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Chandrayaan-2 e LRO: ancora nessuna traccia di Vikram

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Un0immagine radente del luogo in cui sarebbe dovuto atterrare il land indiano Vikram. Il satellite della NASA LRO ha effettuato un passaggio sopra questa area, poco prima che il Sole tramontasse, per provare a individuare i resti del lander.
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Un'immagine in prospettiva del luogo in cui sarebbe dovuto atterrare il land indiano Vikram. Il satellite della NASA LRO ha effettuato un passaggio sopra questa area, poco prima che il Sole tramontasse, per provare a individuare i resti del lander.

Nel nuovo numero di ottobre di Coelum Astronomia, vi raccontiamo la missone indiana Chandrayaan-2, che ha “quasi” realizzato il sogno indiano di sbarcare sulla Luna, con un lander e un rover: secondo ambizioso passo nell’esplorazione indiana della Luna. Purtroppo se la prima parte della missione, l’inserimento in orbita dell’orbiter, è stato un successo, tutto ha funzionato da manuale solo fino a quando, il 6 settembre scorso, il lander Vikram non è stato lasciato a sé stesso per effettuare l’atterraggio morbido sul suolo lunare, e portare a termine la sua missione di due settimane (un giorno lunare) in cui avrebbe dovuto far uscire anche un piccolo rover per effettuare analisi del terreno. Il lander è si atterrato sulla Luna, ma non con l’atterraggio morbido sperato.

A un paio di chilometri dalla superficie infatti si sono persi i contatti con i lander. La velocità troppo elevata rispetto alla tabella di marcia già non era un buon segno, e l’ultima telemetria recuperata poco dopo, che lo dava a soli 330 metri dalla superficie, ha reso palese a tutti che un atterraggio morbido non c’era proprio stato… ma la storia (e tutte le informazioni sulla missione che comunque continua grazie all’orbiter Chandrayaan-2 in stato nominale) la trovate nel bell’articolo di approfondimento di Massimo Orgiazzi cliccando sull’immagine qui a destra (in formato digitale e gratuito).

Grazie però proprio all’orbiter, che avrebbe dato prova di ottimo funzionamento, dall’Agenzia spaziale indiana è arrivata la notizia che il lander era stato rintracciato, che ne avevano ripreso delle immagini, e che si erano effettuati tentativi di comunicazioni ai quali però il lander non ha mai risposto. In realtà, foto del lander non ne sono ancora state rilasciate e non è dato sapere se esistono, se riprendono un lander ancora parzialmente intatto o completamente distrutto dallo schianto con il suolo.

Un mosaico realizzato con l'intera serie di immagini riprese il 17 settembre da LRO, centrate sul luogo del previsto atterraggio del lander. Cliccando sull'immagine potete vedere il mosaio a piena risoluzione di ben 28314 pixel per 57851 linee. La risoluzione è di 1,25 metri per pixel in proiezione stereoscopica. Credits: NASA/Goddard/Arizona State University

Anche la NASA ha quindi messo al lavoro il suo Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO), con lo scopo di riprendere il terreno attorno al luogo previsto per l’atterraggio: a circa 600 chilometri dal polo sud, in un terreno relativamente antico (70.8°S Lat., 23.5°E Long.). Il 17 settembre scorso LRO ha quindi raccolto un set di immagini ad alta risoluzione di un’area di circa 150 chilometri attorno al piccolo altipiano scelto, tra i crateri Simpelius N e Manzinus C.

Il team della camera a bordo di LRO non è però riuscito ancora a identificare Vikram. Al momento del passaggio di LRO, l’area ripresa era al tramonto (alla fine del giorno lunare in cui avrebbe dovuto operare il lander) e le lunghe ombre che coprono gran parte del terreno potrebbero nascondere il lander indiano. Le analisi delle immagini sono ancora in corso, per provare a scrutare tra le ombre, ma si attende anche il prossimo passaggio di ottobre, che permetterà a LRO di avere condizioni di luce migliori e, forse, magiori probabilità di individuarlo, sempre che l’alta velocità di discesa non l’abbia portato fuori dal campo ripreso.

Intanto la ricerca continua…

Una bella immagine ripresa dall'alto della zona incriminata, prima del tentato allunaggio. L'immagine riprende un'area di circa 87 chilometri di larghezza. Credits: NASA/Goddard/Arizona State University

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