiamo assolutamente risolvere».

Per ulteriori informazioni sulla missione:

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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27.02: “Il firmamento dei Dioscuri: gli spettacolari astri del tardo inverno” di Roberto Ratti.
Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

Circolo Culturale Astrofili Trieste

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24.11: “Problematiche e difficoltà per una seria
ricerca in ufologia” di Paolo Nordio.
Per info: Cell: 329.2787572 – Email: ccat@liberi.it
www.astrofilitrieste.it

Congiunzione stretta tra la Luna ed Aldebaran

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Come già annunciato nei numeri precedenti, a partire dal prossimo 24 marzo la Luna tornerà a nascondere periodicamente Aldebaran, dando il via a un ciclo di occultazioni che si verificheranno nei prossimi tre anni. Il 26 febbraio – verso le 00:30 – sarà osservabile una congiunzione tra la stella alfa del Toro e il primo quarto di Luna.

Per le effemeridi di Luna e pianeti vedere il Cielo di febbraio

Leopoldo Benacchio a Udine: l’origine e il significato dei termini astronomici usati nel linguaggio comune

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Martedì 24 febbraio alle 17, a palazzo Garzolini – di Toppo Wassermann

LE PAROLE DEL CIELO: CONFERENZA DELL’ASTRONOMO LEOPOLDO BENACCHIO

Nell’ambito della rassegna “Aperture. Idee, scienza e cultura”, la rassegna di Ateneo e Comune di Udine e Fondazione Crup

Nuovo appuntamento con “Aperture. Idee, scienza e cultura”, la rassegna ideata da Università e Comune di Udine, in collaborazione con la Fondazione Crup, per offrire, attraverso incontri e confronti pubblici, occasioni di riflessione sui molteplici aspetti della contemporaneità. Martedì 24 febbraio, alle 17, a palazzo Garzolini – di Toppo Wassermann a Udine (via Gemona 92) l’Ateneo friulano ospiterà la conferenza “Le parole del cielo” con l’astronomo Leopoldo Benacchio. Lo scienziato dell’Osservatorio astronomico di Padova parlerà dell’origine e del significato dei termini astronomici che utilizziamo nel linguaggio quotidiano.

Dopo i saluti delle autorità, l’incontro sarà presentato e introdotto dal delegato dell’ateneo alla cultura, Angelo Vianello. «“Le parole del cielo” – spiega Vianello – è un viaggio fra immagini e testi che ci svela, suscitando stupore e curiosità, il significato profondo e arcano di parole come, ad esempio, cielo, luna, sole, Venere, capaci di raccontarci il legame millenario dell’uomo al cielo, fatto di quotidianità, utilità e spiritualità».

Leopoldo Benacchio è ordinario dell’Istituto nazionale di astrofisica all’Osservatorio astronomico di Padova oltre a insegnare all’ateneo patavino. Ha sviluppato numerosi progetti di ricerca italiani e internazionali nel campo delle reti e del calcolo applicato. Già consigliere per il Ministro della Ricerca, accanto all’attività scientifica si dedica anche alla comunicazione della scienza. Ha pubblicato diversi libri di astronomia, tradotti in più lingue, tra cui uno per la scuola in scrittura Braille. Dal 1998 ha sviluppato oltre trenta progetti su web. Per queste sue attività ha ricevuto premi nazionali e internazionali. Collabora inoltre con il quotidiano “Il Sole 24 ore”.

Spuntano le piccole lune di Plutone

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Animazione di sette fotogrammi in cui si riconoscono le lune di Plutone Hydra (nel quadrato giallo) e Nix (arancione). Ogni fotogramma è una combinazione di cinque immagini da 10 secondi, scattate con lo strumento Long-Range Reconnaissance Imager (LORRI) utilizzando una modalità speciale che combina i pixel per aumentare la sensibilità a spese della risoluzione. Il set di immagini a destra è stato appositamente elaborato per rendere le piccole lune più facili da distinguere. Crediti: NASA/Johns Hopkins APL/Southwest Research Institute

Animazione di sette fotogrammi in cui si riconoscono le lune di Plutone Hydra (nel quadrato giallo) e Nix (arancione). Ogni fotogramma è una combinazione di cinque immagini da 10 secondi, scattate con lo strumento Long-Range Reconnaissance Imager (LORRI) utilizzando una modalità speciale che combina i pixel per aumentare la sensibilità a spese della risoluzione. Il set di immagini a destra è stato appositamente elaborato per rendere le piccole lune più facili da distinguere. Crediti: NASA/Johns Hopkins APL/Southwest Research Institute

Clyde Tombaugh (Wikipedia)

Era il 18 febbraio 1930 quando, attraverso il confronto di lastre fotografiche impressionate pochi giorni prima, il giovane astrofilo Clyde Tombaugh scoprì Plutone all’Osservatorio Lowell di Flagstaff, in Arizona, dove era stato assunto per la sua precoce perizia astronomica. Ottantacinque anni dopo, è un veicolo spaziale a puntare Plutone, la sonda NASA New Horizons, che ci ha regalato le sue prime immagini delle piccole lune in orbita attorno al pianeta nano ghiacciato.

Le lune Nix e Hydra sono infatti visibili in una serie di immagini scattate da New Horizons dal 27 gennaio all’8 febbraio scorso, a distanze che variano da circa 201 a 186 milioni chilometri da Plutone. Assemblate in un piccolo filmato, le nuove immagini costituiscono la prima lunga occhiata della sonda a Hydra (identificata da un quadrato giallo) e il suo primo sguardo in assoluto su Nix (quadrato arancione).

Il set di immagini è stato appositamente elaborato per rendere le piccole lune più facile da scorgere. «E’ emozionante vedere emergere i dettagli del sistema di Plutone mano a mano che ci avviciniamo alla fatidica data del 14 luglio, quando il veicolo spaziale raggiungerà la sua meta», dice John Spencer del Southwest Research Institute, membro del team scientifico di New Horizons. «Questa buona prima visione di Nix e Hydra segna un altro importante traguardo, e un modo perfetto per celebrare l’anniversario della scoperta di Plutone».

Nix e Hydra sono stati scoperte dai membri del team di New Horizons in immagini riprese nel 2005 dell’Hubble Space Telescope. Hydra, la luna più esterna del sistema di Plutone, orbita intorno al pianeta nano ogni 38 giorni a una distanza di circa 64.700 chilometri, mentre Nix fa un giro completo in 25 giorni da 48.700 km. Ogni luna è probabilmente tra 40 e 150 km di diametro, ma gli scienziati conosceranno le loro dimensioni in modo più preciso solo quando New Horizons, tra pochi mesi, otterrà foto ravvicinate di entrambe. Altre due lune di Plutone, Styx e Kerberos, sono ancora più piccole e ancora troppo deboli per potere essere viste da New Horizons alla sua attuale distanza da Plutone.

Non resta che attendere, mentre New Horizons prosegue spedita il suo cammino. La sonda trasporta, tra l’altro, una parte delle ceneri di Clyde Tombaugh, come omaggio alla sua scoperta. Scoperta che Alan Stern del Southwest Research Institute, responsabile scientifico di New Horizons, afferma essere stata «molto avanti rispetto al suo tempo, preannunciando la scoperta della fascia di Kuiper e di una nuova classe di pianeti».

Un’altra supernova in M101? No, ma controllate i vostri archivi!

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Un’elaborazione ottenuta da Marco Burali utilizzando un’immagine a colori d’archivio fatta con il Takahashi RC 300 e camera ccd FLI 1001e dall’Osservatorio Mtm di Pistoia e sommandola con l’immagine attuale ottenuta il 20 gennaio da Koichi Itagaki.

Un’elaborazione ottenuta da Marco Burali utilizzando un’immagine a colori d’archivio fatta con il Takahashi RC 300 e camera ccd FLI 1001e dall’Osservatorio Mtm di Pistoia e sommandola con l’immagine attuale ottenuta il 20 gennaio da Koichi Itagaki.

Quando venerdì (6 febbraio) abbiamo letto nel TOCP “Transient Objects Confirmation Page” la notizia della scoperta di una PSN “Possibile SuperNova” nella stupenda galassia Messier 101, abbiamo pensato subito ad un’altra supernova da “copertina”. È infatti ancora vivo il ricordo della famosa SN2011fe esplosa nell’agosto 2011 proprio in questa galassia che raggiunse la notevole mag.+10.

In realtà questa volta non è stato proprio così.

Un dettaglio dell’oggetto sommando 5 esposizioni da 60 secondi ottenuta da Paolo Campaner il 16 febbraio con il telescopio riflettore da 400mm F.5,5 (cliccare sull'immagine per ingrandire).

Il nuovo oggetto è stato scoperto nella notte del 10 febbraio dal rumeno Ciprian Dumitru Vintdevara (del Planetarium and Astronomical Observatory of the Museum Vasile Parvan a Barlad, Romania), quando brillava di mag.+16,5. L’immagine di conferma è stata ottenuta il 13 febbraio in remoto dalla Spagna dal neozelandese Stu Parker. L’attesa era per un repentino aumento della luminosità e invece nei giorni seguenti la magnitudine scende sotto la diciassettesima.

Il giapponese Koichi Itagaki si accorge che l’oggetto era presente in tre sue precedenti immagini ottenute il 9 febbraio, il 20 gennaio e addirittura in una del 13 novembre 2014. In tutte e tre le immagini la luminosità variava dalla mag.+16,5 alla mag.+17,5. Anche l’ASAS-SN l’aveva immortalato il 10 febbraio a mag.+16,5. Il transiente era perciò lì da circa tre mesi e stranamente nessuno l’aveva notato.

I primi a riprenderne lo spettro sono stati gli astronomi americani del Intermediate Palomar Transient Factory utilizzando lo storico telescopio Hale da 5 metri. Analizzando le immagini del telescopio spaziale a infrarossi Spitzer della NASA e quelle del Large Binocular Telescope con i suoi due occhi giganti da 8,4 metri, è stata individuata la stella progenitrice: una stellina che già a metà del 2012 variava tra la mag.+20 e la mag.+21.

Sulla natura di questo oggetto i professionisti sono propensi verso due ipotesi: si potrebbe trattare di un LBV Luminous Blue Variable detti anche Supernova Impostor, oppure potremmo essere di fronte a un LRN Luminous Red Nova, un oggetto simile a V838 Monocerotis. Potrebbe trattarsi cioè di esplosioni catastrofiche causate dalla fusione di un sistema di stelle binarie o da un corpo planetario che precipita sulla propria stella.

Fondamentale a questo punto è capire l’evoluzione che ha subito il transiente negli anni precedenti. Se saltasse fuori nel passato un altro outburst, spazzerebbe via l’ipotesi del LRN a favore del LBV.

Visto che M101 è uno degli oggetti più fotogenici e bersagliati dell’emisfero boreale, vi chiediamo quindi di controllare i vostri archivi. Se avete un’immagine ripresa da novembre 2014 a oggi sicuramente l’oggetto sarà presente, ma è molto importante analizzare anche immagini di anni addietro per capire se in passato si fosse verificato un precedente outburst. Eventuali immagini positive possono essere inviate alla seguente mail: fabiobriganti@libero.it

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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20.02: Conferenza (a seguire osservazione degli oggetti del cielo con i telescopi del gruppo): “Battaglia contro la gravità: la storia e le prospettive della propulsione spaziale” di Monica Valli.
Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

Venerdì dell’Universo 2015 – Incontri e seminari su Astronomia, Fisica e Scienze

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20.02: “A caccia di comete. La Missione Rosetta” di AMALIA ERCOLE FINZI.
Per informazioni: Tel. 0532/97.42.11
E-mail: venerdiuniverso@fe.infn.it
www.fe.infn.it
www.unife.it/dipartimento/fisica

Marte solo andata: Mars One prosegue

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Il post.it ha pubblicato oggi una infografica che illustra le tappe fondamentali che il progetto Mars One sta percorrendo, con l’obiettivo ultimo di impiantare la prima colonia umana su Marte entro il 2025, ma con un solo dettaglio, nessuno dei futuri coloni potrà tornare sulla Terra.

Il progetto che aveva fatto scalpore quando nacque sembra stia procedendo, anche se i passaggi fondamentali (e costosi) sono ancora abbastanza lontani.

All’impresa, anche se non è ancora chiaro con quale titolo, sembra essere coinvolta anche SpaceX, sia per la capsula che per i lanciatori.

Per maggiori informazioni: http://www.mars-one.com
Fonte: ilpost.it+

Copyright immagine: Mars One Foundation

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Stazione Spaziale, i più spettacolari transiti del periodo

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In febbraio la ISS sarà rintracciabile nei nostri cieli ad orari tardo pomeridiani o serali, quindi senza l’obbligo della sveglia al mattino prima dell’alba.

Durante il corso dei suoi 28 giorni, i transiti notevoli saranno 6, tutti con magnitudini elevate.

Si inizia il 5 febbraio, osservando da SO a E dalle 19:02 alle 19:07, la ISS sarà ben visibile da ogni zona del paese, con preferenza però per il Sud Italia.

La magnitudine massima si attesterà su un valore di –3,2, quindi un transito individuabile senza alcun problema, anche se parziale …meteo permettendo.

Per effemeridi di Luna, Sole, pianeti, comete e asteroidi consultare il Cielo di febbraio

L’articolo completo è pubblicato su Coelum n.189 – 2015 alla pagina 59

Comete – La LOVEJOY è ancora molto luminosa!

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Il percorso apparente della Lovejoy durante il mese di febbraio la porterà a guadagnare in declinazione ed in altezza, mentre passerà tra Perseo e Andromeda puntando verso Cassiopea. Il giorno 14 diventerà circumpolare e perciò potrà essere seguita praticamente per tutta la notte.

Per il secondo mese di seguito la regina incontrastata delle notti invernali continuerà a essere la cometa C/2014 Q2 Lovejoy.

Anche in febbraio, infatti, potremo osservarla alta verso ovest attraversare la costellazione di Andromeda per poi finire in Cassiopea, con una luminosità che dovrebbe progressivamente calare dalla +4,5 alla +6,5.

In gennaio la Lovejoy ci ha regalato dei bei momenti osservativi, producendo una coda molto “viva” e ricca di strutture, lunga una decina di gradi, in cui sono state osservate e fotografate notevoli disconnessioni.

A febbraio, ormai in allontanamento sia dalla Terra che dal Sole, sarà sicuramente meno attiva ma avremo comunque la possibilità di realizzare altre foto simili per bellezza a quelle che vi proponiamo nella gallery di questo numero.

Indice dei contenuti

EFFEMERIDI

Leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, con tutte le immagini, nella Rubrica Comete di Rolando Ligustri presente a pagina 71 di Coelum n.189

Titano, immagini radar al ritocco

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In questa immagine comparata potete vedere Titano, la luna di Saturno: l’immagine è stata ottenuta con il Synthetic Aperture Radar (SAR) a bordo di Cassini, ma a destra è stata utilizzata una nuova tecnica per ridurre interferenze elettroniche (la foto è più nitida e chiara). Crediti: NASA/JPL-Caltech/ASI

In questa immagine comparata potete vedere Titano, la luna di Saturno: l’immagine è stata ottenuta con il Synthetic Aperture Radar (SAR) a bordo di Cassini, ma a destra è stata utilizzata una nuova tecnica per ridurre interferenze elettroniche (la foto è più nitida e chiara). Crediti: NASA/JPL-Caltech/ASI

Nuovo look per Titano

Quando una sonda viene lanciata in orbita le incognite sono molte: arriverà mai a destinazione? E se arriva all’obiettivo, riuscirà a rimanere in orbita abbastanza a lungo per catturare e analizzare dati? Come arriveranno questi dati sulla Terra è un’altra incognita, perché spesso sono inutilizzabili o altre volte non arrivano affatto. Poi ci sono missioni che durano più del previsto o che riescono ottenere immagini e analizzare dati che inizialmente sembravano impossibili. Questo perché molto spesso le missioni vengono ideate, progettate e realizzate nel corso di dieci o venti anni.

Come è accaduto nel caso della sonda Cassini, che è in orbita attorno a Saturno da 10 anni, dopo che la missione è stata estesa per ben due volte (nel 2008 e nel 2010) e si pensa di portarla avanti almeno fino al 2017. Di Cassini si è cominciato a parlare già nel 1982, anche se la progettazione vera e propria è iniziata solo negli anni ‘90. In ben 10 anni di scoperte la sonda, nata dal lavoro congiunto di NASA/ESA/ASI, ha osservato e scrutato in ogni dettaglio anche una delle lune più famose del sesto pianeta del Sistema solare, Titano. In tutti questi anni, però, il modo di guardare a Titano è cambiato, o almeno sono cambiate le tecniche per analizzare i dati e le immagini che di volta in volta sono state inviate a Terra. L’italiano Synthetic Aperture Radar (SAR) montato a bordo di Cassini ha mappato nel corso del tempo la superficie del satellite naturale più grande del sistema di lune di Saturno, tracciato e rivelato vaste distese di dune di sabbia e “tuffato” nei mari di idrocarburi. Ma a volte le immagini che ci sono arrivate non erano molto nitide, nonostante la loro bellezza.

Grazie a una tecnica recentemente sviluppata per la gestione del rumore di fondo e delle interferenze elettroniche nelle immagini radar di Cassini, Titano ha assunto un look nuovo di zecca. La tecnica, che i suoi sviluppatori chiamano “despeckling” (cioè smacchiatura) produce delle immagini della superficie di Titano che sono molto più chiare, nitide e facili da guardare rispetto a ciò che in questi anni gli scienziati e il pubblico hanno visto. Di certo 10 o 20 anni fa, i ricercatori non avrebbero mai immaginato che un giorno le immagini di Titano sarebbero mai state così nitide.

Di solito, le immagini radar di Cassini hanno un aspetto granuloso (per non dire fastidioso), che crea quello che in gergo viene chiamato “rumore”, un’interferenza che rende difficile l’interpretazione delle caratteristiche più piccole o l’identificazione di particolari cambiamenti in foto scattate nel corso del tempo. La nuova tecnica sviluppata da Antoine Lucas (che lavora alla divisione astrofisica del Commissariato per l’Energia Atomica in Francia) si basa essenzialmente su un algoritmo per modificare questo rumore e rendere le immagini più fruibili. In pratica un modello matematico di “de-noising” o di soppressione del rumore.

“Ripulire” le immagini radar di Cassini ha una varietà di benefici scientifici, perché si potranno produrre mappe 3D (Digital Elevation Model, DEM) della superficie di Titano con un notevole miglioramento nella qualità. Con una visione più chiara di canali fluviali, delle coste lacustri e delle dune, i ricercatori saranno in grado di eseguire analisi più precise dei processi che modellano la luna di Saturno. Per non parlare poi del fatto che lo stesso rumore, la stessa interferenza, se analizzata separatamente, può contenere informazioni sulle proprietà della superficie e di sottosuolo.

In questo montaggio si può vedere come le immagini siano cambiate con la nuova tecnica di Lucas. Nella fila in alto sono state inserite le foto scattate dal SAR; nella fila in basso, invece, ci sono le immagini processate con la nuova tecnica di de-noising. Le tre coppie a sinistra ritraggono il Ligeia Mare, mentre nella coppia di foto a destra si vedono una serie di vallate e Jingpo Lacus. Ogni immagine rappresenta un’area larga nella realtà 112 chilometri.

«E’ una tecnica incredibile e Antoine ha fatto un gran lavoro per dimostrarne l’affidabilità», ha detto Randy Kirk, membro del team che si occupa del radar di Cassini presso il Geologic Survey a Flagstaff (Stati Uniti). Kirk ha anche spiegato che i ricercatori stanno selezionando le immagini più importanti e con una più alta priorità su cui applicare la nuova tecnica e chissà se in futuro questo algoritmo non possa essere utilizzato anche per altre missioni. Magari fra qualche anno ne verrà sviluppato uno più avanzato e preciso. Questo è il bello della scienza e della tecnologia.

Per saperne di più:

Rosetta: Zoom sulla cometa, le foto del flyby di San Valentino

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La cometa 67P fotografata il giorno di San Valentino a 8.9 km di distanza. Crediti: ESA / Rosetta / NavCam

Mai così vicino: appena 6 km. Così vicino da essere più una carezza che un flyby. E visto che per una carezza non c’è giorno più appropriato di San Valentino, l’ESA ha scelto proprio il 14 febbraio per portare la sonda Rosetta alla minima distanza dalla cometa 67P. Il punto di avvicinamento massimo è stato raggiunto alle 13:41 ora italiana, mentre Rosetta sorvolava la regione battezzata Imhotep, sul lobo principale.

La cometa 67P fotografata il giorno di San Valentino a 8.9 km di distanza. Crediti: ESA / Rosetta / NavCam

La foto che vedete qui sopra – non ritoccata in alcun modo, sottolineano giustamente orgogliosi dal centro di controllo della missione – raffigura un’area di 1.37 km di lato, ed è stata scattata dalla Navigation Camera di bordo circa un’ora e mezza più tardi, alle 15:15, quando la distanza era ancora alquanto ridotta: 8.9 km. Sufficiente a garantire un’immagine di ottima qualità, con una risoluzione di 0.76 metri per pixel.

L’immagine mostra in modo evidente la grande varietà del terreno cometario. Si notano formazioni affioranti in netto contrasto con le distese di suolo liscio, coperto di polvere. In alcune zone, per esempio al centro e lievemente sulla sinistra, si riconoscono rilievi quasi perfettamente circolari e piatti in superficie. Sparsi qua e là, massi che vanno da qualche metro a qualche decina di metri, il più grande dei quali, battezzato Cheops, si erge maestoso in alto al centro.

Rosetta si trova oggi a 345 milioni chilometri dal Sole. Il punto di minima distanza dal Sole, il perielio, sarà raggiunto il prossimo 13 agosto, quando la cometa viaggerà tra le orbite della Terra e di Marte a circa 186 milioni dalla nostra stella.

Per saperne di più:

Nel Cielo – Storie di doppi, alias e sosia IN URSA MAJOR

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La cartina del mese abbraccia quella parte della costellazione dell’Orsa Maggiore che gli anglosassoni chiamano “dipper”, ovvero il “mestolo”: il rettangolo di stelle che nella parte orientale è chiuso dalle stelle Megrez (a nord) e Phecda (a sud). Il primo oggetto del mese – la galassia NGC 3953 – si trova proprio nei dintorni di quest’ultima, mentre il secondo – la galassia in interazione NGC 3690 – si trova all’interno del rettangolo, abbastanza privo di oggetti di riferimento.

Terzo passaggio di questa rubrica tra le galassie dell’Orsa Maggiore, costellazione che come è noto si trova nelle vicinanze del Polo Galattico ed è quindi praticamente priva di oggetti nebulari. Guardando nella sua direzione è come gettare uno sguardo verso lo spazio intergalattico piuttosto che nel polveroso giardino stellare di casa nostra, e in particolare, tutta la figura del “Dipper” è disseminata da ammassi di galassie grandi e piccole. Uno di questi è il cosiddetto M109 Group, di cui fa parte ovviamente la galassia omonima, ma anche un oggetto sorprendentemente simile che è una vera e propria controfigura con una storia tutta particolare…

Lo scambio nella culla – Qualcuno la chiama anche M109B, con una sigla che è però ancora priva di qualsiasi ufficialità. Stiamo parlando di NGC 3953, una galassia che fino alle medie risoluzioni appare nei telescopi come una copia conforme della più famosa M109. Tra i due oggetti c’è però un legame ancora più profondo, dovuto a una vicenda che sembra rimettere in gioco il diritto dell’attuale M109 a far parte del Catalogo Messier. Per capirci qualcosa bisogna però partire da lontano…

Per approfondire leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, i cenni storici, le immagini e le mappe dettagliate, nell’articolo tratto dalla Rubrica Nel Cielo di Salvatore Albano presente a pagina 48 di Coelum n. 189

Il Cielo di Febbraio

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EFFEMERIDI

Il mese di febbraio nel nostro paese è quello che in inverno delude meno degli altri le aspettative degli osservatori, siano essi appassionati di alta risoluzione che di cielo profondo. Le notti serene, infatti, sono discretamente numerose, e si presentano tendenzialmente molto stabili anche sotto il profilo del seeing. Sarà così anche quest’anno?

Per quanto riguarda l’aspetto del cielo, nella prima parte della notte predomineranno ancora le costellazioni invernali; verso le 20:30 saranno infatti in meridiano il Cane maggiore e Orione, con l’Auriga allo zenit. A ovest staranno invece già tramontando Pegaso e la Balena, mentre a est il cielo sarà già occupato dagli asterismi primaverili, tra cui saranno facilmente riconoscibili il Leone e le prime propaggini della Vergine. Più tardi sorgerà anche la brillante Arturo nel Boote, mentre a ovest comincerà ad essere evidente il declino di Orione verso l’orizzonte. Molto più in alto, quasi immobile a nord, il Grande Carro sembrerà in procinto di rovesciarsi.

Giove tra Leone e Cancro, e nel crepuscolo del tramonto Venere e Marte, saranno i pianeti osservabili con più facilità, mentre per vedere Saturno nello Scorpione bisognerà attendere la seconda parte della notte.

L’articolo completo è pubblicato su Coelum n.189 – 2015 alla pagina 52

Asteroidi: (625) Xenia e (166) Rhodope, viaggio in coppia tra Vergine e Leone

EFFEMERIDI

Fate attenzione a una simpatica coppia di asteroidi che sto seguendo da dicembre. Si tratta di (625) Xenia, di magnitudine media +14,5, e di (166) Rhodope (+14,3).

La loro peculiarità è che da gennaio questi due puntini se ne stanno andando in giro praticamente affiancati, distanti tra di loro non più di 15’/20’… e lo faranno fino a maggio! Praticamente la loro traccia somiglia a un binario ferroviario!

Seguiteli, perché ne vale la pena. Si muoveranno tra la Vergine e la coda del Leone e a metà marzo saranno a pochi primi di Denebola. Sarà anche un avvicinamento fisico perché il 23 aprile i due oggetti si avvicineranno fino a una distanza reciproca di 150000 km!

Leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, nell’articolo tratto dalla Rubrica Asteroidi di Talib Kadori presente a pagina 66 di Coelum n.189

Big Bang, c’è chi dice no

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Visione artistica del Big Bang. Crediti: David A. Aguilar

E SE NON CI FOSSE STATO ALCUN INIZIO?

Origine dell’universo, energia oscura, gravità quantistica, relatività generale… tutto in quattro paginette dal titolo a effetto – “Cosmology from quantum potential”  – pubblicate per di più su una rivista di quelle serie, Physics Letters B.

Visione artistica del Big Bang. Crediti: David A. Aguilar

Quattro paginette che provano a smontare una delle convinzioni più diffuse e accettate, dagli scienziati quanto dalle persone comuni: che tutto sia iniziato con il Big Bang. Invece no, scrivono Ahmed Farag Ali del Center for Theoretical Physics di Giza, in Egitto, e Saurya Das, della University of Lethbridge, in Canada: il loro modello non solo sembra poter fare benissimo a meno di quella singolarità iniziale innanzi alla quale la fisica come la conosciamo è costretta a issare bandiera bianca, ma addirittura prevede che l’universo abbia un’età infinita.

Affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie, ammoniva Carl Sagan, ed era dunque facile prevedere che in rete si sarebbero immediatamente sollevate critiche e obiezioni, anche parecchio tranchant – a partire da quelle che possiamo leggere su the reference frame, dove a onor del vero Luboš Motl se la prende soprattutto (ma non solo) per il modo in cui i media hanno ripreso l’articolo. Ma sono davvero così straordinarie, le conclusioni di Ali e Das? Media INAF lo ha chiesto a Carlo Burigana, cosmologo all’INAF IASF di Bologna.

Come si discosta il modello di Ali e Das da quello standard della cosmologia?

«Il modello degli autori, basato su un approccio che combina concetti quantistici e di relatività generale, propone un’interpretazione dell’accelerazione recente dell’universo – descritta usualmente in termini di costante cosmologica, di energia oscura, o di modifiche alle teorie sulla gravità – e “rimuove” la singolarità iniziale sintetizzata nel termine big bang. Ora, in realtà, ciò che è osservativamente “standard” è l’espansione dell’universo (accelerata nelle epoche recenti, decelerata nel passato e verosimilmente accelerata nel trapassato remoto, come negli scenari inflazionari) e la fase primordiale calda (da cui il termine hot big bang), e non mi pare che questo lavoro sia in opposizione a ciò».

Ma il loro l’articolo sembra proporre uno scenario senza istante iniziale. Non è incompatibile, questo, con l’idea di big bang alla quale siamo abituati?

«Il termine big bang, ovvero “la grande esplosione” a ridosso della singolarità da considerarsi come una sorta di “inizio” dell’universo (o, per alcuni, la “creazione” dello stesso), è sempre stato, a rigore, una semplificazione, una sorta di gergo per indicare una fase primordiale estremamente calda e densa con condizioni fisiche adeguate a spiegare alcuni fatti osservativi in un quadro in cui l’universo primordiale si è poi evoluto espandendosi e raffreddandosi».

«L’eventuale singolarità rappresenta una questione affascinante appunto perché richiede una fisica ancora non nota che possa fornire un quadro soddisfacente in condizioni fisiche così estreme. Ma, con un’analogia di immediata comprensione, basta usare al posto del tempo il logaritmo del tempo (come forse non così inappropriato quando ciò che conta è l’ordine di grandezza di una quantità), affinché l’istante zero vada automaticamente a meno infinito, ovvero la questione “dell’inizio” scompare, mentre rimane invece la questione, secondo me più interessante, delle proprietà fisiche di un sistema in condizioni “estreme”. Il lavoro mi pare si inquadri in quest’ottica. Se poi la soluzione proposta sopravvivrà o meno ad analisi più approfondite e, in particolare, se passerà i test sulla spiegazione della genesi dei semi iniziali e dell’evoluzione delle strutture cosmiche, “fotografati” nel fondo cosmico e nella distribuzione delle galassie, lo si vedrà, come del resto accennano gli autori».

In attesa di vedere se l’impianto teorico del loro lavoro regge, i due autori continuano a sfornare paper ad alzo zero. Ahmed Farag Ali ne ha caricato in rete uno, ancora non pubblicato, che mette in discussione l’esistenza d’un’altra singolarità, quella dei buchi neri. E Saurya Das non è certo da meno: l’ultimo lavoro che ha condiviso, firmato insieme a Rajat K. Bhaduri, prevede che alla fine, di tutto ciò che chiamiamo universo, non rimarrà altro che un condensato di Bose-Einstein. Fra tutti gli esiti possibili… quasi quasi era meglio il Big Crunch.

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Sull’argomento:

  • Prima del Big BangPrima del Big Bang – un’inchiesta tra i cosmologi per conoscere la loro personale visione di ciò che poteva esserci prima dell’inizio del tempo.
    A cura di Filippo Bonaventura e pubblicata in tre parti su Coelum n.185, Coelum n.186 e Coelum n.187 con gli interventi di (in ordine di arrivo e pubblicazione): Sean M. Carroll, Amedeo Balbi, Michele Maggiore, Roger Penrose, Sabrina Masiero, Alberto Cappi, Angelo Tartaglia, Carlo Rovelli, Maurizio Gasperini, Antonio Walter Riotto, Salvatore Capozziello, Francesca Perrotta, Alexander Dolgov, Fabio Finelli, Stefano Foffa, Paolo Salucci, Sabino Matarrese, Paola Battaglia.

IXV, missione compiuta… con suspense

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E alla fine il gran giorno è giunto, dopo il rinvio dello scorso novembre dovuto a cause tecniche. Il mini shuttle europeo, l’IXV, frutto in gran parte di tecnologia italiana con il coinvolgimento del Centro italiano di ricerca aerospaziale (CIRA) e di Thales Alenia Space ha compiuto il suo primo volo di prova. 140 minuti che lo hanno visto rientrare nell’atmosfera terrestre da una quota di 450 chilometri di altezza dove lo ha condotto il lanciatore dell’ESA Vega, anche questo frutto in gran parte della scienza e della tecnologia italiana.

Ma cosa è esattamente IXV? Si tratta di un veicolo spaziale sperimentale - delle dimensioni di un automobile e il peso di circa 2 tonnellate - in grado di compiere un rientro atmosferico controllato dall'orbita terrestre bassa. Ha una forma non convenzionale, di un tipo definito “lifting-body”, caratterizzata dalla grande manovrabilità e aerodinamicità.

Vega però non ha negato qualche momento di suspense quando problemi alla telemetria hanno interrotto il conto alla rovescia a quattro minuti dal lancio e fatto ipotizzare il rinvio del lancio stesso. Per fortuna, allarme rientrato, e dopo mezz’ora di sosta le procedure per l’accensione dei motori e il via definitivo alla prova di volo IXV potevano riprendere. A seguire e monitorare continuamente il volo il centro di controllo Altec a Torino, dove si è svolta la diretta italiana del lancio, avvenuto della base europea Kourou nella Guyana francese, e da dove si è collegato il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana Roberto Battiston.

«Dopo aver fatto per 50 anni lanci di strumenti e dopo lo sviluppo di un Vega che funziona in modo impeccabile, l’Europa, grazie all’Italia, col progetto IXV sta iniziando a imparare come si riportano a Terra strumenti, e un giorno in prospettiva persone, che sono stati nello Spazio» ha dichiarato Battiston. «E’ un passaggio determinante per il successo di futuri ambiziosi progetti spaziali in cui l’Europa, e quindi l’Italia, è coinvolta».

Altrettanto soddisfatta Stefania Giannini, Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, che ha partecipato all’evento di Torino insieme al suo omologo francese, Najat Vallaud-Belkacem:  «L’Italia è la grande protagonista del lancio del dimostratore europeo di rientro atmosferico IXV sviluppato da Thales Alenia Space per conto dell’Esa, con l’apporto tecnico-scientifico dell’Asi, del Cira e delle Università italiane – ha commentato il ministro Giannini – e sono orgogliosa di questo nuovo passo dell’avventura italiana nello spazio che dimostra l’eccellenza italiana in questo settore».

Per approfondire:
Il comunicato stampa dell’ASI

Effetto lente gravitazionale: Hubble ci regala un sorriso

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Complice il fenomeno delle lenti gravitazionali, Hubble Space Telescope ci regala il sorriso dell’ammasso di galassie SDDSS J1038+4849. Crediti: NASA / ESA.

Complice il fenomeno delle lenti gravitazionali, Hubble Space Telescope ci regala il sorriso dell’ammasso di galassie SDDSS J1038+4849. Crediti: NASA / ESA.

I fratelli Murray e Bernard Spain che lo resero celebre utilizzandolo in una campagna pubblicitaria per vendere oggetti da bigiotteria – bottoni, tazze per il caffè, t-shirt, etichette adesive e spillette – di certo non immaginavano che avrebbero creato un fenomeno destinato a sopravvivere ben oltre i ben pur gloriosi anni Ottanta.

Lo smile è l’emoticon per eccellenza della messaggistica istantanea degli anni Dieci in questo nuovo millennio ma l’icona sorridente è anche di più: un ammasso di galassie, dall’impronunciabile sigla SDDSS J1038+4849, fotografato da Hubble Space Telescope.

Due grandi occhi dal colore ambrato, una sorta di bottone bianco al posto del naso e un largo sorriso di luce. Questo si vede chiaramente nell’immagine raccolta dal telescopio spaziale gestito da Nasa e Agenzia Spaziale Europea (ESA). A disegnare lo smile cosmico è un effetto ottico ben noto in astrofisica, una lente gravitazionale (di cui spesso abbiamo scritto su MediaINAF) che in questo caso deforma due galassie molto luminose a formare una scia colorata nel cielo lontano fotografato dall’ottica di Hubble.

Gli ammassi di galassie sono fra le strutture più massicce dell’Universo ed esercitano una potente attrazione gravitazionale capace di deformare lo spazio-tempo e agire come un dispositivo ottico che ingrandisce, distorce e piega la luce dietro di esse. Un fenomeno, quello delle lenti gravitazionali, cruciale per molte delle scoperte fatte dal telescopio spaziale Hubble e che può essere facilmente spiegato con la teoria della relatività generale di Einstein.

E ancora Einstein dà il nome a questo particolare tipo di lente gravitazionale, conosciuto come anello di Einstein e prodotto da una sorgente luminosa in un anello attraverso l’effetto lente gravitazionale sulla luce della sorgente dovuta a un oggetto con una massa estremamente grande (come un’altra galassia o un buco nero). Un fenomeno raro che si verifica quando la sorgente, la lente e l’osservatore sono perfettamente allineati.

Il primo anello di Einstein completo – B1938+666 – venne scoperto nel 1998. Da allora Hubble ha fornito agli astronomi ben più di una volta strumenti nuovi e sorprendenti per sondare l’Universo primordiale.

La mattina del 17 febbraio la Luna avvicinerà Mercurio

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Abbandonato da Venere, con cui aveva dato luogo alla bella congiunzione di gennaio, Mercurio continuerà verso la metà di febbraio a frequentare la regione del Capricorno nei pressi delle stelle alfa e beta. E qui, la mattina del 17, il piccolo pianeta sarà osservabile in congiunzione con un’esilissima falce di Luna calante, situata 2,6° più a nord (nel riferimento altazimutale).

Per le effemeridi di Luna e pianeti vedere il Cielo di febbraio

“Houston, abbiamo un problema” proiezione e conferenza con Paolo Attivissimo

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L’ascensore che si blocca può essere una situazione spiacevole. Ma se ci stai viaggiando verso la Luna, non puoi nemmeno chiamare il tecnico. Al massimo puoi dire “Houston, abbiamo un problema“. Quanto sono difficili e pericolosi i viaggi spaziali? Che succede se si rompe qualcosa? Come abbiamo fatto a raggiungere la Luna con la tecnologia di cinquant’anni fa? Ma poi, l’abbiamo raggiunta veramente?

Il CICAP Veneto ti invita ad una serata eccezionale.

Apollo13 Space Center

Prima della visione dello spettacolare film “Apollo 13, che racconta proprio di quella storica chiamata di emergenza, con Paolo Attivissimo, giornalista scientifico, esamineremo, chiarendoli, i dubbi più frequenti sulle missioni Apollo che portarono l’uomo sulla Luna fra il 1969 e il 1972. Sarà anche l’occasione per raccontare, con immagini rare e filmati restaurati, gli aspetti meno conosciuti della corsa allo spazio, dai disastri sfiorati alle foto di Playboy sulla Luna.

Forse non basta a diventare astronauta, ma prenderai l’ascensore senza più timori.


Attenzione: i biglietti (posto unico non prenotabile) sono acquistabili solo in prevendita dal sito del CICAP. Non sarà possibile acquistarli presso le casse del cinema. La serata durerà circa fino a mezzanotte.

Clicca qui per acquistare i biglietti!


Venerdì 20 Febbraio 2015, ore 19.45
Space Cinema Le Piramidi
Via Brescia, 13
36040 Torri di Quartesolo (VI)

L’Italia candida Padova come sede del quartier generale SKA

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Rappresentazione artistica dei tre precursori di SKA, ASKAP, MeerKAT e MWA. Utilizzando una tecnica conosciuta come interferometria saranno in grado di combinare i dati per creare un’immagine che sarebbe la stessa che si otterrebbe con un unico strumento molto più grande. Crediti: SKA Organisation

Rappresentazione artistica dei tre precursori di SKA, ASKAP, MeerKAT e MWA. Utilizzando una tecnica conosciuta come interferometria saranno in grado di combinare i dati per creare un’immagine che sarebbe la stessa che si otterrebbe con un unico strumento molto più grande. Crediti: SKA Organisation

La sfida è tra Manchester e Padova. Ma non stiamo parlando di una partita di calcio o di rugby, ma della disfida tra Italia e Inghilterra per chi ospiterà il quartier generale del progetto SkA, Square Kilometer Array, uno dei progetti più importanti dei prossimi anni.

Lo Square Kilometer Array, infatti, con le sue migliaia di chilometri quadrati di estensione, tra Australia e Sud Africa, e le sue migliaia di antenne nelle diverse lunghezze d’onda della radioastronomia, è uno dei più ambiziosi progetti mai pensati dall’uomo, sia dal punto di vista tecnologico, per la sfida che rappresenta, sia dal punto di vista scientifico per i traguardi che potrebbe far raggiungere.

L’Italia con l’INAF ha avanzato la sua candidatura forte dell’investimento di decine di milioni di euro e una storia di eccellenza nell’ambito della radioastronomia che molti ci invidiano. La sede proposta è l’intera area sud del Castello Carraresi, antico stabile limitrodo all’Osservatorio Astronomico di Padova dell’INAF e che il comune patavino ha concesso gratuitamente in cambio della sua ristrutturazione.

A decidere sarà un comitato composto da Brian Boyle, Direttore dell’Australian Telescope Ska Facility Commonwealth scientific and industrial research organization – CSIRO; Patrizia Vogel, Netherlands organisation for scientific research NWO
Coordinator Research Institute at NWO; Laura Comendador ESO –  European Southern Observatory, Head of Cabinet, Legal and international affairs; Bernie Fanaroff, Director of Ska South Africa, con alle spalle numerosi incarichi governativi durante il periodo Mandela.

Il comitato ha visitato lunedì Manchester e il giorno dopo ha incontrato il ministro della Ricerca inglese. Mercoledì saranno a Padova e poi a Roma dove li attende un doppio incontro: alle 11.30 al ministero dell’Istruzione per incontrare il ministro Stefania Giannini e il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova. Successivamente, alle 14.30, incontro al ministero per lo Sviluppo Economico con il sottosegretario Simona Vicari e il sottosegretario del Tesoro, Pier Paolo Baretta.

Presente ad entrambi gli incontri il Presidente dell’INAF, Giovanni Bignami: «Sarà un sfida difficile: abbiamo dalla nostra la concretezza degli investimenti fatti e una storia di eccellenza scientifica in radioastronomia di gran classe». «Dall’altra – continua Bignami – gli Inglesi hanno dalla loro un annunciato significativo investimento economico e un’affinità culturale e linguistica con i paesi che ospiteranno SKA, oltre ovviamente a grande qualità scientifica. Ma ce la giocheremo fino in fondo sicuri di guadagnare punti importanti».

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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13.02: “«A san March e a san Grigoeu se dà l’oeuv ai bovaroeu, la marenda ai campagnoeu»: i lavori primaverili, il raccolto estivo e la vendemmia” di Elio Antonello.
Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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13.02: Ciclo “Astronomia, meteorologia e agricoltura nel mondo antico”: “«A san March e a san Grigoeu se dà l’oeuv ai bovaroeu, la marenda ai campagnoeu»: i lavori primaverili, il raccolto estivo e la vendemmia” di Elio Antonello.
Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

Una falce di Luna calante sorgerà nella testa dello Scorpione

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Grazie alla trasparenza dell’aria tipica di questo periodo dell’anno sarà possibile osservare questa bassa congiunzione tra Luna e Saturno. A partire dalle 3:30 del mattino il giorno 13 ci saranno le condizioni per poter seguire sull’orizzonte di sudest una corposa falce di Luna calante stazionare 2,3° a est di Saturno.

Per le effemeridi di Luna e pianeti vedere il Cielo di febbraio

Congiunzione Venere Marte osservabile dalla seconda metà del mese di Febbraio

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L’evento più spettacolare di febbraio sarà l’incontro tra Venere (mag. –3,9) e Marte (mag. da +1,2 a +1,3), che sarà osservabile a partire dalla seconda decade del mese verso le 18:30 sull’orizzonte ovest-sudovest. primo, quello del giorno 11, vede Marte e Venere ancora separati da una distanza angolare di quasi 5°. Il secondo, del 15, mostra i due oggetti già decisamente più vicini (3°), mentre in quello del 19 la distanza è scesa a un valore già molto interessante di appena 1,2°. Il giorno 20 la congiunzione (arrivata a una separazione di 50′) apparirà impreziosita dall’arrivo di una debole falce di Luna crescente che si porterà 4,8° a sudovest di Venere. Il 22, finalmente, si avrà il raggiungimento della separazione minima, pari a circa 30′.

Per le effemeridi di Luna e pianeti vedere il Cielo di febbraio

Al Planetario di Ravenna

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10.02: “Viaggio dal polo all’equatore” di Claudio Balella.
Per info: tel. 0544.62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Asteroidi – Il grande e famoso (3) JUNO e il piccolo e oscuro (449) HAMBURGA

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Lo scorso 21 gennaio Juno è arrivato ad una distanza dalla Terra di 1,324 UA, mostrandosi con una magnitudine di +8,2. In febbraio, Juno continuerà a muoversi poco a ovest della testa dell’Idra (una decina di gradi a est di Procione, stella alfa del Cane Minore), variando la sua luminosità dalla +8,2 alla +8,8: è quindi un oggetto alla portata di qualsiasi binocolo.

Inoltre il 4 febbraio sarà possibile osservare l’asteroide Hamburga.  Hamburga si avvicinerà alla Terra fino a una distanza di 1,124 UA che è il più profondo avvicinamento fatto registrare da questo asteroide nel periodo 1900-2115.

Indice dei contenuti

EFFEMERIDI

Leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, nell’articolo tratto dalla Rubrica Asteroidi di Talib Kadori presente a pagina 66 di Coelum n.189

Associazione Ligure Astrofili Polaris

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06.02: “Per esplorare il Sistema Solare basta Newton o ci vuole Einstein?” di Pietro Planezio.
Per info: cell. 346.2402066 – info@astropolaris.it
www.astropolaris.it

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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06.02: Conferenza (a seguire osservazione degli oggetti del cielo con i telescopi del gruppo): “I 10 anni del satellite Swift, il Rondone che sonda l’Universo violento” di Paolo Davanzo.
Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

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