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Rosetta: la grande roccia ribattezzata Cheops

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Il primo piano del masso Cheops, ripreso il 19 settembre dalla camera OSIRIS in dotazione alla sonda ESA Rosetta da una distanza di 28.5 chilometri dalla superficie della cometa. Dalle misurazioni effettuate il masso ha una dimensione massima di 45 metri. Credits: ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA
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Il primo piano del masso Cheops, ripreso il 19 settembre dalla camera OSIRIS in dotazione alla sonda ESA Rosetta da una distanza di 28.5 chilometri dalla superficie della cometa. Dalle misurazioni effettuate il masso ha una dimensione massima di 45 metri. Credits: ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA

Primo piano del macigno

Lo strumento OSIRIS (Optical, Spectrocopic and Infrared Remote Imaging System), in dotazione alla sonda dell’ESA Rosetta, ha fotografato questa spettacolare immagine di uno dei molti “roccioni” che coprono la superficie della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko.

Il macigno in questione ha una dimensione massima stimata di 45 metri ed è uno dei più grandi individuati sulla cometa, si staglia in un gruppo di rocce situate nella regione piatta e liscia che si trova nella parte inferiore del lobo più grande della cometa.

Per la sua imponenza e la posizione che occupa tra le altre rocce questo macigno ha ricordato agli scienziati l’immagine delle piramidi di Giza, in particolare la grande Piramide di Cheope, e per questo hanno deciso di chiamarla proprio così: Cheops.

La scelta di questo nome non è casuale e anzi si è deciso che tutti gli elementi che saranno individuati sulla cometa 67P avranno un nome a tema egiziano: la stessa Rosetta è stata chiamata in questo modo in onore della famosa stele che ha permesso l’interpretazione dei geroglifici egizi. La missione ESA vorrebbe essere essa stessa una stele di Rosetta e fornire la chiave per interpretare alcuni tra i grandi misteri dell’Universo.

Cheops  è stato individuato per la prima volta nelle immagini riprese da Rosetta all’inizio di agosto, quando la sonda è arrivata nei pressi della cometa. Nelle scorse settimane, quando la sonda si è avvicinata sempre di più ed ha cominciato ad orbitare intorno alla 67P, la camera OSIRIS ha nuovamente ripreso la struttura, stavolta però ad una risoluzione più alta, pari a 50 centimetri per pixel.

Le strutture rocciose che sono state rivelate dalle immagini scattate da Rosetta in molte zone della superficie della 67P/Churyumov-Gerasimenko rappresentano uno dei tratti più misteriosi e impressionanti della cometa.

La parte inferiore del lobo più grande della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, con il raggruppamento di rocce che comprendono Cheops. L’immagine è stata ripresa il 6 agosto da una distanza di 130 chilometri con una risoluzione di 2.4 metri per pixel. Credits: ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA

Cheops emerge rispetto alle altre rocce riprese da OSIRIS, e da NavCam, sis fisicamente, per la sua grandezza, ma anche per essere leggermente più chiara se confrontata con la superficie che la circonda.

Holger Sierks, del Max Planck Institute for Solar System Research in Germania, principal investigator di OSIRIS, descrive la superficie di Cheops come “molto irregolare e decisamente scoscesa”.

Sparsi tra le protuberanze più chiare della superficie del masso ci sono curiosi piccoli pezzi di materiale scuro, che ricordano per luminosità e consistenza il terreno su cui Cheops poggia.

«Sembra come se la polvere che ricopre la superficie della cometa sia andata ad annidarsi nelle fratture del masso, ma ovviamente è troppo presto per dirlo»

Le proprietà delle rocce che si trovano sulla 67P/Churyumov-Gerasimenko sono ancora misteriose per gli scienziati, al momento sono note solo la grandezza e la distribuzione, grazie alle attente analisi delle immagini che hanno permesso di effettuare questo tipo di misurazione.

Ma di cosa sono fatte? Quali sono le loro caratteristiche fisiche, prime tra tutte densità e stabilità? Come sono state create? Gli scienziati cercheranno di raccogliere ogni possibile indizio dalle immagini che Rosetta continuerà ad inviare nei prossimi mesi della missione.

Dice ancora Sierks «Pensiamo di riuscire, grazie all’analisi delle immagini che raccoglieremo, a capire se le rocce hanno questa disposizione per via dell’attività cometaria o per l’azione del campo gravitazionale della cometa»

Nel frattempo Rosetta ha cominciato la fase denominata Close Observation Phase, raggiungendo la distanza di soli 10 chilometri dalla superficie della cometa e permettendo alla strumentazione di bordo di raccogliere immagini ancora più definite degli oggetti che si trovano sul suo suolo.

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