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Il bagliore della notte di Europa, la luna di Giove.

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Nell’illustrazione, vediamo come il lato opposto al Sole di Europa possa risplendere comunque, anche se non illuminato da luce diretta. La variazione di brillantezza e colore del bagliore “notturno” della luna può svelare importanti informazioni sulla composizione dei suoi ghiacci. Crediti: NASA/JPL-Caltech
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Nell’illustrazione, vediamo come il lato opposto al Sole di Europa possa risplendere comunque, anche se non illuminato da luce diretta. La variazione di brillantezza e colore del bagliore “notturno” della luna può svelare importanti informazioni sulla composizione dei suoi ghiacci. Crediti: NASA/JPL-Caltech

La luna ghiacciata di Giove, Europa, continua a incuriosire i ricercatori, soprattutto per il grande oceano sommerso che nasconde la sua superficie ghiacciata, e che potrebbe celare condizioni favorevoli alla vita. Un nuovo studio del Jet Propulsion Laboratory della NASA nel sud della California, mette l’accento su un qualcosa che ancora non era mai stato osservato, ma che potrebbe essere importante per comprendere meglio la composizione dei ghiacci della luna. Con esperimenti di laboratorio, infatti, i ricercatori hanno ricreato l’ambiente superficiale di Europa, notando che la sua superficie può emettere un bagliore rilevabile anche quando non è illuminata dal Sole, durante la sua notte.

Una luna visibile in un cielo scuro potrebbe non sembrare insolita, capita anche a noi di vedere, anche se molto debole, il lato in ombra della nostra Luna (la cosiddetta luce cinerea della Luna) perché illuminata dalla luce solare rifratta dalla nostra atmosfera. Ma il bagliore di Europa, di cui si parla in questo studio, è causato da un meccanismo completamente diverso. Giove infatti colpisce i suoi satelliti con un implacabile flusso di radiazioni ad alta energia. Che una superficie irradiata possa emettere a sua volta radiazione non è certo una novità, sappiamo che la lucentezza è causata da elettroni energetici che penetrano nella superficie, energizzano le molecole sottostanti, che poi rilasciano parte di quella energia sotto forma di luce visibile.

«Se Europa non fosse sotto l’effetto di questa radiazione, avrebbe l’aspetto della nostra Luna, scura sul lato in ombra», spiega Murthy Gudipati del JPL, autore principale del lavoro pubblicato il 9 novembre su Nature Astronomy. «Ma poiché viene bombardata dalla radiazione di Giove, brilla nell’oscurità».

In realtà lo scopo principale della ricerca era di osservare come il materiale organico sotto i ghiacci di Europa avrebbe reagito al bombardamento di radiazioni. Avendo identificato in precedenza, con i dati di altre missioni e studi, alcuni dei sali che compongono i ghiacci della luna, i ricercatori hanno voluto provare a riprodurre un modello della superficie di Europa, usando quella che è stata chiamata Ice Chamber for Europa’s High-Energy Electron and Radiation Environment Testing (ICE-HEART). Hanno così preso la Ice-Heart, e l’hanno portata in una struttura a Gaithersburg, nel Maryland, dove è stato possibile sottoporla a irradiazione di fasci di elettroni ad alta energia, ed è a questo punto che è entrato in campo un meccanismo noto come serendipità, cioè la scoperta di qualcosa di nuovo e sorprendente, diverso da quello che si cercava!
(Anche se nel suo blog, Gudipati ci tiene a sottolineare, giustamente, che “la serendipità non è altro che essere coscientemente attenti e ricettivi, al momento giusto, nell’interazione con l’’Universo”).

«Vedere la salamoia di cloruro di sodio brillare di un livello significativamente più basso è stato il momento “aha!” che ha cambiato il corso della ricerca», racconta Fred Bateman, coautore dello studio.

«Non avremmo mai immaginato che avremmo visto quello che abbiamo visto», racconta Bryana Henderson sempre del JPL e coautrice della ricerca. «Quando abbiamo provato nuove composizioni di ghiaccio, il bagliore sembrava diverso. E ci siamo limitati a fissarlo per un po’ e poi ci siamo detti: “Questo è nuovo, vero? Questo è decisamente un bagliore diverso?!”. Quindi abbiamo puntato uno spettrometro su di esso e ogni tipo di ghiaccio aveva uno spettro diverso».

I diversi composti reagiscono infatti diversamente a questo bombardamento di particelle, e il ghiaccio superficiale della luna, contenente vari composti salini, reagirebbe emettendo un bagliore, visibile a occhio nudo, con vari gradi di luminosità e varie tonalità di colore tra il blu, il bianco e il verde, a seconda della composizione.

Gli astronomi utilizzano la spettroscopia per separare la luce in lunghezze d’onda e collegare le distinte “firme”, o spettri, ai diversi elementi. Per indagare la composizione del ghiaccio di Europa, però, è stata praticamente sempre stata usata sulla luce emessa dal lato illuminato dal Sole.
Ora invece, con questa scoperta, potrebbe avere senso studiarne invece il lato notturno: «Siamo stati in grado di prevedere che questo bagliore notturno del ghiaccio potrebbe fornire ulteriori informazioni sulla composizione della superficie di Europa. Il modo in cui questa composizione varia potrebbe darci indizi sul fatto che Europa porti condizioni adatte alla vita», spiega ancora Gudipati.

Illustrazione della missione Europa Clipper, in una configurazione che potrebbe ancora variare, proposta nel 2016, quando la missione è stata approvata. Per maggiori informazioni sulla missione: www.nasa.gov/europa.

La prossima missione ammiraglia della NASA Europa Clipper, prevista per il lancio a metà degli anni ‘20, osserverà la superficie della luna in più passaggi ravvicinati, orbitando attorno a Giove. Gli scienziati della missione stanno quindi ora esaminando il nuovo studio per valutare se si tratti di un bagliore rilevabile dagli strumenti scientifici della sonda. È possibile infatti che le informazioni raccolte dalla nuova missione possano servire proprio con lo scopo di identificare e misurare i vari sali che compongono la superficie della luna.
Sebbene Europa Clipper non sia una missione per cercare vita nel Sistema Solare, indagherà a fondo la luna Europa anche per capire se il suo oceano sotterraneo ha la capacità di supportare la vita, anche per meglio comprendere come la vista si sia sviluppata sulla nostra Terra, e quale sia la possibilità di trovare vita al di fuori.

«Non capita spesso di trovarsi in un laboratorio e dire: “questo è ciò che potremmo trovare quando arriviamo lì'”» conclude Gudipati. «Di solito accade il contrario: vai lì e trovi qualcosa che poi cerchi di spiegare in laboratorio. Ma la nostra previsione risale a una semplice osservazione, e questo è quello che fa la scienza».


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