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Allarme tempeste solari

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Un "flare" solare ripreso da Solar Dynamics Observatory/NASA
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Un "flare" solare ripreso da Solar Dynamics Observatory/NASA

Un sistema per avvisare gli astronauti dell’arrivo di tempeste solari. Lo hanno messo a punto i fisici dell’Università del Delaware, negli USA, e di quelle coreane di Chungnam e Hanyang. I ricercatori hanno sviluppato un sistema in grado di prevedere con circa tre ore di anticipo (166 minuti) le radiazioni provenienti dalle violente tempeste solari, permettendo agli astronauti, oltre che agli equipaggi che sorvolano le regioni polari della Terra, di adottare in tempo misure di sicurezza.

John Bieber del Bartol Institute Research all’Università del Delaware, che ha coordinato la ricerca, spiega: “Le prime particelle espulse da una tempesta solare impiegano, viaggiando quasi alla velocità della luce, 10 minuti per raggiungere la Terra”. Queste tempeste solari possono coprire migliaia di chilometri sulla superficie del Sole. Dai dati raccolti, gli studiosi hanno potuto esaminare le proprietà delle particelle più energetiche (500 megaelectron volt), quelle che arrivano per prime sulla Terra e, attraverso queste, fare delle previsioni utili su quelle più lente che seguono . “Le particelle lente sono più pericolose perché più numerose. Ecco dove sta il pericolo”, spiega Bieber.

Quando le prime arrivate, particelle cariche positivamente o protoni, hanno colpito una molecola d’aria nell’atmosfera terrestre, si infrangono in piccoli pezzi che, a loro volta, sbattono contro altre molecole d’aria e così via. In questa reazione a catena si producono neutroni. Dalle misurazioni dei neutroni prodotti negli ultimi eventi solari, rilevati da strumenti al Polo Sud, gli scienziati hanno calcolato l’energia dei protoni che arrivano per primi e da questa hanno stimato l’intensità delle particelle più pericolose, cioè quelle più lente.

“A seconda dell’energia dei protoni, il sistema fornisce un tempo di preavviso fino a 166 minuti. Questo darebbe agli astronauti in volo nello spazio il tempo per portarsi in una zona schermata della navicella” dice Bieber pensando al caso di un equipaggio in volo verso Marte o la Luna, per cui queste radiazioni potrebbero essere un pericolo mortale. “E darebbe ai piloti che volano nelle regioni polari della Terra, dove il campo magnetico del pianeta è più debole, il tempo di ridurre la loro quota”.

L’articolo che descrive la ricerca è pubblicato su Space Weather: The International Journal of Research and Applications, pubblicato dalla American Geophysical Union.