La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle,
Ma in noi stessi, che siamo uomini dappoco.
(Giulio Cesare, scena II)
Il rapporto tra astronomia e teatro è una relazione di lunga data, le cui radici culturali sono antiche e profonde. Per secoli, il cielo stellato è stato il palcoscenico sul quale intere generazioni hanno messo in scena storie di vita quotidiana e di miti lasciando alle familiari sagome delle costellazioni il ruolo di attori protagonisti. Qualcosa di indefinibile ci ha condotto alla ricerca delle stesse emozioni, paure, speranze, passioni: lassù nelle profondità del cielo stellato, o quaggiù negli abissi dello spirito umano.
I miti sono diventati leggende, le leggende sono diventate storie, e le storie hanno continuato ad accompagnarci, incarnandosi in forme diverse, ma restando sempre fedeli a quel filo sottile che unisce, oggi come allora, le stelle al palcoscenico.
Quel filo che si è mostrato, a volte, come metafora: similitudini legate alla posizione e al movimento degli astri, comprese un tempo in egual modo dai dotti e dal popolo. Già, in egual modo, perché non dobbiamo dimenticare che se è vero che oggi la luminescenza arancione dell’inquinamento luminoso e quella azzurrognola dei nostri dispositivi personali hanno consegnato all’oblio l’apparenza del cielo stellato, nel lungo viaggio dell’umanità i movimenti delle stelle hanno sempre accompagnato la vita dell’uomo. Sono stati punti di riferimento o strumenti di misura del tempo, ugualmente per il matematico che per il contadino, per il pastore come per il marinaio. Ne è testimone, ad esempio, Shakespeare e il suo teatro, che autore amato dagli aristocratici quanto dal popolo, ha letteralmente costellato le proprie opere di citazioni astronomiche (e astrologiche, nel labile confine di un tempo fra le due discipline).
Ma l’Astronomia in teatro non è stata solo fonte di ispirazione e di metafore: è stata invece anche tema di dialogo raccontato dai personaggi. L’istanza più celebre è di certo Vita di Galileo, opera teatrale di Bertolt Brecht sulla vita e le vicissitudini dello scienziato pisano. Ma guardando più in profondità, scopriamo anche che lo stesso Galileo Galilei, nella sua opera più significativa per la diffusione delle idee della rivoluzione copernicana, ovvero il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, scelse una forma è vero non concepita specificamente per il teatro, ma ciò nonostante in grado di adattarsi con grande organicità al palcoscenico. Ne ha dato dimostrazione, con incredibile talento, l’attore ed autore come Marco Paolini nel suo ITIS Galileo, ospitato anche ai Laboratori del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). Tre personaggi: Simplicio, Salviati, Sagredo e due filosofi, uno aristotelico e uno copernicano, discutono con un nobile veneziano su quale dei due sistemi, geocentrico o eliocentrico, sia quello corretto, sfidandosi con argomentazioni, esperimenti, e arguzie. Teatro allo stato puro!
Da questi nobili natali, discendono varie generazioni di “teatro scientifico”, rappresentato in varie e stravaganti forme, partendo da quello più classico con personaggi e intrecci, sino a quello più spontaneo che confina nell’improvvisazione teatrale.
Spesso associato alle attività per i più piccoli, il teatro scientifico è esso stesso divulgazione, uno spazio in cui ogni comunicatore si mette in gioco con il corpo e la parola per trasmettere qualcosa al pubblico. In un simile contesto oggi si può notare come anche le istituzioni abbiano portato avanti la relazione tra teatro e astronomia. Per esempio, recentemente è nato il Gruppo Storie spin-off dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), impegnato nella didattica e divulgazione scientifica attraverso le storie, la letteratura e il teatro.
Le parole di Daria Guidetti, astrofisica e divulgatrice:
«Il nostro gruppo è nato nel 2020 con lo scopo di valorizzare e rendere fruibile il patrimonio artistico-letterario creato negli anni da INAF, nonché di sperimentare nuovi progetti per coinvolgere e interagire con il pubblico e le scuole. Nell’ambito delle nostre attività, abbiamo pubblicato il Portfolio di spettacoli INAF che raccoglie un’ampia gamma di spettacoli scientifici che le varie strutture INAF hanno ideato e messo in scena nell’ultimo decennio, spesso in co-produzione con le realtà associative o le compagnie teatrali del territorio. Rappresenta quindi un’idea strategica nel ramo didattica e divulgazione. Il nostro portfolio comprende più di 30 spettacoli in vari formati, dal teatro classico a quello estemporaneo, passando per la musica, il cinema e la danza, che si differenziano per tema, linguaggio e destinatari, ma tutti con l’obiettivo ambizioso ma realistico di raccontare in modo non convenzionale la meraviglia del Cosmo e la bellezza dell’indagine scientifica».
Perché, come sa chiunque abbia a cuore l’astronomia nella storia e nella cultura, l’Universo è fatto di materia ed energia, ma anche di storie ed emozioni. E le stelle, brillanti nella notte o sul palcoscenico, hanno tanto da raccontare.
Ma io sono costante come la Stella Polare,
Che per il suo essere fedele, fissa, e immobile
Non ha eguali in tutto il firmamento.
I cieli sono trapunti di innumerevoli scintille.
Fuochi sono tutte quante, e brilla ciascuna,
Ma solo una tra tutte mantiene il suo posto.
(Giulio Cesare, Atto III, Scena I)
L’articolo è pubblicato in Coelum 255