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Virgo e LIGO svelano nuove e inattese popolazioni di buchi neri

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Infografica dell’evento (cliccare per ingrandire). Crediti: Ego/Virgo
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Interpretazione artistica della fusione della coppia di buchi neri che ha dato origine a GW190521. Lo spazio-tempo, rappresentato da un tessuto su cui è stampata un'immagine del cosmo, viene distorto dal segnale GW190521. Le mini-griglie in turchese ed arancione rappresentano gli effetti di trascinamento dovuti alla rotazione di ciascun buco nero. La stima degli assi di spin (la rotazione intorno al proprio asse) dei due buchi neri è indicata dalle frecce colorate corrispondenti. Lo sfondo suggerisce un ammasso stellare, uno dei possibili ambienti in cui GW190521 può avere avuto luogo. Crediti Raúl Rubio / Virgo Valencia Group / The Virgo Collaboration.

Si trova in una regione di massa entro cui non è mai stato osservato prima un buco nero, né con onde gravitazionali né con osservazioni elettromagnetiche, e potrebbe servire a spiegare la formazione dei buchi neri supermassicci. Inoltre, il componente più pesante del sistema binario iniziale si trova in un intervallo di massa proibito dalla teoria dell’evoluzione stellare e rappresenta una sfida per la nostra comprensione degli stadi finali della vita delle stelle massicce.
Gi scienziati delle collaborazioni internazionali che sviluppano e utilizzano i rivelatori Advanced Virgo presso lo European Gravitational Observatory (EGO) in Italia e i due Advanced LIGO negli Stati Uniti hanno annunciato l’osservazione di un buco nero di circa 142 masse solari, che è il risultato finale della fusione di due buchi neri di 66 e 85 masse solari.

Infografica dell’evento (cliccare per ingrandire). Crediti: Ego/Virgo
I componenti primari e il buco nero finale si trovano tutti in un intervallo di massa mai visto prima, né con onde gravitazionali né con osservazioni elettromagnetiche. Il buco nero finale è il più massiccio rivelato finora per mezzo di onde gravitazionali.

L’evento di onda gravitazionale è stato osservato dai tre interferometri della rete globale il 21 maggio 2019. Il segnale (chiamato GW190521) è stato analizzato dagli scienziati. I due articoli scientifici che riportano la scoperta e le sue implicazioni astrofisiche sono stati pubblicati il 2 settembre su Physical Review Letters e Astrophysical Journal Letters, rispettivamente.
«Il segnale osservato il 21 maggio dello scorso anno è molto complesso e, dal momento che il sistema è così massiccio, lo abbiamo osservato per un tempo molto breve, circa 0,1 s», dice Nelson Christensen, directeur de recherche CNRS presso ARTEMIS a Nizza in Francia e membro della Collaborazione Virgo. «Non assomiglia molto a un sibilo che cresce rapidamente in frequenza, che è il tipo di segnale che osserviamo di solito: assomiglia piuttosto a uno scoppio, e corrisponde alla massa più alta mai osservata da LIGO e Virgo».

Effettivamente, l’analisi del segnale – basata su una potente combinazione di modernissimi modelli fisici e di metodi di calcolo – ha rivelato una gran quantità di informazione su diversi stadi di questa fusione davvero unica.
Questa scoperta è senza precedenti non solo perché stabilisce il record di massa tra tutte le osservazioni fatte finora da Virgo e LIGO ma anche perché possiede altre caratteristiche speciali. Un aspetto cruciale, che ha attratto in particolare l’attenzione degli astrofisici, è che il residuo finale appartiene alla classe dei cosiddetti “buchi neri di massa intermedia” (da cento a centomila masse solari). L’interesse verso questa popolazione di buchi neri è collegato a uno degli enigmi più affascinanti e intriganti per astrofisici e cosmologi: l’origine dei buchi neri supermassicci. Questi mostri giganteschi, milioni di volte più pesanti del Sole e spesso al centro delle galassie, potrebbero essere il risultato della fusione di buchi neri di massa intermedia.
Fino ad oggi, pochissimi esempi di questa categoria sono stati identificati unicamente per mezzo di osservazioni elettromagnetiche, e il residuo finale di GW190521 è la prima osservazione di questo genere per mezzo di onde gravitazionali. Ed è di interesse ancora maggiore, visto che si trova nella regione tra 100 e 1000 masse solari, che ha rappresentato per molti anni una specie di “deserto dei buchi neri”, a causa della scarsità di osservazioni in questo intervallo di massa.

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