Editoriale – Coelum n.117 – 2008

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La notizia scientifica più completamente falsa (con l’aggravante di essere stata fabbricata ad arte per aumentare le vendite) fu confezionata nel 1835 dal quotidiano americano “New York Sun”, il vero antesignano dei tabloid scandalistici e pulp, il primo ad essere venduto nelle strade quando tutti gli altri si veicolavano solo per abbonamento. Nell’edizione del 25 agosto comparve infatti sul Sun un articolo a firma di un certo Richard Locke – giornalista agli esordi con una spiccata vocazione per la satira fantascientifica – che nell’asserire di riprendere una comunicazione dell’”Edinburgh Journal of Science” (pubblicazione defunta anni prima) annunciava la sconvolgente scoperta di esseri viventi
sulla Luna – unicorni, bisonti, capre e strani umanoidi con le ali – da parte di quello che al tempo era sicuramente il più noto astronomo del pianeta: John Herschel, il figlio del grande William scopritore di Urano.
Questo l’incipit dell’articolo, intitolato “Celestial discoveries”: «Abbiamo appena appreso da fonti scientifiche sicure che Sir John Herschel ha effettuato dal Capo di Buona Speranza, con un immenso e innovativo telescopio, delle scoperte astronomiche davvero stupefacenti…».
Naturalmente, vendite alle stelle e tiratura triplicata…
E non fu lo scoop di un giorno soltanto… la prima puntata riscosse infatti così tanto successo da spingere il direttore del Sun a dare credito alle
strampalate cronache di Locke per altre cinque uscite, nel corso delle quali vennero ovviamente aggiunti sempre nuovi e sorprendenti particolari sulla strana fauna lunare.
Il resto della stampa si gettò avidamente sulle rivelazioni del Sun e i corrispondenti europei copiarono a loro volta i giornali americani, in una catena che s’interruppe solo quando il “Journal of Commerce”, che si stava preparando alla ripubblicazione dell’intera vicenda, raccolse e pubblicò (proditoriamente) la confessione che Locke aveva fatto ad un suo redattore.
Il 16 settembre il Sun fu costretto a ritrattare tutto, scusandosi con i lettori (che sorprendentemente, ma neanche tanto, la presero in allegria e
continuarono a sostenerne le vendite) e ammettendo che si era trattato di una pura operazione di fantasia.
L’intera vicenda (c’è bisogno di dirlo?) si era ingigantita senza che Herschel, impegnato in Sud Africa dal 1833 con le osservazioni del cielo australe, fosse al corrente dell’uso improprio che era stato fatto del suo nome; e del resto, se anche a qualcuno fosse venuto in mente di chiedergli conferma su quanto la stampa occidentale andava pubblicando, lo scrupolo avrebbe dovuto fare i conti con un’epoca in cui non esistevano ancora mezzi di comunicazione veloci. Sarebbero occorsi mesi!
Proprio per questo motivo una vicenda del genere oggi non sarebbe più immaginabile. E non perché giornalisti e scienziati siano migliori e non si producano talvolta in improbabili fantasie, ma perché la rapidità dell’informazione, amplificata per mille da internet, permetterebbe un immediato accertamento delle fonti.
Tutto questo per spiegare ai lettori il perché la nostra redazione abbia da tempo avviato la prassi editoriale di accompagnare gli articoli presentati nella rivista con interviste mirate agli autori della notizia originale o ai maggiori esperti dell’argomento trattato.
Si ottiene così un duplice scopo, quello di chiarire gli aspetti controversi dei concetti espressi, e quello di dare voce e visibilità mediatica ad
astronomi che ben volentieri si prestano a spiegare le loro idee a degli interlocutori competenti.
I mezzi tecnici per dialogare in tempo reale con il mondo intero sono ormai a nostra disposizione. Sarebbe stato davvero un peccato non approfittarne.
Non trovate?