Home News di Astronomia Il rumore di fondo delle galassie: sempre più vicini a comprendere il...

Il rumore di fondo delle galassie: sempre più vicini a comprendere il funzionamento dell’Universo

Letto 2.826 volte
0
Illustrazione della fusione di due buchi neri (Science Photo Library/AGF)
Tempo di lettura: 3 minuti

Una nuova ricerca dell’European Pulsar Timing Array (EPTA), che include scienziati Institute of Gravitational Wave Astronomy dell’Università di Birmingham, riporta un’analisi dettagliata di un segnale che si classifica come ottimo candidato nella ricerca delle onde gravitazionali a bassa frequenza (GWB). I risultati dello studio sono stati resi pubblici due giorni fa, il 27 ottobre, nel Monthly Notices della Royal Astronomical Society.

Le onde gravitazionali possono essere generate a frequenze molto basse, dette GBW (gravitational wave background), dell’ordine di un miliardesimo di Hertz, da raggruppamenti cosmici di giganteschi buchi neri binari al centro della maggior parte delle galassie. Questo sottofondo/rumore in nanohertz dell’universo è stato ricercato dagli scienziati per diversi decenni.

Illustrazione della fusione di due buchi neri (Science Photo Library/AGF)

Il segnale candidato, rilevato da reti di pulsar rotanti molto stabili (Pulsar Timing Arrays – PTA), è emerso da un’analisi dettagliata senza precedenti e i risultati sono stati ottenuti grazie ai dati raccolti in 24 anni con cinque radiotelescopi europei a grande apertura.

«Possiamo misurare piccole fluttuazioni nei tempi di arrivo del segnale radio delle pulsar sulla Terra, causate dalla deformazione dello spazio-tempo dovuta al passaggio delle onde gravitazionali. In pratica queste deformazioni si manifestano come sorgenti di irregolarità a bassissima frequenza nella serie dei tempi di arrivo degli impulsi, irregolarità che sono condivise da tutte le pulsar di una PTA» spiega Alberto Vecchio dell’Università di Birmingham.

Tuttavia, la dimensione di queste fluttuazioni è incredibilmente piccola (stimata da decine a un paio di centinaia di miliardesimo di secondo) e non semplice da definire e rilevare.

Il Dr. Siyuan Chen, ricercatore presso il CNRS di Orleans, co-autore principale dello studio, osserva: «Al momento, le incertezze statistiche nelle nostre misurazioni non ci consentono ancora di identificare la presenza di correlazione spaziale prevista per segnali di onde gravitazionali di fondo. Per ulteriori conferme dobbiamo includere più dati di pulsar nell’analisi, tuttavia i risultati attuali sono molto incoraggianti».

Le proprietà spettrali del segnale candidato (cioè come l’ampiezza del rumore osservato e come varia con la sua frequenza) rimangono all’interno delle aspettative teoriche per le fluttuazioni attribuibili alle onde gravitazionali.

Il dott. Nicolas Caballero, ricercatore presso il Kavli Institute for Astronomy and Astrophysics di Pechino e co-autore principale, spiega: «L’EPTA ha trovato per la prima volta indicazioni di questo segnale nel set di dati precedentemente pubblicato nel 2015, ma, poiché i risultati avevano maggiori incertezze statistiche, sono stati discussi rigorosamente solo come limiti superiori. I nostri nuovi dati ora confermano chiaramente la presenza di questo segnale, rendendolo un candidato per un GWB».

L’EPTA è un membro fondatore dell’International Pulsar Timing Array (IPTA). Poiché anche le analisi dei dati indipendenti eseguite dagli altri partner IPTA (cioè gli esperimenti NANOGrav e PPTA) hanno indicato segnali comuni simili, è diventato fondamentale applicare più algoritmi di analisi per aumentare la possibilità di rilevare GWB. I membri dell’IPTA stanno lavorando insieme, traendo conclusioni dal confronto dei loro dati e analisi per prepararsi meglio per i prossimi passi.

Alberto Vecchio afferma: «Il rilevamento di onde gravitazionali da una popolazione di sistemi binari di buchi neri supermassicci o da un’altra fonte cosmica ci darà informazioni senza precedenti su come si formano e crescono le galassie, o sui processi cosmologici che si verificano nell’universo primordiale. I prossimi anni potrebbero essere un periodo d’oro per questo tipo di misurazioni e stiamo intensificando i nostri sforzi utilizzando set di dati migliori, più lunghi e più ricchi».

Fonte:

www.birmingham.ac.uk/research/gravitational-wave/index.aspx