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Dschubba, la “fronte dello Scorpione”, torna a competere con Antares

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Puntualmente come ogni anno, la costellazione dello Scorpione torna in estate ad affacciarsi all’orizzonte sud, rendendosi ben visibile già al termine del crepuscolo. La rossa Antares, che ne segna il cuore, ed altre luminose stelle che ne formano la testa, la coda e l’aculeo delineano quella che è senz’altro una delle più realistiche tra le 88 costellazioni che, situata proprio nei pressi del rigonfiamento galattico, si arricchisce di un incredibile numero di oggetti del profondo cielo.


Proprio in questo periodo, da quelle parti, è in corso il ripetersi di un notevole evento che, esattamente undici anni fa, destò per la prima volta l’attenzione degli star-gazers e dei professionisti: Delta Scorpii aumentò di luminosità tanto da divenire la seconda stella della costellazione, rivaleggiando quasi con la stessa Antares.
La spiccata luce azzurra di Dschubba – questo il nome proprio di δ Scorpii, storpiatura dell’arabo Al jabat, “la fronte dello Scorpione” – giunge a noi dopo aver viaggiato nelle profondità del cosmo per ben 400 anni e splende solitamente di magnitudine +2,3.

A partire dal 2000, però, la sua luminosità a iniziato ad incrementare fino a raggiungere, nell’estate del 2003, la magnitudine record +1,5. Non avendo notizie di simili eventi accaduti in passato, l’outburst di undici anni fa è quindi da considerarsi come il primo evento del genere della stella. Comunque, come capita a ogni variabile che si rispetti, anche per Delta Scorpii è cominciato il calo di luminosità che, dal 2008, si è stabilizzata sulla magnitudine +2,1, di due decimi superiore alla sua usuale magnitudine.

In qualche modo, però, la stella ha preso gusto ad esibirsi: e infatti, non solo ha ripetuto inaspettatamente l’exploit all’inizio di quest’anno, ma lo ha anche prolungato per un lungo periodo alla magnitudine 1,7; solo nelle ultime settimane Delta Scorpii è scesa di due decimi di magnitudine, splendendo comunque al di sopra della seconda grandezza.
Il primo a notare l’outburst del 2003 fu Sebastian Otero, astrofilo argentino e tenace studioso di stelle variabili, che dall’episodio di tre anni prima aveva tenuto d’occhio la stella tracciandone la curva di luce; fino a quando, una sera dell’estate 2003 si accorse ad occhio nudo che essa appariva ben più evidente del solito, specie confrontata con altre stelle della zona. Ma non è questa la solita caratteristica fotometrica evidenziata: Delta Scorpii, infatti, subisce anche variazioni di piccola ampiezza che si svolgono nel periodo di poche ore senza evidenziare un unico periodo, bensì, un certo numero di periodi sovrapposti; questi si scontrerebbero l’un l’altro, esattamente come il suono prodotto da una chitarra non non accordata, risultando in variazioni all’apparenza irregolari. Secondo il modello proposto per spiegare tale comportamento, non è tutta la stella a subire le pulsazioni di piccola entità osservate quanto solo alcune sue parti, che si contrarrebbero ed espanderebbero a velocità comprese tra 10 e 20 km/s proprio come le oscillazioni subite da una classica bolla di sapone. Tale comportamento è caratteristico della famiglia delle variabili pulsanti di tipo β Cephei.

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δ Sco è membro dell’associazione Scorpius-Centaurus OB che, situata ad una distanza compresa fra i 380 e i 470 anni-luce dal Sole, risulta essere il più vicino sistema di questo tipo; tutte le componenti di questo gruppo evidenziano il medesimo moto proprio, con vettori di velocità più o meno paralleli e coprendo 0,02”-0,04” d’arco all’anno, muovendosi a circa 20 km/s rispetto al Sole. Tutte queste stelle sono sicuramente nate dalla stessa nube di gas e polveri in un range compreso tra circa 5 milioni di anni per quelle appartenenti al sottogruppo dello Scorpione e i 17-22 milioni di anni per i sottogruppi del Centauro-Lupo.

Di fatto, δ Sco è uno dei membri più luminosi di questo vasto gruppo del quale la rossa Antares è la componente più massiccia ed evoluta. Tra l’altro, δ Sco è abbastanza calda da ionizzare una nube gassosa lontana ben 10 anni-luce che ha formato una sorta di grande buco nel materiale nebulare attorno a sé; Sh2-7, questo il nome della nebulosa che risulta del tutto invisibile al telescopio, è molto probabilmente residuo dell’antica nube molecolare dalla quale si è formata l’associazione Scorpione-Centauro.

I tre outburst ad oggi esibiti da δ Sco ne fanno senz’altro la più spettacolare tra le variabili note come γ Cassiopeiae, il cui capostipite è la stella centrale di Cassiopea. Anch’essa di tipo B0, nel 1937 passò dalla magnitudine 2,25 alla 1,6 in un brevissimo periodo, rimanendo stabile al picco di luminosità per alcuni mesi; nei tre anni successivi scese addirittura alla magnitudine 3,0, impiegando in tutto più di 15 anni per ritornare alla normale luminosità, alla quale tutt’ora risiede. Durante l’outburst, il suo spettro presentava righe di assorbimento diffuse e sbiadite alle quali, però, erano accoppiate righe in emissione H-alpha: indice che una qualche struttura gassosa era presente attorno alla stella.
Proprio per questo motivo, tali stelle sono anche note come variabili Be (la e nella sigla ad evidenziare la presenza delle righe ad emissione dell’idrogeno sovrapposte ad un normale spettro di assorbimento), delle quali si conoscono non più di 160 campioni nella Galassia, il 20% circa delle stelle O e B sconosciute.

Fig.1- Il fenomeno delle stelle Be. Cortesia AAVSO - http://www.aavso.org/vsots_delsco (Crediti: Enzo De Bernardini)

Da un punto di vista evolutivo, le Be sono stelle di popolazione I ad elevata temperatura che, a causa delle loro elevate masse, consumano troppa energia, rendendo la loro vita relativamente breve; nel giro di poche migliaia d’anni dalla loro nascita sono infatti divenute sub-giganti azzurre, avviandosi ad uscire dalla sequenza principale del diagramma HR: esaurendo le ultime riserve di idrogeno disponibili nel grosso nucleo centrale, esse vanno incontro alle manifestate variabilità di piccola entità di cui abbiamo già parlato. Ma, soprattutto, esse sono accomunate dal possedere rapide rotazioni sul proprio asse, tipicamente dell’ordine dei 250 km/s ma in alcuni casi maggiori anche del doppio; la stessa velocità di rotazione all’equatore di δ Sco, ad esempio, è stimata in circa 180 km/s, 90 volte quella del Sole il cui equatore si muove a soli 2 km/s!

A causa dell’elevatissima forza centrifuga, le stelle Be si allargano all’equatore, espellendo anelli gassosi che vanno a disporsi attorno ad esse: proprio da questi anelli, eccitati e ionizzati dalle radiazioni ultraviolette provenienti da Delta Scorpii e dalle altre stelle B, deriverebbero le righe di emissione osservate.

Delta Scorpii è in realtà sede di uno strettissimo sistema doppio. La componente principale è una stella azzurra, la cui classe spettrale si colloca esattamente fra la B e la O. Stelle di questo tipo sono molto luminose, tanto che Delta 1 Sco, così come è stata definita la componente principale, è ben 14 mila volte più luminosa del Sole; tuttavia, la quantità di polveri interposte lungo la visuale tale da indebolirne la luminosità di un fattore pari almeno al 50%! Questa grande luminosità è si dovuta al raggio della stella, maggiore di cinque volte quello solare ma, soprattutto, alla sua temperatura superficiale, che si aggira intorno ai 30000 K: le radiazioni uscenti dalla sua fotosfera sono talmente enormi da aver creato molto probabilmente attorno ad essa una sorta di atmosfera che va ad intercettare sicuramente anche l’anello gassoso prodotto all’equatore. Come ogni supergigante azzurra che si rispetti, la massa di Delta 1 Sco è ritenuta essere almeno 20 volte quella della nostra stella: tenendo conto della sua grande massa, il suo destino è quello di esplodere come supernova, secondo alcune stime, entro i prossimi 10-15 milioni di anni.

Meno conosciute sono le caratteristiche della secondaria. Essa è di classe spettrale certamente non inferiore alla B3, 8 volte più massiccia del Sole e dalla temperatura superficiale stimata in circa 18.000 K: parametri che ne determinano la luminosità intrinseca 2.800 volte quella solare. Essa impiegherebbe poco meno di 11 anni per completare un’orbita che risulta essere alquanto eccentrica; in altri termini, le due componenti si avvicinano molto al periastro, forse a meno di 1 Unità Astronomica. Ed è forse proprio tale vicinanza la causa dei poderosi outburst esibiti dalla componente principale. Infatti, l’inizio della fase attiva δ Sco ha avuto luogo poco dopo il passaggio periastro nel 2000 e nel luglio 2011, subito dopo un altro passaggio al periastro, la luminosità δ Sco tornò nuovamente ad aumentare: solo una coincidenza? Si sospetta fortemente che la componente secondaria, giungendo al periastro con una certa velocità derivata dall’orbita fortemente eccentrica, vada ad intercettare l’anello gassoso espulso da Delta 1 Sco, devastandone la struttura: proprio in quella circostanza, la luminosità della stella aumenterebbe, in quanto non verrebbe più assorbita dal materiale in orbita attorno ad essa. Questa azione di disturbo si ripeterebbe quindi ogni 10-11 anni circa ma, stando così le cose, è certamente strano che nessun outburst di una certa entità sia stato esibito prima del 2003.

A distanza di tre anni dal più recente periastro un nuovo incremento di luminosità è tutt’ora in corso; probabilmente, qualche strano sconvolgimento nell’anello o guscio gassoso che avvolge Delta Scorpii è in atto, tale da aver aperto una sorta di finestra sulla stella, che quindi si mostra quasi “senza veli”. Allorché nelle nottate estive la rossa Antares attrarrà le vostra attenzione, non dimenticate di rivolgere lo sguardo alla luce dell’azzurra stella situata nella della Scorpione, che tanto viene a raccontarci sulla sua complicata e mutevole natura.

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