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Al lupo al lupo! (Ma non era arsenico?)

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batteri che usano arsenico
Il microbo GFAJ-1 che cresce nell’arsenico. (Crediti: Jodi Switzer Blum, Fonte NASA)

“La NASA scopre gli alieni!” No, non esageriamo. “Sono tra noi. Scoperte forme di vita aliene sul nostro pianeta!” No, no. “Scoperte forme di vita terrestri con un DNA a base di arsenico (e quindi un po’ aliene lo sono, dai!).” No, nemmeno questo. Ok, allora “scoperte forme di vita terrestri in grado di nutrirsi di arsenico!” Neanche qui ci siamo… E quale sarebbe la scoperta della NASA in grado di monopolizzare l’attenzione di tutti i media per giorni? Secondo i ricercatori che stanno analizzando pezzo per pezzo l’articolo scientifico pubblicato su Science, la scoperta non sarebbe di quelle sensazionali che cambiano la storia della scienza. In sintesi, è vero che i batteri provenienti dal Mono Salt Lake in California, se messi a crescere in condizioni particolari – con alte concentrazioni di arsenico e basse di fosforo – sono in grado di incorporare un po’ di arsenico nel DNA al posto del fosforo, ma non del tutto e comunque non gli fa benissimo.

Per conoscere con esattezza la composizione chimica di una molecola complessa come il DNA si utilizza uno strumento chiamato spettrometro di massa, una specie di scanner che restituisce l’elenco degli atomi presenti e la loro concentrazione. È un esame diventato di routine negli ultimi anni e in ambiente scientifico ci si chiede perché non sia stato utilizzato per studiare questo DNA. I  metodi utilizzati dai ricercatori della NASA sono, infatti, tutti indiretti e con qualche errore.

Lo spiega bene Alex Bradley sul blog We, Beasties: “Lo studio pubblicato su Science ha un certo numero di difetti. In particolare, sarebbe stato trascurato un dettaglio sottile, ma importante, che dimostrerebbe come il DNA in questione abbia in realtà una struttura a base di fosfato e non di arseniato.” Per meglio comprendere questo punto dobbiamo fare un passo indietro. Un dato di fatto sul quale tutti sono d’accordo è che a parità di DNA quello con una struttura a base di arseniato si idrolizza [si rompe, NdR] rapidamente in acqua, mentre quello con una struttura a base di fosfato no. La durata della vita di un DNA a base di arsenico è di circa 10 minuti, poi i legami si rompono e la molecola si sfalda. Gli autori dell’articolo erano ovviamente a conoscenza di questo dato e hanno ipotizzato un meccanismo biologico di compensazione. Questo potrebbe essere vero, data la complessità delle strutture biologiche e la quantità di processi ancora totalmente sconosciuti.

Ma continua Bradley: “Tuttavia la chimica è molto più prevedibile […] Un semplice esperimento per verificare la natura dello scheletro del DNA consiste nel rimuovere il DNA della cellula e metterlo in acqua per pochi minuti. Quindi esaminare se idrolizza o meno. Sembra semplice e in effetti lo è. Gli autori dell’articolo lo hanno fatto, non per verificare questa proprietà, ma per eseguire delle analisi. Infatti, quando si lavora con il DNA, una delle prime procedure messe in atto è la sua estrazione dall’interno della cellula e la sua purificazione. Molti passaggi vengono effettuati in acqua. Il DNA estratto dai batteri e sottoposto alle analisi dal gruppo di ricerca della NASA è sopravvissuto in un ambiente acquoso a lungo, sicuramente per più di dieci minuti. Di conseguenza, il risultato indica che il DNA di GFAJ-1 [il nome dato a questi batteri, NdR] ha uno scheletro a base di fosfato.

E l’arsenico? Analizzando il DNA i ricercatori ne hanno infatti misurate elevate concentrazioni; quindi come si potrebbe spiegare questa anomalia? Bradley ipotizza che l’arsenico possa essere incorporato in piccole quantità e che per la maggior parte semplicemente si associ al DNA e lo ricopra in qualche modo; un’ipotesi che però andrebbe controllata.

Rosie Redfield (University of British Columbia – Canada), in una dettagliatissima analisi dell’articolo, ci va giù anche più pesante: “Fondamentalmente, la ricerca non presenta alcuna evidenza convincente che l’arsenico sia stato incorporato nel DNA (o qualsiasi altra molecola biologica). […] C’è una differenza tra i controlli effettuati per verificare effettivamente la tua ipotesi e quelle fatti quando vuoi solo dimostrare che la tua ipotesi è vera. Gli autori hanno fatto alcuni di questi ultimi, ma non i primi […] Avrebbero dovuto lavare accuratamente le loro preparazioni di DNA (un lavaggio su colonna è molto facile), e incubarle con un tampone fosfato in modo da spostare qualsiasi arseniato associato prima di fare le analisi. Avrebbero dovuto testare se il loro DNA contenente arsenico possa essere utilizzato come base per la DNA polimerasi [l’enzima che si occupa della duplicazione del DNA nelle cellule, NdR].” Insomma, il materiale interessante ci sarebbe anche, ma da quel che si legge nei commenti degli scienziati alla NASA (ma anche a Science) hanno preferito la velocità al rigore scientifico.

In ogni caso, l’aspetto più interessante di tutta la faccenda probabilmente è quello che riguarda le modalità di comunicazione, anche qui con qualche dato positivo e qualche altro negativo. Neuroskeptic  nota come lo strumento del blog sia diventato parte integrante del lavoro di revisione degli articoli scientifici: “Grazie ai blogger questo articolo, che se fosse vero avrebbe molte implicazioni, è stato sottoposto ad un’analisi critica dettagliata e immediata.”

Senza i blog le critiche sarebbero comunque emerse prima o poi, ma più probabilmente poi. La via tradizionale di critica agli articoli scientifici è quella che prevede che si scriva una lettera al direttore della rivista che ha pubblicato l’articolo, la quale poi verrà pubblicata. Ma si parla comunque di settimane o mesi.

Sul versante negativo, invece, il Bad Astronomer  Phil Plait  fa notare come il gioco al rialzo fatto anche questa volta dall’ufficio stampa della NASA alla fine possa essere controproducente perché ogni volta crea aspettative che poi vengono sistematicamente deluse. Il risultato è una perdita di fiducia generalizzata nella scienza e nell’informazione. Qui da noi, Marco Ferrari “bacchetta” bonariamente su Leucophaea  molti commentatori un po’ troppo frettolosi. Star dietro a questo tipo di notizie non è semplice e anche qui in redazione [NdR. la Redazione di Queryonline da cui il brano è tratto] abbiamo rischiato di cadere nella trappola dell’annuncio tempestivo e per forza di cose poco ragionato. Ci ha salvati un po’ di pigrizia.

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Beatrice Mautino, biotecnologa, si è specializzata in neuroscienze e in comunicazione della scienza. Progetta laboratori didattici ed eventi di divulgazione scientifica; è responsabile della versione online della rivista Query del Cicap. Nel tempo libero divaga di scienza sul suo blog i divagatori scientifici