Home News di Astronomia La materia oscura è meno rilevante nell’Universo primordiale

La materia oscura è meno rilevante nell’Universo primordiale

Letto 7.624 volte
0
Tempo di lettura: 4 minuti
Una rappresentazione schematica di galassie a disco in rotazione nell'Universo primordiale (a destra) e al giorno d'oggi (a sinistra). Come si può vedere, le curve di rotazione ottenute dalle rilevazioni fatte con il VLT (Very Large Telescope) dell'ESO infatti, invece che essere piatte, scendono significativamente all'aumentare del raggio. Ovvero, le parti esterne delle galassie distanti ruotano più lentamente delle zone corrispondenti nelle galassie dell'Universo locale. I dischi di galassie con formazione stellare massiccia nell'Universo primordiale, quindi, erano meno influenzati dalla materia oscura (mostrata in rosso) che doveva essere meno concentrata. Crediti: ESO

Nuove osservazioni indicano che le galassie massicce, con alta formazione stellare, fossero dominate da materia barionica o “normale” durante il picco della formazione delle galassie, 10 miliardi di anni fa. Questo in netto contrasto con le galassie odierne, in cui gli effetti della misteriosa materia oscura sembrano essere molto maggiori. Questo risultato sorprendente è stato ottenuto con il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO e suggerisce che la materia oscura fosse meno rilevante nell’Universo primordiale di quanto sia oggi.

La ricerca viene presentata in quattro diversi articoli, uno dei quali pubblicato il 15 marzo dalla rivista Nature.

Quello che noi riusciamo oggi a osservare, è la materia ordinaria sotto forma di stelle brillanti, gas incandescente e nubi di polvere. Ma la materia oscura, più sfuggente, non emette, assorbe o riflette la luce e ne abbiamo potuto rivelare l’esistenza solo per mezzo dei suoi effetti gravitazionali. La presenza di materia oscura può infatti spiegare perché le zone esterne delle galassie a spirale ruotano più velocemente di quello che ci aspetterebbe se fosse presente solo la materia ordinaria che possiamo vedere direttamente. I nuclei delle galassie a spirale, infatti, mostrano un’alta concentrazione di stelle, ma la densità di materia luminosa diminuisce verso la periferia. Se la massa di una galassia consistesse solamente di materia normale (barionica), le zone esterne meno dense dovrebbero ruotare più lentamente delle regioni più dense al centro. Ma le osservazioni di galassie a spirale vicine mostrano che le zone interne ed esterne, di fatto, ruotano più o meno alla stessa velocità. Queste “curve di rotazione piatte” indicano che le galassie a spirale devono contenere grandi quantità di materia non luminosa disposta in un alone di materia oscura che circonda il disco galattico.

Ora un’equipe internazionale di astronomi, guidati da Reinhard Genzel del Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics in Garching, Germania, ha usato gli strumenti KMOSSINFONI montati sul VLT (Very Large Telescope) dell’ESO in Cile  per misurare la rotazione di sei galassie massicce, con alta formazione stellare, nell’Universo distante, al picco della formazione delle galassie 10 miliardi di anni fa.

Ciò che hanno trovato è molto interessante: diversamente dalle galassie a spirale dell’Universo attuale, le regioni esterne di queste galassie distanti sembrano ruotare più lentamente delle regioni centrali – suggerendo che ci fosse meno materia oscura di quanto previsto. Questo nuovo risultato non mette in discussione la necessità di materia oscura come componente fondamentale dell’Universo o la sua quantità totale. Piuttosto suggerisce che la materia oscura fosse distribuita differentemente all’interno e intorno ai dischi delle galassie ai primordi, se confrontata con quanto accade oggi. Infatti…

«Sorprendentemente, le velocità di rotazione non sono costanti, ma diminuiscono a mano a mano che ci si allontana dal centro della galassia», commenta Reinhard Genzel, primo autore dell’articolo su Nature. «Ci sono probabilmente due cause. La prima: la maggior parte di queste galassie sono fortemente dominate da materia ordinaria, mentre la materia oscura gioca un ruolo molto inferiore rispetto all’Universo locale. La seconda: questi dischi primordiali erano molto più turbolenti delle galassie a spirale che vediamo nei nostri dintorni cosmici».

Entrambi gli effetti sembrano diventare più evidenti a mano a mano che gli astronomi guardano più indietro nel tempo, nell’Universo primordiale. Ne consegue che 3 o 4 miliardi di anni dopo il Big Bang il gas nelle galassie si fosse già condensato in un disco piatto e rotante, mentre l’alone di materia oscura che le circonda rimanesse molto più grande e più diffuso. Apparentemente, sono occorsi molti più miliardi di anni perché anche la materia oscura si condensasse, così il suo effetto dominante sulla velocità di rotazione del disco galattico viene visto solo oggi.

Questa spiegazione è consistente con le osservazioni che mostrano che le galassie primordiali avevano molto più gas ed erano più compatte delle galassie di oggi.

Le sei galassie descritte in questo studio appartengono a un campione più ampio, di un centinaio di galassie a disco distanti e con alta formazione stellare. Oltre alle misure individuali citate prima, è stata creata una curva di rotazione media combinando i segnali più deboli delle altre galassie. La curva composita mostra la stessa tendenza – la velocità diminuisce allontanandosi dal centro della galassia – così come lo studio di altri 240 dischi con alta formazione stellare.

Modelli dettagliati mostrano che mentre la materia ordinaria oggi di solito costituisce in media metà della massa totale di tutte le galassie, nelle galassie ai redshift più alti ne domina invece completamente la dinamica.

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature l’articolo “Strongly baryon-dominated disk galaxies at the peak of galaxy formation ten billion years ago“, di R. Genzel, N. M. Förster Schreiber, H. Übler, P. Lang, T. Naab, R. Bender, L. J. Tacconi, E. Wisnioski, S. Wuyts, T. Alexander, A. Beifiori, S. Belli, G. Brammer, A. Burkert, C. M. Carollo, J. Chan, R. Davies, M. Fossati, A. Galametz, S. Genel, O. Gerhard, D. Lutz, J. T. Mendel, I. Momcheva, E. J. Nelson, A. Renzini, R. Saglia, A. Sternberg, S. Tacchella, K. Tadaki e D. Wilman

Dai primi passi della radioastronomia in Italia, al mastodontico FAST, il radiotelescopio cinese di 500 metri. È disponibile online Coelum Astronomia 209 di marzo! Sempre in formato digitale e gratuito…

Semplicemente clicca e leggi!