Un recente studio guidato da Alexandra Plesa e colleghi, pubblicato nel 2024, ha finalmente posto nuovi vincoli sulla composizione e lo spessore massimo della crosta di Venere, uno dei pianeti più enigmatici del Sistema Solare. Il lavoro è frutto di una collaborazione tra il German Aerospace Center (DLR), l’Università di Münster, e l’ETH di Zurigo.

Un Pianeta di Fuoco e Mistero

Venere è avvolto da una densa atmosfera (circa 92 bar) che mantiene la sua superficie a temperature estreme, superiori ai 460 °C. Le sue vaste pianure vulcaniche, datate a meno di un miliardo di anni, e i segnali di attività vulcanica in corso, sollevano interrogativi cruciali sulla struttura della sua crosta e sulle dinamiche interne.

Quanto può Crescere la Crosta di Venere?

Utilizzando modelli petrologici basati su transizioni metamorfiche e condizioni di fusione parziale, il team ha stimato che lo spessore massimo della crosta di Venere è fortemente legato al gradiente termico:

  • Con un basso gradiente termico di 5 °C/km (tipico di un regime tettonico stagnante), la crosta può raggiungere al massimo 40 km di spessore prima che l’elevata densità inneschi un processo di delaminazione, ovvero il distacco e l’affondamento degli strati più profondi nel mantello.
  • Con un alto gradiente termico di 25 °C/km (associato a un regime tettonico più mobile), lo spessore massimo scende a circa 20 km a causa dell’avvio della fusione parziale che favorisce l’attività vulcanica.
  • Il valore massimo assoluto di spessore per una crosta basaltica si raggiunge con un gradiente intermedio di 10 °C/km, arrivando fino a 65 km.

Secondo gli autori, “la crosta basaltica venusiana non può superare uno spessore compreso tra 20 e 65 km senza innescare processi di delaminazione o fusione, con conseguente riciclo crostale o eruzioni vulcaniche”.

Un Pianeta in Equilibrio Instabile

Le simulazioni mostrano che le variazioni nella composizione della crosta e nella quantità di volatili (acqua e CO₂) giocano un ruolo marginale, poiché l’attuale litosfera venusiana è considerata prevalentemente secca. Le transizioni mineralogiche verso assemblaggi più densi (dominati da granato e pirosseni) causano un rapido aumento della densità con la profondità, limitando la possibilità di sostenere croste più spesse.

Il team ha anche confrontato le proprie stime con i dati di missioni storiche come Venera e Vega, che indicano la presenza di basalti tholeiitici e alcalini sulla superficie. Tuttavia, non sono state rilevate prove definitive di rocce più leggere e ricche di silice (simili ai graniti terrestri), che potrebbero giustificare spessori maggiori in alcune aree.

Cosa Significa per la Tectonica di Venere?

Questo studio fornisce forti indizi sul fatto che Venere non sia mai stato dominato da una tettonica a placche simile a quella terrestre, ma piuttosto da cicli intermittenti di attività geologica intensificata, con lunghi periodi di quiete. I risultati sono compatibili con un regime definito come episodic-lid, dove la litosfera passa ciclicamente da fasi stabili a eventi catastrofici di riciclo crostale.

Prospettive Future

Le missioni di prossima generazione, come NASA VERITAS e ESA EnVision, forniranno nuovi dati geofisici e spettroscopici per testare le previsioni di questo modello. Come sottolineano gli autori, “comprendere la storia termica e geodinamica di Venere è essenziale per svelare le condizioni che distinguono un pianeta vulcanicamente attivo da uno potenzialmente abitabile come la Terra”.

Fonte: Nature