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La prima “luce visibile” di un esopianeta

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Questa visione artistica mostra l’esopianeta 51 Pegasi b, un “Giove caldo”, a volte chiamato anche Bellerofonte, in orbita intorno a una stella a circa 50 anni luce dalla Terra nella costellazione settentrionale di Pegaso. È il primo esopianeta scoperto intorno a una stella normale, nel 1995. Vent’anni dopo, questo oggetto è anche il primo esopianeta di cui si osserva direttamente lo spettro in luce visibile. Crediti: ESO/M. Kornmesser/Nick Risinger (skysurvey.org)
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Una visione artistica di 51 Pegasi b, il “Giove caldo” in orbita attorno alla sua stella a circa 50 anni luce dalla Terra, nella costellazione settentrionale di Pegaso. È stato il primo esopianeta scoperto intorno a una stella simile al Sole, nel 1995, e ora, vent’anni dopo, è anche il primo di cui si osserva direttamente lo spettro in luce visibile. Crediti: ESO/M. Kornmesser/Nick Risinger (skysurvey.org)

Grazie al “cacciatore di pianeti” HARPS, installato sul telescopio da 3,6 metri dell’Osservatorio di La Silla in Cile, è stato rilevato per la prima volta in modo diretto lo spettro di luce visibile riflessa da un esopianeta. Osservazioni che hanno anche svelato nuove proprietà di questo oggetto famoso, il primo esopianeta mai scoperto intorno a una stella simile al Sole: 51 Pegasi b. Il risultato promette un brillante futuro a questa tecnica, in particolare con l’avvento degli strumenti di nuova generazione.

L’esopianeta si trova a circa 50 anni luce dalla Terra nella costellazione di Pegaso. Sia 51 Pegasi b che la sua stella madre 51 Pegasi sono tra gli oggetti che attendono un nome dal concorso pubblico dell’IAU NameExoWorlds (“Dai un nome ai pianeti extrasolari”).

Il pianeta è stato scoperto nel 1995 e viene considerato come il tipico “Giove caldo” – una classe di pianeti extrasolari ormai ritenuta comune, simile in dimensione e massa a Giove, ma con un’orbita molto più vicina alla stella madre. Dal momento della storica scoperta sono stati confermati più di 1900 esopianeti in 1200 sistemi planetari, ma – nel ventesimo anniversario della scoperta – 51 Pegasi b torna in pista per segnare una pietra miliare per  lo studio degli esopianeti: la prima rilevazione diretta dello spettro in luce visibile. L’equipe che ha fatto questa misura è guidato da Jorge Martins dell’Istituto de Astrofísica e Ciências do Espaço (IA) e dell’Universidade do Porto, Portogallo, al momento studente di Dottorato presso l’ESO in Cile.

Attualmente il metodo usato più diffusamente per esaminare l’aftmosfera di un esopianeta è di osservare lo spettro della luce proveniente dalla stella madre attraverso l’atmosfera del pianeta durante il transito – tecnica nota come spettroscopia in trasmissione. Un approccio alternativo è quello di osservare il sistema quando la stella passa di fronte al pianeta, cosa che fornisce soprattutto informazioni sulla temperatura dell’esopianeta.

In questa immagine una foto a grande campo della stella 51 Pegasi, attorno a cui orbita 51 Pegasi b, nella costellazione settentrionale di Pegaso. L’immagine è stata ottenuta a partire da materiale fotografico provienente dalla DSS2 (Digitized Sky Survey 2). Crediti: ESO/Digitized Sky Survey 2

La nuova tecnica invece non richiede un transito planetario e perciò può potenzialmente aumentare il numero di rilevazioni possibili; permette infatti di rilevare direttamente lo spettro del pianeta in luce visibile, il che significa anche la possibilità dedurre diverse caratteristiche del pianeta inaccessibili con le tecniche indirette. Lo spettro della stella madre viene usato come modello per la ricerca di una impronta di luce simile riflessa dal pianeta durante la sua orbita. Un compito estremamente difficile dato che la luce riflessa proveniente dai pianeti  è estremamente debole rispetto a quella abbagliante della stelle madre in cui sono immersi.

Senza dimenticare poi altri effetti molto piccoli e varie sorgenti di rumore che interferiscono con la debole luce del pianeta. La difficoltà può essere paragonata allo studio del debole bagliore riflesso da un minuscolo insetto che vola intorno a un lampada lontana. Di fronte a tali difficoltà, il successo della tecnica applicata ai dati di HARPS, raccolti su 51 Pegasi b, risulta di enome valore.

Jorge Martins ha spiegato: «Questo tipo di tecnica di rivelazione è di grande importanza scientifica poiché ci permette di misurare la reale massa del pianeta e l’inclinazione della sua orbita, essenziali per una comprensione completa del sistema. Permette inoltre di stimare la riflettività del pianeta, o albedo, che può essere usata per dedurre la composizione della superficie e dell’atmosfera del pianeta».

Si è trovato quindi che 51 Pegasi b ha una massa circa la metà di quella di Giove e un’orbita con un’inclinazione di circa nove gradi rispetto alla direzione della Terra. Ciò significa che l’orbita del pianeta appare quasi di taglio vista da Terra, anche se non abbastanza per dare luogo a un transito. Il pianeta avrebbe anche  un diametro maggiore di quello di Giove e risulta essere altamente riflettente. Tutte proprietà tipiche di un Giove caldo, pianeta molto vicino alla stella madre e quindi esposto a una luce stellare intensa.

HARPS è stato fondamentale per il lavoro dell’equipe, ma di altrettanta importanza è il fatto che il risultato sia stato ottenuto con il telescopio dell’ESO da 3,6 metri. Le attrezzature esistenti saranno sorpassate infatti da strumenti più avanzati su telescopi più grandi, come il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO e in futuro l’E-ELT (European Extremely Large Telescope) aumentado quindi enormemente le potenzialità della tecnica stessa. ESPRESSO, lo spettrografo del VLT, e gli strumenti sempre più potenti di telescopi più grandi come l’E-ELT permetteranno un aumento significativo della precisione dei dati e dell’area di raccolta, favorendo la detezione di esopianeti più piccoli e allo stesso tempo aumentando il livello di dettaglio per i pianeti simili a 51 Pegasi b.

«Stiamo aspettando con ansia la prima luce di ESPRESSO così da poter fare studi più dettagliati di questo e altri sistemi planetari», ha concluso Nuno Santos, dell’IA e dell’Universidade do Porto, co-autore del nuovo articolo.

Per saperne di più:

  • Leggi QUI il comunicato stampa in italiano
  • Clicca QUI per leggere l’articolo pubblicato su Astronomy & Astrophysics: “Evidence for a spectroscopic direct detection of reflected light from 51 Peg b”, di J. H. C. Martins et al.