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Il metano non è abbastanza

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Marte, il metano, la vita.

Il pianeta rosso è sicuramente il pianeta del sistema solare più studiato. Perché è vicino, perché non è dissimile alla Terra, perché rientra nella cosiddetta fascia di abitabilità, perché forse in passato ha ospitato vita avendo sicuramente ospitato acqua.

Anzi di più. La vita sulla Terra verrebbe da Marte. Lo ha sostenuto recentemente Steve Brenner, lo aveva ipotizzato sul suo “I marziani siamo noi” l’astrofisico Giovanni Bignami: la vita può essere iniziata su Marte e poi portata sulla Terra, a fiorire mentre sul quarto pianeta pianeta del nostro sistema andava spegnendosi con l’inardirsi della terra, la fuga dell’atmosfera, la fine dei movimenti tettonici.

A confortare l’ipotesi che comunque su Marte vi fosse ancora una presenza vitale che in qualche modo avvalorasse la vivibilità del pianeta, la presenza di metano nell’atmosfera di Marte. Una presenza, che per discontinuità, poteva essere attribuita alle emissioni di batteri primordiali.

D’altronde le analisi condotte sia dai satelliti orbitanti il pianeta che dai rover, nella loro parziali misurazioni, indicavano una presenza media di metano nell’atmosfera da giustificare la sua produzione biologica.

Uno studio che appare questa settimana su Science – e che riporta le analisi dati fatte con lo strumento Tunable Laser Spectrometer (TLS), uno strumento appositamente progettato per la misurazione del gas su Marte – ci dice che la presenza di quel gas nell’atmosfera marziana è assai inferiore a quanto ipotizzato in precedenza, non superiore a 1,3 parti di miliardo per volume, una presenza troppo bassa per giustificare una percentuale di metano come precedentemente stimata anche in presenza di una semplice produzione geologica o proveniente da altri pianeti.

Insomma lo studio guidato da Christopher Webster, del Jet Propulsion Laboratory, California Institute of Technology, che mette a confronto con TLS le precedenti misurazioni, rivelatesi, sia per la strumentazione a terra che orbitante, meno precise del Tunable Laser Spectrometer, fa nascere dubbi sull’attuale presenza microbiotica sul pianeta rosso.

Secondo il presidente dell’INAF Giovanni Bignami siamo di fronte ad un’ipotesi. L’autore infatti, contrariamente a quanto pensato fin qui, afferma che il metano nell’atmosfera di Marte può resistere fino a cento anni, non solo uno. “Periodo limitato che giustificherebbe la continua produzione del gas da parte di microorganismi o per attività geologica” spiega Bignami “e che è stata l’ipotesi più accreditata finora. Inoltre viene da pensare che il TLS misuri la quantità di metano solo nel sito dove opera Curiosity. E’ come dire che trovandosi a Monte Mario a Roma (sede dell’INAF ndr) sarebbe in grado di misurare la presenza di zolfo nella solfatara vesuviana dove hanno ambientato il 47 morto che parla di Totò. E’ più facile che non trovandolo in situ ipotizzi che non ci sia”.

Il che ci porta a considerare che fintanto che non porteremo abbastanza umanità su Marte, per poter approfondire compiutamente quanto si trova e si trovava sul pianeta rosso, per quanto ci si approssimi alla risposta, resteremo col dubbio se siamo o meno di fronte alla verità.