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Hippocamp, una luna di terza generazione

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In questa composizione, vediamo al centro Nettuno mentre ai lati la ripresa delle sue lune, effettuata da Hubble nel 2009, con la Hubble's Wide Field Camera 3, in luce visibile. Credit: NASA, ESA, and M. Showalter (SETI Institute).
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Un’impressione artistica che mostra la piccola luna Hippocamp di fronte a Nettuno. Anche se le immagini di Hubble hanno contribuito alla scoperta della luna e delle sue origini, i suoi 34 chilometri di diametro non ci permettono di vederne alcuna caratteristica superficiale. Credit: ESA/Hubble, NASA, L. Calçada

Ormai siamo abituati quotidianamente ad avere notizie dai principali pianeti del Sistema Solare, vuoi perché abbiamo inviato numerose sonde che raccolgono dati senza sosta come su Marte, o per le spettacolari immagini che ci invia da Giove la sonda Juno, o ancora per le numerose missioni dedicate ad asterodi e pianeti nani (in corso e… concluse da poco, come la missione Dawn su Cerere). Ma i nostri occhi robotici dallo spazio non dimenticano nessuno, ed ecco che arrivano, dopo la bellissima immagine delle scorse settimane, nuove notizie dal sistema di Nettuno, e in particolare sull’ultima luna scoperta: Hippocamp.

Grazie ai dati dell’infaticabile Telescopio spaziale Hubble, incrociati con quanto raccolto dalla sonda Voyager 2 quasi vent’anni fa, una squadra di astronomi, guidata da Mark Showalter del SETI Institute, ha rivelato nuovi dettagli sull’origine di questa piccola e lontana luna.

Scoperta solo nel 2013, S/2004 N 1e, ora ufficialmente nominata Hippocamp, è la più piccola luna di Nettuno e si trova nei pressi della sua (con i suoi 400 km di diametro) più grande luna interna, Proteus.

La prima immagine di Ippocampo (nel riquadro rosso), individuata in una ripresa del 2004. Crediti: Mark R. Showalter, SETI Institute

«La prima cosa che abbiamo capito è che non ti aspetteresti di trovare una luna così piccola proprio accanto alla più grande luna interna di Nettuno», spiega Showalter.

Le orbite delle due lune sono incredibilmente vicine, a soli 12.000 km di distanza. Normalmente, se due satelliti di dimensioni così diverse si trovano a coesistere in orbite così vicine possono accadere due cose, o il corpo più piccolo viene attratto dal più grande e ci si schianta sopra, oppure il più grande scalza via dall’orbita il più piccolo allontanandolo. In questo caso, invece, sembra che coesistano perché forse erano, un tempo, un corpo unico. Miliardi di anni fa, infatti una collisione con una cometa avrebbe colpito Proteus, con un impatto così potente da staccarne un pezzo.

Tutte le lune di Nettuno. Le orbite delle lune e le dimensioni del pianeta non sono in scala. Credit: NASA, ESA, and A. Feild (STScI)

Le immagini della sonda Voyager 2 del 1989 mostrano infatti un grande cratere di impatto sulla grande luna, abbastanza grande da immaginare che il pezzo mancante possa essere Hippocamp!

«Nel 1989, pensavamo che il cratere fosse la fine della storia», ha detto Showalter. «Con Hubble, ora sappiamo che un piccolo pezzo di Proteus è rimasto indietro e lo vediamo oggi sottoforma di Hippocamp».

Hippocamp è solo uno dei più recenti risultati della turbolenta storia del sistema di lune di Nettuno. Proteus stesso si è formato miliardi di anni fa, dopo un evento catastrofico che ha coinvolto tutti i satelliti del lontano pianeta. A quel tempo, la gravità di Nettuno ha infatti catturato un enorme corpo dalla fascia di Kuiper, che è poi diventato la sua più grande luna Tritone. Un’oggetto così imponente, arrivato d’improvviso nell’orbita del pianeta, non ha potuto che distruggere gli equilibri e attrarre e frantumare tutti gli altri satelliti presenti in quel momento.
Solo in seguito, dai quei detriti, si è formata una seconda generazione di lune, che sono quelle che vediamo oggi, tra le quali Proteus.

Successivamente, un bombardamento cometario ha dato forma a Hippocamp, che diventa quindi una luna di terza generazione.

«Basandoci sulle popolazioni stimate di comete, ora sappiamo che altre lune nel Sistema Solare esterno devono essere state colpite da comete, distrutte e quindi riformatesi più volte», ha osservato Jack Lissauer del NASA Ames Research Center, California, USA, un coautore della nuova ricerca. «Questa coppia di satelliti fornisce un’immagine drammatica di come le lune, a volte, vengano disgregate dalle comete».


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Coelum Astronomia di Febbraio 2019
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