
«Contempli il cielo, e senti la mente trascendere quello che vedi. Ed i freddi manuali d’astronomia diventano i testi sacri…» Questa volta una differenza c’è… mentre tutti gli altri letterati finora passati in questa rubrica si erano imbattuti quasi per caso nella trattazione astronomica (a parte forse il Pascoli, che di astronomia si interessò veramente), traendone una sorta di poesia o di prosa “di occasione”, Stefano Torre è uno di noi, un vero appassionato di stelle. Un ragazzo di ormai 47 anni che il cielo l’ha messo davvero al centro della
propria ispirazione. Nella sua prima raccolta di poesie, “Marinai e poeti sono tutti morti”, del 1995, Torre nomina le stelle una ad una (Aldebaran, Cor Caroli, Deneb, Regolo, Denebola, Antares, Kokab, Megrez, per dirne solo alcune…), le chiama a un dialogo che non è difficile immaginare svolgersi in momenti di cristallizzato e metafisico stupore.
Si rinnova in più punti, nel suo racconto, il concetto antico delle stelle come fori nel cielo da cui fuoriesce potente il respiro di qualcosa di trascendente, come pure presente è la continua commistione tra destini celesti e vicende umane.
Ho avuto la fortuna e l’onore di conoscere Stefano sul finire degli anni ’80, quando ero presidente del “Gruppo Astrofili di Piacenza”. Siamo sempre rimasti in contatto anche dopo il mio trasferimento a Senigallia, avvenuto nel ’97. Eravamo insieme in Ungeria per osservare l’eclisse di sole del ’99. Nel periodo in cui ero nell’Associazione Senigalliese di Astronomia “Aristarco di Samo”, curando il sito internet avevo inserito in una pagina alcune sue poesie tra le più significative. Ora amministro il sito della “Nuova Associazione Senigallia Astrofili”, e sto progettando la nuova pagina dedicata ai suoi versi, che rileggo ancora volentieri, e che mi emozionano come la prima volta. Grande Stefano!