Le lucenti stelle blu, visibili in basso a destra in questa scintillante ripresa del telescopio James Webb, appartengono alla galassia nana irregolare Leo P, situata a circa 5 milioni di anni luce di distanza da noi nella Costellazione del Leone. Nella piccola galassia la formazione stellare è particolarmente attiva e sono presenti notevoli quantità di stelle blu, giovani e massicce. La struttura simile a una bolla bluastra visibile in basso nell’immagine è una regione ricca di idrogeno ionizzato, che circonda una calda e gigante stella di tipo O.

Secondo gli astronomi le grandi galassie si formano grazie a un processo di “accrescimento gerarchico”, attraverso fusione e accrescimento di galassie minori. Le galassie di piccola massa sono le strutture galattiche più diffuse nell’Universo, ma sono anche estremamente sensibili alle perturbazioni interne ed esterne. Tuttavia, Leo P è un oggetto raro: al contrario di gran parte delle galassie nane osservabili, si trova in una posizione molto isolata, alla periferia estrema del Gruppo Locale cui appartiene anche la Via Lattea. Con il suo contenuto in metalli estremamente basso (appena il 3% degli elementi pesanti presenti nel Sole) e la sua bassa massa stellare (circa 400.000 masse solari), Leo P assomiglia molto alle mini-galassie che si sono formate all’alba dell’Universo e offre la possibilità di ricavare indizi sul loro aspetto, quale era miliardi di anni fa.
Le galassie nane solitarie come questa, non soggette a fusioni o interazioni con altre galassie, potrebbero mantenere per miliardi di anni le loro proprietà originarie e costituiscono un eccellente laboratorio per studiare l’evoluzione galattica in un ambiente “incontaminato”. Utilizzando la Near-Infrared Camera (NIRCam) a bordo del telescopio Webb, un team di astronomi ha misurato luminosità e colore di oltre 15.000 singole stelle in Leo P. Si è scoperto che la mini-galassia, come le altre sue simili, ha cominciato a formare stelle attivamente ai primordi della storia universale, ma in seguito ha smesso improvvisamente, in un periodo di poco successivo all’Epoca della Reionizzazione. A questa pausa durata vari miliardi di anni è seguita un’insolita riattivazione dei fenomeni di formazione stellare, che perdura ancora oggi.
L’Epoca della Reionizzazione, databile probabilmente tra 450 e 900 milioni di anni dopo il Big Bang, è quel periodo in cui il gas primordiale, una nebbia opaca di freddo idrogeno, passa dallo stato neutro a quello ionizzato, grazie alla radiazione energetica dei primi oggetti luminosi. In quell’epoca i fotoni ultravioletti ad alta energia riempirono il cosmo, surriscaldando forse il gas nelle galassie più piccole e sopprimendo così la loro capacità di produrre stelle. Un’altra possibilità è che molte stelle nelle galassie nane primordiali abbiano subìto esplosioni energetiche di supernovae, espellendo ad alta velocità nello spazio il gas molecolare indispensabile per formare nuove stelle.
Le osservazioni hanno rivelato che oggetti simili a Leo P, ma inseriti in un ambiente popolato da altre galassie, hanno smesso definitivamente di formare stelle poco dopo l’Epoca della Reionizzazione, trasformandosi in galassie “spente”. Al contrario, Leo P, dopo una fase di “letargo” durata vari miliardi di anni, si è riaccesa di giovani luci stellari. Questa differenza di comportamento tra galassie nane isolate e galassie nane all’interno di ammassi suggerisce che, nel determinare la cessazione definitiva della formazione stellare, influisca anche l’ambiente circostante. Le mini-galassie isolate potrebbero avere chance migliori di accumulare nuovamente gas e riaccendere la formazione stellare, mentre quelle in ambienti più densi potrebbero trovarsi all’interno di aloni di gas caldo in grado di inibire il raffreddamento necessario per formare nuove stelle. Oppure potrebbero vedersi strappare via il gas da galassie più grandi nelle vicinanze, tramite deprivazione mareale. Osservazioni come questa possono aiutare gli astronomi a comprendere come le piccole strutture primordiali si siano evolute nel corso di miliardi di anni e quali processi dirigano la formazione delle galassie.
Collaborazione Internazionale
Il JWST, il più grande telescopio spaziale mai lanciato, è una partnership tra NASA, ESA e CSA. Grazie a strumenti avanzati come NIRSpec e MIRI, e al supporto europeo, il Webb continua a rivoluzionare la nostra comprensione del cosmo primordiale.
Fonte: ESAWEBB
L’articolo è pubblicato in Coelum 273













