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Fosfina nell’atmosfera di Venere: possibile indicatore della presenza di vita?

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La rappresentazione artistica mostra la superficie e l'atmosfera del pianeta Venere, con le molecole di fosfina in evidenza (nella realtà sono naturalmente così piccole da non essere visibili). Le molecole sono trasportate dalle nubi spinte dal vento di Venere ad altitudini comprese tra 55 e 80 km e assorbono parte delle onde millimetriche prodotte ad altitudini inferiori. Sono state rilevate nei dati del James Clerk Maxwell Telescope e dell'Atacama Large Millimeter/submillimeter Array, di cui l'ESO è partner. Crediti: ESO/M. Kornmesser/L. Calçada
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La rappresentazione artistica mostra il pianeta Venere, nostro vicino nel Sistema Solare, dove gli scienziati hanno confermato il rilevamento di molecole di fosfina, la cui forma è mostrata graficamente nel riquadro. Le molecole nelle nubi venusiane ad alta quota sono state rilevate nei dati del James Clerk Maxwell Telescope e dell'Atacama Large Millimeter/submillimeter Array, di cui l'ESO è partner. Gli astronomi hanno ipotizzato per decenni che potesse esistere vita nelle alte nubi di Venere e la rilevazione della fosfina potrebbe essere una buona indicazione della presenza di una tale vita “aerea” extraterrestre. Crediti: ESO/M. Kornmesser/L. Calçada & NASA/JPL/Caltech

Un’equipe internazionale di astronomi ha annunciato oggi la scoperta di una molecola rara, la fosfina, nelle nubi di Venere. Sulla Terra, questo gas è prodotto solo industrialmente o da microbi che prosperano in ambienti privi di ossigeno. Gli astronomi hanno ipotizzato per decenni che le nubi ad alta quota intorno a Venere potessero offrire ospitalità ai microbi, lasciandoli fluttuare lontani dalla superficie rovente, ma in un ambiente di acidità molto elevata. La rilevazione della fosfina potrebbe indicare la presenza di una vita “aerea” extraterrestre.

Della possibilità di vita tra le nubi di Venere, e delle missioni in corso di progettazione, ne abbiamo parlato nel numero 225, in un articolo firmato da Michele Diodati. Clicca e leggi, ovviamente sempre in formato digitale e gratuito.

«È stato un vero colpo, vedere i primi segnali della presenza di fosfina nello spettro di Venere!», afferma Jane Greaves dell’Università di Cardiff nel Regno Unito, a capo dell’equipe che per prima ha individuato l’impronta della fosfina (detta anche fosfuro di idrogeno) nelle osservazioni del James Clerk Maxwell Telescope (JCMT), gestito dall’Osservatorio dell’Asia orientale, alle Hawaii.

La conferma della scoperta ha richiesto l’utilizzo di 45 antenne di ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) in Cile, un telescopio più sensibile di cui l’ESO (European Southern Observatory) è partner. Entrambi gli strumenti hanno osservato Venere a una lunghezza d’onda di circa 1 millimetro, molto più lunga di quanto l’occhio umano possa vedere – solo i telescopi ad altitudini elevate possono rilevarla efficacemente. L’equipe internazionale, che comprende ricercatori del Regno Unito, degli Stati Uniti d’America e del Giappone, grazie a queste osservazioni, stima che la fosfina si trovi nelle nubi di Venere a bassa concentrazione, solo una ventina di molecole per ogni miliardo.

Questa rappresentazione artistica mostra un'immagine vera di Venere, ottenuta con ALMA, di cui ESO è un partner, a cui sono sovrapposti due spettri, uno ottenuto con ALMA (in bianco) e l'altro con il James Clerk Maxwell Telescope (JCMT; in grigio). L'abbassamento nello spettro di Venere preso con il JCMT ha fornito il primo indizio della presenza di fosfina sul pianeta, mentre lo spettro più dettagliato di ALMA ha confermato che questo possibile indicatore della presenza di vita è davvero presente nell'atmosfera venusiana. Fluttuando nelle nubi ad alta quota di Venere, le molecole di fosfina assorbono parte delle onde millimetriche prodotte ad altitudini inferiori. Osservando il pianeta nella banda di lunghezze d'onda millimetriche, gli astronomi colgono questa impronta dell'assorbimento di fosfina nei dati come una diminuzione della luce proveniente dal pianeta. Crediti: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO), Greaves et al. & JCMT (East Asian Observatory)

A seguito delle osservazioni, gli astronomi hanno verificato se queste quantità potessero derivare da processi naturali non biologici sul pianeta. Tra le idee controllate: luce solare, minerali sospinti verso l’alto dalla superficie, vulcani o fulmini, ma nessuno di questi fenomeni può produrne abbastanza. Si è calcolato che queste sorgenti non biologiche producono al massimo un decimillesimo della quantità di fosfina vista dai telescopi.

Secondo l’equipe, per creare la quantità di fosfina (formata da idrogeno e fosforo) osservata su Venere, ad organismi terrestri basterebbe “lavorare” soltanto al circa il 10% della loro produttività massima. È noto infatti che i batteri terrestri producono fosfina in quantità: assorbono fosfato da minerali o materiale biologico, aggiungono l’idrogeno e infine espellono la fosfina.

Qualsiasi organismo dovesse riuscire a sopravvivere su Venere sarà probabilmente molto diverso dai cugini terrestri, ma sarebbe molto probabilmente anch’esso sorgente di fosfina nell’atmosfera.

La rappresentazione artistica mostra la superficie e l'atmosfera del pianeta Venere, con le molecole di fosfina in evidenza (nella realtà sono naturalmente così piccole da non essere visibili). Le molecole sono trasportate dalle nubi spinte dal vento di Venere ad altitudini comprese tra 55 e 80 km e assorbono parte delle onde millimetriche prodotte ad altitudini inferiori. Crediti: ESO/M. Kornmesser/L. Calçada

Ma quanto solide sono queste rilevazioni? «Con nostro grande sollievo, c’erano buone condizioni per le osservazioni di follow-up con ALMA, nel momento in cui Venere si trovava a un angolo adatto rispetto alla Terra. L’elaborazione dei dati è stata complicata, tuttavia, poiché ALMA di solito non cerca effetti così fini in sorgenti così luminose come Venere», commenta Anita Richards, dell’ALMA Regional Center del Regno Unito e dell’Università di Manchester e membro dell’equipe. «Alla fine, abbiamo scoperto che entrambi gli Osservatori avevano visto la stessa cosa: un debole assorbimento alla giusta lunghezza d’onda per la fosfina gassosa, prodotta dalle molecole retroilluminate dalle nubi sottostanti più calde», aggiunge Greaves, che ha guidato il lavoro pubblicato oggi su Nature Astronomy.

Un altro membro dell’equipe, Clara Sousa Silva del Massachusetts Institute of Technology negli Stati Uniti d’America, ha studiato la fosfina come una “firma biologica” della presenza di vita anaerobica (cioè che non utilizza ossigeno) sui pianeti intorno ad altre stelle, perché i normali processi chimici ne producono così poco. Commenta: “Trovare la fosfina su Venere è stato un regalo inaspettato! La scoperta solleva molte domande, come il modo in cui un qualsiasi organismo potrebbe sopravvivere. Sulla Terra, alcuni microbi possono sopportare fino a circa il 5% di acido nell’ambiente, ma le nubi di Venere sono quasi interamente fatte di acido“.

Una slide, mostrata durante la conferenza stampa della Royal Society, mostra altezze, temperature e pressioni nell'atmosfera di Venere, e la zona temperata in cui è stata trovata la fosfina. Un eventuale forma microbica potrebbe sopravvivere solo in quella stratta fascia, ma le nubi di Venere, come sappiamo, sono permanenti e costanti nelle loro caratteristiche, da milioni di anni, il tempo di sviluppare la vita potrebbe esserci stato.

L’equipe ritiene che la scoperta sia significativa, perché, al momento, è stato possibile escludere tutti i meccanismi di produzione della molecola non biologici noti (che esistono ad esempio nei pianeti gassosi, nelle cui atmosfere tracce di fosfina sono state trovate, ma in condizioni di temperature e pressioni molto diverse, come dichiarato durante la conferenza stampa, n.d.r.), ma allo stesso tempo è evidente che una conferma della presenza di “vita” richiede ulteriori approfondimenti e osservazioni. Infatti, nonostante le nubi in quota di Venere raggiungano una piacevole temperatura di 30 gradi Celsius, sono incredibilmente acide – circa il 90% è acido solforico – ponendo grossi problemi a tutti i microbi che cercano di sopravvivere al loro interno.

Leonardo Testi, astronomo dell’ESO e Direttore Operativo europeo di ALMA, (non ha partecipato al nuovo studio), spiega: «La produzione non biologica di fosfina su Venere è esclusa dalla nostra attuale conoscenza della chimica della fosfina nelle atmosfere dei pianeti rocciosi. Poter confermare l’esistenza di vita nell’atmosfera di Venere sarebbe un importante passo avanti per l’astrobiologia; quindi, è essenziale far seguire a questo risultato entusiasmante studi teorici e osservativi per escludere la possibilità che la fosfina sui pianeti rocciosi possa anche avere un’origine chimica diversa da quella che ha sulla Terra».

Ulteriori osservazioni di Venere e di pianeti rocciosi al di fuori del Sistema Solare, incluso il futuro ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO, potrebbero aiutare a raccogliere indizi su come si può produrre fosfina su di essi e contribuire alla ricerca di segni di vita oltre la Terra.

Ulteriori Informazioni

Questo studio è stato presentato nell’articolo “Phosphine Gas in the Cloud Decks of Venus” pubblicato dalla rivista Nature Astronomy.
Un articolo collegato, di alcuni membri dell’equipe, intitolato “The Venusian Lower Atmosphere Haze as a Depot for Desiccated Microbial Life: A Proposed Life Cycle for Persistence of the Venusian Aerial Biosphere”, è stato pubblicato dalla rivista Astrobiology nell’agosto 2020, mentre un altro studio di alcuni degli stessi autori su un argomento simile, “Phosphine as a Biosignature Gas in Exoplanet Atmospheres“, è stato pubblicato da Astrobiology nel gennaio 2020.

Per approfondire ulteriormente: vedi anche i vari articoli su biomarcatori e ricerca della vita negli esopianeti a cura di Marco Sergio Erculiani

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