Nell’ultimo numero della rivista, qualcuno lo ricorderà, abbiamo pubblicato la richiesta di aiuto da parte di alcuni astrofili di Messina, preoccupati dalla bislacca idea maturata da ENEL e amministrazione comunale: illuminare a giorno il cosiddetto Pilone dello Stretto, l’enorme traliccio che un tempo faceva parte del grande elettrodotto che univa l’isola al continente. Operazione già saltuariamente attuata in passato, per celebrare festività o ricorrenze epocali come la fine del Millennio (naturalmente sbagliando anche in questo), ma che dal prossimo luglio diventerà permanente; con il risultato di introdurre un elemento di discutibile rilevanza estetica in uno dei più bei paesaggi della penisola, e d’impedire ai messinesi di togliersi la soddisfazione (qualora ne avessero voglia) di alzare gli occhi al cielo, a considerare il mistero delle cose.
Per il momento, il vero mistero sta soltanto nella convenienza di certe operazioni, spacciate come “culturali” e addirittura entusiasticamente sostenute da un foglio locale, con la retorica bolsa delle celebrazioni di regime.
Questi i fatti, a cui è necessario aggiungere alcune considerazioni.
Da vari anni, con la risonanza nazionale riservata, che so, ad un campionato di Tamburello (mi perdonino i sanguigni tifosi di questo sport, che so molto seguito nelle Langhe), benemeriti personaggi come Giancarlo Favero, Pierantonio Cinzano, Leopoldo Dalla Gassa, Mario Di Sora, Diego Bonata, ecc… hanno sollevato il problema dell’inquinamento luminoso, riuscendo a riportare rilevanti successi in tema di attuazione di Leggi Regionali e regolamentazioni locali.
Senza che tutto questo abbia però inciso profondamente, appunto, nella “forma mentis” dei nostri amministratori (non parliamo poi dei politici). Credo fermamente che all’azione “diplomatica” della trattativa con le amministrazioni locali non sia allora la sola strada da seguire. Impegnarsi in ragionevoli discussioni sulle norme UNI da attuare, o sui diametri delle “zone di rispetto”, potrebbe ridursi alla fine (e mi si perdoni l’esempio), a dover concordare con il nostro boia il diametro della fune a cui saremo appesi…
Lo abbiamo detto anche in altre pagine: senza “la presa di una Bastiglia” (come potrebbe diventare il Pilone di Messina qualora riuscissimo a fermarne l’insana trasformazione), senza un’unità d’intenti tra le miriadi di associazioni che si occupano del problema, e senza la ribalta nazionale che ci verrebbe da una presa di posizione forte e “rumorosa”, verranno alla fine vanificati anche gli effetti delle Leggi Regionali finora in vigore, disattese per la mancanza di un movimento di opinione forte, organizzato e compatto.
L’invito, rivolto non solo gli appassionati di astronomia, ma a tutti gli uomini di cultura, è quindi quello di aderire alla protesta contro l’illuminazione del Pilone di Messina, secondo le modalità che potrete trovate a pagina 95.
E chissà che la cosa non possa riguardare anche gli importatori e i produttori di materiale astronomico. Domani, tra due o cinque anni, chi mai comprerà i loro strumenti?
Saremo tutti in internet a guardare le foto di Hubble, mentre fuori ci saranno piloni ovunque.