Lo spirito di un Natale futuro

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Lo spirito di un Natale futuro

Natale FuturoÈ ormai sera quando la giornalista del Corsera giunge nella città dell’appuntamento. Cade un nevischio gelido di primo inverno, e tutto appare stranamente soffuso da una calda e confortevole luce. Anche qui, come ormai dovunque nel mondo libero, l’illuminazione globale ha gradualmente sostituito la luce del giorno, rendendo inavvertibile l’arrivo della notte.
L’area metropolitana occupa ormai i due terzi dell’intero paese, risparmiando soltanto le zone più impervie e alcuni tratti di pianura che le autostrade intubate costeggiano come serpenti assediati da una notte relativa e crepuscolare: piccole regioni disabitate e non servite dalla luce perpetua, che in lei provocano sempre un brivido intenso quando in viaggio come oggi si ritrova a guardare fuori dal finestrino e a chiedersi sgomenta: «Ci vivrà qualcuno lì fuori?»

Adesso è proprio arrivata. Procede lenta fino all’ingresso della caotica costruzione a sette piani, inoltrandosi poi nei lunghi viali che conducono verso i padiglioni più lontani. Si ferma, fuori continua a nevicare, fa freddo e non avrebbe nessuna voglia di scendere; apre la borsa e si mette a sfogliare un bloc-notes fitto di appunti, ripassandoli a bassa voce: «Attilio Bogi, 106 anni, a quanto pare l’ultimo essere umano in vita di questo paese a ricordarsi di aver visto le stelle. Ne parla continuamente agli altri ricoverati. Affrettarsi, può non averne per molto».