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Cieli coperti su una ventina di mondi alieni

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Hot Jupiters, exoplanets around the same size as Jupiter that orbit very closely to their stars, often have cloud or haze layers in their atmospheres. This may prevent space telescopes from detecting atmospheric water that lies beneath the clouds, according to a study in the Astrophysical Journal. Credits: NASA/JPL-Caltech
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Hot Jupiters, exoplanets around the same size as Jupiter that orbit very closely to their stars, often have cloud or haze layers in their atmospheres. This may prevent space telescopes from detecting atmospheric water that lies beneath the clouds, according to a study in the Astrophysical Journal. Credits: NASA/JPL-Caltech

Il potente occhio del telescopio spaziale Spitzer ha studiato le atmosfere di diciannove gioviani caldi – esopianeti simili in dimensioni a Giove, ma situati su orbite molto più vicine alle proprie stelle. Su questi pianeti, le temperature superficiali possono raggiungere fino a 1100 gradi centigradi. Di conseguenza, l’acqua che popola questi mondi esiste esclusivamente nello stato di vapore acqueo.
Dalle poche atmosfere studiate finora, gli astronomi hanno già potuto notare una straordinaria diversità: alcuni gioviani caldi sembrano impregnati di vapore acqueo, mentre altri ne sembrano quasi del tutto privi.

Per far luce su questo mistero, gli scienziati hanno puntato l’occhio di Spitzer in direzione di 19 gioviani caldi già osservati in precedenza da Hubble. La WFC 3 a bordo di Hubble aveva rilevato la traccia spettrale del vapore acqueo in 10 di questi pianeti, non riscontrando alcuna firma nelle atmosfere degli altri nove. Tuttavia, le analisi erano state condotte nell’arco di più studi, da ricercatori diversi e seguendo tecniche d’analisi dei dati molto differenti.

Per far chiarezza quindi, questi diciannove mondi alieni sono stati nuovamente studiati analizzando tutti i dati allo stesso modo.

«Volevamo studiare questi pianeti tutti assieme, per vedere se avessero delle proprietà atmosferiche in comune,» spiega Aishwarya Iyer della California State University. La conclusione è che, su alcuni pianeti, formazioni di nubi o strati di foschia potrebbero nascondere parte del contenuto acquoso dell’atmosfera agli occhi dei nostri telescopi spaziali.

Secondo quanto suggeriscono i dati, le nubi in sé avrebbero composizioni chimiche diverse da quelle dell’acqua. “Sembra che su ogni pianeta che abbiamo studiato ci siano nubi o foschia,” prosegue Iyer. “che bisogna prendere in considerazione per non rischiare di sottovalutare la quantità di acqua contenuta nell’atmosfera di un esopianeta.”

Lo studio sembra in linea con quanto concluso a fine 2015 da un altro gruppo di ricercatori,  nel quale tutti i dati sono stati uniti per generare un unico spettro di luce da confrontare successivamente con un modello di un’atmosfera del tutto priva di nubi e una con nubi di crescente spessore. Così facendo, hanno potuto determinare che quasi tutti i pianeti risultano nascosti di almeno la metà da uno spesso strato di nubi o foschia.

«Su alcuni di questi pianeti, riusciamo a vedere l’acqua che “sporge la testa” al di sopra delle nubi, e potrebbe essercene dell’altra al di sotto,» prosegue Iyer. Purtroppo, gli scienziati non sono stati ancora in grado di determinare la natura o la composizione chimica delle nubi.

«Il fatto che ci siano nubi su tutti questi pianeti è piuttosto sorprendente,» spiega Robert Zellem del JPL.

«Si sono formati nelle loro posizioni attuali oppure sono migrati dall’esterno verso le loro stelle?» prosegue Zellem. «Comprendere l’abbondanza di molecole come l’acqua ci aiuterà a rispondere a questa domanda.»

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