Non sono mai stato un fan di Galileo (i puristi non comincino a tirare le pietre, uso l’inappropriato termine inglese in ossequio alla moda Facebook, dove esistono addirittura i fan di Gesù Cristo e io stesso sono un fan di Keplero), ma leggendo ciò che è uscito sui giornali a seguito di una dichiarazione dello storico dell’astronomia Allan Chapman, non ho potuto fare a meno di restare incredulo di fronte a tanta leggerezza nel proporre come “sensazionale” una cosa risaputa da decenni.
“Gli inglesi vogliono scippare il telescopio a Galilei” – “Sorpresa: Galileo non fu il primo!” – “Nuove rivelazioni in astronomia, fu un inglese a scoprire il cielo” – “Anno dell’astronomia per Galileo, ma il primo fu un inglese”
Questi alcuni dei titoli scelti a caso. Al che uno poteva pensare che Chapman avesse appena scovato in una cassapanca chissà quali nuovi documenti, di un’evidenza tale da rendere superata la scelta di mettere al centro dei festeggiamenti per l’anno dell’astronomia la figura dello scienziato pisano
Le cose, manco a dirlo, sono state elegantemente travisate, con il gusto un po’ malevolo di creare il caso e di attirare meglio (posso capirlo, lo facciamo talvolta anche noi!) l’attenzione del lettore.
Senza scendere troppo nei particolari (non vogliamo togliere sale all’articolo che sullo stesso argomento sta preparando il nostro esperto Ivano Dal Prete), diremo solo che Thomas Harriot disegnò una Luna telescopica (mai data alle stampe) già nell’estate del 1609, precedendo dunque di qualche mese Galileo.
Ripeto, la cosa era di pubblico dominio da moltissimo tempo, e già questo sarebbe sufficiente per togliere ai titolisti dei quotidiani qualsiasi velleità sensazionalistica, ma anche scendendo nel merito della priorità dell’uso del telescopio le cose da dire non mancano davvero.
Provate ad immaginare infatti l’Europa dei primi anni del 600, quando il piccolo dispositivo ottico inventato dagli occhialai olandesi comincia a farsi sempre più diffuso. Ebbene, vi sembra possibile che nessuno tra quelle migliaia di persone che ebbero la fortuna di averlo tra le mani ebbe la curiosità di levarlo verso il cielo, le stelle, la Luna?
Tra loro qualcuno ci avrà senz’altro provato, vedendo poco o nulla peraltro, per la scadente qualità delle ottiche e per l’impreparazione nel dare un senso a quel poco che poteva cogliere. E a qualcuno sarà anche venuto in mente di disegnare il poco che vedeva, magari proprio guardando la Luna.
E anche se erano tempi in cui non esistevano comodi block-notes e penne biro, e la carta era un bene di lusso che solo i signori potevano permettersi, è comunque ragionevole pensare che qualcuno alla fine, anche solo per gioco, ci sia senz’altro riuscito.
Ma tutti quei disegni, tutte quelle occhiate inconsapevoli verso il cielo finirono, per dirlo alla blade runner, come lacrime nella pioggia, senza lasciare alcuna traccia nella storia dell’astronomia.
Chi fu dunque veramente il primo? Se la mettiamo su questo piano non lo sapremo mai con certezza. Non certo Galileo, ma neppure Harriot, che disegnò la Luna quando ormai il “giocattolo” girava l’Europa da un paio d’anni.
Possiamo solo dire che Harriot (che comunque non era uno sprovveduto in astronomia) produsse il più antico disegno di un oggetto celeste osservato attraverso uno strumento, tra quelli arrivati ai giorni nostri (anche se personalmente condivido la tesi di Remondino Chavez espressa in Coelum n. 91, secondo la quale il primo in assoluto potrebbe essere stato Leonardo Da Vinci nel 1513), ma nulla di più.
Tutto ciò fa capire che non è ovviamente su questo piano che si deve giudicare la priorità scientifica di una scoperta, che resterebbe saldamente nelle mani di Galileo anche se domani si dovessero scoprire decine di disegni ancora più antichi di quelli di Harriot. Se non altro perché il pisano non si limitò a tracciare dei segni sulla carta, ma vide, analizzò e comprese, accompagnando il tutto con il più rivoluzionario libro di astronomia (e non solo) mai dato alle stampe: il Sidereus Nuncius.