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Alla scoperta di Cerere e delle tracce di materiale organico

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Questa immagine composita in colori saturati, realizzata con i dati raccolti dalla framing camera a bordo della sonda Dawn della NASA, mostra l'area attorno al cratere Ernutet (cliccare per l'immagine a dimensione intera). I punti rosso brillante evidenziano effettivamente le zone di superficie con un colore più arrossato (anche se non così tanto) rispetto al resto della superficie di Cerere che, come rilevato dallo studio, coincidono con le zone più ricche di materiale organico. Image Credit: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA

La missione DAWN della NASA ha permesso agli scienziati di studiare approfonditamente Cerere. Grazie a uno studio pubblicato su Science il 17 febbraio scorso, coordinato da Maria Cristina De Sanctis, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, abbiamo appreso che sulla superficie dell’oggetto più grande della fascia principale ci sono tracce di materiale organico.

➜ leggi le ultime scoperte su Cerere su Aggiornamenti dal Sistema Solare di Pietro Capuzzo in Coelum Astrnomia 209 di marzo 2017

A spiegare al meglio la scoperta per noi sono stati, in un’intervista doppia, la stessa ricercatrice De Sanctis e il suo collaboratore Andrea Raponi,  ricercatore INAF e grande esperto di Cerere.

Abbiamo visto che tanti media hanno ripreso la notizia delle tracce di materiale organico in modo non completamente corretto. Può spiegarci cosa si intende per materiale organico?

Maria Cristina De Sanctis – Parliamo di composti CH, molecole di carbonio e idrogeno.

Andrea Raponi – Per materiale organico si intendono composti del carbonio, e solitamente idrogeno, ossigeno e azoto. Il termine è spesso frainteso con materiale biologico a causa dell’origine del suo nome, che lo lega in effetti alla vita. Oggi sappiamo che materiale organico, come ad esempio il metano, può essere di origine biologica e non.

Perchè è importante precisare che si tratta di materiale costituito da composti alifatici? Quali sono le principali caratteristiche di questi composti?

Maria Cristina De Sanctis – le molecole alifatiche sono costituite da catene di legami CH.  Nei composti alifatici gli atomi di carbonio possono legarsi dando vita a catene lineari o ramificate.

Andrea Raponi – Gli alifatici sono composti di carbonio e idrogeno a catena lineare. La peculiarità sta nel fatto che questi elementi possono formare molecole molto complesse, come sono ad esempio le molecole alla base della vita.

Come è stato possibile ritrovare il materiale e quali strumenti hanno maggiormente contribuito alla scoperta?

Maria Cristina De Sanctis – Il materiale è stato individuato studiando la luce riflessa dalla superficie. Detto semplicemente, ogni oggetto, a seconda della sua composizione, riflette diversamente la luce solare ed è possibile, studiando tali riflessioni (ovvero lo spettro di riflettanza),  capire la composizione.  Lo strumento che ha individuato tali composti è uno strumento italiano VIR. Uno spettrometro a immagine che lavora nell’intervallo di lunghezze d’onda in cui si possono individuare tali composti.

Andrea Raponi – Il materiale è stato rilevato dallo spettrometro a immagine (VIR) nel canale infrarosso a bordo della sonda NASA Dawn. Il principio base dello strumento è l’acquisizione della luce riflessa dalla superficie del pianeta nano, e la sua scomposizione nelle diverse lunghezze d’onda (lo spettro). Dalla forma di quest’ultimo si può derivare la composizione grazie alla presenza di cosiddette firme spettrali caratteristiche di ciascun composto.

Il Cratere Ernutet su Cerere. Misura circa 53 km in diametro e si trova nell'emisfero Nord del pianeta nano. L'immagine è stata ripresa il 29 gennaio 2016, quando la sonda si trovava a 385 km dalla superficie. La risoluzione è di 35 metri per pixel. Image Credit: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA

Il materiale è stato trovato in prossimità del cratere Ernutet. Perchè secondo lei proprio in quella posizione? Come fanno i ricercatori, in questo tipo di missioni, a selezionare le aree da studiare approfonditamente?

Maria Cristina De Sanctis– Il motivo per cui è stato individuato in quella zona non è ancora chiaro. Apparentemente è una zona “comune”, non ha delle caratteristiche geologiche particolari rispetto  ad altre zone della superficie, come sono ad esempio le zone chiare che punteggiano la superficie di Cerere. La missione  Dawn, su cui VIR è imbarcato, ha osservato gran parte della superficie di Cerere, quindi  noi abbiamo analizzato moltissime zone e questa vicino al cratere Ernutet è dove abbiamo riscontrato questa grande quantità di organici.

Andrea Raponi – In missioni come questa solitamente tutta la superficie viene scandagliata dagli strumenti, proprio perché in principio non si può sapere il luogo che riserverà le maggiori sorprese (per definizione stessa della parola “sorpresa”!). La posizione del ritrovamento di organici non ha caratteristiche peculiari: vicino un cratere come ce ne sono molti su Cerere. Il motivo per cui gli organici si trovano proprio lì è ancora al vaglio di varie possibilità: origine esogena (cioè portato dall’impatto con un altro corpo), o endogena (cioè processato dal materiale stesso di cui è composto mediamente Cerere). Quest’ultima ipotesi è leggermente favorita, dal momento che la sua posizione non sembra direttamente collegata alla formazione del cratere Ernutet.

Su Cerere c’è la possibilità di trovare tracce di chimica prebiotica?

Maria Cristina De Sanctis – Quello che possiamo dire è che non è un ambiente  ostile per diversi motivi, tipo la presenza di ghiaccio, le temperature non eccessivamente rigide, la presenza di alcuni materiali che si formano tipicamente in ambienti idrotermali.

Andrea Raponi Su Cerere sono stati trovati minerali contenenti tutti gli elementi base della vita (Carbonio, Idrogeno, Azoto, Ossigeno) e non è esclusa la presenza di acqua liquida nel sottosuolo, almeno nel passato. E’ quindi possibile trovare tracce di chimica prebiotica, come la formazione di amminoacidi. Tuttavia dagli amminoacidi alle proteine, o ad una molecola complessa come il DNA, c’è un abisso. Colmare questo abisso per spiegare la vita sulla Terra rappresenta tuttora una delle più grandi sfide per la scienza.

Quali misteri ci nasconde ancora la fascia principale degli asteroidi? Come sta contribuendo l’Italia in queste ricerche?

Maria Cristina De Sanctis – Di certo c’è ancora molto da scoprire. La fascia contiene oggetti formati in condizioni diverse e che hanno anche subito evoluzioni diverse. Mi aspetto ancora notevoli sorprese da una futura esplorazione.

Andrea Raponi La fascia degli asteroidi è la più grande riserva di corpi minori del sistema solare (assieme alla cintura di Kuiper e la nube di Oort, che però hanno lo svantaggio di essere molto lontani). I corpi minori sono in gran parte corpi primitivi, che quindi conservano traccia del passato del sistema solare. Il mistero che celano è quindi la storia di formazione ed evoluzione del sistema solare, la quale a sua volta ci può dire molto sulle condizioni che hanno dato luogo all’origine della vita sulla Terra, e ci può dire molto anche sull’origine di tutti i sistemi planetari che da pochi anni si stanno iniziando a scoprire (l’ultimo dei quali ha fatto particolarmente scalpore vista la presenza simultanea di ben sette pianeti simili alla terra di cui tre nella zona abitabile).

L’Italia è impegnata nella progettazione, costruzione e gestione di strumenti di cui ormai possiede molta esperienza come quello a bordo della sonda Dawn, e contestualmente è promotrice con la sua comunità scientifica di nuove possibili missioni.


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