Una galassia quasi invisibile, scoperta per caso nel progetto IAC Stripe 82 Legacy, sta mettendo in discussione uno dei pilastri della cosmologia moderna: la materia oscura fredda. Si chiama Nube, ed è una galassia nana estremamente diffusa e piatta, con caratteristiche così peculiari da non poter essere spiegate dai modelli standard.
Le osservazioni, realizzate con il Green Bank Telescope da 100 metri e il Gran Telescopio Canarias da 10,4 metri, hanno rivelato che Nube possiede una massa stellare di circa 3,9 × 10⁸ masse solari, e una massa dinamica molto più grande, circa 2,6 × 10¹⁰ masse solari, entro un raggio di 20,7 kiloparsec (M. Montes et al., 2024). Tuttavia, ciò che colpisce è la sua densità stellare superficiale sorprendentemente bassa (circa 2 masse solari per parsec quadrato), molto inferiore rispetto a qualsiasi altra galassia nana conosciuta.
Anche l’estensione di Nube è insolita: il suo raggio effettivo supera quello di molte galassie ultradiffuse (UDG), pur avendo una massa stellare simile. Inoltre, la galassia si trova in una posizione relativamente isolata, a circa 435 kpc dal suo probabile alone ospite, UGC 929, e non mostra segni di interazioni gravitazionali forti, come distorsioni mareali. Questo rende ancora più difficile spiegarne l’origine con il modello standard di materia oscura fredda (CDM).
Una nuova ipotesi: la materia oscura “sfocata”
Un gruppo di ricercatori guidato da Y. M. Yang et al. (2024) ha esplorato un’alternativa: la fuzzy dark matter (FDM), o materia oscura “sfocata”. Si tratta di una forma teorica di materia oscura composta da particelle ultraleggere (massa ≈ 10⁻²³ eV), che si comportano come onde su scale galattiche. Queste onde creano fluttuazioni nel campo gravitazionale, capaci di “scaldare” dinamicamente le stelle e distribuirle in modo più diffuso.
Utilizzando simulazioni numeriche evolute per oltre 10 miliardi di anni – l’età stimata di Nube – il team ha ricreato l’effetto del riscaldamento dinamico causato dalla FDM. Per farlo, hanno usato la tecnica di decomposizione in autostati quantistici per costruire il profilo iniziale dell’alone FDM e fatto evolvere il sistema con il software PyUltraLight (F. Edwards et al., 2018), basato sulle equazioni di Schrödinger–Poisson.
Le simulazioni hanno mostrato che, con un profilo coerente con la massa dinamica di Nube, la distribuzione stellare simulata riproduce sorprendentemente bene i dati osservativi, soprattutto nel Modello-1, che utilizza un valore di massa della particella di FDM di 10⁻²³ eV.
I risultati rafforzano l’ipotesi che la FDM possa essere responsabile della struttura estrema di Nube. Secondo gli autori, molte galassie isolate e povere di materia ordinaria non sono abbastanza vecchie da mostrare lo stesso effetto: il riscaldamento richiede tempo. Nube, invece, potrebbe essere il banco di prova ideale.
Studi precedenti avevano già suggerito una massa simile per le particelle di FDM per spiegare fenomeni come le curve di rotazione delle galassie nane o la distribuzione dei globuli in Fornax. Tuttavia, alcuni vincoli provenienti da osservazioni come la foresta Lyman-α o le funzioni di massa delle sottostrutture sembrano richiedere masse maggiori, anche se sono ancora oggetto di dibattito.
La distribuzione anomala delle stelle in Nube potrebbe essere la prima firma osservativa concreta della FDM. Se confermata, questa teoria rivoluzionerebbe la nostra comprensione della materia oscura e dell’evoluzione delle galassie.
I ricercatori sottolineano che future osservazioni – soprattutto in regioni ancora troppo deboli per essere rilevate – potrebbero confermare la presenza di stelle spinte oltre i 13 kpc da un centro galattico che si comporta come un “solitone” oscillante. Questo permetterebbe di testare in modo definitivo la validità della FDM come candidata alla materia oscura.
Fonte: The Astrophysical Journal Letters















