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Pianeti extrasolari. La prima volta dell’elio

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Rappresentazione artistica di Wasp-107b. Crediti: Esa/Hubble, Nasa, M. Kornmesser
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Rappresentazione artistica di Wasp-107b. Crediti: Esa/Hubble, Nasa, M. Kornmesser

Scoprire la composizione dell’atmosfera di un esopianeta lontano 200 anni luce. Questo l’incredibile risultato di un team di ricerca internazionale che ha osservato per la prima volta la presenza di elio nell’atmosfera che circonda Wasp-107b, un gigante gassoso di tipo supernettuniano. I risultati sono stati pubblicati oggi su Nature.

Immaginate un pianeta – o, viene da dire, un pallone gonfiato, data la sua densità – con una grandezza paragonabile a quella di Giove, ma con una massa dieci volte più piccola, che orbita vicinissimo alla sua stella, situata nella costellazione della Vergine. Un anno lì dura solo 6 giorni eppure non è la cosa più straordinaria. Wasp-107b possiede un’atmosfera modellata dalla pressione del vento solare che le da una forma allungata, a goccia, quasi come la coda di una cometa. In questa atmosfera spazzata dal vento stellare, grazie alle osservazioni del Telescopio spaziale Hubble il team di ricerca, guidato da Jessica Spake dell’University of Exeter, è riuscito a scovare, per la prima volta in un pianeta extrasolare, la presenza di elio.

Complice della scoperta una nuova tecnica che sfrutta la luce infrarossa – al posto di quella ultravioletta usata fin’ora per studiare lo spettro luminoso della luce che filtra attraverso l’atmosfera. Uno spiraglio attraverso cui è stato possibile confermare l’ipotesi per cui l’elio sarebbe uno degli elementi più facilmente individuabili in un’atmosfera lontana anni luce. «Speriamo di usare questa tecnica con l’imminente James Webb Space Telescope, per esempio per imparare quale tipo di pianeta possegga un grande involucro di idrogeno ed elio, e per quanto tempo i pianeti possano trattenere la loro atmosfera. Misurando la luce infrarossi, possiamo vedere più a fondo nello spazio rispetto all’uso della luce ultravioletta», ha spiegato Spake.

Il segnale raccolto si è rivelato così potente da suggerire che l’atmosfera di questo pianeta – contenente appunto elio in uno stato eccitato – si estenda per oltre 10mila km verso lo spazio. Un’atmosfera che, nonostante con i suoi 500 gradi sia decisamente più calda di quella a cui siamo abituati qui sulla Terra, è a oggi una delle più fredde rispetto qualsiasi altro esopianeta mai scoperto.

La nuova tecnica potrà permettere l’analisi dell’atmosfera di esopianeti di dimensioni terrestri. «Se pianeti più piccoli, della dimensione della Terra, hanno simili nubi di elio», suggerisce infatti uno dei cofirmatari del paperTom Evans,  «questa nuova tecnica offre un mezzo esaltante per studiare, nel prossimo futuro, la parte alta delle loro atmosfere».

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature l’articolo “Helium in the eroding atmosphere of an exoplanet“, di J. J. Spake, D. K. Sing, T. M. Evans, A. Oklopčić, V. Bourrier, L. Kreidberg, B. V. Rackham, J. Irwin, D. Ehrenreich, A. Wyttenbach, H. R. Wakeford, Y. Zhou, K. L. Chubb, N. Nikolov, J. M. Goyal, G. W. Henry, M. H. Williamson, S. Blumenthal, D. R. Anderson, C. Hellier, D. Charbonneau, S. Udry & N. Madhusudhan

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