
La mattina del 26 gennaio una lunga malattia si è portato via anche Franco Pacini, l’astrofisico italiano forse più conosciuto negli ambienti astronomici internazionali: negli ultimi decenni diventato più che altro un formidabile organizzatore e promoter dell’astronomia nel mondo, ma in passato, nel 1967 quasi appena laureato, un giovane capace di proporre per primo il modello di stelle a neutroni che anticipò l’esistenza delle pulsar (che poi furono scoperte pochi mesi dopo dalla Jocelyn Bell). Molte altre cose è stato Pacini, che adesso dovremmo noiosamente elencare. Tanto noiosamente che preferiamo
invece accompagnare il suo ricordo riportandone le parole, prese qua e là da libri e interviste. Un autoritratto fatto con otto colpi di pennello.
«Se non si va verso una cultura scientifica di massa, ci si avvia a diventare una società di élite. Non dimentichiamo che Galileo scrisse in italiano, in volgare, affinché tutti sapessero.
«E forse l’astronomia può rappresentare un veicolo verso la diffusione della scienza in genere. Ovvero da essa, perché è la più popolare, può partire la diffusione della cultura scientifica. L’astronomia, nella società e nella scuola, può dunque essere il primo canale per far entrare nell’opinione pubblica l’idea che la cultura scientifica va incrementata, fattore decisivo anche per una questione sociale e di democrazia.
«Se qualcuno ci avesse guardato o ci stesse guardando adesso da una distanza moderata, diciamo duecento anni luce, vedrebbe l’uomo tecnologico primitivo, ovvero osserverebbe uno scenario privo di segnali radio. Tra cento anni, invece, può darsi che tutte le trasmissioni siano via cavo…. e così, nel frattempo, questi alieni arriverebbero alla conclusione che sulla Terra non esiste vita intelligente.
E’ quindi incomprensibile la nostra insofferenza per il mancato immediato successo di progetti come il SETI.
«Il problema dell’inquinamento luminoso lo vedo soprattutto come problema ambientale generale. Se a una conferenza chiedo che alzi la mano chi ha sentito parlare di buchi neri negli ultimi sei mesi tutti la alzano; se chiedo chi ha visto la Via Lattea, la alzano in pochissimi. In altre parole, il cielo è scomparso alla nostra vista per la prima volta da quando esiste l’uomo. Il problema non riguarda solo gli uomini. Ce l’hanno anche gli uccelli, che un tempo si orientavano con le stelle mentre oggi sono pilotati verso le città. Il cielo fa parte del nostro paesaggio esattamente come gli alberi, le colline, il mare. Deve esserci restituito.
«Aver scoperto pianeti fuori del sistema solare è un definitivo addio a una visione geocentrica cui forse qualche nostalgico vorrebbe ancora restare aggrappato.
«Lo stato dell’astronomia italiana dal punto di vista scientifico è ottimo. Siamo certamente fra i paesi guida in questo campo, grazie a un progresso maturato soprattutto negli ultimi vent’anni.
«L‘altro ritardo è considerare scienza solo la scienza pura e guardare alla tecnologia come sottoprodotto della scienza rinnegando anche il progresso tecnologico.
«Come fai a fare un altro lavoro, quando puoi fare l’astronomo?
Giovanni Anselmi
Un astronomo di altissimo profilo, e una persona appassionata e attiva come ne ho conosciute poche. Ci mancherà davvero.
come potrò dimenticare la sua breve esperienza di passionale divulgatore dell’astronomia sulla rai nell’ormai lontano 1998 (anno più anno meno non ricordo), isolato encomiabile tentativo di trarre fuori la nostra amata Urania dall’oblio in cui nel nostro sgangherato paese é precipitata nei primi anni 80