Editoriale – Coelum n.121 – 2008

0

Alla fine ci siamo accorti che in questo numero, tra esperimento del CERN, mostri galattici e cosmologie alternative, si fa un gran parlare di Buchi neri, Big Bang e quant’altro di solito cerchiamo di tenere sotto traccia per manifesta ritrosia verso facili commistioni tra fisica e metafisica.
Qualcuno si sarà già accorto che qui si preferisce parlare di cose concrete: pianeti, stelle, la nostra galassia, l’universo locale… Tutti temi poco opinabili, ben dimensionati nello spazio e nel tempo e alla portata di qualsiasi verifica.
Potrebbe essere un nostro limite? Forse sì, se è vero che in un campione di 1000 profani almeno 999 hanno sentito parlare di buchi neri
e solo 7 saprebbero spiegare il mutare delle fasi lunari…
Riempire le pagine di argomenti esotici e misteriosi ci porterebbe forse nuovi lettori attratti dall’inesprimibile piacere di sentirsi rassicurati
dalla presenza di un universo incomprensibile e quindi promettente, ma la cosa (lo diciamo con leggerezza, senza alcuna presunzione)
sarebbe semplicemente in contrasto con il nostro modo di intendere l’astronomia.
E del resto, se proprio si volessero proporre commistioni tra il mondo misurabile e quello dei voli pindarici (benché lucidi e modellizzati)
di certa astrofisica, non sarebbe preferibile affidarsi direttamente allaletteratura?
Leggetevi attentamente, ad esempio, il brano che segue (tratto dal più antico monumento letterario dell’India, il Rig-Veda, scritto circa
3500 anni fa), dove si parla di corde (stringhe?), onde, matrici e principio di vuoto. E poi chiedetevi se si tratta (e con questo richiamiamo
anche un argomento proposto in “Fatti e opinioni”) di scienza, filosofia, cosmogonia appresa da “altri” o semplice letteratura…
O forse nemmeno voi potete saperlo?
Non c’era allora il Non-essere, non c’era l’Essere. Non c’era lospazio, non gli astri dello spazio.
Che cosa si mosse? Dove? Per opera di chi? Era acqua, l’insondabile baratro?
Non c’era allora la Morte, non la Non-morte. Nessun segno distingueva la Notte dal Giorno.
L’Uno respirava, ma non s’udiva fiato. Al di fuori dell’Uno, non c’era nient’altro.
Solo c’erano tenebre avviluppate da tenebre. L’Universo non era che un’onda indistinta.
L’Uno respirava, nato per virtù del calore. Ma era principio vuoto,avviluppato dal Vuoto.
Poi nel cuore dell’Uno si destò il desiderio, il primo seme della coscienza.
Così, scrutando nel proprio cuore, i sapienti scopersero nel non-essere il legame dell’Essere. Come una corda tesa di traverso.
Che cosa al di sotto? Che cosa al di sopra?
Di sotto, i semi; di sopra le matrici. In basso la risposta; in alto,il richiamo.
Ma chi può sapere, chi può dire, Di dove scaturì questo Creato?
Gli dei, sono venuti dopo. E allora, Questo Creato è venuto di dove?
Di dove sia venuto, se davvero sia stato creato, nessuno può saperlo, tranne il Sorvegliante che sorveglia il mondo da dietro il firmamento.
O forse neanche Lui, può saperlo?