Galleria Fotografica

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LA CALIFORNIA È LONTANA

La foto copertina di questo mese è stata realizzata da Andrea Pistocchini di Germignaga, Varese, e mostra in tutta la sua imponente bellezza la nebulosa NGC 1499, da tutti conosciuta come la “California Nebula”. In pochissimi sanno che non fu scoperta per via fotografica – come generalmente si crede a causa della sua reputazione di “oggetto esteso ma debolissimo, pressoché inosservabile visualmente” – ma osservata dall’astronomo americano Edward Emerson Barnard, il 3 novembre 1885, all’oculare del rifrattore da 6″ del Vanderbilt University Observatory di Nashville. E fu lo stesso Barnard a darle il nome che l’ha resa famosa, notando una certa somiglianza con la forma dello stato americano dell’ovest.

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Samuele Gasparini

Ecco le più belle immagini dei lettori selezionate per voi dalla Redazione e pubblicate su Coelum questo mese:

La più grande macchia degli ultimi 24 anni
Fabrizio Battistini – G.A. Cielo del Monferrato Odalengo Piccolo (AL)

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Il momento è ormai passato, ma ancora oggi fa parlare di sé la AR 2192, la grande macchia comparsa sul Sole a fine ottobre. Questa foto, nella sua semplicità, chiarisce bene con quanta evidenza la
macchia spiccasse sul disco solare, facilmente visibile anche ad occhio nudo. La ripresa è stata realizzata alle 10:45 del 25 ottobre scorso con una Canon 350d modificata al fuoco di uno S/C da 203 f/10 portato a f/6,3 munito di Astrosolar. Somma di due esposizioni da 1/1000 di secondo a 1000 ISO.

Via Lattea con spettatori
Giorgia Hofer – Associazione Astronomica Cortina

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Sono le 20:30 del 19 ottobre scorso, e il Sole è tramontato da circa due ore sul Passo Giau, a 2236 metri di quota, nel cuore delle dolomiti cortinesi. Verso sud, la Via Lattea si alza quasi a perpendicolo dall’orizzonte che riverbera la luce della valle sottostante. Le costellazioni di sfondo sono in basso quelle del Sagittario e dell’Ofiuco, fino ad arrivare all’Aquila passando per lo Scudo. C’è anche Marte, un puntino poco più in alto della testa dell’osservatore di destra. L’immagine capace di fermare questo momento è stata realizzata con una Nikon d5100 su obiettivo Tokina 11 mm a f/2,8. Scatto singolo di 20 secondi a 2000 ISO.

Helix Nebula, l’occhio nell’Acquario
Alessandro Cipolat Bares e Piermario Gualdoni – (MI)

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Prima che qualche appassionato astrofotografo cominci a disperarsi, diciamo subito che questa splendida immagine della Helix Nebula (NGC 7293) è stata realizzata sotto il cielo scurissimo della Namibia, in condizioni che qui da noi si potrebbero trovare solo in alta montagna, e anche molto di rado. La Helix non è in assoluto la nebulosa planetaria più vicina a noi (il record, con circa 400 anni luce, spetta
alla Sh2-216, in Perseo), ma con i suoi 650 a.l. è sicuramente tra le più prossime al nostro pianeta. Ed è anche molto grande vista da qui – quasi mezzo grado con le parti periferiche – anche se molto
molto debole, proprio come una stella di settima magnitudine sfocata fino a farle assumere dimensioni di un disco di 15′ di diametro. L’immagine è stata ripresa dalla Tivoli Farm (Namibia) con una camera CCD SBIG STF-8300 al fuoco di un astrografo ASA 12″ f/3,6. Luminanza: 12 pose da 300 s; RGB: 7 pose da 300 s per ognuno dei canali. Tutto in binning 1×1. Il campo inquadrato è di circa 50′.

La nebulosa di Merope
Francesco Di Cencio – Belluno

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Come abbiamo già spiegato nell’articolo “M45 le Pleiadi” su Coelum n. 96, della nebulosità che avvolge le Pleiadi, e che oggi è un tratto assolutamente caratteristico dell’ammasso, non si conosceva l’esistenza fino al 19 ottobre 1859, giorno in cui fu osservata per la prima volta dall’astronomo tedesco Ernst Wilhelm Tempel da un balcone della sua casa a Venezia. Più nello specifico, Tempel avvistò e
disegnò la parte più luminosa della nebulosa – e cioè quella che circonda Merope, la stella più brillante dell’ammasso – che oggi è catalogata come NGC 1435. Questa spettacolare ripresa della “Merope Nebula”, che mette in risalto anche la parte inferiore, giallastra per la presenza di polveri, è stata realizzata in bianco e nero utilizzando una camera CCD QHY9 Mono al fuoco di un RC GSO da 10″.
Somma di 19 pose da 600 secondi ciascuna. L’informazione di colore proviene invece da una vecchia immagine a largo campo effettuata con un apo TS 102 Flat field da 520 mm di focale. Il tutto è stato ripreso dal terrazzo di casa al centro della frazione di Castion a Belluno. Il campo inquadrato è di circa 28′.

I due cani del Sole
Lorenzo Cappello – Garbagnate (MI)

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Gli aloni solari non sono che dei fenomeni ottici che si concretizzano con la rifrazione e con la riflessione della luce del Sole su cristalli di ghiaccio che si formano solo in particolari condizioni in nubi di alta quota. Ce ne sono di diversi tipi, il più comune è il “parelio” o “sundog” (termine che in inglese sta per “il cane del Sole”), dove il Sole sembra accompagnato da due macchie iridescenti (in realtà le parti più
luminose di un intero cerchio) poste a una distanza angolare di 22 gradi. La ripresa è stata realizzata il 2 novembre scorso con una Nokia Lumia 520 F/2,4 a 100 ISO.

Luce zodiacale sulle Alpi
Leonardo Orazi e Paolo Demaria – Castelmano (CN)

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La luce zodiacale è una debole luminosità che appare lungo l’eclittica, in particolare nelle vicinanze del Sole; in pratica (vedi il nostro articolo “La Luce zodiacale” su Coelum n. 136), è la riflessione della luce solare da parte delle particelle di polvere presenti nei piani orbitali del Sistema solare. Il periodo migliore per osservarla è la primavera, dopo che luci del tramonto sono completamente scomparse, mentre in autunno è visibile subito prima dell’alba. Questa spettacolare ripresa è stata però realizzata in un periodo intermedio, la sera del 24 gennaio scorso, in località Castelmagno di Cuneo. Scatto singolo d1 25 secondi a 3200 ISO.
Leonardo Orazi e Paolo Demaria – Castelmano (CN)

Misteriosa e sfuggente SH2-73
Massimo Tosco – Cuneo

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Questa è sicuramente una delle più belle riprese mai realizzate di SH2-73, un debolissimo complesso nebulare sconosciuto ai più e situato in Ercole, 4,5° a ovest di beta Herculis. La sua parte più luminosa si presentava un tempo, nelle pellicole chimiche, come un debolissimo filamento appena percepibile, mentre il digitale, come si può vedere, consente ormai di averne un’ottima rappresentazione. La ripresa è stata effettuata il 6 maggio 2011 da Pian dell’Armà (PV) con una camera Atik 11000 su rifrattore Takahashi FSQ 106N. Piano di integrazione: L (144 minuti), RGB (50 minuti per ciascun canale).
Il campo inquadrato è di circa 4°, il nord è a destra. La stella più luminosa è la 10 Herculis, di mag. +5,7.

La Mano di Dio
Lorenzo Siciliano, Francesco Corrao – Potenza

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Succede spesso che una foto in bianco e nero sia più funzionale del colore nel sottolineare la drammaticità di un paesaggio. È questo il caso di questo scorcio della costellazione della Coda del Serpente che ritrae la parte più famosa della Eagle Nebula (M16), ovvero le caratteristiche formazioni note come i Pilastri della Creazione o La Mano di Dio: le lunghe colonne di gas scolpite dall’azione del vento stellare che fluisce dalle componenti dell’ammasso centrale. La foto è stata realizzata il 5 luglio 2013 sul Monte Pollino con una camera SBIG ST8XME al fuoco di un Celestron C11. Composizione di due immagini, la prima composta dalla somma di 9 frame da 300 secondi, la seconda di10 frame da 900 secondi, per un totale di 3,25 ore. Il campo inquadrato è di circa 10’.

Callisto occulta Ganimede
Luigi Manganotti – Buttapietra (VR)

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Sono iniziati i PHEMU, e dopo la ripresa realizzata da Marco Guidi di cui parliamo a pag. 36 dobbiamo segnalare anche questa notevolissima acquisizione di un’eclisse parziale di Ganimede da parte di Callisto avvenuta verso le 4:00 del 19 novembre scorso. Camera Imaging Source DFK 41 AU DBK 31 AU su riflettore Takahashi Mewlon Dall-Kirkham 250 mm con focale 6000 mm