

Roberto Ragazzoni, astronomo presso l’Osservatorio di Padova, è uno dei più grandi esperti al mondo di sistemi di ottica adattiva e amico della redazione di Coelum da parecchi anni, ma è anche uno dei personaggi più strambi, anticonvenzionali e soprattutto eclettici dell’intero panorama dell’astronomia italiana. Tanto eclettico da improvvisarsi pilota d’aereo, forse con l’unico scopo di rovesciare la prospettiva che lo vedeva guardare il cielo dagli Osservatori astronomici e che ora gli consente invece di fotografare gli Osservatori dal cielo.
Così ci è parso necessario intervistarlo per capirci qualcosa di più…
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Siamo nello studio di Ragazzoni, situato all’interno della specola che a Padova è la sede dell’antico osservatorio astronomico dell’Università. Aspettiamo qualche minuto, mentre Roberto continua a parlare al telefono… per poi concludere in modo sbrigativo: “Si sono stato ad Asiago nel weekend… no, non c’era tanta turbolenza… ora ti devo lasciare…”.
Per un astronomo che si occupa di ottica adattiva, la turbolenza è di casa. Quella che si addensa negli strati bassi dell’atmosfera e che si annida fino a oltre una decina di chilometri dal suolo, che deteriora, agita, distorce l’immagine di un telescopio. Roberto la studia da anni ed ha concepito e realizzato diverse macchine in grado di cancellare questa turbolenza e di raggiungere le massime risoluzioni teoriche su telescopi come il VLT o l’LBT. Ma questa volta non si riferiva al telescopio di cima Ekar e neppure alla turbolenza responsabile del cosiddetto “seeing”.
Perché Roberto oltre che astronomo è anche pilota!
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Come è nata questa passione, da piccolo volevi fare l’astronauta?
Ragazzoni. Macché, niente di tutto questo. Anzi ti dirò che dovendo viaggiare spesso in aereo (di linea si intende), nonostante sapessi tutto sul “Numero di Reynolds” o sulla legge di Kolmogorov [il coefficente adimensionale e la legge che regola la turbolenza nei fluidi; NdR] ogni volta che l’aereo incontrava un po’ di turbolenza (o quelli che impropriamente vengono definiti vuoti d’aria) mi aggrappavo ai braccioli del sedile e sudando freddo giuravo a me stesso che non avrei mai più preso un aereo in vita mia…
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Insomma, avevi paura di volare, e poi…?
Ragazzoni. Poi nel 2004 in un’estate di noia a Firenze dovevo fare qualcosa di “differente”…