Una cosa che capita spesso in una redazione è la discussione tra autore e revisore in merito a certe correzioni da apportare ad un articolo, ovviamente al di là delle banali e condivise operazioni di editing.
Durante la lavorazione di questo numero, ad esempio, Ivano Dal Prete ha ricevuto le bozze in cui il suo articolo è stato titolato “Sidereus Nuncius, la press release che sconvolse il mondo dell’astronomia”; poco dopo, il nostro collaboratore, che vive attualmente in america, ci ha risposto per suggerire di scrivere invece: “…la press release che sconvolse il mondo”. Tout court, senza limitazioni di sorta all’ambito astronomico.
Una impostazione assolutamente condivisibile, che però – tartufescamente – abbiamo accolto solo per metà, lasciando il titolo com’era all’interno della rivista e modificandolo secondo l’idea di Ivano nel richiamo di copertina.
Non per evitare l’enfasi celebrativa, ma solo per mantenere un minimo di distacco nel giudicare come “rivoluzionarie” delle opere che pur eccezionalmente importanti nella prospettiva storica, nel momento in cui furono rese pubbliche interessarono sì e no la decimillesima parte della popolazione. Il Nuncius, nell’immediato, non cambiò certo il mondo con le sue 550 copie di tiratura scritte per di più in latino, anche se certamente impose un’accelerazione (in una ristrettissima cerchia di persone) al graduale abbandono delle tesi astronomiche sostenute dalla Chiesa.
Del resto – parlando di altre “rivoluzioni” – è ampiamente noto che mentre una piccolissima parte della popolazione parigina dava l’assalto alla Bastiglia, la maggioranza dei cittadini continuò la propria vita senza accorgersi di nulla, inconsapevole di stare vivendo un periodo storico importantissimo.
Così che aggettivare quei lontani protagonisti di “mancanza di sensibilità storica” o di “ottusa cecità” avrebbe davvero poco senso, proprio come perseverare nello stupirsi della “cecità” se non della “malafede” di quanti, ecclesiastici o filosofi, si rifiutavano di vedere nel telescopio tutte le incredibili cose di cui Galileo continuava a “berciare”.
Illuminante, a questo proposito, il piccolo esperimento proposto e realizzato da Ivano tra alcuni studenti americani, la cui ricetta si può riassumere così: si prenda un cannocchiale dalle caratteristiche simili a quelle degli strumenti usati dall’astronomo pisano; si punti la Luna o Giove, invitando persone digiune di astronomia e di metodi osservativi a riferire su quanto è riuscito a vedere… si confrontino poi le loro risposte con quelle dei dubbiosi scettici del tempo e si cerchi di trarne un qualche insegnamento…
Beh, anticipando i risultati dell’esperimento, descritto in questo stesso numero, posso assicurarvi che all’epoca di Galileo il 99,9% di noi, che sfoggiamo oggi un sorrisetto di circostanza nel liquidare come “oscurantisti” quei filosofi peripatetici, avrebbe alzato l’occhio dall’oculare dicendo: “Io non riesco a vedere nulla”.