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Anche Jeff Bezos (e Amazon) puntano alla Luna

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DI Astronautinews.it

A pochi giorni dall’annuncio di SpaceX di un volo circumlunare privatamente finanziato, è circolato un rapporto secondo cui Jeff Bezos, fondatore e CEO di Amazon e di Blue Origin, punta a realizzare un sistema di consegna commerciale verso la Luna entro il 2020.

Una corsa a due

Tralasciando le ambizioni a dirla tutta non ben definite delle varie agenzie spaziali nazionali intorno all’esplorazione umana della Luna, due sono i protagonisti di un testa a testa in una rinnovata corsa non solo più genericamente spaziale, ma definitivamente lunare. Potrebbe sembrare ormai una gara a chi lancia l’asta più lontano, ma dato il calibro delle due aziende e il loro potenziale visionario, è quanto meno curioso e doveroso analizzare quanto in questi giorni dichiarato. Se Elon Musk e SpaceX puntano a compiere un volo circumlunare entro la fine dell’anno prossimo, ora sappiamo da un dossier circolato in ambienti NASA, che anche Jeff Bezos ha ambizioni legate al satellite naturale della Terra.

Il vettore suborbitale New Shepard

Secondo il Washington Post, infatti, il CEO di Amazon Jeff Bezos, starebbe preparando un servizio in grado di consegnare materiali sulla Luna attraverso la sua seconda compagnia, Blue Origin, di recente focalizzatasi su voli suborbitali e svariati test di successo condotti con il lanciatore New Shepard.  Un servizio di questo tipo, secondo Bezos, sarebbe cruciale per la costruzione di un avamposto lunare. In un documento presentato dall’azienda di Bezos e riportato dal Post, il miliardario dice che l’obiettivo è motivare la NASA a trasferire a società come Blue Origin degli incentivi per sviluppare una vera e propria struttura logistica spaziale e commerciale, che potrebbe vedere la luce entro il 2020. Lo stesso rapporto descrive anche uno dei veicoli della Blue Origin, che sarebbe in grado di trasportare fino a 4.500 kg di carico. Massa decisamente notevole quando pensiamo che la media dei rifornimenti verso la stazione spaziale raggiunge a stento i 3.000 kg. Questo dossier sarebbe stato inviato sia alla NASA che alla Casa Bianca, che sin dai primi giorni dall’insediamento del presidente Trump ha mostrato un rinnovato entusiasmo nei confronti della Luna, dopo un periodo in cui, con l’amministrazione Obama, il cosiddetto Journey to Mars l’aveva fatta da padrone.

Al posto quindi della NASA che corre contro i sovietici per la conquista della Luna, nella versione della corsa allo spazio che conosciamo dalla storia del ventesimo secolo, ci sono ora miliardari che cercano di sorpassarsi a vicenda in una sfida a due che coinvolge anche l’agenzia spaziale americana. E quest’ultima,in un periodo di transizione, con sempre maggiore difficoltà, riesce ad interpretare e sfruttare le ambizioni dei propri contractor (ricordiamo infatti che anche Blue Origin è diventata fornitore NASA per missioni suborbitali).

E’ noto come Jeff Bezos ed Elon Musk si siano spesso “impallinati” in relazione ai rispettivi programmi spaziali. Nel 2015 per esempio Bezos annunciò che il suo razzo New Shepard era riuscito a compiere il  primo volo suborbitale atterrando con successo. L’annuncio fu fatto prima che SpaceX ottenesse il suo primo successo con il razzo orbitale Falcon 9 e il successivo atterraggio riuscito del primo stadio, ma ben dopo che SpaceX avesse con successo lanciato il suo vettore suborbitale Grasshopper, ottenendone l’atterraggio con successo. Musk non fu affatto contento dell’affermazione di Bezos secondo cui il New Shepard fosse il primo ad essere riutilizzabile e lo scrisse a Bezos pubblicamente su Twitter.

Sebbene i due miliardari sembrino essere venuti a migliori consigli in seguito e sebbene il piano di Bezos non si sovrapponga a quello di SpaceX in merito all’esplorazione lunare, è però curioso il tempismo con il quale le due aziende siano uscite con comunicati e dossier. Ed è parimenti curioso come entrambe le uscite seguano di soli pochi giorni quella della NASA sulla valutazione di un equipaggio umano sul volo inaugurale (pure esso circumlunare) di Orion e SLS. Tutto questo potrebbe avere a che fare con un collegamento a Donald Trump.

Una “Trump connection”

Nei giorni scorsi sono serpeggiate sulla rete delle indiscrezioni intorno alla possibilità che il presidente Trump facesse un esplicito riferimento al volo spaziale con equipaggio umano durante il discorso sullo davanti al Congresso lo scorso martedì. Questo riferimento però non c’è stato. Secondo un rapporto di Politico, Trump doveva includere nel discorso una sua visione più completa del futuro dell’America nello spazio, ma tutto è stato relegato all’ultimo minuto. Di fatto l’unica affermazione è stata quella secondo cui «quello di impronte americane su altri mondi non è un sogno troppo grande da accarezzare». Entrambi i miliardari sono entrati in contatto con il presidente Trump. Sia Musk che Bezos hanno partecipato al summit sulle tecnologie tenuto da Trump prima del suo insediamento a dicembre 2016: erano seduti esattamente ai due capi opposti del lungo tavolo. Musk è poi membro del consiglio di consulta economica di Trump. E’ quindi decisamente immediato pensare che il riferimento che avrebbe dovuto fare Trump davanti al congresso in merito all’esplorazione spaziale sia stato demandato alle due aziende nel giro di pochissimi giorni .

Ad oggi la NASA non ha ancora un amministratore designato e si fa fatica ad interpretare i segnali che giungono dall’agenzia in merito alla visione dei prossimi anni, tuttavia è ora ben chiaro che l’amministrazione Trump ha puntato verso un ritorno sulla Luna, ben più decisamente rispetto al “passaggio lunare” idealmente incorporato nel Journey to Mars, nel quale il satellite della Terra o un asteroide, sarebbero serviti da avamposti per l’esplorazione del Pianeta Rosso. In un contesto politico in cui le pressioni di diversi membri del Congresso a totale maggioranza repubblicana spingono per una maggiore ingerenza dell’impresa privata nell’industria spaziale e per iniziative di esplorazione lunare, questi segnali non sono da trascurare. Per essere chiari, i piani sono decisamente troppo ambiziosi: basti pensare che il record di tempo tra l’introduzione di un vettore/capsula e il suo primo utilizzo con equipaggio umano è di 13 mesi e fu di Saturno/Apollo, mentre SpaceX ha 18 mesi davanti per riuscire a realizzare il volo circumlunare appena annunciato. Eppure nonostante questo sbalzo tra visioni e possibilità oggettive, c’è ampio spazio per valutare (magari non tra qualche mese, ma tra qualche anno) se un ritorno dell’uomo sulla Luna possa essere di nuovo alla portata e con esiti diversi dal programma Apollo. Ovvero permanenza e continuazione dell’esplorazione.


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