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Due milioni di stelle “on the move”

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La posizione della costellazione di Orione (a destra) e di due ammassi stellari (sinistra) nel primo frame del video. Credit: ESA / Gaia / DPAC
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Dal nostro piccolo e limitato punto di vista, la volta celeste sembra immobile, le stelle formano costellazioni che solcano il nostro cielo apparentemente immutabili nel tempo. I cambiamenti delle posizioni relative tra le stelle sono troppo piccoli e lenti per poter essere apprezzati a occhio nudo, ma sappiamo che in realtà le stelle della nostra galassia, la Via Lattea, hanno un loro moto. Ce ne siamo resi conto, nel XVIII secolo, grazie a Edmond Halley che ne trovò la conferma confrontando i cataloghi stellari del suo tempo con un catalogo compilato da Ipparco, astronomo dell’antica Grecia, circa duemila anni prima (!).

Oggi, siamo in grado di rilevare il moto delle stelle, nell’arco di pochi anni, grazie a osservazioni astrometriche di alta precisione, e il satellite Gaia dell’ESA, con una precisione senza precedenti, è oggi senz’altro leader nella cattura di questi piccoli movimenti.

La velocità di una stella attraverso lo spazio è descritta dal suo moto proprio, cioè il suo movimento apparente sulla volta celeste, combinato con la sua velocità radiale, ovvero di quanto si avvicina o si allontana da noi, misurabile grazie all’effetto Doppler.
Lanciato nel 2013, Gaia ha iniziato le operazioni scientifiche nel luglio 2014, effettuando più volte la scansione del cielo per ottenere la mappa 3D più dettagliata di sempre della nostra Galassia.

La prima release, pubblicata nel settembre 2016, era basata su dati raccolti durante i primi 14 mesi di osservazioni e comprendeva un elenco di posizioni in due dimensioni – sulla volta celeste – per più di un miliardo di stelle e, per più di due milioni di queste, anche le distanze e i moti propri, ottenuti grazie al Tycho–Gaia Astrometric Solution, o TGAS, un progetto di elaborazione dati che combina le informazioni di Gaia con i cataloghi Hipparcos e Tycho-2 (cataloghi stellari entrambi ottenuti dalla precedente missione ESA Hipparcos, ormai più di vent’anni fa).

La missione Gaia in cifre (cliccare per ingrandire, merita…). Crediti: ESA

Nel video vediamo le 2 057 050 stelle (!) del campione TGAS, con l’aggiunta di 24 320 stelle luminose del catalogo Hipparcos che non sono state incluse nella prima release di Gaia. La posizione delle stelle è tracciata in coordinate galattiche,  in proiezione ortogonale: il piano della Via Lattea si distingue come la banda orizzontale con una maggiore densità di stelle. Le stelle più luminose vengono mostrate come un pallino più grande, ed è prevista anche l’indicazione del colore di ogni stella – le informazioni sulla luminosità e sul colore si basano sul catalogo Tycho-2.

Il video inizia con le stelle nella posizione rilevata da Gaia tra il 2014 e il 2015, e mostra l’evoluzione del loro movimento nel futuro, sulla base dei moti propri determinati dal TGAS [2]. I vari frame sono intervalli di 750 anni e la sequenza complessiva copre 5 milioni di anni! Le strisce visibili nei primi fotogrammi riflettono il modo in cui Gaia scansiona il cielo e la natura preliminare di questa prima release; gli artefatti visibili del video vengono poi man mano colmati dalla previsione del movimento delle stelle attraverso il cielo.

Nel primo frame del video possiamo riconoscere, sulla destra proprio sotto il piano galattico, la familiare costellazione di Orione, che molto presto però evolve diventando qualcosa di completamente diverso… Due gruppi in moto stellari – gruppi di stelle nate insieme che di conseguenza si spostano insieme – possono essere viste invece sulla sinistra: sono gli ammassi aperti di alpha Persei e delle Pleiadi.

Nel primo frame del video possiamo riconoscere a destra la posizione della costellazione di Orione, e sulla sinistra i due ammassi aperti alpha Persei e delle Pleiadi. Credit: ESA/Gaia/DPAC

La prima cosa che salta all’occhio è che le stelle sembrano muoversi con più velocità diverse: con le stelle sul piano galattico che si muovono più lentamente e altre più veloci più o meno ovunque nell’inquadratura. Si tratta di un effetto di prospettiva, le stelle concentrate sul piano galattico sono le più lontane da noi e sembrano muoversi più lentamente rispetto a quelle nei nostri dintorni, che vediamo in ogni direzione dal nostro punto di vista.

Nonostante la prospettiva, però, vediamo delle stelle sfrecciare nel cielo ad altissima velocità: un effetto dovuto al loro passaggio “vicino” al Sole – ovviamente “vicino” si intende in senso astronomico, ad esempio, in 1,35 milioni d’anni, Gliese 710 passerà a circa 13500 UA dal Sole (10 trilioni di chilometri). Altre stelle ancora invece sembrano tracciare degli archi attorno al polo galattico, accelerando e decelerando nel loro moto: anche questo è un effetto spurio dovuto alla prospettiva, in realtà il loro moto è costante nel tempo.

Nonostante il video mostri solo il moto delle stelle, possiamo comunque intravedere, nel primo fotogramma, le zone in cui le nubi interstellari bloccano la rilevazione delle stelle più lontane, nel seguito la previsione riguarda solo il movimento delle stelle, non delle nubi, e quindi quest’ultime sembrano “scomparire” nel tempo. Allo stesso modo la simulazione non può, ovviamente, prevedere il moto delle stelle non tracciate da Gaia, quindi la visione del “futuro”, nonostante lo sembri, non può essere completa. Ad esempio, mancano la Grande e la Piccola Nube di Magellano, non comprese nell’elaborazione del TGAS, ma la mappa verrà man mano completata con le prossime release.

Gli effetti dovuti invece al nostro particolare punto di vista (il Sole si trova nella periferia della Via Lattea, sul piano galattico) si notano già dopo pochi milioni di anni: il piano della Via Lattea sembra essersi spostato sulla destra, ma è anche questo un effetto spurio.

Si tratta quindi solo di un assaggio del catalogo molto più grande e preciso che sarà pubblicato con il secondo rilascio dei dati di Gaia, ma già scienziati da tutto il mondo hanno combinato i dati del TGAS con altri cataloghi stellari, ottenuti da osservazioni da Terra, per avere cataloghi sempre più ampi di stelle di cui si conosce posizione, distanza e  ora il moto proprio. In particolare al momento abbiamo: il catalogo HSOY (“Hot Stuff for One Year”) con il moto proprio di 580 milioni di stelle, il US Naval Observatory CCD Astrograph Catalog 5 (UCAC 5) con 100 milioni di moti propri, e il Gaia-PS1-SDSS (GPS1) che ne include 350 milioni.

La seconda release di Gaia, attesa per aprile 2018, comprenderà non solo le posizioni, ma anche le distanze e i moti propri di oltre un miliardo di stelle, così come le velocità radiali per un piccolo sottoinsieme di esse. Si aprirà così una nuova era nel campo dell’astrometria, in cui gli scienziati potranno ricostruire i moti e le posizioni passate delle stelle – per esplorare la storia della formazione della nostra Galassia – e prevedere le loro posizioni future con un livello di accuratezza mai raggiunto prima.


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