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Debutto spaziale per il radiotelescopio sardo

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Crediti: Paolo Soletta / Inaf Cagliari
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Crediti: Paolo Soletta / Inaf Cagliari

Fino ad oggi avete conosciuto il Sardinia Radio Telescope come “Srt”, uno dei più grandi e potenti radiotelescopi al mondo, ossia una megaparabola analoga a quelle televisive che abbiamo sui nostri tetti, con la differenza che le onde elettromagnetiche che riceve, invece che dai satelliti artificiali, provengono da corpi celesti “naturali” come stelle e galassie.

Da oggi l’antenna è ufficialmente parte della Deep Space Network (Dsn) della Nasa. A dispetto del nome, la Dsn si occupa di “spazio profondo” nel senso “umano” del termine, ovvero di quell’area del Sistema solare che, come ha specificato il presidente Asi Roberto Battiston, va oltre i 500mila km di distanza dalla Terra: in pratica tutto ciò che va oltre la Luna (per gli astronomi, invece, “spazio profondo” significa galassie lontane miliardi di anni luce come quelle fotografate dal telescopio orbitante Hubble).

L’evento, durato due giorni, ha visto la partecipazione – insieme ai molti studenti universitari e cittadini che si sono iscritti all’evento – di grandi istituzioni scientifiche e dei loro massimi rappresentanti: William H. Gerstenmaier per la Nasa, Roberto BattistonSalvatore Viviano per l’Asi, Nichi D’Amico ed Emilio Molinari per l’Inaf, Maria Del Zompo per l’università di Cagliari, Raffaele Paci per la Regione autonoma della Sardegna, tutti accompagnati da tanti colleghi che qui è impossibile citare. C’erano poi il prefetto di Cagliari Tiziana Giovanna Costantino, i sindaci di San Basilio, Silius, Selargius e Villasalto.

Il compito della Sardinia Deep Space Antenna (Sdsa) sarà dunque inseguire le sonde interplanetarie che vagano nel Sistema solare per ricevere da esse preziose informazioni e immagini di mondi lontani, ma dovrà essere anche in grado di inviare informazioni e comandi a queste sonde per consentire loro di fare scienza ed ottimizzare le risorse nel loro lunghissimo viaggio senza ritorno. Questo implicherà un’antenna capace di emettere segnali elettromagnetici sufficientemente potenti da arrivare addirittura oltre il Sistema solare, e per questo avrà necessità di molti accorgimenti di sicurezza e di molta manutenzione. Sdsa sarà dunque una delle pochissime antenne al mondo in grado di comunicare lontano, lontanissimo da casa nostra. Ma non solo: la garanzia di telecomunicazioni spaziali stabili e capienti come quelle che abbiamo, ad esempio, sui nostri smartphone, consentirà una sempre maggiore probabilità di successo delle missioni umane nello spazio, come quelle previste sulla Luna e su Marte, per ora.

Tutto questo, cari lettori, ha un nome: esplorazione. È l’andare oltre che ha fatto dell’uomo, nel bene e nel male, il protagonista degli ultimi centomila anni della (ben più lunga) storia del mondo. Astronomicamente e geologicamente parlando non siamo quasi niente, eppure è la curiosità di sapere cosa c’è dietro la collina che ci ha spinto fin dove siamo oggi. Sapere che la Sardegna è parte di questo processo di espansione della conoscenza e di progresso tecnologico non può non suscitare in noi – almeno noi dell’Inaf, dell’Asi, della Nasa, della Regione Sardegna, che in questa avventura ci abbiamo creduto e ci crediamo davvero – un distillato di emozione, orgoglio e speranza di scoprire in un futuro prossimo cose nuove e sbalorditive, speranza che sappiamo essere, piuttosto, una certezza. Questa è l’emozione che vorremmo arrivasse a tutti coloro che, comprensibilmente, ci chiedono: perché investire in ricerca astrofisica o in scienze spaziali?

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