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Missione Hera. L’ESA visiterà l’asteroide più piccolo mai esplorato prima

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Hera nei pressi di Didymos. Copyright ESA–ScienceOffice.org
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Hera nei pressi di Didymos. Copyright ESA–ScienceOffice.org
DI  · Astronautinews.it

La missione Hera dell’agenzia spaziale europea è destinata a stabilire un nuovo record nell’esplorazione dello spazio; infatti non solo la sonda sarà la prima a visitare un sistema asteroidale binario (la coppia Didymos), ma il più piccolo di questi due oggetti, delle dimensioni comparabili a quelle della Grande Piramide di Giza, in Egitto, diventerà il più piccolo asteroide mai raggiunto da una sonda spaziale.

Da lontano risulta molto difficile distinguere un asteroide dall’altro ed è quindi molto facile confonderli, a meno che non si vadano ad eseguire ulteriori approfondite analisi strumentali. La nota tabella delle dimensioni relative degli asteroidi e delle comete, redatta dalla Planetary Society sulla base delle ricognizioni svolte dalle varie sonde spaziali, paragona Didymos a un punto dalle modeste dimensioni e la sua minuscola luna alla grandezza di quasi un pixel.

L’asteroide Itokawa visitato dalla sonda giapponese Hayabusa1 ha un diametro di 350 m, mentre Bennu, attorno a cui attualmente sta orbitando la sonda della NASA Osiris-REx ha una larghezza di 500 m; dal canto suo, Didymos misura 780 metri, quindi la sua microscopica luna, larga 160 m e denominata “Didymoon”, diventerà il più piccolo asteroide mai visitato da una sonda robotica.

Asteroidi conosciuti paragonati in dimensione a Didymoon, la dimensione della piccola luna è indicata dal trattino sopra l

«Le dimensioni minuscole di Didymoon diventano subito chiare quando osservi gli altri asteroidi,» spiega il responsabile scientifico di Hera, Patrick Michel, CNRS Director of Research of France’s Côte d’Azur Observatory.

Patrick è inoltre co-investigator e scienziato interdisciplinare della missione giapponese Hayabusa2 sull’asteroide Ryugu, che ha un diametro di circa 1 km: «Le immagini inviate da Hayabusa2 mostrano un enorme masso vicino al polo nord di Ryugu, ed esso è all’incirca delle stesse dimensioni di Didymoon».

Il primo test di difesa planetaria dell’umanità

La sua minuscola taglia è stata la ragione per cui Didymoon è stata scelta per un esperimento pionieristico di difesa planetaria. Nel 2022, la sonda spaziale DART (Double Asteroid Redirection Test) della NASA, impatterà Didymoon per tentare di cambiarne l’orbita attorno al suo compagno più grosso, al fine di testare la fattibilità di una manovra di deviazione o deflessione orbitale. L’orbita di Didymos non incrocia quella della Terra, quindi è esclusa la possibilità che l’esperimento di deflessione possa creare pericolo di impatti per il nostro pianeta.

Il profilo della missione DART della NASA. Copyright: NASA

«Questa non è di certo la prima sonda ad impattare con un corpo planetario», aggiunge Patrick. «La sonda Deep Impact della NASA si schiantò sulla cometa Tempel 1 nel 2005 non per tentare di deviarne il percorso, visto che la cometa aveva un diametro di 6 km, ma per esporre il materiale presente al di sotto della sua superficie. Tuttavia Didymoon è sufficientemente piccola e ha una sufficientemente stretta orbita attorno al suo compagno, che percorre in circa 12 ore, che si pensa possa venire deviata in modo misurabile».

La sonda europea Hera entrerà in gioco dopo l’impatto, quando raggiungerà Didymos nel 2026 per raccogliere informazioni chiave, impossibili da ottenere tramite le osservazioni dalla superficie terrestre, come la massa dell’asteroide, le sue proprietà superficiali e la forma del cratere scavato da DART.

«Otterremo una buona stima sul trasferimento del momento di impatto e quindi la sua efficienza come tecnica di deflessione» spiega il project scientist di Hera per l’ESA, Michael Küppers. «Questi parametri sono fondamentali per permettere la validazione dei modelli numerici da impatto necessari per progettare future missioni di deflessione di un oggetto celeste. Capiremo meglio se questa tecnica può essere usata anche per asteroidi più grandi, dandoci la certezza di poter proteggere il nostro pianeta se necessario».

Didymoon è di importanza rilevante per l’esecuzione di questo test, visto che fa parte della classe più rischiosa di Near-Earth Asteroids a causa delle dimensioni relativamente ridotte; infatti i corpi celesti più grandi possono essere tracciati più facilmente, quelli più piccoli bruciano nell’atmosfera o possono recare dei danni limitati, mentre un oggetto delle dimensioni di Didymoon, potrebbe devastare un’intera regione del nostro pianeta.

Pianetini a bassa gravità

Naturalmente il sistema Didymos ha anche una valenza scientifica, offrendo la possibilità di studiare da vicino questi sistemi binari che formano circa il 15% degli asteroidi conosciuti.

«Didymos ruota molto rapidamente compiendo un giro su sé stesso ogni due ore» spiega Patrick. «Attorno al suo equatore, la sua debole forza gravitazionale potrebbe essere superata dalla forza centrifuga e potenzialmente del materiale potrebbe sollevarsi dalla sua superficie; questa è infatti la teoria sull’origine di Didymoon. Pertanto, atterrare sul suo equatore potrebbe essere impossibile, mentre sui poli potrebbe essere fattibile».

«A causa delle sue minuscole dimensioni, conosciamo ben poco di Didymoon, ma riteniamo che debba ruotare con una faccia sempre rivolta verso l’asteroide compagno, proprio come fa la nostra Luna con la Terra, pertanto essa dovrebbe ruotare sul suo asse maggiore molto lentamente, con una velocità uguale al suo periodo orbitale. Si prevede di farvi atterrare almeno un CubeSat, benché verrà richiesta una navigazione molto precisa. L’asteroide dovrebbe avere un milionesimo della gravità terrestre, con una velocità di fuga di soli 6 cm al secondo, pertanto ci sarà il pericolo che il CubeSat possa rimbalzare verso lo spazio».

Patrick inoltre suggerisce che gli oggetti della classe di Didymoon possano essere ottimali per attività di sfruttamento minerario, visto che gli oggetti più grandi sono comparativamente più rari, mentre quelli più piccoli sono soggetti a ruotare velocemente a causa del graduale riscaldamento solare.

Hera deve essere presentata allo Space19+ Council, ovvero il meeting dei ministri europei per le attività spaziali, per essere approvata, e quindi partirà per la sua missione nel 2023. Raccoglierà il testimone di Rosetta, riguardo all’esplorazione di piccoli corpi celesti, beneficiando dell’esperienza raccolta lungo i suoi 12 anni di missione. La pianificazione a lungo termine è cruciale per la realizzazione di missioni del futuro, e per assicurare il continuo sviluppo di tecnologia innovativa, ispirando nuove generazioni di scienziati e ingegneri europei.

Il filmato di presentazione della missione Hera:

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