

È stato in occasione di un campo astronomico in alta quota che ho scoperto la mia vocazione nell’esplorazione di uno degli oggetti più familiari nel cielo, la grande galassia a spirale in Andromeda, sempre gradevole all’osservazione grazie al suo grande nucleo luminoso, all’immenso alone e alle impressionanti bande di polveri. Malgrado ciò, essendo inclinata di soli 12°,5 rispetto alla visuale, di essa perdiamo i meravigliosi bracci a spirale che si osservano ad esempio in M51 e le numerose regioni HII di M33 rilevabili nei grandi telescopi.
Grazie alla sua notevole vicinanza, però, è tra le poche galassie capaci di mostrare anche all’osservatore munito di strumenti amatoriali la presenza di centinaia di ammassi globulari, alcuni dei quali con un apprezzabile diametro apparente.
Edwin Hubble, il cui pionieristico lavoro sulle variabili cefeidi in M31 permise di risolvere la celebre diatriba sulla natura delle “nebulae a spirale” (vedi Coelum n. 38), nel 1932 fu il primo a pubblicare un catalogo di 140 globulari. Gli ammassi che egli trovò erano di magnitudine fotografica tra la +15 e la +18 (nel blu) e da 4 fino a 10 arcosecondi in diametro apparente.