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Ancora molta confusione nella vicenda di Marte

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La roccia soprannominata 'Rocknest 3'. Credit: NASA/JPL-Caltech/Malin Space Science Systems

Il clamoroso annuncio di John Grotzinger, responsabile della strumentazione SAM del team di Curiosity, da qualche giorno sta mettendo a soqquadro il mondo scientifico: il laboratorio automatico avrebbe effettuato una sensazionale scoperta su campioni del suolo marziano, tanto importante da “far tremare la terra e riscrivere i libri di storia”, secondo le sue stesse parole (leggi anche l’editoriale di Giovanni Anselmi su Coelum 165).

L’annuncio ha suscitato una ridda di ipotesi tra gli esperti, ed una comprensibile attesa a livello di media e pubblico.

La NASA, dopo l’annuncio, ha però evitato di comunicare che cosa il rover abbia effettivamente trovato, rimandando la discussione scientifica al prossimo meeting della Società Americana di Geofisica, che comincerà il prossimo 3 dicembre.

La strategia comunicativa adottata dalla NASA ha fatto storcere la bocca a molti, ma non è eccepibile dal punto di vista scientifico: meglio controllare i risultati e comunicarli per via ufficiale in un autorevole consesso accademico, specialmente se si tratta di scoperte della massima importanza e suscettibili di argomentate obiezioni, come è facile supporre che accadrà in questa occasione.

Nonostante il giustificato riserbo iniziale, dalla NASA cominciano però a trapelare alcune indiscrezioni che, sebbene rimangano generiche sui contenuti effettivi, lasciano trasparire qualche conferma alle ipotesi più ragionevoli avanzate da esperti del settore: secondo Charles Elachi, direttore del JPL, Curiosity potrebbe aver rilevato tracce di semplici composti organici presenti sui campioni di suolo, analizzati di recente dal SAM.

Dopo tanto battage pubblicitario verrebbe quasi da dire: tutto qui?

Ma come: niente attività metabolica di organismi marziani, niente composti complessi di natura biochimica, niente molecole organiche complesse, ma solo semplici composti organici?

Il panorama dalla postazione Rocknest in cui si trova Curiosity, un mosaico di immagini riprese dalla Mast Camera. Credit: NASA/JPL-Caltech/Malin Space Science Systems

Scarica il panorama completo ad alta risoluzione (36.8 MB)

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Eppure, questa potrebbe davvero essere una scoperta che riscrive la storia di Marte, perché finora nessuna sonda automatica era stata in grado di campionare composti organici nel suolo del pianeta rosso e, soprattutto, perché i modelli teorici che descrivono la chimica possibile sulla superficie del pianeta, bombardato di continuo da radiazioni solari UV senza nessuna protezione offerta dalla troppo tenue atmosfera, prevedono che eventuali composti organici, anche complessi, magari presenti nel sottosuolo, vengano immediatamente degradati a semplici composti di carbonio, non necessariamente organici.

Beninteso, la presenza di molecole organiche anche complesse non significa necessariamente né che su Marte siano presenti, o siano state presenti nel passato più o meno recente, forme di vita, né che i composti in oggetto siano autoctoni del pianeta: del resto gli astronomi hanno da tempo individuato molecole organiche semplici anche negli spazi interstellari oltre che, probabilmente, in meteoriti nel Sistema Solare

Ma la scoperta che tali composti possono resistere alle condizioni ambientali di Marte ad una profondità di poco inferiore alla superficie apre indubbiamente ad una riflessione sull’eventuale esistenza in profondità sia di molecole più complesse, sia sulla possibile resistenza di forme di vita – presenti o passate – a condizioni ambientali molto ostili.

Aspettiamo quindi con pazienza le comunicazioni ufficiali della NASA al congresso dei geofisici: l’Ente Spaziale, anche se in difficoltà di immagine e in assenza di garanzie sui finanziamenti futuri, non avrebbe pompato a dismisura l’attenzione su questo convegno se non avesse dati abbastanza concreti ed importanti da presentare…

Speriamo soltanto che non sia caduto di nuovo nel medesimo infortunio di qualche settimana fa, quando annunciò la presenza di metano marziano, risultato poi una contaminazione trasportata dalla Terra fino a Marte, il che fa supporre che il procedimento di sterilizzazione della sonda presenti quantomeno dei punti deboli.
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Preoccupa anche il ritrovamento nei pressi del rover di filamenti di materiale plastico o in fibra polimerica attribuiti ai resti del paracadute, o del complicato sistema di atterraggio scelto dai tecnici della missione: il suolo marziano nelle vicinanze di Curiosity è quindi inquinato da campioni di origine terrestre.

Se sono presenti resti macroscopici, forse sono presenti anche resti polimerici microscopici che, sottoposti inconsapevolmente al campionamento ed all’analisi del SAM, potrebbero forse rivelare tracce di composti organici…come dire che Curiosity starebbe analizzando il proprio paracadute, ipotesi troppo grottesca per essere presa seriamente in considerazione – sarebbe imperdonabile se la NASA non avesse preso tutte le precauzioni del caso – ma, come si sa, l’inferno è lastricato di buone intenzioni…

1 commento

  1. COME AL SOLITO LA ” NASA ” DIMOSTRA DI ESSERE UN GRUPPO FOLTO DI INTELLIGENTI BUFFONI CHE VANNO ALLA RICERCA INVECE CHE DI SCOPERTE SCIENTIFICHE, SOLO DI FONDI PER MANTENERSI A GALLA …… LE VOCI CHE HANNO FATTO TRAPELARE SULLA SCOPERTE RECENTI SU MARTE SONO STATE UN ENNESIMA BUFALA !!!!! PACE E AMORE A LA PRIVATIZZAZIONE DELL’ERA SPAZIALE.