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Anche Hubble per la caccia agli asteroidi

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Ecco un esempio di immagine del telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA della galassia a spirale barrata UGC 12158, con frecce della bussola, una barra della scala e una chiave colorata come riferimento. Sembra che qualcuno abbia usato su di essa un pennarello bianco. In realtà si tratta di una combinazione di esposizioni temporali di un asteroide in primo piano che si muove attraverso il campo visivo di Hubble, bombardando l'osservazione della galassia. Sono state effettuate diverse esposizioni della galassia, come evidenziato dallo schema tratteggiato. L'asteroide appare come una scia curva a causa della parallasse: Hubble non è stazionario, ma orbita attorno alla Terra, e questo dà l'illusione che il debole asteroide stia ondeggiando lungo una traiettoria curva. L’asteroide inesplorato si trova all’interno della fascia degli asteroidi nel nostro Sistema Solare, e quindi è 10 trilioni di volte più vicino a Hubble rispetto alla galassia di fondo. Credit: NASA, ESA, P. G. Martín (Autonomous University of Madrid), J. DePasquale (STScI). Acknowledgment: A. Filippenko (University of California, Berkeley)
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L’occhio di Hubble smaschera gli asteroidi della fascia principale

Recentemente alcuni astronomia hanno utilizzato le immagini archiviate scattate dal telescopio Hubble per catturare una popolazione in gran parte invisibile di asteroidi piuttosto piccoli traditi dalle loro tracce. La caccia al tesoro ha richiesto l’inseguimento di 37.000 immagini di Hubble nell’arco di 19 anni. Il risultato è stato trovare 1.701 tracce di asteroidi, di cui 1.031 non ancora catalogati. Circa 400 di questi asteroidi hanno dimensioni inferiori a un chilometro. 

Il lavoro è stato svolto per lo più da volontari noti con il nome di “Science Citizen” coadiuvati da scienziati professionisti che hanno coordinato le sessioni di ricerca combinando gli sforzi e sviluppando algoritmi di apprendimento automatico per identificare gli asteroidi. Un processo che ha generato un nuovo approccio alla ricerca di asteroidi sfruttando gli archivi astronomici che in decenni di osservazione possono contenere molte informazioni preziose. 

“Ci stiamo concentrando sulla ricerca della popolazione più piccola di asteroidi della fascia principale e ovviamente siamo rimasti sorpresi nello scoprire un numero così elevato di oggetti candidati”, ha affermato l’autore principale Pablo García Martín dell’Università di Madrid, Spagna. “C’era qualche indizio sull’esistenza di questa popolazione, ma ora lo stiamo confermando con un campione casuale ottenuto dall’intero archivio Hubble. Questo è importante per fornire informazioni sui modelli evolutivi del nostro Sistema Solare.”

L’ampio campione offre nuove informazioni sull’evoluzione della fascia degli asteroidi. La presenza di molti piccoli asteroidi favorisce l’idea che si tratti di frammenti di asteroidi più grandi che si sono scontrati e di conseguenza di sono frantumati, come vasi di ceramica. Si tratta di un processo di triturazione che dura da miliardi di anni.

Una teoria alternativa sull’esistenza di frammenti più piccoli è che si siano già formati in questo modo miliardi di anni fa. Ma non esiste alcun meccanismo concepibile che impedisca loro di raggiungere dimensioni maggiori mentre agglomerano la polvere proveniente dal disco circumstellare che forma il pianeta attorno al nostro Sole. “Le collisioni avrebbero una certa firma che possiamo usare per testare l’attuale popolazione della fascia principale”, ha detto il coautore Bruno Merín del Centro europeo di astronomia spaziale di Madrid, Spagna.

La tecnica di indagine sfrutta l’alta velocità orbitale di Hubble intorno alla Terra che gli consente di immortalare gli asteroidi come se fossero scie luminose impresse sull’immagine di fondo. E’ ciò che accade anche guardando un asteroide con un telescopio terrestre. Questi asteroidi, soprannominati “photobomb” appaiono come inconfondibili scie curve nelle fotografie di Hubble.

Mentre Hubble si muove intorno alla Terra, cambia l’angolo con cui osserva un asteroide, che si muove anch’esso lungo la propria orbita. Conoscendo la posizione di Hubble durante l’osservazione e misurando la curvatura delle strisce, gli scienziati possono determinare le distanze degli asteroidi e stimare la forma delle loro orbite.

Ecco un esempio di immagine del telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA della galassia a spirale barrata UGC 12158, con frecce della bussola, una barra della scala e una chiave colorata come riferimento. Sembra che qualcuno abbia usato su di essa un pennarello bianco. In realtà si tratta di una combinazione di esposizioni temporali di un asteroide in primo piano che si muove attraverso il campo visivo di Hubble, bombardando l’osservazione della galassia. Sono state effettuate diverse esposizioni della galassia, come evidenziato dallo schema tratteggiato.
L’asteroide appare come una scia curva a causa della parallasse: Hubble non è stazionario, ma orbita attorno alla Terra, e questo dà l’illusione che il debole asteroide stia ondeggiando lungo una traiettoria curva. L’asteroide inesplorato si trova all’interno della fascia degli asteroidi nel nostro Sistema Solare, e quindi è 10 trilioni di volte più vicino a Hubble rispetto alla galassia di fondo. Credit:
NASA, ESA, P. G. Martín (Autonomous University of Madrid), J. DePasquale (STScI).
Acknowledgment: A. Filippenko (University of California, Berkeley)

Gli asteroidi catturati risiedono principalmente nella fascia principale, che si trova tra le orbite di Marte e Giove. La loro luminosità viene misurata dalle sensibili telecamere di Hubble e il confronto con la loro distanza consente una stima delle dimensioni. Gli asteroidi più deboli presi in esame sono circa un quaranta milionesimo della luminosità della stella più debole che può essere vista dall’occhio umano.

“Le posizioni degli asteroidi cambiano con il tempo, e quindi non è possibile trovarli semplicemente inserendo le coordinate, perché in momenti diversi potrebbero non essere più lì”, ha detto Merín. “Come astronomi non abbiamo tempo per esaminare tutte le immagini degli asteroidi. Così abbiamo avuto l’idea di collaborare con più di 10.000 volontari per esaminare gli enormi archivi di Hubble”.

Nel 2019 un gruppo internazionale di astronomi ha lanciato Hubble Asteroid Hunter, un progetto scienza condivisa per identificare gli asteroidi nei dati di archivio di Hubble. L’iniziativa è stata sviluppata da ricercatori e ingegneri del European Science and Technology Centre (ESTEC) e del centro dati scientifici del European Space Astronomy Centre’s science data centre (ESDC), in collaborazione con la piattaforma Zooniverse, la piattaforma scientifica cittadina più grande e popolare al mondo, e Google.

Il grafico mostra la distribuzioni per dimensione degli asteroidi identificati grazie al nuovo metodo. Gli asteroidi non erano l’obiettivo della ripresa ma hanno catturato l’attenzione grazie alle evidenti scie lasciate sulle immagini. Credit:
NASA, ESA, P. G. Martín (Autonomous University of Madrid), E. Wheatley (STScI)

Un totale di 11.482 volontari di citizen-science hanno fornito quasi due milioni di identificazioni ed hanno ricevuto un kit di formazione per un algoritmo automatizzato basato sull’intelligenza artificiale per identificare gli asteroidi. Un approccio pionieristico che potrà sicuramente essere replicato.

Il progetto continuerà con il calcolo delle orbite per poter individuare la posizione attuale degli oggetti individuati.

Fonte: ESA/HUBBLE


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Proviene dalla ISS il frammento che nel 2021 colpì una casa

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La NASA ha completato l’analisi sul frammento di metallo che nel 2021 cadde su una casa nello stato della Florida.

Nel marzo 2021 Alejandro Otero segnalò che un oggetto di metallo aveva perforato il tetto della sua casa arrecando danni alla sua abitazione sita nella cittadina balneare di Naples in Florida.

I danni, per lo più modesti, erano tuttavia evidenti e Otero suppose subito che l’oggetto con un peso complessivo di circa 0,7 kilogrammi, potesse appartenere alla Stazione Spaziale Internazionale.

Scatti dei danni causati alla casa di Alejandro Otero nel 2021.

Dopo diversi mesi di attesa la NASA ha finalmente confermato che in effetti che il corpo di metallo è parte di un cargo di immondizia rilasciato dalla ISS l’11 marzo 2021.

Il carico conteneva batterie usate ed era destinato a bruciare completamente nell’atmosfera terrestre.

Un pezzo però del contenuto è evidente sopravvissuto alla passaggio in atmosfera per finire al suo in Florida.

Nell’immagine il pezzo caduto in Florida paragonato con le batterie all’idruro di nichel

Le batterie all’idruro di nichel sono state abbandonate dopo che le nuove versioni agli ioni di litio sono state consegnate alla ISS per un aggiornamento dell’alimentazione. Si prevedeva che il pallet e le batterie si bruciassero completamente nell’atmosfera terrestre , hanno detto i funzionari della NASA nell’aggiornamento di oggi, ma ciò non è accaduto e l’agenzia vuole sapere perché.

“Sulla base dell’esame, l’agenzia ha stabilito che i detriti erano un montante dell’attrezzatura di supporto di volo della NASA utilizzata per montare le batterie sul pallet di carico”, hanno scritto i funzionari dell’agenzia in un aggiornamento di oggi (15 aprile)

“La Stazione Spaziale Internazionale eseguirà un’indagine dettagliata sull’analisi del lancio e del rientro per determinare la causa della sopravvivenza dei detriti e per aggiornare la modellazione e l’analisi, secondo necessità”, hanno scritto i funzionari della NASA nell’aggiornamento di oggi.

Per la sicurezza di tutti è una priorità che i rilasci della ISS destinati a bruciare non arrivo a terra anche in maniera parziale e ciò vale per qualsiasi altra attività che preveda la distruzione in atmosfera.

Di sicuro questo episodio sarà utile ai progettisti della NASA ma anche di altre agenzie per valutare in maniera più accurata i parametri necessari da rispettare per la messa in sicurezza.


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Sample Return da Marte: meglio o peggio?

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Ieri pomeriggio, in una conferenza aperta agli operatori del settore e alle testate giornalistiche, il direttore della NASA ha annunciato valutazioni e considerazioni importanti e che influenzeranno il futuro della missione per il prelievo dei campioni da Marte da riportare sulla terra.

I Mars Sample Return di cui abbiamo parlato in COELUM 256 nell’articolo a John Robert Brucato, Gabriele Cremonese e Lucia Marinangeli cioè prelievi del suolo marziano da riportare sulla terra, rappresenta una delle principali missioni della NASA degli ultimi due decenni.

Una nuova stima dei costi ha sancito che la missione alla fine costerà circa 11 miliardi di dollari e la data di ritorno è stata rimandata al 2040.

“Troppo costosa e troppo lenta”, così ha dichiarato il direttore della NASA Bill Nelson nella conferenza tenuta il 15 aprile. In sintesi il messaggio può essere così riassunto: la missione è importante, va completata riportando a terra se non tutti almeno alcuni dei campioni ma bisogna trovare una via più economica e soprattutto più rapida, considerando che è già nel decennio fra il 2030 e il 2040 che si vorrebbe portare i primi astronauti su Marte.

Insomma la missione non è abortita ma l’imperativo è modificarla.

Dal 21 febbraio 2021 il rover PERSEVERANCE opera su Marte, coadiuvato fino a poco fa dal suo fedele collaboratore, INGENUITY prelevando campioni del suolo marziano da riporre all’interno di contenitori opportunamente sterilizzati e successivamente sigillati. I contenitori poi vengono lasciati al suolo all’interno del cratere Jezero, area in cui il rover si muove.

La missione di ritorno prevede di inviare su Marte un MAV, un modulo di atterraggio in grado in orbita intorno al pianeta ove una navicella, questa volta di produzione dell’ESA Agenzia Spaziale Europea dovrebbe essere pronta al recupero. Il recupero dei campioni prima affidato a dei droni ora è passato allo stesso Perseverance.

Secondo la NASA tutto ciò oggi diventa troppo costoso e soprattutto lento considerando che non è possibile penalizzare altre missioni importanti per concentrare le risorse e accelerare i tempi di produzione e realizzazione dei componenti ancora mancanti.

Ricordiamo che la NASA ha già in progetto la realizzazione di un drone DRAGONFLY da inviare verso la gigantesca luna di Saturno: Titano.

Insomma nei prossimi anni la NASA tornerà spesso sull’argomento iniziando si da ora a valutare ogni possibile alternativa.

 


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La caverna di Platone, Flatland e i misteri della fisica – scarica la lettura

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Siamo anche noi abitanti di una Flatland tridimensionale?

di Ranieri Zaninotti

Nell’articolo l’autore prende spunto dal mito della Caverna di Platone e dal romanzo FlatLand per esplorare brevemente opzioni filosofiche e fisiche.

Partendo dal mito della caverna di Platone, presentato nella trattazione “La Repubblica”, dove le persone incatenate in una caverna vedono solo le ombre proiettate su una parete, simbolo delle percezioni sensoriali che distorcono la realtà vera e immutabile; e sfruttando una similitudine con la “realtà” come appare agli abitanti di “Flatland”, l’articolo invita a porsi una domanda.

Potremmo forse sciogliere ogni dubbio sulle conoscenze umane ipotizzando l’esistenza di dimensioni spaziali aggiuntive non direttamente percepibili? Discutiamo sui fenomeni come l’entanglement quantistico e la materia oscura, che rimangono misteriosi e sfidano la nostra comprensione della realtà, paragonando la nostra condizione a quella degli abitanti della caverna di Platone o di Flatland, limitati nella percezione di un universo più complesso e multidimensionale.

Il download è disponibile per i soli lettori che abbiano eseguito l’accesso.

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Bando Editoria Scuole 2024

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Bando Scuole Editoria 2024
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Rimborso del 90% alle scuole per l’acquisto di abbonamenti a riviste scientifiche

Bilancio 2024 in pillole
Bonus per editori e scuole

Da FiscoOnline

Contributi alle scuole che acquistano abbonamenti a quotidiani e riviste
Il comma 320 della legge di bilancio 2024 è dedicato a una misura, non nuova, ma ampliata, che indirettamente si muove a favore della stampa allargando però gli orizzonti alle pubblicazioni digitali.
La norma prevede, a decorrere dall’anno scolastico 2024-2025, un contributo pari al 90% della spesa sostenuta dalle istituzioni scolastiche statali e paritarie, di ogni ordine e grado, per l’acquisto di uno o più abbonamenti a quotidiani, periodici, riviste scientifiche e di settore, anche in formato digitale.

Gli istituti interessati devono chiedere la sovvenzione al dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della presidenza del Consiglio dei ministri, il capo dello stesso dipartimento emana annualmente il bando per l’assegnazione del contributo.
Come anticipato, non si tratta di un debutto, la disposizione che promuove la lettura sostituisce, infatti, l’agevolazione prevista, a decorrere dall’anno 2020, dall’articolo 1, comma 389, della legge n. 160/2019 (legge di bilancio 2020). Non cambiano i destinatari del beneficio, né l’entità del contributo e neanche le modalità di accesso, ma la nuova norma ammette all’agevolazione anche i quotidiani invece esclusi dalla disciplina ora abrogata.

Leggi: Comma 320 nella legge di Bilancio 2024

La procedura di richiesta del contributo seguirà lo stesso iter valido per il medesimo contributo del 2023.

Link apertura richiesta rimborso per l’anno 2023 e procedura

Scrivi a ASSISTENA.VENDITE@COELUM.COM per maggiori informazioni oppure contatta il tuo fornitore di servizi e chiedi di COELUM ASTRONOMIA!


 

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Apophis

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Rappresentazione artistica dell'asteroide (99942) Apophis. Il 13 aprile 2029 Apophis passerà a meno di 32.000 km dalla superficie terrestre. CREDIT The Planetary Society; CC BY-NC 3.0
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SICUREZZA SPAZIALE

Il 13 aprile 2029 l’asteroide (99942) Apophis passerà a meno di 32 000 km dalla superficie terrestre.

Con un diametro medio di circa 375 m, Apophis sarà, per un breve periodo, più vicino alla Terra dei satelliti per telecomunicazioni in orbita geostazionaria e visibile nel cielo notturno ad occhio nudo da gran parte dell’Europa, dell’Africa e dell’Asia.

Quando Apophis fu scoperto nel 2004, le osservazioni iniziali indicavano una piccola possibilità che potesse colpire la Terra nel 2029, 2036 o 2068. Una collisione avrebbe potuto essere devastante, e quindi l’asteroide prese il nome dal dio egiziano del caos e della distruzione.

Osservazioni successive hanno escluso qualsiasi possibilità di impatto per almeno i prossimi 100 anni.

Tuttavia, l’avvicinamento ravvicinato di Apophis nel 2029 rappresenta un’opportunità unica di sensibilizzazione scientifica e pubblica. Le agenzie spaziali e gli istituti scientifici di tutto il mondo stanno pianificando di utilizzare il flyby per esplorare Apophis da terra utilizzando telescopi e da vicino utilizzando veicoli spaziali.

Le immagini rappresentano le osservazioni radar dell’asteroide 99942 Apophis l’8, 9 e 10 marzo 2021 durante l’ultimo passaggio ravvicinato. CREDITO NASA/JPL-Caltech e NSF/AUI/GBO

Scoperta e probabilità di impatto

Apophis è stato scoperto il 19 giugno 2004 dagli astronomi dell’Osservatorio nazionale di Kitt Peak negli Stati Uniti. Fu presto identificato come uno degli asteroidi potenzialmente più pericolosi mai rilevati. Il rischio di un impatto per 2029 salì fino al 2,7% e ha visto Apophis raggiungere il punteggio più alto di sempre sulla “scala Torino”, un metodo utilizzato per valutare la minaccia che un asteroide rappresenta per la Terra.

Utilizzando ulteriori osservazioni dell’asteroide, gli astronomi sono stati successivamente in grado di escludere il rischio di un impatto nel 2029 o nel 2036. Tuttavia, per diversi anni è rimasta ancora una piccola possibilità di impatto nel 2068 ma sappiamo oggi che saremo al riparo per almeno altri 100 anni.

Quando Apophis passerà davanti alla Terra nell’aprile 2029, l’attrazione della gravità del pianeta modificherà in modo significativo l’orbita dell’asteroide amplificando in parte la nostra incertezza sulla sua traiettoria futura. 

Tuttavia, le osservazioni radar di Apophis effettuate dal Goldstone Deep Space Communications Complex della NASA in California e dal Green Bank Observatory, West Virginia, nel marzo 2021, hanno notevolmente migliorato la nostra conoscenza dell’attuale orbita dell’asteroide e hanno permesso agli astronomi di escludere finalmente qualsiasi possibilità di impatto con la Terra per almeno 100 anni.

Apophis è stato rimosso dalla “Lista dei rischi” gestita dall’Ufficio per la difesa planetaria dell’ESA il 26 marzo 2021.

Fonte: ESA

 


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UNOOSA, la giornata internazionale dell’Uomo nello Spazio e la PACE

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L’inizio dell’era spaziale per l’umanità

L’Assemblea Generale, nella risoluzione A/RES/65/271 del 7 aprile 2011, ha dichiarato il 12 aprile  Giornata internazionale del volo spaziale umano  “per celebrare ogni anno a livello internazionale l’inizio dell’era spaziale per l’umanità, riaffermando la importante contributo della scienza e della tecnologia spaziale nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile e nell’aumento del benessere degli Stati e dei popoli, nonché nel garantire la realizzazione della loro aspirazione a mantenere lo spazio extraatmosferico per scopi pacifici”.

Il 12 aprile 1961 fu la data del primo volo spaziale umano, effettuato da Yuri Gagarin, cittadino sovietico. Questo evento storico ha aperto la strada all’esplorazione dello spazio a beneficio di tutta l’umanità.

ONU e Spazio

Fin dall’inizio dell’era spaziale, le Nazioni Unite hanno riconosciuto che lo spazio aggiungeva una nuova dimensione all’esistenza dell’umanità. La famiglia delle Nazioni Unite si sforza continuamente di utilizzare i benefici unici dello spazio per il miglioramento di tutta l’umanità.

Riconoscendo l’interesse comune dell’umanità per lo spazio extra-atmosferico e cercando di rispondere alle domande su come lo spazio esterno possa aiutare a portare benefici ai popoli della Terra, l’Assemblea Generale ha adottato la sua  prima risoluzione relativa allo spazio extra-atmosferico , la risoluzione 1348 (XIII) intitolata “Questione dell’uso pacifico dello spazio”.

Il 10 ottobre 1967 entra in vigore la “ Magna Carta dello Spazio ”, conosciuta anche come Trattato sui principi che regolano le attività degli Stati nell’esplorazione e nell’utilizzazione dello spazio extraatmosferico, compresa la Luna e gli altri corpi celesti .

Oggi, l’ Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari dello spazio extra-atmosferico (UNOOSA) è l’ufficio delle Nazioni Unite responsabile della promozione della cooperazione internazionale negli usi pacifici dello spazio extra-atmosferico. UNOOSA funge da segretariato dell’unico comitato dell’Assemblea Generale che si occupa esclusivamente della cooperazione internazionale negli usi pacifici dello spazio extra-atmosferico: il Comitato delle Nazioni Unite per gli usi pacifici dello spazio extra-atmosferico (COPUOS).

L’UNOOSA è anche responsabile dell’attuazione dei programmi del Segretario Generale ai sensi del diritto spaziale internazionale e del mantenimento del registro degli oggetti lanciati nello spazio extra-atmosferico delle Nazioni Unite.

Fra i moltissimi progetti di valore seguiti e promossi da UNOOSA un ruolo importante occupa COPUONS 2024 Comitato per gli Usi Pacifici dello Spazio Extraatmosferico e suoi Sottocomitati.

COPUONS 2024 Comitato per gli Usi Pacifici dello Spazio Extraatmosferico e suoi Sottocomitati

Il Comitato per gli usi pacifici dello spazio extra-atmosferico (COPUOS) è stato istituito dall’Assemblea Generale nel 1959. Dalla sua istituzione, il numero dei membri del Comitato ha continuato ad espandersi. Il Comitato è l’unico comitato dell’Assemblea Generale che si occupa esclusivamente della cooperazione internazionale negli usi pacifici dello spazio extra-atmosferico, e il suo ruolo come forum per monitorare e discutere gli sviluppi relativi all’esplorazione e all’uso dello spazio extra-atmosferico si è evoluto insieme ai progressi tecnici nell’esplorazione dello spazio, nei cambiamenti geopolitici e nell’uso in evoluzione della scienza e della tecnologia spaziale per lo sviluppo sostenibile.

 

SC meeting on lifting diamond ban in Liberia

Il Comitato si riunisce ogni anno a Vienna, in Austria, per discutere questioni relative alle attività attuali e future nello spazio. Gli argomenti di discussione includono il mantenimento dello spazio per scopi pacifici, operazioni sicure in orbita, detriti spaziali, condizioni meteorologiche spaziali, la minaccia degli asteroidi , l’uso sicuro dell’energia nucleare nello spazio , il cambiamento climatico , la gestione dell’acqua , i sistemi satellitari di navigazione globale e domande riguardante il diritto spaziale e la legislazione spaziale nazionale.

Perchè seguire le attività UNOOSA

Il portale di UNOOSA che vi invitiamo a seguire è ricco di opportunità per tutti e non è solo un modo di dire o uno slogan. Sono molte le iniziative fra cui poter scegliere, gli eventi di coinvolgimento, i documenti pubblicati. Tanti sono anche i giovani italiani che approfittando della rete di contatti e di istituzioni che UNOOSA è stata in grado di costruire negli anni, riescono ad accedere a formazione e percorsi lavorativi internazionali. In comune hanno un profondo spirito di collaborazione.

Oggi avremmo potuto parlare di Gagarin, l’abbiamo già fatto e lo rifaremo, ma in giorni difficili per la Pace nel Mondo abbiamo preferito volgere l’attenzione ad iniziative di valore e immergerci per un po’ di una visione diversa.

PS: fate girare: passaparola a figli, figlie e loro amic*!

 

AstroPhotoFake: come riconoscerle

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Nei giorni scorsi ci siamo imbattuti in un post del blog dell’ESO European Southern Observatory. L’argomento è più che mai attuale e se già non fosse abbastanza intrigato di suo il dilagare dell’AI l’ha reso più che mai spinoso. Stiamo parlando delle immagini astronomiche false.

Abbiamo già accennato in passato ad alcuni tentativi, anche sul territorio italiano, per offrire strumenti e piattaforme condivise sulle quali aprire il dialogo e la valutazione onesta non tanto di immagini palesemente ricreate ma anche su fotoritocchi troppo forzati o elaborazioni all’estremo. Non dimentichiamo ovviamente i fotomontaggi ma li abbiamo volutamente nominati per ultimi perché almeno per questa volta, sono l’oggetto dell’articolo pubblicato e di cui riprendiamo qui la parte saliente rimandando alla versione originale per la lettura completa.

Nell’articolo l’autore Juan Carlos Muñoz Mateos, in forze all’ufficio comunicazione dell’ESO, suggerisce alcune tecniche per “smascherare” i fotoritocchi, almeno partendo dai più semplici farciti da banali errori.

Ma andiamo per ordine. Iniziamo tenendo in considerazione le dimensioni del Sole e della Luna. Muñoz ci ricorda come le dimensioni apparenti di Sole e Luna siano simili nel nostro cielo ma come capire se uno dei due astri, immortalato vicino ad un oggetto reale, mostra la giusta proporzione? Seguiamo il filo del discorso dell’autore:

Le dimensioni apparenti del Sole e della Luna nel cielo sono molto più piccole di quanto pensi: puoi facilmente rendertene conto avvicinando un dito tenuto a distanza di un braccio. Eppure, gli astrofotografi spesso catturano immagini straordinarie come quelle qui sotto, che mostrano il Sole e la Luna che sorgono dietro l’ ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO, attualmente in costruzione in Cile. Queste sono fotografie singole autentiche, catturate in un unico scatto sul posto, ma come sono possibili?

La Luna piena che sorge dietro l’ELT vista dall’Osservatorio del Paranal. Crediti J. Beltran/EsO
(REALE) Il Sole che sorge dietro l’ELT visto dall’Osservatorio del Paranal. Crediti E. Garcés/ESO. Ack.: N. Dubost

Ecco il trucco: la dimensione apparente del Sole e della Luna è sempre la stessa indipendentemente dalla tua posizione. Sono così lontani dalla Terra che, non importa dove ti trovi, sembreranno sempre della stessa dimensione nel cielo. Gli oggetti vicini come gli edifici, d’altro canto, appaiono più piccoli quanto più ci si allontana da essi. Quindi, se ti allontani abbastanza, questi oggetti possono apparire piccoli come il Sole o la Luna. Tutto ciò che serve quindi è un teleobiettivo o un piccolo telescopio per ingrandire e amplificare l’immagine.

Un oggetto di dimensione S avrà più o meno la stessa dimensione del Sole/Luna se visto da una distanza di 100 x S. Quindi, se una fotografia contiene un oggetto in primo piano di cui conosci le dimensioni effettive, puoi facilmente capire quanto è lontano l’oggetto. doveva essere il fotografo a scattare quella foto e, si spera, a concludere se l’immagine è autentica o meno.

Mettiamolo alla prova con le immagini ELT sopra. La cupola dell’ELT è larga 88 m, mentre il Sole e la Luna sono poco più del doppio – circa 200 m. Moltiplicandolo per 100 si ottiene una distanza di tiro di 20 km. Questa è infatti la distanza tra il Cerro Armazones, dove si trova l’ELT, e l’Osservatorio Paranal dell’ESO, da dove sono state scattate queste immagini.

Ora diamo un’occhiata alla fotografia qui sotto, che mostra la Luna piena dietro il Big Ben a Londra. Lungo il Big Ben, alto 96 metri, si possono impilare circa 6 Lune una sopra l’altra. Quindi la Luna si estende per l’equivalente di 16 m, il che significa che il fotografo doveva trovarsi a 1,6 km di distanza per ottenere questo scatto. Eppure è chiaro dall’inquadratura dell’immagine che è stata scattata da qualche parte sull’altra sponda del Tamigi, a soli 200-300 metri dal Big Ben.

(FAKE) An image of the full Moon behind the Big Ben in London that gives the impression the Moon is bigger than it actually is. The Moon has been manually added.

Un’altra cosa a cui prestare attenzione in questo tipo di immagini è se il Sole o la Luna appaiono troppo nitidi. Quando sono vicini all’orizzonte, la loro luce attraversa una grossa porzione dell’atmosfera terrestre, sfocando e persino schiacciando le immagini. Ma se il Sole o la Luna appaiono perfettamente nitidi , spesso è un segno rivelatore che sono stati aggiunti.”

I suggerimenti di Muñoz Mateos continuano spostando ora l’attenzione su paragone fra oggetti celesti. Vediamo.

“Anche in assenza di punti di riferimento terrestri è spesso possibile individuare quando il Sole o la Luna sono stati aggiunti artificialmente confrontandoli con altri oggetti celesti. Ad esempio, l’immagine in basso a sinistra è spesso condivisa sui social media come una vera e propria fotografia di un’eclissi solare vista dallo spazio. Si tratta infatti di un’immagine generata al computer dall’artista A4size-ska , che la rivela apertamente come tale. Uno degli indizi è che il Sole e la Luna non sono affatto grandi rispetto alla Via Lattea, che puoi vedere appena sotto il “Sole eclissato” nell’immagine. Confrontandola con una fotografia reale che mostra la Via Lattea nel cielo (a destra), scattata all’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA) non è difficile notare le reali proporzioni”.

Un’immagine artistica generata dal computer che mostra un’eclissi solare dallo spazio. È stata realizzata con Terragen, uno strumento per il rendering di terreni e ambienti fotorealistici. La Via Lattea è un’immagine reale aggiunta alla composizione.
La via Lattea che si inarca sopra ALMA, il puntino bianco in basso è la Luna. Crediti: Y. Beletsky (LCO)/ESO

 Completiamo la carrellata di alcune fake-photo con l’immagine che segue in cui Sole e Luna sono perfettamente allineati fra le due palme, ma potrebbero essere due colonne qualsiasi. In questo fotomontaggio, perchè di ciò si tratta, a suggerirci il sospetto dovrebbe essere la Luna che non sarà mai piena e così luminosa se sita dallo stesso lato del Sole rispetto all’obiettivo.

 

 

 

All’articolo continua con altri suggerimenti sia su tecniche che su servizi online che facilmente potrebbero fornire anteprima degli scenari davvero disponibili in determinate località. L’invito è a continuare la lettura sul sito dell’ESO

COELUM per conto suo continuerà a seguire il blog segnalando nuovi interessanti suggerimenti, e a valorizzare gli scatti più genuini realizzati da ottimi e bravissimi astrofotografi.

 

Successo per il TEAM della misura del Raggio del Sole

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I lettori più affezionati sapranno oramai che COELUM sostiene il BesselianElements Team, in redazione affettuosamente denominato “Team Raggio del Sole”, il cui scopo è quello di sfruttare le eclissi di Sole appunto per determinare la misura più precisa possibile del raggio del Sole, da cui l’appellativo (vedi Coelum 256 e Coelum 267).

Il team, composto da Alessandro Pessi, John Irwin, Luca Quaglia, Lucian Kafka e Konstantinos Emmanouilidis, non si è fatto naturalmente sfuggire la nuova occasione e come annunciato nell’ultimo articolo di aggiornamento pubblicato in Coelum 267 si è fatto trovare nella giusta posizione per la raccolta di nuovi e preziosi dati.

Complice il cielo sereno Alessandro Pessi e Luca Quaglia hanno predisposto l’attrezzatura necessaria ed annunciano parecchie ore di intenso lavoro per l’analisi dei dati.

Niente immagini di effetto quindi ma grafici e numeri indispensabili per la buona scienza che da sempre Coelum promuove!

Ecco le prime parole a caldo di Alessandro e Luca sull’esperienza:

“Nei giorni precedenti all’eclisse un paio di articoli di Forbes (Why Your Total Solar Eclipse Map Is Now Wrong (And Where To Find The New One) (forbes.com) e 15 Places In The U.S. That Just Lost Their Total Solar Eclipse — While Texas Gained (forbes.com) ) hanno attirato attenzione sulla mappa pubblicata dal nostro team con parametri di calcolo accurati e aggiornati. La notizia è stata ripresa da molti media ed è diventata virale. Dopo che sono circolati alcuni fact check com (1) Facebook siamo stati sommersi da domande di giornalisti, il nostro blog https://www.besselianelements.com/ ha ricevuto molte visite da parte di eclipse chasers in cerca di conferma delle coordinate dei limiti, qualcuno si è offerto di prendere misure dal bordo per aiutare la nostra ricerca della misura del raggio solare. 

Le previsioni meteo sono state incerte fino all’ultimo. I modelli previsionali a lungo range non convergevano, quelli a breve termine erano discordanti. Alla fine ci siamo basati sulle immagini satellitari. Partiti la mattina presto abbiamo tentato la sorte a Stephenville, TX. nel parco comunale, accanto ai giochi per bambini con pochi altri osservatori, ignari di essere solo 500m dentro la banda di totalità con una durata attesa di 13 secondi. Appena arrivati delle nuvole sono arrivate con noi, ma per le 10:00 il cielo si è liberato e per il primo contatto è diventato blu, senza nuvole.
L’eclisse dal bordo non ha deluso le aspettative, grani di bailys lunghissimi. il grano del terzo contatto è durato più di un minuto e due minuti dopo C3 si vedeva ancora la corona.Venere e Giove chiaramente visibili durante la totalità, interessante vista del cielo oscurato dall’ombra in modo asimmetrico per effetto della posizione sul bordo.
I nostri strumenti hanno funzionato e ci aspetta una intensa fase di analisi dati.
Vi diamo appuntamento il più presto possibile sui canali di Coelum per gli aggiornamenti e la pubblicazione dei risultati.”
Alessandro e Luca

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ERG CHECH 002 all’Origine del Sistema Solare

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A partire dal numero 267 di Coelum, inizia una rubrica volta alla conoscenza delle meteoriti. Descriveremo singoli oggetti, particolarmente significativi o classi di meteoriti, esaminando le loro caratteristiche, le origini e la storia che ci possono raccontare. E proprio pensando alla storia del Sistema Solare, abbiamo dedicato il primo articolo ad una recente scoperta; una delle più importanti meteoriti mai trovate, che ha aperto una finestra sulle prime fasi di formazione del nostro sistema planetario

 

È una sensazione strana, toccare un meteorite, essere consapevoli che quella roccia è un oggetto alieno; un estraneo che non condivide nulla con noi, giunto dallo spazio, quasi sempre da un passato antico, quando il Sistema Solare era giovane ed i pianeti erano ancora in formazione. Nessuna roccia terrestre può raccontarci questa storia. Seppure la terra si è formata 4,560 miliardi di anni fa, come indicano i radiogenici, con le tecniche di decadimento isotopico, il materiale che compone l’attuale crosta terrestre più volte rielaborata dai processi geologici, ha mediamente età di decine o centinaia di milioni di anni e le più vecchie rocce terrestri, trovate nel Quebec arrivano “solo” a 4 miliardi di anni.


Ma una gran parte delle meteoriti risalgono ai tempi della formazione del Sistema Solare, e possono darci molte informazioni su come fosse fatta la nebulosa presolare e sulle varie fasi di formazione del nostro sistema planetario. Questi dati, integrati con altri studi, come quelli sulle zone di formazione stellari, sulle YSO (Young Star Object) e sugli esopianeti, sono fondamentali per giungere ad una conoscenza sistematica dei processi che portano alla formazione, più in generale, di tutti i sistemi planetari.
Nel 2020 nella regione dell’Erg Chech, un’area desertica nella zona centrale dell’Algeria, un team francese ha scoperto un nuovo meteorite, scomposto in diverse decine di frammenti di varie dimensioni il cui nome ricevuto è Erg Chech 002. Si tratta di una meteorite pietrosa, un acondrite (ovvero senza condrule). Questo tipo di meteoriti, sono estremamente rare (meno dell’1% di tutte quelle conosciute) e provengono da oggetti “differenziati”, ovvero, abbastanza grandi da subite una fusione e formazione di una crosta. Appartengono a questa classe, ad esempio il gruppo delle HED (provenienti da Vesta), le Lunari e le SNC (Marziane). Una piccola percentuale di acondriti, presentano caratteristiche tali da non permettere un raggruppamento. Proprio in questa piccola sezione spicca Erg Chech 002, considerata oggi la roccia ignea più antica, conosciuta.

[…]

L’approfondimento completo è disponibile in Coelum 267 e nei prossimi numeri Flavio Castellani, astrofilo fra i più esperti in Italia nel campo delle meteoriti, descriverà alcuni fra gli oggetti “extraterrestri” più interessanti disponibili sul territorio italiano.

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ExoMars 2028: riparte la missione europea su Marte

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Thales Alenia Space ha siglato un contratto del valore complessivo di €522 mln con l’Agenzia Spaziale Europea per il proseguimento delle attività che porteranno un rover europeo su Marte a caccia di tracce di vita

 

  • Mantenendo tutti gli obiettivi scientifici, la missione Europea su Marte riparte grazie alla determinazione dell’Agenzia Spaziale Europea, con il supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana, dell’Agenzia Spaziale del Regno Unito e della rinnovata partnership con la NASA
  • Il Programma ExoMars 2028 rappresenta una sfida senza precedenti, in termini scientifici e tecnologici, dai materiali innovativi utilizzati, allo sviluppo del software per il sistema di navigazione, controllo e atterraggio sulla superficie di Marte
  • I risultati della missione rappresentano un apporto fondamentale per il proseguo dell’esplorazione robotica ed umana del pianeta rosso e del sistema solare

 

Torino, 9 Aprile 2024 – Thales Alenia Space, Joint Venture tra Thales 67% e Leonardo 33%, ha siglato con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), un contratto del valore complessivo di circa €522mln, diviso in tranche, per la continuazione delle attività necessarie al completamento della missione ExoMars 2028. Il contratto include la realizzazione del Modulo di Ingresso, Discesa e Atterraggio su Marte (EDLM, Entry, Descent and Landing Module) e le attività di manutenzione e riconfigurazione dei veicoli già costruiti per la missione del 2022.

Questa missione, il cui lancio è previsto dal Kennedy Space Center, nella finestra compresa tra ottobre e dicembre del 2028, ambisce alla ricerca di tracce di vita sulla superficie di Marte, cercando di rispondere a domande che da tempo affascinano l’umanità. Guidata dall’ESA, con l’importante partecipazione dell’agenzia spaziale americana NASA e con il sostegno dell’Agenzia Spaziale Italiana, la missione ExoMars 2028 fornirà un rover europeo capace di guida autonoma sulla superficie del pianeta. Previsto per raggiungere Marte nel 2030 dopo un lungo viaggio, il rover, dotato di una trivella sviluppata da Leonardo, nello stabilimento di Nerviano (Milano), raccoglierà campioni di terreno perforando il suolo marziano, fino a 2 metri di profondità. Ne analizzerà le proprietà chimiche, fisiche e biologiche utilizzando il suo laboratorio analitico (Analytical Laboratory Drawer ALD) sviluppato da Thales Alenia Space. Uno degli obiettivi della missione è la ricerca di batteri nel sottosuolo, viventi o fossilizzati, che costituirebbero la prova della vita esistente o precedente sul Pianeta Rosso.

Nel frattempo, il Trace Gas Orbiter (TGO), protagonista della prima parte della missione ExoMars, realizzato in qualità di primo contraente da Thales Alenia Space, è attivo in orbita attorno a Marte, con il compito di rilevare gas in tracce nell’atmosfera marziana, in particolare metano. La sonda TGO che svolge un ruolo chiave nella comprensione dei potenziali indicatori della vita su Marte, continua inoltre a trasmettere la maggior parte dei dati, compresi quelli dei rover Curiosity e Perseverance della NASA, dando un notevole contributo alle ricerche scientifiche in corso. Il TGO, infatti, ha ancora una quantità significativa di carburante a bordo e la sua vita operativa sarà estesa per supportare la missione ExoMars 2028.

Il ruolo di Thales Alenia Space

Thales Alenia Space Italia conferma il suo ruolo di prime contractor industriale della missione ExoMars 2028. Con la responsabilità della progettazione del modulo EDLM, della realizzazione del suo Radar Altimetro, del Laboratorio Analitico, della sua integrazione sul Rover e del computer di bordo, Thales Alenia Space è inoltre responsabile dell’integrazione delle attività di test e della campagna di lancio.

In particolare, il contratto prevede la progettazione dei moduli EDLM, e le attività di manutenzione per il modulo di trasferimento (carrier) e per il rover, incluso l’aggiornamento e sostituzione di tutti quegli elementi sensibili al fattore tempo. Per il rover è previsto un audit completo e dei test per confermarne l’operatività in vista della nuova missione, nonché la sostituzione di alcuni componenti del carico utile con l’inclusione di un nuovo spettrometro a infrarossi (ENFYS). Anche per il modulo di trasferimento vi sarà la sostituzione di elementi soggetti ad una naturale usura del tempo, ed eventuale adattamento al nuovo profilo di missione, tenendo conto delle nuove traiettorie di lancio verso Marte. Il modulo di discesa e la piattaforma di atterraggio richiedono una nuova fase di progettazione e sviluppo, considerando il riutilizzo dell’avionica europea del modulo di discesa.

“Dal Sole a Saturno, e da Mercurio a Venere, Giove e Marte, le nostre soluzioni hanno accompagnato ogni odissea nello spazio cercando di svelare i segreti più custoditi dell’universo” ha affermato Hervé Derrey, CEO di Thales Alenia Space. “Nel prossimo futuro la Luna, con le missioni ARTEMIS II e III, sarà al centro dell’attenzione e la nostra azienda sarà in prima linea nell’esplorazione lunare con equipaggio, lavorando in particolare sul Modulo di servizio europeo della navicella Orion, sulla stazione spaziale cislunare Gateway e sugli habitat lunari multiuso. Il contratto ExoMars 2028 rafforza la posizione di Thales Alenia Space come uno dei leader nel campo dell’esplorazione spaziale.”

“Siamo davvero onorati della rinnovata fiducia dell’ESA nella nostra azienda affidandoci le attività per il ripristino e la continuazione di questa sfidante missione alla scoperta di tracce di vita su Marte – ha dichiarato Massimo Comparini, Amministratore Delegato di Thales Alenia Space Italia. – La tecnologia avanzata, il know-how e l’esperienza di Thales Alenia Space ci rendono protagonisti dell’esplorazione spaziale. Oggi celebriamo la continuazione di uno straordinario Programma internazionale, frutto della sinergia e della cooperazione tra le Agenzie e industria spaziale. Siamo pronti per i mesi cruciali che ci attendono – continua Comparini – e  fiduciosi nella nostra capacità di continuare ad ampliare i confini dell’esplorazione dell’universo, grazie al lavoro costante dei nostri ingegneri e tecnici specializzati, impegnati ogni giorno a portare avanti sfide come queste”.

Il Consorzio industriale

Thales Alenia Space è a capo di un consorzio che comprende Airbus Defence & Space -UK per il Rover e per i sistemi meccanici, termici e propulsivi del modulo di atterraggio; ArianeGroup (Francia) per lo scudo frontale e parte di protezione termica dell’aeroshell; OHB (Germania) per il modulo carrier e ALTEC (Italia) per il centro di controllo delle operazioni del Rover (ROCC). I nostri team in Francia di Thales Alenia Space sono responsabili dello sviluppo di parte dell’aeroshell (lo scudo posteriore), mentre Thales Alenia Space in Svizzera fornirà le camere e l’unità elettronica di controllo dei motori di frenata del modulo di atterraggio.

ECLISSI DI SOLE: IL PROGRAMMA DELLE ATTIVITÀ INAF

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Fra poco 8 aprile 2024, si verificherà una eclissi totale di Sole. Non visibile dall’Italia, il fenomeno produrrà una zona d’ombra che attraverserà il Nord e Centro America, dal Messico al Canada. Rispetto agli orari italiani, l’eclissi inizierà quando da noi saranno le 17:42 e si concluderà alle 22:52. La massima durata della fase di totalità sfiorerà i 4 minuti e mezzo.

Per l’occasione l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) sarà sui luoghi che verranno attraversati dall’eclissi con vari gruppi di ricercatrici e ricercatori, per svolgere una serie di attività scientifiche e riprendere in tempo reale il fenomeno con telescopi e fotocamere.

LE DIRETTE
Chi non avrà la possibilità di assistere dal vivo lo straordinario evento, potrà seguirlo via streaming con due dirette online pensate sia per il grande pubblico che per gli studenti delle scuole. In particolare vi segnaliamo una diretta speciale di “Nuovi Mondi – Astronomia e Scienza” in collaborazione con INAF, sui canali Facebook e Youtube.

Anche EduINAF, il magazine di didattica e divulgazione dell’INAF, partecipa alle iniziative dedicate all’eclissi con una diretta speciale della serie “Il cielo in salotto” pensata appositamente per docenti e studenti delle scuole di ogni ordine e grado. Grazie alla partnership con il sito web TimeAndDate, la trasmissione seguirà l’eclissi al telescopio in diretta partire dalle 19:00 ora italiana fino a conclusione del fenomeno. A partire dalle 20:00, una serie di ospiti, tra cui le ricercatrici INAF Ilaria Ermolli e Mariarita Murabito e il Prof. Francesco Berrilli dell’Università di Roma Tor Vergata, commenteranno in diretta le immagini in arrivo dall’America e risponderanno, come di consueto, alle domande del pubblico. La registrazione della diretta sarà disponibile già dai giorni successivi in formato “school edition” per poter portare in classe la meraviglia di questo fenomeno astronomico, accompagnata dalle spiegazioni degli esperti.

LE ATTIVITÀ NELL’AMERICA CENTRO-SETTENTRIONALE

Cinque saranno i team INAF a seguire l’eclissi in loco. Con strumenti all’avanguardia, non solo immortaleranno uno fra gli eventi astronomici più rari e affascinanti, ma proveranno anche a studiare altri fenomeni celesti (in prossimità del Sole e oltre).

Albino Carbognani, ricercatore dell’INAF di Bologna, proverà a verificare quante stelle si possono riprendere in cielo durante l’eclissi: il cielo, infatti, non diventa mai completamente buio perché l’ombra della Luna ha un’estensione di soli 200-300 km e il fondo cielo è paragonabile a quello del crepuscolo circa 40 minuti dopo il tramonto del Sole. Da Burleson (Texas), il ricercatore INAF tenterà anche l’osservazione di eventuali oggetti attorno al Sole, all’interno dell’orbita di Mercurio, i cosiddetti “vulcanoidi” previsti dalle teorie sulla formazione del Sistema solare. Un altro obiettivo sarà documentare l’elusivo e imprevedibile fenomeno delle “ombre volanti”, una serie di bande parallele alternativamente chiare e scure dovute alla rifrazione degli ultimi raggi solari, pochi istanti prima dell’inizio della totalità, da parte dell’atmosfera terrestre. Durante questa eclissi c’è anche la possibilità di riprendere su un unico fotogramma tutti i pianeti del Sistema solare, da Mercurio a Nettuno, più la cometa 12P/Pons-Brooks in un gigantesco “ritratto di famiglia”. Infine, si vuole riprendere le varie fasi dell’eclisse e la totalità con la cromosfera e la corona solare per scopi didattici e divulgativi. Nonostante le missioni spaziali – dice Carbognani – un’eclisse totale di Sole è sempre un’opportunità per studiare fenomeni o corpi celesti estremamente elusivi”.

Per l’INAF di Bologna anche Maura Sandri volerà in America. Da Niagara on the Lake, poco sopra le celeberrime cascate del Niagara, la ricercatrice tenterà di fotografare l’eclissi. La riuscita di questa spedizione è ancora in forse a causa dello stato di emergenza proclamato dalle autorità dell’Ontario in vista dell’arrivo di oltre 1 milione di visitatori (sui 14 milioni di visitatori annuali).

Anche l’INAF di Torino parteciperà alla campagna osservativa. Il team di Lucia Abbo documenterà l’eclissi da Torreon (Messico). Obiettivo: lo studio della fisica dell’atmosfera esterna del Sole, la corona. La spedizione scientifica prevede l’utilizzo di tre strumenti: un telescopio per l’osservazione della corona solare e due telescopi per le osservazioni spettro-polarimetriche delle righe coronali prodotte dal ferro e dall’elio presente nella corona. Abbo spiega: “Le misure che verranno acquisite durante l’eclissi (alcune mai fatte in precedenza) offrono un’opportunità unica di analizzare i parametri fisici delle strutture coronali, ed in particolare di studiare il campo magnetico coronale molto vicino al lembo solare”. Durante il fenomeno è prevista una campagna osservativa congiunta con altri strumenti da Terra e dallo spazio coordinata dal network Whole Heliosphere and Planetary Interactions (WHPI). “Avere informazioni sui campi magnetici coronali sembra un sogno proibito della fisica solare ma possiamo sperarci grazie alle nostre misurazioni durante l’eclissi”.

L’INAF di Roma (IAPS) sarà invece a Ennis (Texas) per raccontare l’eclisse da una posizione privilegiata. Il Texas, infatti, è considerato uno dei posti migliori per osservare il fenomeno solare, perché attraversato dalla linea centrale dell’ombra lunare, il che significa che i ricercatori presenti sul posto sperimenteranno la durata di totalità più lunga rispetto ad altre aree (4:23 minuti). Ernesto Palomba e colleghi porteranno i lettori di Media INAF e i follower della pagina social Nuovi Mondi – Astronomia & Scienza al centro dell’eclissi con la diretta già citata nei paragrafi precedenti. Anche il team di ricercatori INAF in Texas tenterà di osservare la corona solare e la possibile presenza dei vulcanoidi. “Servirà una buona dose di fortuna per osservare per la prima volta un vulcanoide, ma se c’è un momento nel quale questo può avvenire è proprio durante un’eclisse come questa”, commenta Palomba.

Per l’INAF di Napoli sarà Clementina Sasso a seguire l’eclissi negli Stati Uniti, questa volta però dal meeting scientifico “Joint Solar Orbiter, Parker Solar Probe, and DKIST Meeting” a San Antonio, Texas. A cavallo dei giorni dell’eclissi, la corona solare sarà osservata e studiata anche dal satellite Solar Orbiter che si troverà in un punto particolare della sua orbita, vicino al perielio (raggiunto il 4 aprile) e a un angolo di 90 gradi rispetto alla Terra. In questo modo potrà osservare la corona che da Terra vediamo al lembo ovest del Sole, di fronte e, in più, potrebbe osservare le espulsioni di massa coronale (CMEs) dirette verso la Terra, nel caso dovessero verificarsi. Le osservazioni dal 7 al 9 aprile in questa particolare configurazione orbitale saranno dedicate alla ricerca di eruzioni solari, il nome della campagna è infatti “Eruption Watch”, che vedrà coinvolti tutti i telescopi a bordo di Solar Orbiter e sarà guidata proprio da Clementina Sasso, che sottolinea come “nonostante sia abituata a vedere il Sole eclissato (con lo strumento Metis), assistere ad un’eclissi di Sole ‘naturale’ non ha paragoni. Se poi durante le osservazioni congiunte da Terra e dallo spazio dovesse capitare anche un evento eruttivo, nella direzione giusta, la giornata diventerebbe semplicemente perfetta!”.


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Gli Alieni non Esistono – Ragionando ancora sul Paradosso di Fermi – scarica il contributo

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Il Paradosso di Fermi si sa è sempre fonte di animate e celebri discussioni fra chi, prendendo alla lettera le parole dello scienziato analizza le possibili soluzioni al suo enigma, e chi, più goliardicamente, accetta senza troppe polemiche l’ironia della conclusione.

Da quale delle due parti ci si voglia schierare leggere e ragionare sulle implicazioni è senz’altro un piacevole passatempo ma ancor più un allenamento alla fantasia immaginando improbabili, o al contrario molto realistiche, soluzioni alla presenza o meno di vita intelligente nelle prossimità del nostro Sistema Solare o almeno nella nostra galassia, e se non c’è di meglio almeno una oltre noi in tutto l’Universo!

Nella trattazione che segue Graziano Chiaro, ricercatore che negli ultimi tempi si sta concentrando sul futuro del progetto SETI nel mondo e in ITALIA e che nelle pagine di COELUM segue la rubrica dedicata all’istituto, affronta il ragionamento di un altro ricercatore, Frank Tipler del Dipartimento di Matematica della Berkeley University, il quale, aggiungendo nuovi punti di vista a ragionamenti già in essere, giunge alla desolante conclusione che gli alieni non esistono.

Quello confezionato quindi dall’autore non è un racconto “definitivo” ne vuole essere una altisonante trattazione esaustiva dell’argomento ma il racconto del ragionamento seguito dal collega statunitense e quali obiezioni si possono alla teoria avanzare.

Come spesso capita nelle trattazioni che riguardano il Paradosso di Fermi alcuni passaggi sono “già sentiti” o colgono spunto da ragionamenti già avanzati in precedenza, tuttavia ogni tassello aiuta a formulare congetture da cui nascono altre congetture e così via fino al giorno in cui una risposta, che ci soddisfi o meno, arriverà.

Il PDF della trattazione è disponibile in download gratuito e per gli utenti registrati al seguente LINK

 

 

PDF Sulle Riflessione di Frank Tipler

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Roberto Ragazzoni è il nuovo presidente dell’Inaf

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Roberto Ragazzoni neo eletto presidente dell'INAF ai festeggiamenti per i 25 anni di Coelum.
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Riceviamo ora e diffondiamo subito la notizia arrivata in redazione dall’Ufficio Stampa INAF

Roberto Ragazzoni è il nuovo Presidente dell’INAF

Con Decreto di nomina n. 0000593 del 04/04/2024 il Ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini ha nominato Roberto Ragazzoni quale nuovo Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Roberto Ragazzoni succede a Marco Tavani.

Roberto Ragazzoni, 57 anni, è originario di Rovigo. È professore ordinario al Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Padova dal 2020 ed è stato direttore dell’INAF di Padova dal 2018 al 2023. Ha lavorato all’INAF di Arcetri, allo Steward Observatory di Tucson, Arizona, e al Max Planck Institut für Astronomie di Heidelberg in Germania. Nella sua carriera, ha già ricevuto riconoscimenti importanti come il Premio Wolfgang Paul della fondazione Humboldt in Germania nel 2000, il Premio Feltrinelli per l’Astronomia nel 2016 e, infine, la nomina a membro dell’accademia dei Lincei nel 2019.

L’Inaf ha un nuovo presidente, Roberto Ragazzoni. Profes

Roberto Ragazzoni, neo eletto presidente dell’Istituto nazionale di astrofisica. È professore ordinario al Dipartimento di fisica e astronomia dell’Università di Padova dal 2020 ed è stato direttore dell’Inaf di Padova dal 2018 al 2023. Ha lavorato all’Inaf di Arcetri, allo Steward Observatory di Tucson, Arizona, e al Max Planck Institut für Astronomie di Heidelberg in Germania. Nella sua carriera, ha già ricevuto riconoscimenti importanti come il premio “Wolfgang Paul” della fondazione Humboldt, in Germania, nel 2000, il premio “Feltrinelli” per l’astronomia nel 2016 e, infine, la nomina a membro dell’accademia dei Lincei nel 2019. Astronomo e inventore, Ragazzoni è anche pilota d’aerei. Crediti: Riccardo Bonuccelli/Inaf

sore ordinario all’Università di Padova, già direttore dell’Osservatorio astronomico Inaf della stessa città, è un volto noto dell’astronomia a livello mondiale, soprattutto per i suoi contributi allo sviluppo di nuove tecniche di osservazione e di correzione delle immagini mediante ottica adattiva. Ragazzoni si è detto orgoglioso della nomina, e ha ringraziato il suo predecessore, Marco Tavani.

«Ho ricevuto con grande orgoglio, e non certo senza ravvisare il peso della responsabilità, la telefonata del ministro, la senatrice Anna Maria Bernini, annunciando la mia nomina alla presidenza dell’Inaf. Una telefonata concisa ma cordialissima», dice a Media Inaf  il neo eletto presidente. «Mi ha persino augurato di rimettermi in sesto perché la mia voce roca tradiva qualche malanno passeggero. E mi ha ricordato i numerosi progetti, tra cui l’Einstein Telescope, su cui il governo sta puntando».

L’articolo completo a cura di Valentina Guglielmo è su MEDIA INAF

Roberto Ragazzoni è da sempre un grande amico di Coelum e sostenitore del progetto editoriale. Come per altre iniziative di valore, Ragazzoni si è sempre speso per la diffusione della passione nell’Astronomia (e nel volo!). Ci uniamo quindi al coro degli estimatori aggiungendo agli altri i nostri complimenti e i migliori auguri per il nuovo traguardo appena raggiunto.

La direzione di Coelum Astronomia

 


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Stelle variabili: un universo da scoprire alla portata di tutti

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Il progetto del GrAG Gruppo Astrofili Galileo Galilei per la scoperta di nuovi astri pulsanti: 70 nuove stelle variabili, un’avventura collettiva all’insegna dell’astronomia inclusiva

Dopo la notizia pubblicata su Coelum.com qualche mese fa in cui si annunciava che la Stella del GrAG è la prima catalogata come Gigante Rossa Oscillante abbiamo chiesto all’operoso gruppo laziale di raccontarci come la loro “vita” quotidiana e come organizzano le attività che alla fine si rivelano estremamente efficaci.

Ne è nato un racconto avvincente che abbiamo voluto pubblicare per esteso nel numero 267 di Coelum Astronomia e di cui troverete un assaggio nelle righe a seguire.

Dalle parole di alcuni protagonisti del gruppo GrAG 

Fra il 2021 e 2022, alcuni soci dell’associazione GrAG hanno scoperto ben quattro stelle variabili individuate su scatti fotografici effettuati con strumentazione personale ed utilizzando metodi e software facilmente reperibili su Internet, come ad esempio Muniwin, Astroimage, Vstar, Peranso e Period4. Come ci si può immaginare, è stata un’attività coinvolgente, che ha richiesto impegno e presenza sia per la formazione teorica e pratica preliminare sia per le procedure effettivamente eseguite per ciascuna stella analizzata, fino al riconoscimento delle variabili.

Confrontandoci fra i membri ci siamo accorti che non tutti hanno tempo e coraggio per affrontare e superare le barriere di ingresso a questa indagine pur consapevoli del suo fascino e delle soddisfazioni che ne possono tornare.

Alla fine del 2022, sulla scia dell’euforia per i risultati ottenuti, il GrAG ha scelto di rendere accessibile ai propri soci la scoperta di nuove stelle variabili anche in assenza di grandi competenze specifiche ma con la sola precondizione di possedere entusiasmo, costanza, voglia di imparare e di mettersi in gioco. Oggi a distanza di poco più di un anno, siamo orgogliosi di annunciare che l’obiettivo è stato ampiamente raggiunto: a fine gennaio 2024 i soci del GrAG hanno fornito all’AAVSO (The American Association of Variable Star Observers) 70 contributi originali, di cui ben 67 relativi a nuove variabili precedentemente non note. Sono stati coinvolti circa quindici soci spaziando su tutte le età: dal più giovane di 15 anni fino al più grande con quasi 70. I risultati mostrano variabili di molti tipi, dalle “comuni” DSCT a sistemi più complessi composti di più stelle variabili insieme, per un totale di 17 tipologie catalogate. Inoltre, ciliegina sulla torta, a seguito delle nostre analisi è stata creata nei cataloghi della associazione internazionale AAVSO una nuova tipologia di variabile prima non esistente, la ORG.

In questo articolo descriveremo sia le principali caratteristiche dell’ambiente integrato e dei metodi utilizzati all’interno della associazione come anche i risultati raggiunti, rimandando poi a trattazioni successive la descrizione più dettagliata della strumentazione e di alcuni casi di studio significativi.

Introduzione ed obiettivi

Il percorso che conduce alla scoperta di una variabile nuova è piuttosto tortuoso, richiede una strumentazione di qualità per l’acquisizione delle immagini ed una competenza informatica non trascurabile per scaricare, configurare ed utilizzare tutti i tool software necessari. Come abbiamo già accennato si tratta di tool in genere gratuiti e facilmente reperibili online, caratterizzati da una certa potenza e rivolti per lo più soprattutto ad un pubblico preparato ricco di conoscenze pregresse sia di astronomia (e fin qui nulla di male: si studia, è una delle parti più belle di questa attività!) che di tecniche matematiche implementate per le analisi delle curve di luce, come l’analisi di Fourier o simili. Questi ultimi concetti richiedono una preparazione matematica di base abbastanza strutturata che spesso non è parte del bagaglio delle nostre conoscenze. Ma proprio nella gestione di simili nozioni sta la sfida che il GrAG ha accettato lo scorso anno: realizzare un ambiente che consentisse a tutti i propri soci volenterosi di partecipare alle scoperte di nuove stelle variabili indipendentemente dalla propria formazione teorica di base.
Così nelle intenzioni, l’ambiente finale avrebbe dovuto:
– guidare ed aiutare i nuovi adepti nello svolgimento delle attività di analisi
– richiedere a “livello base” solo un minimo di conoscenze
– consentire a ciascuno di crescere ed impegnarsi in base alle proprie disponibilità ed aspettative, da un livello base ad un intermedio preparato fino ad un più evoluto livello competente.
Dal punto di vista concettuale, un ambiente simile avrebbe dovuto prevedere: uno strumento sociale per l’acquisizione delle immagini, una piattaforma software per l’elaborazione su Windows o MacOS o Linux senza necessità di installazioni, un supporto continuo e “diffuso” per tutte le fasi delle analisi, da quelle iniziali a quelle più impegnative di sottomissione delle scoperte all’AAVSO, l’organismo internazionale che censisce le variabili note.

Alcuni protagonisti del gruppo GrAG

Il primo passo: la predisposizione del CosmoGrAG

Il primo significativo passo nella predisposizione dell’ambiente del GrAGper la ricerca scientifica amatoriale è stata la realizzazione e messa in opera del CosmoGrAG, un osservatorio remoto situato nell’area osservativa di Lasco di Picio: l’osservatorio è stato ufficialmente inaugurato Il 25 giugno 2022 e subito si è mostrato come un notevole balzo in avanti per la crescita associativa nel campo dell’astronomia scientifica.
La realizzazione del CosmoGrAG è stata un’impresa lunga e complessa la cui gestione è stata affidata completamente alle forze dell’associazione. I lavori sono iniziati nel 2020 con la posa della base in cemento di 3 metri, su cui è stata successivamente allestita una cupola usata, acquistata con il contributo di uno dei soci. L’anno successivo è stata la volta del telescopio e dell’assemblaggio delle varie componenti, la cui messa a punto ha richiesto ben sei mesi dovendo mettere in opera un sistema con numerosi componenti tutti interconnessi e accuratamente sincronizzati. È stato proprio grazie al contributo di alcuni dei soci che hanno messo a disposizione le proprie competenze specializzate su ogni fase del progetto, dalla posa della base in cemento alla realizzazione della infrastruttura elettronica, della parte software e hardware per la comunicazione dei sistemi di controllo che il sogno ambizioso si è realizzato. A loro va il nostro grazie per la disponibilità e la passione.

La cupola del CosmoGrAG, situata nell’area osservativa di proprietà dell’associazione a Lasco di Picio (Viterbo, Lazio)

La cupola, con un diametro di 3 metri, ospita un telescopio Newton da 12”/30 cm con apertura focale F3, installato su una montatura equatoriale in grado di sostenere e muovere un carico fino a 50 kg. Il sistema di acquisizione dati è composto da un CCD APS-H da 9,2 megapixel e pixel di 7,4 micron, filtri fotometrici BVRI Johnson Cousins, e focheggiatore elettronico con una risoluzione di 0,01 micron. Completano l’allestimento componenti elettronici dedicati alla gestione remota.
Il processo di acquisizione e raccolta degli scatti è gestito tramite un software open source installato su un PC dedicato, che controlla l’intera strumentazione, inclusi i pannelli fotovoltaici installati per il risparmio energetico. Le sequenze di acquisizione sono dotate di sistemi di controllo che avvertono in caso di problemi.

Il telescopio del CosmoGrAG: un Newton da 12”/30 cm con apertura focale F3, installato su montatura equatoriale in grado di sostenere e gestire un carico fino a 50 kg. Camera APS-H da 9,2 megapixel e pixel di 7,4 micron, filtri fotometrici BVRI Johnson Cousins, focheggiatore elettronico con risoluzione di 0,01 micron.

 

Il processo di scoperta

Un passaggio fondamentale nel raggiungimento dell’obiettivo è stato la creazione e messa a punto di un vero e proprio “processo della scoperta” condiviso tra tutti i soci del GrAG e realizzato attraverso l’implementazione di tutti gli strumenti di supporto per ogni fase.
A valle del primo passo di acquisizione delle fotografie, tutte le successive fasi del processo sono supportate dal GrAG Var Tool (GVT), una applicazione sviluppata in cloud computing internamente alla associazione, in modo da non richiedere nessuna installazione od operazione di configurazione iniziale da parte dei soci.
Caratteristica saliente del GVT è la struttura per profili utente con funzioni di supporto specializzate per le diverse fasi e per i diversi livelli di esperienza richiesti.
Scendiamo ora un po’ più in dettaglio le fasi del “processo di scoperta” sia in termini di contenuto sia in termini di supporto automatico fornito.

Schema del processo dall’acquisizione delle immagini alla sottomissione delle variabili scoperte all’AAVSO.

[..]

La spiegazione dettagliata di ogni singolo step del processo di scoperta, i grafici dei risultati, la catalogazione e le considerazioni finali sono raccontanti nell’articolo completo pubblicato in Coelum n°267.

Il GrAG rappresenta un esempio di collaborazione serena e stimolante con un occhio attento all’adesione ed alla partecipazione, un’esperienza da conoscere e perché no, volendo anche da sperimentare.

Contattate il Gruppo GrAG per sapere di più sulle attività in programma per i prossimi mesi.

Webb esplora una galassia starburst estrema

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Messier 82 ripreso da Hubble. Pennacchi rossi di gas a forma di clessidra vengono sparati verso l'esterno dall'alto e dal basso del centro blu brillante a forma di disco di una galassia. Questa galassia è circondata da molte stelle bianche e si staglia sullo sfondo nero dello spazio. A destra: una sezione di Messier 82 ripresa da Webb. Una galassia a spirale starburst con un nucleo bianco brillante che si staglia sullo sfondo nero dello spazio. Credit: NASA, ESA, CSA, STScI, A. Bolatto (UMD)
Tempo di lettura: 3 minuti

Nel mezzo di una galassia brulicante di stelle nuove e giovani si trova un’intricata sottostruttura

Il telescopio spaziale James Webb della NASA/ESA/CSA ha messo gli occhi sulla galassia starburst Messier 82 (M82), un ambiente piccolo ma potente caratterizzato da una rapida formazione stellare. Osservando più da vicino con le sensibili capacità a infrarossi di Webb, un team di scienziati sta arrivando al nucleo della galassia, acquisendo una migliore comprensione di come si formano le stelle e di come questa attività estrema sta influenzando la galassia nel suo insieme.

Situata a 12 milioni di anni luce di distanza nella costellazione dell’Orsa Maggiore, M82 è una galassia di dimensioni relativamente compatte ma che ospita una frenetica attività di formazione stellare. Per fare un confronto, M82 sta generando nuove stelle 10 volte più velocemente della Via Lattea.

Il team ha diretto lo strumento NIRCam di Webb verso il centro della galassia starburst, per ottenere uno sguardo ravvicinato sulle condizioni fisiche che favoriscono la formazione di nuove stelle.

“M82 ha catturato l’attenzione di molte osservazioni nel corso degli anni perché può essere considerata il prototipo della galassia starburst”, ha affermato Alberto Bolatto, autore principale dello studio. “è stata inquadrata sia con Spitzer che con Hubble ma con  la risoluzione di Webb, possiamo osservare nuovi dettagli”.

La formazione stellare continua ad essere avvolta in un senso di mistero a causa delle cortine di polvere e gas, che creano un ostacolo all’osservazione. La capacità di Webb in tal senso di scrutare nell’infrarosso è di certo una risorsa per navigare in queste condizioni oscure. Inoltre, queste immagini NIRCam del centro stesso dello starburst sono state ottenute utilizzando una modalità strumentale che impediva alla sorgente molto luminosa di sopraffare il rilevatore.

Mentre tentacoli di polvere marrone scuro sono intrecciati nel nucleo bianco brillante di M82 in questa visione a infrarossi, la NIRCam di Webb ha rivelato dettagli notevoli. Guardando infatti più da vicino verso il centro, piccoli granelli raffigurati in verde denotano aree concentrate di ferro, la maggior parte delle quali sono resti di supernova. Piccole macchie che appaiono rosse indicano regioni in cui l’idrogeno molecolare viene illuminato dalla radiazione di una giovane stella vicina.

Osservando M82 nelle lunghezze d’onda dell’infrarosso leggermente più lunghe, si possono vedere viticci grumosi rappresentati in rosso che si estendono sopra e sotto il piano della galassia. Si tratta di un vento galattico che fuoriesce dal nucleo dello starburst.

Risolvendo una sezione centrale di M82, gli scienziati sono stati in grado di esaminare da dove ha origine il vento e ottenere informazioni su come i componenti caldi e freddi interagiscono all’interno del vento.

Una galassia a spirale starburst con un nucleo bianco brillante che si staglia sullo sfondo nero dello spazio. Una fascia bianca del disco bordo si estende da sinistra in basso a destra in alto. Viticci di polvere marrone scuro sono sparsi sottili lungo questa fascia. Molti punti bianchi di varie dimensioni – stelle o ammassi stellari – sono sparsi in tutta l’immagine, ma sono maggiormente concentrati verso il centro. Molti filamenti rossi e grumisi si estendono verticalmente sopra e sotto il piano della galassia.
Credit:
NASA, ESA, CSA, STScI, A. Bolatto (UMD)

Lo strumento NIRCam di Webb è particolarmente adatto a tracciare la struttura del vento galattico inseguendo l’emissione di molecole chimiche fuligginose note come idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Gli IPA possono essere considerati granelli di polvere molto piccoli che sopravvivono a temperature più fredde ma vengono distrutti in condizioni calde.

Con grande sorpresa del team, la visione di Webb evidenzia che l’emissione di IPA si estende lontano dalla regione centrale dove si trova il cuore della formazione stellare. Un’altra scoperta inaspettata è stata la somiglianza tra la struttura delle emissioni di IPA e quella del gas caldo e ionizzato.

“È stato inaspettato vedere le emissioni di IPA somigliare a quelle del gas ionizzato”, ha detto Bolatto. “Si suppone che gli IPA non vivano molto a lungo se esposti a un campo di radiazioni così forte, quindi forse vengono continuamente reintegrati. Una nuova sfida alle nostre teorie e l’evidenza che sono necessarie ulteriori indagini”.

Le osservazioni di Webb di M82 nella luce del vicino infrarosso sollevano anche ulteriori domande sulla formazione stellare, ad alcune delle quali il team spera di rispondere a breve.

Nel prossimo futuro, il team avrà osservazioni spettroscopiche di M82 da Webb pronte per l’analisi, così come immagini complementari su larga scala della galassia e del suo vento. I dati spettrali aiuteranno gli astronomi a determinare l’età precisa degli ammassi stellari e a fornire un’idea di quanto dura ciascuna fase di formazione stellare in un ambiente di galassie starburst. Su scala più ampia, l’ispezione dell’attività in galassie come M82 può approfondire la comprensione da parte degli astronomi dell’Universo primordiale.

Questi risultati sono stati accettati per la pubblicazione su The Astrophysical Journal .

 

Al Vera C. Rubin la fotocamera digitale più grande mai costruita

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I ricercatori controllano la LSST Camera che presto verrà spedita in Cile. Credit: G. Stewart/SLAC National Accelerator Laboratory
Tempo di lettura: 3 minuti

Completata la costruzione della più grande fotocamera digitale mai costruita per l’astronomia

SLAC celebra il completamento della fotocamera da 3200 megapixel dell’Osservatorio Vera C. Rubin

Dopo due decenni di lavoro, scienziati e ingegneri dello SLAC National Accelerator Laboratory del Dipartimento dell’Energia e i loro collaboratori celebrano il completamento della LSST Camera .

Una volta montata sul Simonyi Survey Telescope dell’Osservatorio Vera C. , la fotocamera da 3200 megapixel aiuterà i ricercatori a osservare l’Universo con un dettaglio senza precedenti. Nei prossimi due decenni la LSST Legacy Survey of Space and Time, genererà un’enorme quantità di dati sul cielo notturno meridionale che i ricercatori estrarranno per sviluppare nuove conoscenze sull’energia oscura, sulla materia oscura , sui cambiamenti del cielo notturno, sulla Via Lattea e sulla Terra.

L’Osservatorio Vera C. Rubin è finanziato congiuntamente dalla National Science Foundation (NSF) e dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (DOE) ed è un programma di NSF NOIRLab , che, insieme a SLAC, gestirà in modo cooperativo Rubin.

L’obiettivo ambizioso è comporre un enorme filmato approfondito del profondo cielo, e per raggiungerlo serviva la più grande fotocamera digitale mai costruita per l’astronomia. La fotocamera ha all’incirca le dimensioni di una piccola automobile e pesa quasi 3.000 chilogrammi. La sua lente anteriore è larga oltre 1,5 metri e si tratta dell’obiettivo più grande mai realizzato per questo scopo. Un secondo obiettivo, largo 90 centimetri, è stato invece progettato appositamente per sigillare la camera a vuoto che ospita l’enorme piano focale della fotocamera. Si tratta di un piano focale composto da 201 sensori CCD singoli progettati su misura ed è talmente piatto che la sua superficie varia di non più di un decimo della larghezza di un capello umano. I pixel stessi sono larghi solo 0,01 mm (10 micron).

LSST Camera Deputy Project Manager Travis Lange illumina l’interno della LSST Camera. Credit:
J. Ramseyer Orrell/SLAC National Accelerator Laboratory

Tuttavia, la caratteristica più importante della fotocamera è la sua capacità di catturare i dettagli su un campo visivo senza precedenti. È così eccezionale che ci vorrebbero centinaia di televisori ad altissima definizione per visualizzare solo una delle sue immagini a grandezza naturale. “Le sue immagini sono così dettagliate che potrebbero individuare una pallina da golf da circa 25 chilometri di distanza, coprendo una fascia di cielo sette volte più ampia della Luna piena.”, ha affermato Aaron Roodman, professore dello SLAC e vicedirettore dell’Osservatorio Rubin e responsabile del programma fotografico.

Ora che la fotocamera LSST è completa ed è stata accuratamente testata allo SLAC, verrà imballata e spedita in Cile e portata per 2.737 metri (8.980 piedi) sul Cerro Pachón nelle Ande, dove verrà successivamente issata sul Simonyi Survey Telescope entro l’anno.

Lo scopo essenziale della fotocamera LSST è quello di mappare le posizioni e misurare la luminosità di un vasto numero di oggetti del cielo notturno. Dal robusto catalogo costruito da Rubin, i ricercatori saranno in grado di dedurre una grande quantità di informazioni. Forse lo scopo più interessante sarà la ricerca di segni di lente gravitazionale debole, quando cioè le galassie massicce piegano leggermente la luce proveniente dalle galassie di fondo più distanti. Una lente debole che aiuta gli astronomi a studiare la distribuzione della massa nell’Universo e come è cambiata nel tempo.

Una riproduzione artistica mostra gli elementi principali della camera. Credit:
C. Smith/SLAC National Accelerator Laboratory

Gli scienziati vogliono anche studiare i modelli nella distribuzione delle galassie e come questi siano cambiati nel tempo, identificando ammassi di materia oscura e individuando supernove, che possono aiutare a migliorare la nostra comprensione sia della materia oscura che dell’energia oscura.

Ancora più vicino a casa, i ricercatori sperano di creare un censimento molto più accurato dei tanti piccoli oggetti del nostro Sistema Solare.

Tra i laboratori partner che hanno contribuito con competenze e tecnologia figurano il Brookhaven National Laboratory , che ha costruito la serie di sensori digitali della fotocamera, il Lawrence Livermore National Laboratory , che con i suoi partner industriali ha progettato e costruito obiettivi per la fotocamera, e il National Institute of Nuclear and Particle Physics di il Centro nazionale per la ricerca scientifica (IN2P3/CNRS) in Francia, che ha contribuito alla progettazione del sensore e dell’elettronica e ha costruito il sistema di scambio dei filtri della fotocamera, che insieme consentirà alla fotocamera di concentrarsi su sei bande di luce separate, dall’ultravioletto all’infrarosso.

La camera sarà posizionata sulla parte superiore dell’Osservatorio Vera C.Rubin. Credit:
Rubin Observatory/NSF/AURA

Fonte: NOIRLab

Il Cielo di Aprile 2024

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Tempo di lettura: 7 minuti

IL CIELO DI APRILE 2024

8 aprile Eclissi totale di Sole

Mappa del cielo alle ore (TMEC): 01 Apr > 23:00   15 Apr > 22:00  30 Apr > 21:00

 

COSTELLAZIONI DI APRILE 2024

… Poi venne l’aprile, alba dell’estate. La natura, in quel mese, ha incantevoli bagliori che passano dal cielo, dalle nubi, dagli alberi, dai prati e dai fiori nel cuore dell’uomo.

I Miserabili- Victor Hugo

Le Costellazioni del Leone e dei Cani da Caccia nel cielo di primavera

Tutte le descrizioni sono in Le Costellazioni del mese di Aprile

a cura di @teresamolinaro

I principali eventi di Aprile 2024 (pubblicati nell’Almanacco 2024 distribuito in omaggio a tutti gli abbonati)

Data Ora Cosa Come

02/04/2024 00:18 Mercurio Moto Retrogrado
02/04/2024 05:14 Luna Ultimo Quarto
06/04/2024 05:50 Congiunzione Luna-Marte
07/04/2024 18:36 Congiunzione Luna-Venere
07/04/2024 19:53 Luna Perigeo
08/04/2024 14:20 Luna Nodo Ascendente
08/04/2024 20:17 Eclisse Solare Totale
08/04/2024 20:20 Luna Nuova
09/04/2024 03:23 Congiunzione Luna-Mercurio
10/04/2024 23:08 Congiunzione Luna-Giove
11/04/2024 01:51 Congiunzione Luna-Urano
11/04/2024 05:12 Congiunzione Marte-Saturno
12/04/2024 00:52 Mercurio Congiunzione Inf.
15/04/2024 21:13 Primo Quarto
19/04/2024 00:40 Congiunzione Mercurio-Venere
20/04/2024 04:09 Luna Apogeo
20/04/2024 09:35 Congiunzione Giove-Urano
20/04/2024 11:11 Mercurio Nodo Discendente
22/04/2024 12:00 Massimo Liridi
22/04/2024 12:44 Luna Nodo Discendente
23/04/2024 04:43 Congiunzione Luna-Spica
24/04/2024 01:28 Eclisse Lunare
24/04/2024 01:48 Luna Piena
25/04/2024 14:47 Mercurio Staz. Moto Diretto
26/04/2024 22:38 Congiunzione Luna-Antares
29/04/2024 06:03 Congiunzione Marte-Nettuno
30/04/2024 18:13 Mercurio Afelio

Tutte le effemeridi del mese di Aprile 2024 sono disponibili in file csv

Clicca sul banner per scaricare

Clicca sul banner per accedere alle Effemeridi agosto 2023!

ATTENZIONE la parte centrale dell’articolo con la descrizione del moto dei pianeti ed equazione del tempo è riservata agli abbonati a COELUM


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LUNA

Ad ovest l’8 aprile Luna e Giove non vicinissimi accompagnati da Urano

ma probabilmente si parlerà solo dell’eclissi!

Tutto nella rubrica Luna di Aprile 2024

COMETE

IL GRAN FINALE DELLA 12P/PONS-BROOKS

Per molti mesi abbiamo seguito con interesse la sua crescita, attendendo con trepidazione il passaggio al perielio. Ebbene, ci siamo! L’istante si verificherà il 21 aprile, quando le stime indicano la cometa tra la quarta e la quinta magnitudine, quindi potenzialmente visibile ad occhio nudo.

Per approfondire: le comete di Aprile 2024 a cura di @claudiopra

ASTEROIDI

GLI ASTEROIDI IN OPPOSIZIONE
in Aprile

e consigli per le riprese

(3) Juno, (23) Thalia 

Trovi tutto qui: Mondi in miniatura – Asteroidi, Aprile 2024 a cura di @mioxzy

TRANSITI NOTEVOLI ISS

La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante il primo mese della Primavera, auspicando come sempre in cieli sereni.

Non perdere la rubrica Transiti notevoli ISS per il mese di Aprile 2024 a cura di @stormchaser

SUPERNOVAE – AGGIORNAMENTI

Grandi scoperte nel mese di gennaio, @fabio-briganti e Riccardo Mancini ce le raccontano sapientemente qui!

Cieli sereni a tutti!


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Coelum Astronomia 267 II/2024 Digitale

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La Luna di Aprile 2024

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Tempo di lettura: 3 minuti

Ad ovest l’8 aprile Luna e Giove non vicinissimi accompagnati da Urano

ma probabilmente si parlerà solo dell’eclissi!

All’inizio del mese di Aprile la Luna sorgerà nelle ultime ore della notte quando l’alba ne nasconderà in poco meno di un’ora la visuale. Seguiranno notti senza Luna che attraverserà la fase di Luna Nuova il giorno 8 aprile.

Il 10 Luna – Giove

Per riscoprire nuovamente il satellite dovremo attendere il giorno 10 quando intorno alle 20 la potremo ammirare ad ovest vicino Giove (4° ovest) ed immersa nella luce del tramonto.

Luna e Giove il giorno 10 immersi nel tramonto, quindi ad ovest, 4° di distanza.

Dal giorno 11 in poi e per i giorni successivi la Luna si allontanerà dal pianeta aumentando pian piano la sua fase ed anticipando sempre più la sua altezza in cielo al momento del tramonto del Sole. Sarà quindi sempre più facile scorgerla ad ovest nelle sere e via via per parte della notte.

Il 15 Luna – Polluce

Attraversando il Toro, senza avvicinarsi troppo ad Aldebaran arriverà nell’Auriga il giorno 12, nei pressi della stella Elnath finchè il giorno 15 con Luna al primo quarto non comparirà al tramonto del Sole molto vicino a Polluce, poco più di 2°.

Il giorno 15 la Luna transiterà molto vicino a Polluce, solo 2°, a Sud.

Le giornate si stanno allungando e per le prime ore di buio bisognerà aspettare sin dopo le 20 e 30.

Il 18 Luna – Regolo

Nei giorni successivi la Luna attraverserà la costellazione del Cancro che, come sappiamo, è priva di stelle di particolare nota, puntando direttamente verso Regolo, la stella alfa della costellazione del Leone, che raggiungerà il giorno 18 aprile (3° e 15′). La Luna inizierà inoltre ad apparire sempre più spostata verso est.

Il 27 Luna e Antares

Saltiamo al 22 aprile quando la Luna sarà visibile ad Est già immersa nelle luci del tramonto molto vicina a Spica (3° 53′) stella principale della costellazione della Vergine, per rimanere poi ben visibile per tutto il corso della notte fino all’alba. Certo non un grande aiuto per le osservazioni di profondo cielo ma molte ore utili invece per chi è alle prese proprio con gli scatti dedicati al satellite. Attenzione però la Luna il giorno 25 sarà oramai piena, le riprese della superficie mostreranno quindi poche ombre dei crateri.
Il giorno 27 il nostro satellite, che ora sorge sempre più tardi nello ore serali e prima notte, transiterà vicino Antares.


Con i pianeti quasi tutti immersi nella luce del Sole e posizionati a distanze minime da esso, poche occasioni ci concederanno per scatti gradevoli.

Al Limite
Immersi nelle luci dell’alba potremo forse provare a catturare due avvicinamenti fra Luna e Saturno e Luna e Venere rispettivamente nelle mattine del 6 e 7 aprile. Ma stiamo davvero parlando di pochissimi minuti con una esigua falce di Luna.

Tabelle delle fasi e distanze Luna-Terra

FASE DATA ORE SORGE CULMINA TRAMONTA DISTANZA DIAM. APP.
Ultimo Quarto 02-apr 05:14 03:16 07:33 11:47 380330 km 1868.6
Luna Nuova 08-apr 20:20 06:29 19:04 19:37 358878 km 1972.3
Primo Quarto 15-apr 21:13 11:22 18:37 02:41 391137 km 1846.1
Luna Piena 24-apr 01:48 20:50 01:07 06:15 399979 km 1807.7
FASE DATA
Luna Calante dal 01 al 08
Luna Crescente dal 09 al 254
Luna Calante dal 26 al 30

 

FASE DATA ORE DISTANZA DIAM. APP.
Perigeo 07/04 19:53 359464 km 1966.2
Apogeo 20/04 04:09 405608 km 1789.0

–  Ogni fenomeno lunare e rispettivi orari sono rapportati alla Città di Roma, dati rilevati dai siti https://theskylive.com/http://www.marcomenichelli.it/luna.asp


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Stato di Emergenza in Canada in vista dell’eclissi

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Di Saffron Blaze - Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=15045971
Tempo di lettura: 2 minuti

La regione canadese del Niagara dichiara lo stato di emergenza per prepararsi ad un afflusso record di spettatori per l’eclissi

La regione del Niagara in Ontario ha dichiarato lo stato di emergenza mentre si prepara ad accogliere fino a un milione di visitatori per l’eclissi solare all’inizio di aprile.

L’ eclissi solare totale totale dell’8 aprile sarà la prima a toccare la provincia dal 1979 e le Cascate del Niagara sono state dichiarate dal National Geographic uno dei posti migliori per vederla.

La città si trova proprio nella fascia di totalità, dove la luna bloccherà completamente i raggi del sole per alcuni minuti. Le forze dell’ordine si aspettano un’invasione di spettatori, forse più di un milione. Visitatori che certo non vorranno perdere uno scenario apocalitico con le cascate sullo sfondo. Il sindaco delle Cascate del Niagara, Jim Diodati, all’inizio di marzo ha dichiarato che si aspetta il maggior numero di visitatori che la sua città abbia mai visto in un solo giorno da sempre.

Giovedì scorso, il governo della regione del Niagara ha proclamato in maniera preventiva lo stato di emergenza per prepararsi all’evento, condizione che da accesso ad alcuni strumenti di pianificazione aggiuntivi per prepararsi alla giornata, al fine di gestire possibili ingorghi, maggiori richieste di servizi di emergenza e sovraccarichi della rete di telefonia mobile.

Generato con intelligenza artificiale

L’eclissi raggiungerà la costa pacifica del Messico al mattino, taglierà diagonalmente gli Stati Uniti dal Texas al Maine e terminerà nel Canada orientale nel tardo pomeriggio. La maggior parte del resto del continente vedrà un’eclissi parziale.

Parliamo ampiamente dell’eclissi dell’8 aprile nel numero 267 di Coelum Astronomia.

 

Le Comete di Aprile 2024

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Tempo di lettura: 3 minuti

IL GRAN FINALE DELLA 12P/PONS-BROOKS

 

12P/Pons-Brooks

Per molti mesi abbiamo seguito con interesse la sua crescita, attendendo con trepidazione il passaggio al perielio. Ebbene, ci siamo! L’istante si verificherà il 21 aprile, quando le stime indicano la cometa tra la quarta e la quinta magnitudine, quindi potenzialmente visibile ad occhio nudo. Occorrerà però fare i conti con una situazione prospettica decisamente sfavorevole, nella quale l’oggetto si troverà bassissimo sull’orizzonte al termine del crepuscolo nautico, con il cielo dunque ancora troppo chiaro. Ovvio che in quella situazione le probabilità di percepirla anche solo strumentalmente saranno pressoché nulle, con le uniche concrete speranze di successo legate ad uno dei suoi outburst che in questi mesi di avvicinamento non sono mancati. Rimanendo però al prevedibile converrà anticipare i tempi osservandola a inizio mese quando, pur bassa e leggermente meno luminosa, sarà osservabile nel cielo buio. Dall’Ariete, nei pressi della stella Alfa Hamal, si muoverà verso il Toro avvicinando Giove, che fungerà da ottimo punto di riferimento. Imperdibile il giorno 10 la configurazione cometa, Pianeta Gigante ed un sottile falcetto lunare di circa due giorni, con i tre corpi celesti che formeranno un triangolo raccolto pochi gradi. Nei giorni 12 e 13 la 12P si avvicinerà ulteriormente al gigante del Sistema Solare mentre successivamente il suo abbassamento sull’orizzonte ed il chiarore lunare ci costringerà a cercarla in condizioni sempre più sfavorevoli. Nell’ultima parte del mese, a meno di sorprese, come già anticipato sarà praticamente impossibile “estrarla” dal fondo cielo ormai chiarissimo. Non resterà quindi che darle appuntamento per il suo ritorno tra settant’anni.

Cartina della 12P in aprile. Le stelle più deboli sono di magnitudine 8.

13P/Olbers

Anche la Olbers, come la 12P, ritorna dopo circa settant’anni. La sua scoperta, nel marzo del 1815, si deve al medico tedesco Heinrich WilhemOlbers, attivo astronomo dilettante autore anche dell’individuazione dei due grandi asteroidi 2 Pallas e 4 Vesta. Le condizioni osservative saranno un po’ più favorevoli rispetto alla non distante Pons-Brooks, con la cometa comunque a sua volta piuttosto bassa sull’orizzonte che si muoverà entro i confini del Toro, risultando osservabile non appena il cielo si fa buio, inizialmente discretamente alta ma in abbassamento, tanto che a fine mese sarà rintracciabile nei pressi dell’orizzonte. Nel corso del mese la sua luminosità dovrebbe raggiungere la decima magnitudine.

Cartina della 13P in aprile. Le stelle più deboli sono di magnitudine 10.

C/2021 S3 PanSTARRS

Ormai in allontanamento, questa deludente cometa dovrebbe inizialmente brillare su valori vicini alla decima magnitudine. Dalla Volpetta si sposterà nel Cigno, mostrandosi alta in cielo poco prima del termine della notte astronomica.

Cartina della 2021 S3 PanSTARRS in aprile. Le stelle più deboli sono di magnitudine 9.

 


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Transiti ISS notevoli per il mese di Aprile 2024

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Tempo di lettura: 2 minuti

Transiti ISS notevoli per il mese di Aprile 2024

La ISSStazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli in orari mattutini. Avremo quattro transiti notevoli con magnitudini elevate durante il mese, auspicando come sempre in cieli sereni.

 

22 Aprile

Si inizierà il giorno 22 Aprile, dalle 05:26 verso SO alle 05:34 verso ENE. Osservabile senza problemi da tutta la nazione con magnitudine di picco a -3.7.

23 Aprile

Il giorno dopo, 23 Aprile, dalle 04:39 in direzione S alle 04:45 in direzione ENE. Osservabile al meglio dal Sud Italia, il transito avrà una magnitudine di -3.1.

24 Aprile

Il penultimo transito si avrà il giorno 24 Aprile, dalle 05:24 da OSO alle 05:32 a NE, con magnitudine massima a -3.2. Visibilità ottimale dal Centro Nord Italia, meteo permettendo.

25 Aprile

L’ultimo transito del mese, il 25 Aprile, sarà visibile da tutto il paese. Dalle 04:37 alle 04:43, da OSO a NE. Magnitudine di picco a -3.8.Transito parziale, con la ISS che avrà la massima luminosità poco dopo essere uscita dall’ombra della Terra.

N.B. Le direzioni visibili per ogni transito sono riferite ad un punto centrato sulla penisola, nel centro Italia, costa tirrenica. Considerate uno scarto ± 1-5 minuti dagli orari sopra scritti, a causa del grande anticipo con il quale sono stati calcolati.

In caso di Booster della ISS eseguiti nei giorni successivi alla pubblicazione dell’articolo gli orari possono differire anche in maniera significativa. Vi invitiamo a controllare sempre il sito https://www.heavens-above.com/ soprattutto in caso di programmazione di una sezione di osservazione.


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A Scheggia (PG) il 57° Congresso nazionale dell’Unione Astrofili Italiani

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Tempo di lettura: 3 minuti

AGGIORNAMENTO DAL CONGRESSO dell’UNIONE ASTROFILI ITALIANI

Novità per il Congresso UAI
tutti i soci UAI che parteciperanno in presenza
riceveranno una copia di Coelum 267 in omaggio
e in più 
potranno usufruire di uno sconto 30% sugli abbonamenti alla versione cartacea.

*l’offerta è limitata a chi sottoscriverà l’abbonamento nei giorni del congresso.


Dal 19 al 21 aprile 2024 torna – con grandi novità – il Congresso nazionale dell’Unione Astrofili Italiani (UAI), il più importante appuntamento degli appassionati di astronomia in Italia. Il Congresso, alla sua 57ª edizione, sarà un’occasione di incontro e confronto per scoprire quanto è stato fatto in ambito astrofilo, nei vari settori di attività, e per contribuire a definire nuove idee e i progetti futuri. Ospitato presso il Teatro Comunale di Scheggia e Pascelupo, il Congresso si avvarrà della preziosa collaborazione dell’Associazione Astronomica Umbra, delegazione territoriale dell’UAI.

Attorno ai tavoli del Congresso si siederanno astrofili provenienti da tutta Italia, afferenti alle oltre 60 Delegazioni dell’UAI, e astronomi professionisti, con i quali l’Unione Astrofili Italiani ha stretto rapporti di collaborazione nell’ambito sia divulgativo che della ricerca. “Il Congresso – spiega il Presidente dell’UAI Luca Orrù – è ormai dal lontano 1968 il più atteso e privilegiato momento di incontro, condivisione e socializzazione di tutta la comunità degli astrofili, delle associazioni, degli osservatori, dei planetari e dei musei a tema astronomico – scientifico che si riconoscono nella UAI. Un fine settimana per fare il punto della situazione, promuovere attività e condividere esperienze, offrire nuovi stimoli e anche per vivere momenti di grande divulgazione scientifica”.

Locandina ufficiale del Congresso UAI 2024

Ad aprire il Congresso saranno proprio le attività divulgative dedicate alla scoperta delle meraviglie del cielo, indirizzate alle scuole del territorio e al pubblico generico. Tra queste, non mancheranno – per la gioia di adulti e bambini – le osservazioni ai telescopi, spettacoli nel planetario e una mostra fotografica a cura dell’Associazione Astronomica Umbra. Si entrerà poi nel vivo delle attività congressuali con l’Assemblea dei soci e con le sessioni a cura delle Commissioni “Outreach”, “Ricerca” e “Tecnica” dell’UAI. In particolare, saranno presentate le diverse attività e i progetti su cui hanno lavorato gli astrofili delle varie Commissioni e che ricadono nell’ambito della didattica, della divulgazione – rigorosamente inclusiva – dell’astronomia, della ricerca amatoriale, del monitoraggio e contrasto dell’inquinamento luminoso, e della promozione dell’uso della strumentazione astronomica e delle tecniche osservative e dell’astrofotografia più innovative. Momenti di condivisione delle iniziative e dei risultati realizzati nel corso dell’ultimo anno si alterneranno a momenti di discussione per mettere a fattor comune le esperienze e individuare le sfide da affrontare e, quindi, per progettare insieme il futuro dell’astrofilia. Rispetto agli anni precedenti, le sessioni tematiche ospiteranno molti interventi a cura di astrofili e astronomi che collaborano con le Commissioni dell’UAI e incentrati su esperienze rilevanti in ambito outreach e ricerca. Altra novità del Congresso, l’area “networking” dedicata ai poster sulle attività e iniziative a carattere culturale e scientifico delle Delegazioni.

In occasione del Congresso, come da tradizione, verranno assegnati il premio “Gian Battista Lacchini”, il Premio “Guido Ruggieri”, il Premio “Stella al merito” e il Premio “Marco Falorni”. Il Premio “Gian Battista Lacchini”, istituito nel 1994, è il più importante riconoscimento che l’Unione Astrofili Italiani conferisce ad astronomi e astrofili di fama mondiale che si sono distinti nella divulgazione dell’astronomia. Il Premio “Guido Ruggieri” è assegnato dall’UAI all’astrofilo più meritevole per specifiche attività di ricerca effettuate o per l’insieme delle attività realizzate nel corso della propria carriera astrofila; il Premio “Stella al merito” va ai soci UAI che più si sono distinti negli ambiti di attività divulgative e didattiche, per meriti organizzativi o per il sostegno alla crescita dell’associazione; mentre il Premio “Marco Falorni” è destinato a persone particolarmente attive nel campo dell’osservazione planetaria. Il Premio “Lacchini” 2024 va all’astrofisico Amedeo Balbi, che terrà la tradizionale Lectio Magistralis aperta al pubblico e trasmessa in streaming sui canali social dell’UAI.

Nel corso del Congresso verrà inoltre decretato il vincitore del bando Astroiniziative 2024 riservato alle delegazioni dell’UAI e dedicato al tema “Artemis: ritorno alla Luna” e verranno presentati dall’Unione Astrofili Senesi, aggiudicataria del bando nel 2023, i risultati del progetto “Guardiani del cielo”. Il bando, con cadenza annuale, sostiene le iniziative in ambito divulgativo e didattico, eventualmente anche incentrate su attività di ricerca amatoriale, allo scopo – da un lato – di diffondere l’astronomia e la scienza nella società, e – dall’altro – di incoraggiare la creatività e la progettualità delle delegazioni.

Anche noi di COELUM saremo all’evento, vi aspettiamo!

⇒⇒Per maggiori informazioni sul Congresso UAI 2024 e per prenotare consultare il seguente link: https://www.uai.it/sito/congresso-uai-2024/

 

Mondi in miniatura – Asteroidi, Aprile 2024

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GLI ASTEROIDI IN OPPOSIZIONE
ad APRILE

e consigli per le riprese

(12) Victoria , (532) Herculina, (30) Urania, (385) Ilmatar, (89) Julia

(12) Victoria è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.300 giorni (3.56 anni) ad una distanza compresa tra le 1.82 e le 2.85 unità astronomiche (rispettivamente, 272.268.125 Km al perielio e 426.353.931 Km all’afelio). Deve il suo nome in onore della divinità latina Victoria, equivalente alla dea greca Nike. La sua superficie è composta principalmente da silicati e metalli (Tipo S), simile a quella di molti altri asteroidi della fascia principale. Scoperto da  J. R. Hind  il 13 Settembre 1850, questo grande asteroide di 120 Kilometri di diametro sarà in opposizione il 1 di Aprile. In questo frangente raggiungerà la massima brillantezza con una magnitudine di 10.4, il suo moto sarà di 0,69 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (12) Victoria trasformarsi in una bella striscia luminosa di 27 secondi d’arco.

Traccia del percorso di (12) Victoria nel mese di aprile. Crediti https://in-the-sky.org/

 

(532) Herculina è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.680 giorni (4.60 anni) ad una distanza compresa tra le 2.27 e le 3.27 unità astronomiche (rispettivamente, 339.587.166 Km al perielio e 489.185.037 Km all’afelio). E’ stato scoperto il 20 Aprile 1904 dall’astronomo tedesco Max Wolf. L’origine del nome non è chiara: si ritiene che derivi dalla figura mitologica di Ercole, ma potrebbe anche essere stato dedicato dallo scopritore ad sua conoscente di nome Ercolina. Questo imponente asteroide ha un diametro di circa 170 Km di diametro che lo rende uno dei maggiori corpi della fascia principale. La sua superficie riflette relativamente bene la luce solare, indicando una composizione di silicati e metalli (Tipo S), simile a molti altri corpi della fascia principale.  L’analisi di un evento di occultazione avvenuto nel 1978 e successivi studi fotometrici hanno suggerito la presenza di almeno una grande luna o satellite che orbita attorno all’asteroide, ma non esistono ad oggi conferme definitive sulla natura binaria di (532) Herculina che siano universalmente accettate dalla comunità astronomica. (532) Herculina sarà in opposizione il 7 Aprile, momento nel quale raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 9.1. Il suo moto sarà di 0,53 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (532) Herculina trasformarsi in una bella striscia luminosa di 21 secondi d’arco.

Traccia del percorso di (532) Herculina nel mese di aprile. Crediti https://in-the-sky.org/

(30) Urania è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.330 giorni (3.64 anni) ad una distanza compresa tra le 2.06 e le 2.67 unità astronomiche (rispettivamente, 308.171.614 Km al perielio e 399.426.315 Km all’afelio). Deve il suo nome a Urania una delle nove muse nella mitologia Greca, protettrice dell’astronomia e della poesia. Scoperto da John Russel Hind il 22 luglio 1854, questo grande asteroide di circa 88 Km di diametro ha una composizione superficiale di silicati e metalli (Tipo S). Anche (30) Urania sarà in opposizione il 7 di Aprile, momento nel quale raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 11. Il suo moto sarà di 0,65 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (30) Urania trasformarsi in una bella striscia luminosa di 26 secondi d’arco.

Traccia del percorso di (30) Urania nel mese di aprile. Crediti https://in-the-sky.org/

 

(385) Ilmatar è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.750 giorni (4.79 anni) ad una distanza compresa tra le 2.49 e le 3.21 unità astronomiche (rispettivamente, 372.498.698 Km al perielio e 480.209.165 Km all’afelio). E’ stato così chiamato in onore di Ilmatar, dea della creazione nella mitologia Finlandese. La sua superficie ha una composizione di rocce silicatiche e metalli (Tipo S) che lo rende simile a molti altri corpi della fascia principale. Scoperto da  Max Wolf il 1 di Marzo del 1894, questo grande asteroide di circa 90 Km di diametro sarà in opposizione il 9 Aprile, momento nel quale raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 11.2. Il suo moto sarà di 0,61 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (385) Ilmatar trasformarsi in una bella striscia luminosa di 24 secondi d’arco.

Traccia del percorso di (385) Ilmatar nel mese di aprile. Crediti https://in-the-sky.org/

(89) Julia è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.490 giorni (4.08 anni) ad una distanza compresa tra le 2.08 e le 3.02 unità astronomiche (rispettivamente, 311.163.571 Km al perielio e 451.785.570 Km all’afelio). Deve il suo nome in onore di Santa Giulia. Scoperto dall’astronomo Édouard Stephan il 6 Agosto 1866, questo imponente asteroide di circa 145 Km di diametro è considerato il corpo progenitore dell’omonia famiglia asteroidale Julia, un gruppo di asteroidi che condividono caratteristiche orbitali simili, suggerendo un’origine comune. Le famiglie asteroidali sono gruppi di asteroidi che si ritiene siano frammenti di un più grande corpo progenitore generati a seguito di collisioni o altri eventi catastrofici. Questi gruppi sono identificati principalmente attraverso l’analisi delle loro orbite, che mostra similitudini nella loro inclinazione, eccentricità e semiasse maggiore.

La famiglia Julia è caratterizzata da asteroidi che hanno orbite con specifiche proprietà dinamiche che li collegano al corpo progenitore, suggerendo che  i membri della famiglia potrebbero essere i pezzi generati a seguito di un antico impatto. (89) Julia sarà in opposizione il 10 Aprile, momento nel quale raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 10.8. Il suo moto sarà di 0,70 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 4 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (89) Julia trasformarsi in una bella striscia luminosa di 24 secondi d’arco.

Traccia del percorso di (89) Julia nel mese di aprile. Crediti https://in-the-sky.org/

Hebe è un grande asteroide (circa 185 Km di diametro) di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.380 giorni (3.78 anni) ad una distanza compresa tra le 1.93 e le 2.92 unità astronomiche (rispettivamente, 288.723.890 Km al perielio e 436.825.782 Km all’afelio). Deve il suo nome a Hebe, figura mitologica greca, Figlia di Zeus e di Hera.

Scoperto da Karl Ludwig Hencke il 1 Luglio 1847 è il quinto Asteroide più luminoso della fascia dopo (4) Vesta, (1) Ceres, (7) Iris, e (2) Pallas, (6). Un aspetto particolarmente interessante di Hebe è che si pensa sia una delle fonti principali delle meteoriti H condriti, uno dei gruppi più comuni di meteoriti che cadono sulla Terra. Questa teoria si basa sull’analisi della composizione delle meteoriti e sulla loro corrispondenza con lo spettro di riflessione di Hebe. Se corretto, ciò significherebbe che almeno una parte delle rocce spaziali che studiamo proviene da questo singolo asteroide, fornendo un campione diretto della sua composizione e, di conseguenza, delle preziose informazioni sulla formazione e l’evoluzione degli asteroidi nella fascia principale. (6) Hebe sarà in opposizione il 22 Aprile. In questo frangente raggiungerà la massima brillantezza con una magnitudine di 9.9.  Il suo moto sarà di 0,61 secondi d’arco al minuto, quindi per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 4 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (6) Hebe trasformarsi in una bella striscia luminosa di 24 secondi d’arco.


 

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Le Costellazioni di Aprile 2024

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COSTELLAZIONI DI APRILE 2024

… Poi venne l’aprile, alba dell’estate. La natura, in quel mese, ha incantevoli bagliori che passano dal cielo, dalle nubi, dagli alberi, dai prati e dai fiori nel cuore dell’uomo.

I Miserabili- Victor Hugo

LA COSTELLAZIONE DEL LEONE NEL CIELO DI APRILE

Uno degli asterismi protagonisti del cielo primaverile, che transita al meridiano proprio intorno al 15 di aprile, è certamente quello del Leone: la costellazione è posta tra il Cancro e la Vergine, osservabile già dalla prima serata,e per riconoscerla sarà sufficiente trovare la tipica forma trapezoidale che la identifica, di cui la stella Regolo (alfa Leonis) costituisce uno dei suoi vertici (quello orientato a Sud-Ovest).

Regolo è un sistema stellare composto da quattro stelle divise in due coppie; con la sua magnitudine +1,40 è la ventunesima stella più luminosa del cielo notturno.

Dista circa 79 anni luce da noi e la sua vicinanza all’Equatore celeste fa sì che possa essere osservata da tutte le aree popolate della Terra.

Con il suo colore bianco-azzurro, Regolo è facilmente individuabile nelle serate primaverili: insieme ad altre stelle della costellazione del Leone, alfa Leonis va a comporre un noto asterismo chiamato Falce: si tratta di una figura molto brillante, nota anche come Falce Leonina, la cui forma richiama appunto quella dell’oggetto di cui porta il nome.

Il vertice Sud-Orientale della costellazione del Leone è costituito dalla stella Denebola, che rappresenta la coda dell’animale: è una delle stelle più vicine a noi, trovandosi a 36 anni luce di distanza e, con la sua luce bianca, è circa 17 volte più luminosa del Sole.

Denebola è una stella variabile della tipologia Delta Scuti, con una luminosità che varia leggermente nel giro di poche ore: da studi cinematici risulta che Denebola potrebbe essere una componente di un’associazione stellare di cui fanno parte anche Alpha Pictoris, Beta Canis Minoris e l’ammasso aperto IC 2391.

GLI OGGETTI DEL PROFONDO CIELO NELLA COSTELLAZIONE DEL LEONE

GALASSIA A SPIRALE NGC 2903 CREDITI: ESA/Hubble, NASA e L. Ho, J. Lee e il team PHANGS-HST

La costellazione del Leone ospita diversi oggetti non stellari come le galassie M65, M66, M105 e NGC 2903: quest’ultima, oltre ad essere una galassia a spirale barrata, è anche l’oggetto più brillante della costellazione e possiamo ammirarne i dettagli nell’incredibile immagine ad alta risoluzione catturata dal Telescopio Spaziale HUBBLE, attraverso l’utilizzo della Advanced Camera for Surveys (ACS) e la Wide Field Camera 3 (WFC3).

TRIPLETTO DEL LEONE CREDITI: Soumyadeep Mukherjee. Nell’immagine si notano le tracce dei satelliti impresse nei frame ancora non eliminati in post produzione.

Le Galassie M66, M65 e NGC 3628  formano il Tripletto del Leone, che si trova a 35 milioni di anni luce dalla Terra, apprezzabile nell’immagine realizzata dall’astrofilo Soumyadeep Mukherjee.

NGC 3628 CREDITI: Soumyadeep Mukherjee

 

Entro i confini della costellazione sono stati scoperti anche diversi sistemi planetari: attorno alla nana rossa Gliese 436, posta a 33 anni luce dal Soleorbita un pianeta la cui massa è simile a quella di Nettuno; vi è poi la stella HD 102272 attorno alla quale orbitano due pianeti di tipo giovano.

IL LEONE NELLA MITOLOGIA

Nota già ai tempi dei Babilonesi per la sua identificazione con il Sole, poiché ospitava il Solstizio d’Estate, la costellazione del Leone è mitologicamente legata alla figura di Ercole: secondo il mito, la dea Era possedeva un famelico leone che tormentava il popolo di Nemea; l’animale, dotato di una spessa e invulnerabile pelliccia, sembrava essere immune a qualsiasi arma.

Nell’impresa di cacciarlo e ucciderlo vi riuscì solamente Ercole, che dopo aver sconfitto la feroce bestia, la scuoiò, indossando da quel momento la pelliccia impenetrabile del leone. La fierezza dell’animale fu tramutata in stelle da Zeus, che collocò la sua figura sulla volta celeste.

Leone ed Ercole Crediti MARCO ANTONIO PRESTINARI

LA COSTELLAZIONE DEI CANI DA CACCIA

Nel cielo di aprile incontriamo un’altra costellazione, posta tra il Boote e l’Orsa Maggiore: si tratta della costellazione boreale dei Cani da Caccia (Canes Venatici): l’asterismo fa parte del cielo primaverile, la sua stella principale, α Canum Venaticorum, è nota come Cor  Carolied è una stella doppia bianca di magnitudine 2,89, distante 110 anni luce, risolvibile già con un piccolo telescopio.

Beta Canum Venaticorum(Asterion) è una stella gialla di magnitudine 4,24, distante 27 anni luce mentre Y Canum Venaticorum, nota anche come La Superba, è una stella variabile di magnitudine media 5,42 che si trova a una distanza di 710 anni luce.

OGGETTI NON STELLARI NELLA COSTELLAZIONE

La costellazione dei Cani da Caccia ospitaun oggetto del profondo cielo davvero affascinante: la galassia spirale M51, detta anche Galassia Vortice.

GALASSIA VORTICE M51 CREDITI: SOUMYADEEP MUKHERJEE

Si tratta di una delle galassie più brillanti, la cui luminosità è dovuta alla presenza di giovani stelle brillanti azzurre che ne popolano i bracci; è un oggetto molto amato dagli astrofili e nell’osservazione si presenta di fronte, rendendosi visibile con un buon binocolo e un telescopio di discreta apertura.

M51 possiede anche una piccola galassia satellite, NGCC 5195, che rappresenta quasi la continuazione di uno dei bracci della spirale. Questo sistema dista da noi circa 20 milioni di anni luce.

Un gruppo di ricercatori del Center for Astrophysics di Harvard (Stati Uniti) ha scoperto, attraverso i telescopi spaziali Chandra e Xmm-Newton per raggi X, un possibile pianeta extragalattico grande come Saturno, che orbita ogni 70 anni attorno a una binaria X (M51-ULS-1) a 28 milioni di anni luce da noi, proprio nella Galassia Vortice.

MESSIER 94 CREDITI: ESA/Hubble e NASA

A circa 16 milioni di anni luce di distanza, nella costellazione dei Cani da Caccia, è situata una galassia dall’aspetto mozzafiato: si tratta di Messier 94, da ammirare nell’immagine super dettagliataripresa dal celebre Telescopio Spaziale HUBBLE.

Altro oggetto che può considerarsi tra i più belli del profondo cielo è senza ombra di dubbio Messier 3: si tratta di un ammasso globulare che contiene mezzo milione di stelle, molte delle quali variabili, e che risulta essere uno dei più grandi e luminosi mai scoperti.

MESSIER 3 CREDITI:ESA/Hubble e NASA, G. Piotto et al.

I CANI DA CACCIA TRA MITO E STORIA

Nel 1687 l’astronomo polacco Johannes Hevelius formò la costellazione dei Cani da Caccia, inserendola tra il Boote e l’Orsa Maggiore, una regione di cielo a suo dire troppo vuota che bisognava integrare con un oggetto che comprendesse anche la stella Cor Caroli, Cuore di Carlo ( II d’Inghilterra).

Perché la scelta fosse ricaduta proprio su due cani da caccia non è ben chiaro: essi vengono attribuiti ora Boote, che li tiene al guinzaglio, e ora all’Orsa maggiore, minacciata da essi.

Un’altra storia ci porta negli intrighi della corona inglese, dove il medico di corte Charles Scarborough, denominò una stella Cor Caroli, in onore di Carlo I, in seguito alla sua decapitazione durante la guerra civile inglese.

Successivamente Edmund Halley associò l’astro a Carlo II, salito al trono dopo la morte del padre; egli accolse con entusiasmo che il suo nome fosse tra le stelle e, mosso forse da una certa riconoscenza nei confronti di Halley, decise di dare il via alla realizzazione di uno dei più illustri osservatori: l’Osservatorio Astronomico di Greenwich.

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SUPERNOVAE: aggiornamenti Aprile 2024

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RUBRICA SUPERNOVAE COELUM   N. 119

Come abbiamo visto nelle precedenti rubriche, le scoperte amatoriali di questi primi tre mesi del 2024 sono arrivate dal Giappone con le due scoperte del grande Koichi Itagaki (181 scoperte in totale) e con quella di Hidehiko Okoshi alla sua prima scoperta, ma anche dagli Stati Uniti con il sigillo messo a segno dal veterano Patrick wiggins (9 scoperte in totale). Chi si è distinto però, per il maggior numero di scoperte, in questo primo trimestre dell’anno, sono stati i cinesi del programma XOSS, capitanati da Xing Gao, che hanno ottenuto ben sei successi (per un totale di 93 scoperte). Le sei scoperte cinesi sono purtroppo poco appariscenti sia per la luminosità raggiunta, che per la bellezza della galassia ospite. Fanno però eccezione due di loro che analizzeremo adesso. La prima supernova interessante risale al 5 febbraio, quando brillava appena di una luminosità pari alla mag.+18,5 individuata nella galassia a spirale NGC3780 posta nella costellazione dell’ Orsa Maggiore a circa 100 milioni di anni luce di distanza e accompagnata in cielo, solo prospetticamente, dalla galassia a spirale barrata NGC3804 situata più vicino a circa 70 milioni di anni luce. Nella notte del 7 febbraio, dall’osservatorio del Roque de los Muchachos a La Palma nelle Isole Canarie in Spagna, con il Telescopio Isaac Newton da 2,5 metri del programma GOTO Gravitation-wave Optical Transient Observer è stato ripreso lo spettro di conferma, che ha permesso di classificare la SN2024btj come una giovane supernova di tipo II. La luminosità del nuovo transiente è infatti aumentata lentamente fino a raggiungere la mag.+16 intorno al 25 febbraio. Questa è la terza supernova conosciuta in NGC3780. Le due precedenti furono la SN1992bt scoperta il 19 dicembre 1992 dagli astronomi americani Treffers, Leibundgut e Filippenko dell’Università della California a Berkeley e da Michael Richmond dell’Università di Princeton, facenti parte del programma di ricerca supernovae denominato LOSS Lick Observatory Supernovae Search  e la SN1978H scoperta il 7 novembre 1978 dall’astronomo svizzero Paul Wild.

1) Immagine della SN2024btj ripresa dall’astrofilo inglese Damian Peach con un telescopio Dall-Kirkam da 430mm – Esposizione LRGB per un totale di 3 ore.
2) Immagine della SN2024btj ripresa dall’astrofilo francese Robert Cazilhac con un telescopio C14 F.11 somma di 300 immagini da 5 secondi.
3) Immagine della SN2024btj ripresa dall’astrofilo inglese Nich Haigh con un telescopio Newton da 300mm.

La seconda supernova cinese, che merita un approfondimento, è stata individuata nella notte del 29 febbraio nella galassia a spirale UGC2526 posta nella costellazione del Perseo a circa 220 milioni di anni luce di distanza. Al momento della scoperta il nuovo transiente mostrava una luminosità molto debole pari alla mag.+19,4. Nella notte del 2 marzo gli astronomi cinesi del Yunnan Observatory, con il telescopio Lijiang di 2,4 metri, hanno ripreso lo spettro di conferma, classificando la SN2024dlk come una supernova di tipo Ia scoperta circa due settimane prima del massimo di luminosità. Ed infatti intorno alla metà di marzo è stato raggiunto il massimo di luminosità a mag.+15,5. Questa è la seconda supernova conosciuta in UGC2526, la prima fu la SN2005ek scoperta il 24 settembre del 2005 dal programma americano di ricerca supernovae denominato LOSS.

4) Immagine della SN2024dlk ripresa da Riccardo Mancini con un telescopio Newton da 250mm F.5 esposizione di 35 minuti.
5) Immagine della SN2024dlk ripresa da Claudio Balcon con un telescopio Newton da 410mm F.5,5 somma di 10 immagini da 60 secondi.

Concludiamo la rubrica con una scoperta che ci riguarda più da vicino. Nella notte del 12 marzo gli astrofili Mirco Villi e Michele Mazzucato, che collaborano da diversi anni con i professionisti americani del CRTS Catalina, hanno individuato una debole stellina di mag.+19 analizzando immagini professionali realizzate con il telescopio Cassegrain di 1,5 metri di diametro dell’osservatorio americano sul Mount Lemmon in Arizona. La galassia ospite NGC6433 è una spirale, posta nella costellazione di Ercole a circa 320 milioni di anni luce di distanza. Nella notte del 19 marzo dal Palomar Observatory in California con il telescopio da 1,5 metri è stato ottenuto lo spettro di conferma, che ha permesso di classificare il nuovo oggetto come una supernova di tipo Ia, assegnandole la sigla definitiva SN2024efn. La supernova ha raggiunto il suo massimo di luminosità intorno al 20-25 marzo a mag.+16.

6) Immagine della SN2024efn ripresa da Claudio Balcon con un telescopio Newton da 410mm F.5,5 somma di 10 immagini da 60 secondi.

Ultima ora: L’incredibile giapponese Koichi Itagaki continua a stupire individuando un nuovo transiente nella galassia a spirale NGC4192A. Il primo ad ottenere lo spettro è stato il nostro Claudio Balcon, dopo appena sei ore dalla scoperta. E’ ancora troppo presto per dare una classificazione definitiva, anche se quasi sicuramente si tratterà di una supernova giovanissima di tipo II. Approfondiremo la scoperta nella prossima rubrica, ma la segnaliamo subito perché la galassia ospite è vicinissima alla stupenda galassia Messier 98. Nel giorno della scoperta la Luna Piena si trovava a pochi gradi di distanza. Quando si allontanerà,  potremmo riprendere delle stupende immagini.

Ed ecco appena giunto in redazione lo scatto di Riccardo Mancini proprio sulla SN2024exw in NGC4192A.

7) Immagine della SN2024exw in NGC4192A ripresa da Riccardo Mancini con un telescopio Newton da 250mm F.5 esposizione di 75 minuti.

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News da Marte #27

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Bentornati su Marte! Dopo esserci purtroppo lasciati alle spalle la missione di Ingenuity, il cui epilogo ha occupato una parte importante di queste cronache, possiamo tornare a dedicare le giuste attenzioni alle attività di Perseverance. Il rover è stato impegnato nell’analisi di una roccia abbastanza particolare il cui studio è culminato nel prelievo di un campione. Ci sono delle novità che riguardano la camera SHERLOC, e infine vi racconto di una ricerca pubblicata a metà mese che ha individuato un enorme vulcano sul Pianeta Rosso. Si nascondeva in una regione di Marte studiata da praticamente mezzo secolo…

Si parte!

Bunsen Peak, una nuova roccia per Perseverance

Il nostro amato rover non si sta muovendo granché, con l’ultimo spostamento di una certa entità che è stato svolto il 7 febbraio (Sol 1055). La posizione corrente, raggiunta dopo quasi 2500 metri percorsi attraverso la Marginal Unit in varie tappe nel corso di circa 60 Sol, è la stessa da cui il rover ha condotto le dettagliate osservazioni di Ingenuity raccontate in News da Marte #26.

Posizione di Perseverance aggiornata al 23 marzo nella mappa fornita dalla NASA nel sito della missione. A questo livello di zoom si riesce a includere l’intero spostamento compiuto sin qui all’interno della Marginal Unit da est verso ovest. NASA/JPL-Caltech
Dettaglio dei più recenti spostamenti di Perseverance. Il marker è relativo alla posizione del 7 febbraio

È proprio il 7 febbraio che il rover, durante le osservazioni di routine che svolge con le camere di navigazione per documentare l’area circostante, inquadra per la prima volta la roccia che i tecnici denomineranno Bunsen Peak. Il nome fa riferimento all’omonima montagna di 2610 metri all’interno del parco nazionale di Yellowstone nel territorio del Wyoming, al confine con il Montana.

La roccia Bunsen Peak evidenziata nel cerchio rosso. Left NavCam, Sol 1055. NASA/JPL-Caltech/Piras

Bunsen Peak, spiccando in modo così evidente rispetto alle rocce circostanti (è addirittura visibile dall’orbita grazie all’occhio acuto di Mars Reconnaissance Orbiter), ha attirato presto le attenzioni del team scientifico. Le peculiarità non si fermano però alle dimensioni, e per osservarle meglio serve che saliamo metaforicamente a bordo del rover e ci avviciniamo. Nel Sol 1066 Perseverance si è approcciato per la prima volta alla roccia e ha poi ridotto ulteriormente la distanza nel 1068 (18 febbraio) quando ha scattato questo mosaico.

Ripresa ravvicinata di Bunsen Peak scattata nel Sol 1068 con la Front Left HazCam. NASA/JPL-Caltech/Piras

Da vicino Bunsen Peak svela alcune peculiarità interessanti, come ad esempio la struttura superficiale nella sua parte sinistra. Il lato destro invece si presenta quasi verticale e il colore scuro rispetto al resto della roccia è indicativo di porzioni sulle quali è presente pochissima sabbia. Questa relativa pulizia rappresenta un vantaggio per le osservazioni scientifiche, perché permette di rilevare dati migliori sulla chimica della roccia. Un’ulteriore particolarità di una faccia verticale come questa è che offre una visione in sezione del masso, fornendo indizi agli scienziati sulla struttura interna e su potenziali stratificazioni.

Un altro mosaico di Bunsen Peak costituito da circa 50 immagini della Left MastCam-Z, Sol 1069. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras

Le indagini proseguono e nel Sol 1071 il rover inizia osservazioni davvero ravvicinate. È il momento di mettere in azione la camera WATSON, ospitata in cima al braccio robotico, che permette macro estremamente dettagliate. Perseverance esegue una serie di acquisizioni a distanza variabile mettendo in evidenza la struttura superficiale della roccia oggetto d’indagine.

WATSON in azione, osservata dalla Front Left HazCam nel Sol 1071. NASA/JPL-Caltech/Piras
Collage di acquisizioni macro di WATSON, Sol 1071. NASA/JPL-Caltech/Piras
Le riprese più ravvicinate di WATSON evidenziano queste strane concrezioni. NASA/JPL-Caltech/Piras

Al massimo livello di zoom si notano delle minuscole sfere sul lato della roccia orientato verticalmente. Escluso che si tratti di cristalli, che non crescono in questo modo, un’altra ipotesi è che siano particelle sollevate e trasportate dal vento. Ma anche questa spiegazione è da scartare perché non c’è una sostanza “collosa” organica che permetterebbe a queste sferette di attaccarsi a una parete verticale.

La spiegazione formulata da Steve Ruff, geologo planetario dell’Arizona State University, è che questa superficie fosse un tempo parte di una frattura e di un affioramento prima di essere consumata dal vento e ridotta ora a questo masso. I granelli di sabbia intrappolati all’interno della frattura si sarebbero cementati venendo inclusi nella roccia, forse grazie agli stessi sali che attualmente formano concrezioni, sebbene molto meno solide, nella sabbia. Abbiamo un esempio di questo particolare fenomeno grazie a un sasso che le ruote di Perseverance hanno smosso durante l’avvicinamento a Bunsen Peak.

Differente ritaglio dell’immagine vista poco sopra. Si evidenzia la sabbia cementata che il rover ha smosso spostando un sasso con la sua ruota anteriore sinistra. NASA/JPL-Caltech/Piras

Nei successivi Sol le attività del rover includono anche dei mosaici di fotografie acquisite con le MastCam-Z, ve ne propongo un paio.

Il primo è una ampissima visione del terreno tutto attorno a Perseverance, che tramite 45 scatti copre quasi 350° orizzontalmente.

Left MastCam-Z, Sol 1078. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras

Il secondo mosaico è una combinazione di 72 immagini che ritraggono la regione a est del rover.

Sol 1085. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras

Come spesso accade, il rover ha acquisito queste immagini scattando contemporaneamente con entrambe le MastCam-Z. Con un’ulteriore elaborazione è possibile affiancare i due mosaici e ottenere l’effetto di profondità di una foto stereo, apprezzabile con i comuni occhialini 3d color magenta e ciano.

Per questa immagine e le precedenti vale il consiglio, se possibile, di apprezzarle su un grande schermo e a piena risoluzione.

Trapano in azione

Dopo le analisi preliminari con gli strumenti di imaging, gli scienziati hanno deciso di voler indagare l’interno di Bunsen Peak.

Il Sol 1080 (4 marzo) è stato quindi dedicato a un’abrasione eseguita con una punta particolare che Perseverance può installare sul trapano. L’operazione di fresatura superficiale della roccia dura circa 22 minuti, che possiamo osservare condensati in un video grazie alla soggettiva dal basso catturata dalle HazCam frontali.

Sol 1080, dettaglio della fresa impiegata per l’operazione. Il diametro è di circa 5 cm. NASA/JPL-Caltech

 

Seguono ulteriori osservazioni fotografiche: qui di seguito ho raccolto un paio di immagini della camera WATSON, una della Right MastCam-Z e una della Left NavCam.

Macro della camera WATSON sulla abrasione eseguita su Bunsen Peak circa trenta minuti prima, Sol 1080. NASA/JPL-Caltech/Piras
Right MastCam-Z, Sol 1082. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras
Immagine della Left NavCam, Sol 1080. NASA/JPL-Caltech/Piras

Al termine di alcuni giorni marziani di ulteriori osservazioni (anche notturne, grazie agli illuminatori a LED montati su WATSON) i tecnici NASA hanno avviato le procedure per compiere un prelievo tramite la perforazione della roccia Bunsen Peak. Era dal 14 ottobre che il rover non eseguiva tale operazione, dopo che nel Sol 942 aveva estratto il campione Lefroy Bay.

Operazione di prelievo del campione Lefroy Bay dalla roccia Turquoise Bay, Sol 942. NASA/JPL-Caltech

Ma prima di far mettere al lavoro Perseverance, i tecnici hanno inaspettatamente deciso di indagare sullo stato di un vecchio campione. Era stato estratto oltre due anni fa e mai sigillato all’interno di una delle fiale in titanio a disposizione del rover, studiate per custodire rocce e sabbia in attesa del loro invio verso la Terra nel prossimo decennio. Nel corso di quel prelievo, eseguito il 6 marzo del 2022, era accaduto che parte del carotaggio di roccia fosse andato a bloccarsi tra i denti della punta e il meccanismo interno cavo. Non avevano avuto successo i tentativi di azionare nuovamente il trapano a vuoto per cercare di disincastrare il campione, che da allora era rimasto all’interno della punta.

Naturalmente le operazioni di Perseverance non si sono interrotte in quanto il rover dispone di un set di sei punte intercambiabili e perfettamente identiche tra loro, riposte all’interno della ruota del carousel.

Immagine del campione incastrato all’interno della punta in una foto del marzo 2022, Sol 371. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras

Si ipotizzava forse che dopo due anni di intensi spostamenti il campione si potesse essere smosso oppure si fosse contratto o spezzato, ma così non è stato. Il personale in controllo del rover non ha potuto far altro che prendere atto del fatto che, probabilmente, quel pezzo di roccia resterà all’interno di Perseverance per sempre!

Perseverance osserva nuovamente il campione “problematico” dopo due anni, Sol 1086. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras

Una volta sostituita la punta con una nuova e non ostruita, il Sol 1088 di missione il rover può finalmente eseguire l’operazione di prelievo su Bunsen Peak che dura complessivamente 32 minuti. Si tratta di un tempo superiore di circa il 50% rispetto al solito, dovuto forse alla significativa durezza della roccia.

Il video del prelievo è composto da due inquadrature combinate in modo da mostrare in alta risoluzione il punto di foratura ma anche lo scivolamento verso sinistra della polvere che va a schiarire la superficie della roccia. Seguono alcune foto di routine per verificare il successo dell’operazione, dopodiché il campione viene spostato verso i meccanismi di manipolazione della fiala che hanno il compito di fotografare e sigillare il campione.

 

Conferma del successo dell’operazione, Sol 1086. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras
La CacheCam prima fotografa il campione per verificarne il volume (immagine a sinistra) e successivamente documenta il numero di serie del tappo che ha appena chiuso ermeticamente la fiala. Sol 1086. NASA/JPL-Caltech
Left NavCam, Sol 1088. NASA/JPL-Caltech

Perseverance non ha poi svolto altre attività di particolare rilievo, con l’ultima aggiunta alla nostra cronaca che riguarda il fatto che abbia iniziato ad allontanarsi dalla roccia Bunsen Peak dopo alcune settimane di permanenza in quest’area.

È probabile che il rover stia iniziando un lungo spostamento verso ovest (senza attraversare l’antico canale sabbioso denominato Neretva Vallis bensì costeggiandolo da sud) che lo vedrà fermarsi di tanto in tanto ad analizzare e raccogliere rocce di interesse. Nel vicino futuro di Perseverance c’è la Inner Rim Campaign, e il bordo del cratere Jezero dove il nuovo capitolo della sua missione inizierà dista solo circa 5 km dalla posizione attuale.

Non ci sono buone notizie per SHERLOC

Vi ricordate la camera SHERLOC, il cui coperchio di protezione dalla polvere è rimasto bloccato a inizio gennaio?

29 febbraio, lo sportellino di SHERLOC sembrava aperto quasi del tutto facendo ben sperare per la risoluzione del problema. NASA/JPL-Caltech/Piras

La NASA ha pubblicato un aggiornamento nel sito della missione e le notizie sono dolciamare.

La buona notizia è che i vari tentativi di sbloccare lo sportellino, come avevamo già visto in chiusura di News da Marte #26, hanno avuto successo. I tecnici hanno inviato comandi per aumentare la coppia erogata dal piccolo motore incaricato dell’apertura, “smosso” il braccio robotico e persino azionato il meccanismo di percussione del trapano. Il risultato è stato ottenere un’apertura oltre i 180° che è all’incirca l’obiettivo sperato. Tutto bene quindi?

SHERLOC fotografato il 7 marzo, Sol 1083. NASA/JPL-Caltech/MSSS

Non è tutto bene, ed ecco che arriviamo alle note dolenti. Nell’aggiornamento NASA viene evidenziato un dettaglio tecnico importante, ovvero che il motore che controlla lo sportellino è responsabile anche della messa a fuoco dell’ottica. Il team è pessimista sulla possibilità di ripristinare al 100% l’operatività del motore, ma sta ancora lavorando per cercare di aprire ulteriormente lo sportellino e raggiungere una posizione del fuoco fissa in modo da permettere al laser, allo spettrometro Raman e al sensore d’immagine di operare seppur in modo limitato.

Nel video che segue ho raccolto quasi tutto il materiale fotografico acquisito dal rover durante le settimane in cui si è tentato di risolvere il problema.

 

Scoperto un nuovo gigantesco vulcano su Marte

Si nascondeva in piena vista poco sotto l’equatore, in una delle regioni più studiate del Pianeta Rosso a cavallo tra il famoso canyon Valles Marineris e il Noctis Labyrinthus. Questo nuovo enorme vulcano ci è sfuggito per cinquant’anni a causa dell’intensa erosione che l’ha interessato durante la storia geologica marziana, rendendolo quasi invisibile rispetto ai suoi vicini compagni Ascraeus Mons, Pavonis Mons e Arsia Mons. Ne ha svelato l’esistenza un nuovo studio a prima firma dello scienziato planetario Pascal Lee e presentato il 13 marzo alla 55esima Lunar and Planetary Science Conference.

Immagine: NASA/USGS Mars globe. Annotazioni: Pascal Lee e Sourabh Shubham

Ad arricchire notevolmente la valenza scientifica della scoperta c’è la possibilità che, al di sotto di recenti e sottili depositi vulcanici nella porzione sud-est, siano presenti dei ghiacciai d’acqua. Le conseguenze per l’esobiologia, la ricerca di vita aliena e l’esplorazione robotica (nonché umana) di Marte potrebbero essere rivoluzionarie.

Il nuovo vulcano, provvisoriamente denominato Noctis Volcano, raggiunge i 9022 metri di altezza e ha un diametro di circa 450 km. Queste imponenti dimensioni e le intense modifiche che l’hanno interessato fanno pensare che sia stato attivo per molto tempo all’interno della regione Tharsis, l’esteso altorilievo che ospita anche gli altri tre summenzionati antichi vulcani.

Immagine: NASA Mars Global Surveyor (MGS) Mars Orbiter Laser Altimeter (MOLA) digital elevation model. Annotazioni: Pascal Lee e Sourabh Shubham

“Stavamo esaminando la geologia di un’area dove l’anno scorso avevamo trovato i resti di un ghiacciaio quando ci siamo resi conto di trovarci all’interno di un vulcano enorme e profondamente eroso” ha detto il dottor Pascal Lee. Gli studiosi hanno svelato la presenza del vulcano mettendo insieme vari indizi quali l’alternarsi di numerose mesa (superfici rocciose piatte sopraelevate caratterizzate da bordi quasi verticali) e i canyon che le separano. Nell’area della sommità centrale le mesa appaiono disposte ad arco e raggiungono un picco locale. Le dolci pendenze esterne si estendono fino a 225 chilometri in tutte le direzioni. Ciò che resta della caldera, ovvero il cratere vulcanico collassato, si evidenzia vicino al centro della struttura.

A sinistra: Mars Express HRSC color mosaic, ESA/DLR/FU. A destra: stessa immagine di sinistra con digital elevation model di NASA MGS MOLA. Annotazioni di Pascal Lee e Sourabh Shubham

“Questa area di Marte è nota per avere una vasta gamma di minerali idrati che abbracciano un lungo tratto di storia marziana. Si sospettava da tempo una genesi in ambiente vulcanico per questi minerali, non è stato quindi troppo sorprendente trovare un vulcano qui” ha spiegato Sourabh Shubham, laureando presso il Dipartimento di Geologia dell’Università del Maryland e coautore dello studio. “In un certo senso, questo grande vulcano è stato una sorta di pistola fumante cercata da lungo tempo”.

NASA Mars Reconnaissance Orbiter (MRO) Context Camera (CTX) mosaic e Mars Global Surveyor (MGS) Mars Orbiter Laser Altimeter (MOLA) digital elevation model. Annotazioni di Pascal Lee e Sourabh Shubham

Oltre al vulcano, lo studio riporta la scoperta di una vasta area di depositi vulcanici di 5000 chilometri quadrati all’interno del perimetro che presenta un gran numero di piccole protuberanze allungate e rotonde, simili a bolle. Questo “terreno a bolle” viene interpretato come un campo di pseudocrateri (rootless cones in inglese), formazioni prodotte da emissioni esplosive o gonfiamenti dovuti al vapore quando uno strato sottile di materiali vulcanici caldi si deposita sopra una superficie ricca di acqua o ghiaccio.

Il vulcano Noctis presenta una lunga storia di cambiamenti derivanti probabilmente da una combinazione di fratturazioni, erosione termica ed erosione glaciale. I ricercatori lo classificano come un vulcano a scudo composto da accumuli stratificati di materiali piroclastici, lava e ghiaccio, quest’ultimo risultante da ripetuti accumuli di neve e ghiacciai sui suoi fianchi nel corso del tempo. Con lo sviluppo di fratture e faglie, in particolare in corrispondenza dell’innalzamento della più ampia regione Tharsis, le lave hanno cominciato a fluire attraverso varie porzioni del vulcano portando all’erosione termica e al crollo di intere sezioni.

Successive glaciazioni hanno proseguito la loro erosione, conferendo a molti canyon all’interno della struttura la loro forma attuale. In questo contesto, il Relict Glacier identificato nelle immagini e la possibile lastra ghiacciata sepolta intorno ad esso potrebbero essere resti dell’ultimo episodio di glaciazione che ha interessato il vulcano Noctis.

Un’immagine in grado di restituire efficacemente la grande complessità di mesa e canyon che caratterizzano il vulcano, con le loro brusche variazioni di altitudine, è quella che riporto qui sotto. È frutto di un’elaborazione che combina le immagini della sonda Mars Express per generare un anaglifo tridimensionale. Per poterla apprezzare appieno è necessario, ancora una volta, l’uso degli occhialini magenta/ciano.

ESA/DLR/FU Berlin. Annotazioni di Pascal Lee e Sourabh Shubham

Restano ancora varie incognite relative a questo vulcano di recente individuazione. Sebbene probabile che sia stato attivo per molto tempo e abbia iniziato a formarsi presto nella storia geologica di Marte, non si sa con precisione quanto presto. Similmente, sebbene abbia subito eruzioni anche in tempi moderni, non è chiaro se sia ancora attivo dal punto di vista vulcanico e se potrebbe eruttare di nuovo. E ancora: se è stato attivo per molto tempo, potrebbe la combinazione di calore costante e acqua dal ghiaccio aver permesso al sito di ospitare la vita?

Mentre gli scienziati continuano a formulare nuove domande sul vulcano Noctis, il sito sta già destando grande curiosità relativamente allo studio dell’evoluzione geologica marziana e la ricerca della vita. Inoltre la possibile presenza di ghiaccio a bassa profondità nei pressi dell’equatore permetterebbe a esploratori umani di stabilirsi in una parte meno fredda del pianeta rispetto ai poli restando in grado di estrarre acqua sia per gli usi vitali che per la produzione di carburante per razzi.

Anche per questa puntata è tutto da Marte, alla prossima!

Encelado, la luna di Saturno, è l’obiettivo dell’ESA 2050

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Encelado catturato dalla sonda Cassini: Crediti NASA/JPL-Caltech/University of Arizona/LPG/CNRS/University of Nantes/Space Science Institute
Tempo di lettura: 3 minuti

Una crosta fresca e ghiacciata che nasconde un oceano profondo ed enigmatico. Pennacchi d’acqua esplodono attraverso le fessure del ghiaccio, sparati nello spazio. Un intrepido lander raccoglie campioni e li analizza alla ricerca di tracce di vita.

L’ESA ha iniziato a ragionare su come trasformare un simile scenario in realtà, ideando una missione per indagare su un mondo oceanico attorno a Giove o Saturno. Ma quale luna dovremmo scegliere? Cosa dovrebbe fare esattamente la missione? Un team di scienziati esperti ha presentato le proprie considerazioni.

La missione per capirsi dovrebbe seguire JuiceLISA e NewAthena come la prima missione di “grande classe” di Voyage 2050, il cui piano a lungo termine “le lune dei pianeti giganti del Sistema Solare” per le attività scientifiche spaziali dell’ESA è stato scelto nel 2021e per tradurre questo tema in concetti di missione più concreti, l’ESA ha selezionato un comitato di eminenti scienziati planetari.

Il loro compito? Analizzare i meriti scientifici della visita di varie lune di Giove o Saturno e aiutare l’ESA a tracciare le strade verso soluzioni tecniche innovative che renderebbero possibile tale missione.

Le priorità scientifiche sono state stabilite nell’ambito delle raccomandazioni del Voyage 2050 : la missione dovrebbe concentrarsi sull’abitabilità di un mondo oceanico indagando i legami tra il suo interno e l’ambiente circostante, nonché cercando segni di vita passata o presente e cercando di identificare la chimica vitale in superficie.

ESA/Science Office

Ambizioso ma realizzabile. Sempre.

Naturalmente i grandi sogni devono sempre restare entro i limiti di ciò che è tecnicamente fattibile ed economicamente sostenibile. Mentre il team del dottor Martin si concentrava sulla scienza, gruppi di ingegneri del Concurrent Design Facility dell’ESA hanno analizzato quale tipo di missione sarebbe realistica considerando le tecnologie che prevediamo di aver sviluppato entro i prossimi due decenni.

“Abbiamo commissionato tre studi CDF incentrati sulle lune più promettenti: Europa di Giove ed Encelado e Titano di Saturno”, spiega il dottor Frederic Safa, capo del dipartimento Missioni future dell’ESA. “Il team di scienziati ha lavorato a stretto contatto con gli ingegneri del CDF sugli obiettivi di ogni studio. I risultati hanno aiutato a definire cosa si potrebbe fare con le risorse a cui avremo accesso negli anni ’40”.

and the winner is…

Mirando alla scienza della trasformazione, considerando le caratteristiche di ogni luna e le future missioni pianificate su Giove e sui mondi oceanici di Saturno, gli scienziati hanno identificato Encelado, luna di Saturno, come l’obiettivo più avvincente, seguito da Titano, ancora luna di Saturno, e poi da Europa, luna di Giove.

Nessuna agenzia spaziale è mai atterrata sul piccolo Encelado eppure il satellite ha un enorme potenziale per la nuova scienza, in particolare nel campo dell’abitabilità.

È generalmente accettato che esistano tre condizioni affinché un “ambiente abitabile” possa potenzialmente sostenere la vita come la conosciamo: la presenza di acqua liquida, una fonte di energia e un insieme specifico di elementi chimici.

Encelado catturato dalla sonda Cassini: Crediti NASA/JPL-Caltech/University of Arizona/LPG/CNRS/University of Nantes/Space Science Institute

Encelado spunta tutte e tre le caselle. I pennacchi che fuoriescono dalla sua crosta ghiacciata sono ricchi di composti organici, alcuni dei quali sono fondamentali per la vita. L’oceano sembra anche contenere una potente fonte di energia chimica che potrebbe alimentare gli organismi viventi.

In piedi sulle spalle dei giganti

Basandosi sul Jupiter Icy Moons Explorer (Juice) dell’ESA e sulla missione Cassini-Huygens della NASA/ESA/ASI  per visitare Saturno e atterrare su Titano, questa nuova missione trasporterebbe strumentazione di prossima generazione in grado di rivelare segreti inimmaginabili di un mondo oceanico come Encelado.

Ipoteticamente la missione potrebbe partire all’inizio degli anni ’40 lanciata con un  Ariane 6, arrivando a destinazione circa un decennio dopo. Nello stile di Juice e Cassini-Huygens, la missione, se mirata verso Encelado o Titano, potrebbe compiere un fantastico tour nel sistema di Saturno, comprendendo sorvoli di altre lune sconcertanti, prima di  un’indagine ravvicinata del gran finale  dell’obiettivo prescelto. .

Fonte: ESA

ASTROFOTOGRAFIA: Come nasce una passione per l’Universo Svelato

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Tempo di lettura: 4 minuti

Nello scorso numero 266 la prima APOC di sempre è stata assegnata a Lorenzo Busilacchi, astrofotografo sardo che da alcuni anni, non molti a dire il vero come scopriremo dal suo racconto, si dedica alla ripresa di oggetti del profondo cielo, ma proprio profondo, insomma.. lontani fino a mezzo miliardo di anni luce.

Busilacchi non è fotografo e la sua passione per le sfide e sincera e il suo approccio genuino ci ricorda come l’astronomia sia accessibile a tutti. Certo quello sopra la Sardegna è di certo un cielo che offre molti vantaggi ma non basta! Ci vuole impegno, pianificazione e pazienza certosina.

Il racconto di Lorenzo Busilacchi è nelle righe pubblicate in COELUM 267 con un’ampia carrellata delle sue meglio riuscite imprese. Qui di seguito, i lettori del sito, troveranno un’introduzione al lavoro e quale è stato l’approccio seguito.

L’UNIVERSO SVELATO: LA MIA PASSIONE PER L’ASTROFOTOGRAFIA

COME ACCADE CHE ALZANDO
GLI OCCHI VERSO IL CIELO
SI ACCENDA LA SCINTILLA

circa quattro anni fa ho tirato fuori il telescopio di mio padre, e da allora non mi sono
più fermato. Ho stretto alcune amicizie con le quali ho condiviso e condivido trasferte
fotografiche in luoghi con cieli bui (valore sqm 21) anche mezz’ora da casa come Is Concias, o più lontani verso Chia spiaggia di Cala Cipolla etc. É una passione talmente profonda che ho acquistato il mio primo strumento Newtoniano con montatura medio leggera HEQ5, e come camera una Sony 7s modificata proprio per il profondo cielo per diversi motivi, sia di trasportabilità che di costi, setup nuovo per avere una certa tranquillità e garanzia, sotto consiglio di amici esperti che conoscono il mercato della strumentazione sia di fotografia che astrofotografia. Tramite quello che considero il mio maestro di sempre ho capito che la mia passione era andare a caccia di soggetti sempre più distanti, e così sono passato dal glorioso Newton 200/800 f4, al Newton 200/1000
f5. Ho scelto questi due setup perchè all’inizio della passione, conoscendo meno sia
gli aspetti tecnici che la teoria che sta alla base del cielo profondo, dovevo sondare i
differenti soggetti cominciando da quelli più vicini che necessitano meno di focali
lunghe, bensì di campi più larghi strumenti luminosi come i Newtoniani.
La spesa iniziale può variare, in genere ad esempio si parte con una reflex, e
non camera astronomica collegata ad un obiettivo fotografico, installata su un astroinseguitore che segue la volta celeste durante le ore di acquisizione; si passa poi a setup più complessi con camere cmos raffreddate in base alla temperatura esterna regolabile, per generare meno rumore termico nelle singole foto che vengono sommate con appositi programmi. Con questa configurazione ho intuito presto che certi soggetti, come galassie e nebulose distanti anni luce, rimanevano fuori dalla portata di una buona definizione e profondità. In telescopi medi e di apertura inferiore ai 280 cm la definizione e il potere risolutivo, anche ritagliando l’immagine, non mi offrivano quella qualità e nitidezza che agognavo, specie nell’acquisire soggetti molto piccoli, limitando per altro significativamente la capacità di elaborare in maniera chiara i dettagli sia interni che esterni.
Tutti i limiti ovviamente sono dovuti a diversi fattori, il cielo in primis, ma anche appunto la strumentazione, che può essere idonea per alcuni target ma inadatta per altri a seconda della distanza e grandezza.

Nebulosa Elmo di Thor
Costellazione Cane Maggiore
Distanza circa 12.000 a.l.
Data 27-28/01/24 di Lorenzo Busilacchi

Il passaggio dal setup base a quello più avanzato è stato più complesso del previsto. Se da un lato infatti è stato indispensabile attendere le opportune possibilità economiche dall’altro ho preferito poter sperimentare le varie opzioni di configurazione, specie riguardo a quello che volevo riprendere o meno, cercando di differenziarmi sempre più dai classici oggetti noti.
Dietro ad ogni immagine astronomica c’è un impegno notevole, tuttavia una postazione fissa come la mia può semplificare il lavoro. Nel mio caso bastano pochi minuti per
allineare la stella polare con lo strumento nel giardino di casa dopo di che sono già pronto per acquisire.
Mi concedo di vantarmi di un’idea che si è rivelata nel tempo ottima. Il mio setup infatti è montato su un carrello che posso spostare a piacimento, in questo modo gestisco
tutto a pochi metri dal box che uso per ripararlo da intemperie e agenti atmosferici.

Il discorso dell’astrofotografia itinerante è differente, molto più difficile perché ogni volta
bisogna portare con sé la strumentazione, ma per la trattazione lascio la parola a qualcun altro.

Nebulosa planetaria Doppia Bolla NGC2371-2.
Primo esperimento in assouto a piena focale
anche come integrazione con tempi di acquisizione
brevi su soggetti così luminosi. Distanza circa 3900 a.l.
Costellazione dei Gemelli. Luna presente 92%
Data 21-22.01.24 di Lorenzo Busilacchi

[…]

L’articolo completo è su COELUM ASTRONOMIA N°267 prenotalo finché disponibile.

 

 

Editoriale COELUM 267

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Tempo di lettura: 3 minuti

Con i primi mesi del 2024 ci è conclusa l’ultima fase del concorso LuckyCoelum che ha visto la consegna dei premi agli abbonati estratti.

Editoriale COELUM ASTRONOMIA n°267

Nello scorso mese i vincitori dei concorso LuckyCoelum si sono visti recapitare i premi direttamente a casa.
Le spedizioni sono partite dalle aziende con bancali e imballaggi predisposti ad hoc, tutto per consegnare i premi in maniera perfetta.
Sono passati alcuni mesi dall’estrazione, ma è valso sicuramente la pena attendere anche fosse solo per l’emozione di vedere arrivare un pacco così prezioso e per alcuni, anche molto voluminoso.
Ricordiamo i premi tanto per rifare mente locale (immagini in basso).
Il primo estratto ha ritirato uno strepitoso Dobson Skywatcher Skyliner 300 Flextube. Diciamolo, un gioiellino che chiunque vorrebbe avere ma al quale non è sempre possibile dedicare risorse finanziarie.
Il secondo estratto può contare su uno strumento più maneggevole e completo: Telescopio Bresser NT-203/1000 EXOS-2/EQ5. Un gradino più in alto rispetto all’entry level, un telescopio versatile e preciso perfetto per le prime vere soddisfazioni.
Al terzo vincitore è andata invece la Fotocamera ZWO CMOS “ASI 183 MC Color” 20 Mpixel Mono/Color*. La scelta di una fotocamera è stata piuttosto combattuta, è impossibile pensare di soddisfare a priori un’esigenza così specifica ma il valore del premio non cambia e siamo certi che il lettore saprà come sfruttarlo al meglio.

Anteprima dei premi del concorso LuckyCoelum

E’ stata una vera emozione per la redazione poter contattare i vincitori ed annunciare non solo l’assegnazione ma anche l’imminente consegna. Dall’altro capo del telefono abbiamo sentito voci incerte e sorprese, oggi che riceviamo fin troppe chiamate da chi vuole venderci qualcosa sembra impossibile rispondere a qualcuno che sta annunciando un regalo. Ammettiamo che in alcuni casi abbiamo dovuto ripetere il messaggio addirittura più volte!
Bene, meglio così, sarà stata una doppia sorpresa alla fine aprire al corriere e il pensiero ci rende felici.
Un concorso a premi non è una novità certo, negli anni se ne sono visti molti, su Coelum e non solo, ma per noi, da poco al timone di questo veliero il risultato ci appare sensazionale. Essere riusciti, a distanza di così poco tempo dal ritorno al cartaceo a condividere il successo con alcuni lettori, è fuori da ogni dubbio principalmente una vittoria e, in un periodo storico in cui la diffidenza sembra regnare, essere riusciti a condividere un momento di felicità con i lettori è per noi il migliore dei premi.
Ci sentiamo anche in dovere di ringraziare le aziende che hanno supportato l’iniziativa, Skypoint Srl e Giordano Innovations Srl. Con la collaborazione si può ancora testimoniare il valore di una comunità.

Lo rifaremo? Lo vogliamo dire, non è stato semplice, la prima edizione è (speriamo) la più difficile, ma si, stiamo già ragionando sulle modalità e su come migliorare, per cui seguiteci e soprattutto ABBONATEVI (o rinnovate)!

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Oggi DONNE fra le STELLE 2024 Abano

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Ė in corso ad Abano la terza edizione di “Donne fra le Stelle”. Dopo l’inugurazione di ieri, venerdì, e i saluti ufficiali si entra nel vivo della manifestazione con ampio spazio alle testimonianze.

Sono intervenute nel pomeriggio di ieri Lucia Votano, dirigente di ricerca affiliata INFN e Bianca Poggianti neo eleyya direttrice dell’osservatorio astronomico di Padova e dirigente di ricerva del progetto GASP.

Per l’ambito “Sostenibilità e Spazio” in collegamento Raffaella Luglini, Chief Sustainability Office Leonardo ed in presenza Annamaria Nassisi, Geofisica, Manager Space Economy Observation and Navigation in Thales Alenia Space e co-leader WIA Europe Rome Chapter.

In conclusione della giornata spazio a WIA-Europe Roma Chapter e Ruolo delle Donne realtà che oggi opera su tutto il territorio nazionale promuovendo la parità di opportunità nelle professionalità STEM. Presentazione a cura di Cristina Valente, Head of Institutional Key Account Management in Telespazio e co-leader WIA Europe Rome Chapter.

La giornata di sabato si è aperta con la presentazione del libro “500 e uno quiz di Astronomia” di Francesco Veltri, astrofilo e divulgatore, con l’intervento di Molisella Lattanzi direttrice di Coelum.

Donne fra le Stelle l’intervento di Francesco Veltri con Molisella Lattanzi

A seguire l’incontro dibattito sul rapporto fra Fede e Scienza moderato da Patrizia Parodi con Antonio Masiero, Docente dell’Università di Padova, e Manuela Riondato Astronoma e Teologa.

Chiude la serie di intervento della mattina l’intervento condiviso che vede protagoniste Monica Lazzarin, Astrofisica e Docente del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Padova, e Patrizia Caraveo, Dirigente di Ricerca INAF.

 

Dopo il grande successo delle scorse edizioni sarà Abano Terme (PD), cittadina termale del padovano, ad ospitare la terza edizione di “Donne fra le stelle” nelle giornate del 22-23-24 marzo 2024, con un ricco calendario di convegni e iniziative collaterali.

Ad Abano Terme, dal 22 al 24 marzo 2024, si terrà la

DONNE TRA LE STELLE

Ventidue  scienziate e ricercatrici provenienti dai principali istituti e centri di ricerca europei nel campo della fisica, astronomia, astronautica, astrofisica e ingegneria aerospaziale si racconteranno, come donne e come professioniste, attraverso un linguaggio accessibile e coinvolgente, il 22, 23 e 24 marzo prossimo in quel di Abano Terme, cittadina termale della provincia di Padova che si candida a diventare la capitale dell’aerospazio in rosa per la terza edizione di “Donne fra le stelle”

Ad accompagnarle, durante tutta la tre giorni, l’attore e cantante Riccardo Mei, voce narrante di numerosi programmi Rai (Superquark, Kilimangiaro, Voyager, Rai Storia, Freedom oltre il confine…) e di documentari del National Geographic.

“Donne fra le stelle” è un’associazione nata dal desiderio di illustrare le meraviglie del cosmo al grande pubblico attraverso la voce di astronaute, astrofisiche, ingegnere aerospaziali e ricercatrici, per rendere protagoniste le donne sottolineandone l’impegno e i risultati in ambito scientifico, dove è ancora nettamente prevalente la presenza maschile.

L’obiettivo dell’associazione è stimolare i giovani, soprattutto le ragazze, a scegliere le materie STEM nel loro percorso di studi e lo fa organizzando simposi itineranti su tutto il territorio nazionale e con la collaborazione dei più importanti centri di ricerca a livello mondiale (ASI Agenzia Spaziale Italiana, ESA European Space Agency, NASA National Aeronautics Space Administration).

STEM è un acronimo inglese che racchiude gli indirizzi di studio degli ambiti accademici e lavorativi di Science, Technology, Engineering e Mathematics e alcuni dati tratti dagli elaborati dal Consorzio Inte runiversitario Alma Laurea hanno dimostrato che le donne hanno performance più brillanti degli uomini: le donne STEM sono caratterizzate da un voto medio di laurea lievemente più alto (103,6 su 110 contro 101,6 degli uomini) e da una maggiore regolarità negli studi (tra le donne il 46,1% ha concluso gli studi nei tempi previsti contro il 42,7% degli uomini).

Il simposio di quest’anno si svolgerà principalmente presso il prestigioso Teatro Marconi di Abano Terme , mentre saranno tante e coinvolgenti le attività collaterali alla parte più scientifica e divulgativa.

Nella piazza del Sole e della Pace, antistante il Teatro Marconi, chiunque avrà l’opportunità di osservare il cielo notturno e diurno con i telescopi messi a disposizione gratuitamente dal Gruppo Astrofili di Padova, partner dell’evento. Vi saranno anche workshop gratuiti per i bambini con attività laboratoriali di disegni e osservazione al telescopio, fino al rilascio di un attestato di partecipazione con la foto sulla riproduzione dell’Apollo 11.

Nella piazza sarà infatti presente anche l’installazione in riproduzione 1:1 del modulo di allunaggio dell’Apollo 11 realizzato da Y40 The Deep Joy, oltre che un’esposizione di astrofotografie davvero suggestive: nebulose, galassie…tutto quello che serve per trasportare visitatori e passanti “dentro” le meraviglie del cosmo.

Tra gli altri eventi collaterali da segnalare, la sera del 23 marzo ci sarà il concerto di Riccardo Mei che, con la sua voce calda e avvolgente, si esibirà in un meraviglioso viaggio tra i classici del Jazz, accompagnato dalla Young Art Jazz Ensemble (biglietti disponibili su Eventbrite https://www.eventbrite.com/e/biglietti-riccardo-mei-in-concerto-798769760857?aff=ebdsoporgprofile).

Ulteriore novità di questa edizione aponense è anche il prestigioso Premio nazionale per la divulgazione scientifica spaziale dedicato a Rossella Panarese, giornalista di Radio3Tre scienza.

IL Premio è patrocinato da Confindustria Veneto Est ed è aperto alla partecipazione di ricercatori, giornalisti, studiosi, autori, registi, blogger che con il loro impegno e attraverso la loro arte di comunicatori hanno contribuito a divulgare la scienza spaziale e con l’obiettivo di contribuire a declinare la divulgazione scientifica riguardante lo Spazio a più voci rendendola accessibile, fruibile e di interesse comune attribuendo alla cultura scientifica un ruolo centrale nella società. Sei saranno i vincitori finali per le due categorie in concorso, Under 30 e Over 30.

La giuria del Premio è costituita da esponenti del mondo scientifico, accademico, della ricerca, della comunicazione, delle tv, del cinema e della società.

Questi i nomi: Leila Zoia, responsabile comunicazione Dipartimento Astronomia Università di Padova, Antonella Attili, Attrice,  Cristiana Ruggeri, giornalista televisiva Rai TG 2, Giampaolo Colletti, Presidente WebTv Italia, il Sole 24 Ore, Cristina Borile, Imprenditrice e Vice Presidente Confindustria Turismo Veneto, Riccardo Mei, attore e doppiatore programmi televisivi Rai Mediaset, Elena Rigon imprenditrice marchio Eledor, Romina Gobbo, giornalista, Alessandra Turco, autrice.

Inclusività è sicuramente tra le parole d’ordine di questo evento che, per essere accessibile a tutti e a tutte, verrà trasmesso anche in diretta streaming dalla pagina Facebook di Donne fra le stelle ( https://www.facebook.com/donnefralestelle2024) . Un collegamento fruibile da chiunque e fortemente raccomandato soprattutto alle scuole secondarie che potranno così offrire ai propri studenti e alle proprie studentesse l’opportunità di aprire dei dialoghi di valore e, soprattutto, d’ispirazione per le future generazioni.

Donne fra le stelle ha il patrocinio della città di Abano Terme, Comune di Padova, Provincia di Padova, Regione Veneto, Federalberghi Terme Abano Montegrotto, Therme Abano Montegrotto, Confindustria Veneto Est, Parco Regionale dei Colli Euganei, Università degli Studi di Padova, Ascom Confcommercio Padova, Fondazione Marisa Bellisario, Associazione Donne Scienza

Info: https://donnefralestelle.it/

 

 

EINASTO il superammasso grande 360 milioni di anni luce

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Scoperto il SuperAmmasso di galassie più esteso

Il posto della Terra nello spazio è abbastanza familiare poiché orbita attorno a una stella medio piccola. La stella – il nostro Sole – orbita attorno al centro della nostra Galassia, la Via Lattea. Da qui in poi la storia è meno conosciuta. La Via Lattea fa parte di una grande struttura chiamata Superammasso di Laniakea che ha un diametro di 250 milioni di anni luce! Si tratta davvero di un’enorme area di spazio che contiene almeno 100.000 galassie. Ci sono però superammassi più grandi, come il superammasso Einasto appena scoperto che misura l’incredibile larghezza di 360 milioni di anni luce e ospita 26 quadrilioni di stelle (un quadrilione è pari in Italia a un milione di miliardi)!

Le galassie sono raccolte di cose legate insieme dalla forza di gravità. Una tipica galassia è semplicemente un insieme di stelle, nebulose, ammassi, pianeti, comete e così via. I superammassi sono in gran parte la stessa cosa, solo un insieme di galassie legate insieme (non completamente) sotto la forza di gravità.

Le stelle calde brillano intensamente in questa immagine del Galaxy Evolution Explorer della NASA, che mostra il lato ultravioletto della galassia di Andromeda, o M31, la più grande vicina galattica della nostra Via Lattea. L’intera galassia si estende per 260.000 anni luce: una distanza così grande che ci sono voluti 11 diversi segmenti di immagine uniti insieme per produrre questa vista della galassia. Le bande blu-bianche che compongono gli straordinari anelli della galassia sono quartieri che ospitano stelle calde, giovani e massicce. Strisce blu-grigio scure di polvere più fredda si stagliano nettamente contro questi anelli luminosi, tracciando le regioni in cui la formazione stellare sta attualmente avvenendo in densi bozzoli nuvolosi.  

I superammassi come Laniakea ed Einasto (distanti 3 miliardi di anni luce) sono tra le strutture più grandi dell’Universo. La scoperta di questo ultimo superammasso prende il nome dal professor Jaan Einasto, che fu un pioniere nel campo dei superammassi e ha festeggiato il suo 95esimo compleanno il 23 febbraio 2024. 

Modello tridimensionale dell’asteroide (357) Ninina

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Le misurazioni radar sono tra i metodi più precisi per ottenere dati sulla forma degli asteroidi.

Gli astronomi impiegano diverse tecniche (dirette o indirette) per studiare e determinare la forma degli asteroidi, ciascuna di queste presenta vantaggi e svantaggi che le fanno preferire in specifici campi di applicazione. Tra queste tecniche troviamo le misurazioni radar, l’utilizzo di immagini ottenute da sonde spaziali  e l’inversione delle curve di luce. Il 3D Asteroid Catalogue (https://3d-asteroids.space/) riporta i modelli tridimensionali di circa tremila asteroidi, ottenuti con l’utilizzo di queste diverse tecniche.

Le misurazioni radar sono tra i metodi più precisi per ottenere dati sulla forma degli asteroidi. Utilizzando grandi radiotelescopi, gli astronomi emettono onde radio verso un asteroide e poi ne raccolgono l’eco. Questo permette di ottenere modelli della superficie dell’asteroide con grande precisione, rivelando dettagli sulla sua forma, dimensione, periodo di rotazione, e caratteristiche superficiali. Il radar purtroppo è particolarmente utile solo per studiare asteroidi vicini alla Terra (NEA) fornendo dati utili per valutare potenziali minacce di impatto​​.

Le immagini ottenute da sonde spaziali offrono i dettagli più diretti e minuti della forma degli asteroidi. Missioni spaziali dedicate hanno visitato alcuni asteroidi, orbitando attorno a loro o sorvolandoli da vicino, raccogliendo immagini ad alta risoluzione che ne rivelano la geologia, la topografia e la composizione della superficie con modalità altrimenti impensabili con le tecniche osservative da Terra. Queste missioni, sebbene costose e tecnicamente impegnative, forniscono le informazioni più accurate e dettagliate sulla forma e sulle caratteristiche fisiche degli asteroidi​​.

L’inversione delle curve di luce rappresenta un’altra tecnica fondamentale, utilizzata per ricavare la forma tridimensionale, l’orientamento dell’asse di rotazione ed altre proprietà fisiche degli asteroidi, partendo dai dati fotometrici. La curva di luce rappresenta un grafico che mostra le variazioni di luminosità di un asteroide in relazione al tempo, tali variazioni sono principalmente causate dalla rotazione che riflette diverse quantità di luce solare in ragione della diversa area della superficie illuminata.

La curva di luce di un asteroide varia di aspetto anche in ragione delle diverse geometrie con cui viene osservato da Terra. Ad esempio osservando un asteroide in vista equatoriale, le sue variazioni di luminosità sono massime, mentre se lo osserviamo in vista polare, le sue variazioni di luminosità sono minime. Analizzando queste variazioni periodiche, è possibile dedurre le caratteristiche fisiche dell’oggetto, come l’orientamento dell’asse di rotazione e la sua forma. La tecnica dell’inversione delle curve di luce utilizza modelli matematici per simulare un’ampia varietà di forme e orientamenti possibili che potrebbero produrre le variazioni di luminosità osservate. Confrontando i modelli simulati con i dati reali, è possibile determinare quale configurazione corrisponde meglio alle osservazioni.

Il successo di questa tecnica dipende dalla qualità e dalla quantità dei dati fotometrici raccolti, con risultati più accurati ottenuti attraverso l’osservazione dell’asteroide da diverse angolazioni e in diversi momenti. L’inversione delle curve di luce fornisce un modo potente per studiare gli asteroidi, permettendo agli astronomi di esplorare le proprietà fisiche di questi corpi celesti senza la necessità di missioni spaziali dirette. Per contro i modelli ottenuti con questa tecnica non forniscono informazioni sulle eventuali concavità dell’asteroide.

E’ appena stato pubblicato sul Minor Planet Bulletin (51-2) uno studio, di respiro internazionale, che riguarda la modellazione dell’asteroide di fascia principale (357) Ninina, attraverso il processo di inversione delle curve di luce. Lo studio, guidato da Lorenzo Franco, utilizza i dati fotometrici acquisiti nel corso di cinque opposizioni (dal 2007 al 2023), due delle quali vedono il contributo della sezione asteroidi UAI, insieme ad i dati fotometrici provenienti dalla survey USNO Flagstaff.

Anteprima dello studio pubblicato sul Minor Planet Bulletin

Questa ricerca ha permesso di determinare il periodo siderale (rispetto alle stelle fisse) di rotazione dell’asteroide (35.9840 ± 0.0005 ore), due possibili soluzioni per l’orientamento del polo di rotazione rispetto al piano dell’eclittica (λ = 49°, β = 0°) e (λ = 230°, β = 36°) ed infine il modello tridimensionale.

https://mpbulletin.org/issues/MPB_51-2.pdf

Hanno partecipato allo studio Lorenzo Franco Balzaretto Observatory (A81); Frederick Pilcher Organ Mesa Observatory (G50); Julian Oey Blue Mountains Observatory (Q68);  Alessandro Marchini, Riccardo Papini Astronomical Observatory, University of Siena (K54); Giulio Scarfi Iota Scorpii Observatory (K78); Marco Iozzi H.O.B Astronomical Observatory (L63); Nello Ruocco Osservatorio Astronomico Nastro Verde (C82);  Paolo Bacci, Martina Maestripieri GAMP – San Marcello Pistoiese (104); Nico Montigiani, Massimiliano Mannucci Osservatorio Astronomico Margherita Hack (A57). Analisi dei dati e redazione del documento a cura di L. Franco (A81).

Questo studio dimostra quanto sia importante acquisire curve di luce nel corso di molteplici opposizioni, lavoro al quale l’Unione Astrofili Italiani sta fornendo un valido contributo con le sue campagne fotometriche trimestrali, e come l’approccio collaborativo, insieme all’impiego di tecnologie avanzate, continua a svolgere un ruolo cruciale nel progresso della conoscenza e dello studio dell’universo.

 

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 FUTURI N°20 ANNO V

Rivista Italiana di Futures Studies

 

Intro

Di fronte all’escalation bellica in un quadro globale reso critico dagli effetti dell’Antropocene, il termine “policrisi” ha iniziato a imporsi per designare un presente e soprattutto un futuro di crisi sistemiche del sistema internazionale. I multipli scenari di guerra in atto o in potenza politicizzano con altri mezzi – cioè, militari – le numerose linee di frattura dello scenario politico internazionale, polarizzandole in modo radicale e riducendo drammaticamente gli spazi di mediazione. Ma maggiore è la crisi istituzionale internazionale, maggiore è il bisogno di una democratizzazione formale e sostanziale delle istituzioni e degli attori, compresi quelli della società civile internazionale: rimettere al centro questo tema è essenziale per non rassegnarsi a un futuro di militarismo, autoritarismi e nuovi nazionalismi/suprematismi, peraltro potenzialmente o di fatto trasversali ai regimi politici. I Futures Studies possono contribuire a smontare il fatalismo deterministico e mettere al centro, anche e soprattutto per l’ordine politico globale, un’idea di futuro desiderabile verso cui muoversi con rinnovata consapevolezza.

Futuri – La Rivista

“Futuro” è una parola che non passa mai di moda, anzi: usata e abusata in ogni contesto e fuori contesto, dai discorsi politici agli spot pubblicitari, è stata svuotata di ogni significato. “Futuri”, d’altro canto, fa riferimento a un altro contesto: quello associato ai futures studies, lo studio dei futuri possibili, una disciplina nata negli anni Sessanta che si è diffusa in tutto il mondo. “Futuri” è una parola che esemplifica un concetto, quello per cui non esiste un destino manifesto, un futuro oggettivo nel quale vivremo, ma una vastissima gamma di possibilità, di “scenari”. Dopo essere stato invaso e colonizzato da una sola grande narrazione, il futuro va pluralizzato: bisogna liberare i “futuri” potenziali e dormienti. Questa la mission dell’Italian Institute for the Future, nato nel 2013 come think-tank dedicato allo studio dei futuri, che dal 2014 pubblica FUTURI, rivista semestrale attualmente unica nel panorama italiano dedicata ai futures studies.

FUTURI non è un magazine d’informazione sulle ultime novità nell’ambito dell’innovazione, della scienza, dell’economia o della politica. Non tratta degli ultimi prodotti tecnologici né di start-up. Non presenta, soprattutto, una visione acritica del futuro, ma è appunto una rivista di studi critici sui futuri, ossia di analisi. Da un lato per comprendere i megatrend, le tendenze di lungo periodo, i “segnali deboli” nel grande marasma del villaggio globale, e riuscire così a “guardare più lontano”, come recita il sottotitolo. Dall’altro per mettere in discussione il “futuro” come paradigma egemonico e offrire, al suo posto, una serie di scenari alternativi, di nuove visioni di futuri più possibili. Già con il manifesto che inaugurava l’esperienza dell’Italian Institute for the Future partivamo da una domanda: che fine ha fatto il futuro? E non perché non ne sentissimo più parlare, anzi al contrario: perché tutto questo gran parlare di futuro lo ha reso oggi un significante vuoto. Dobbiamo quindi tornare a riempirlo di senso, riconquistando la capacità di aspirare a un domani diverso, più inclusivo, più sostenibile, più ambizioso, dove possano convivere progetti di insediamenti su Marte e nuovi movimenti democratici dal basso, ricerca medica di frontiera e accesso per tutti a Internet come all’acqua potabile, aerei ipersonici e treni più confortevoli per i pendolari. Sono queste le storie che vogliamo raccontare su FUTURI.


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Allarme ghiaccio: Task force Euclid (ma è già tutto previsto)

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Crediti: ESA
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E’ del 19 marzo la notizia del rilevamento di sottili strati di ghiaccio formatosi su uno degli strumenti di Euclid. La Task Force è entrata subito all’azione e gli interventi hanno già dato segni di miglioramento.

La visione di Euclide si annebbia

Alcuni strati di ghiaccio d’acqua – parliamo di uno spessore paragonabile alla larghezza di un filamento di DNA – stanno iniziando a influenzare la visione di Euclide ; un problema comune per i veicoli spaziali nel freddo gelido dello spazio, ma particolarmente invasivo per questa missione tanto sensibile da indagare la natura dell’Universo oscuro. Dopo mesi di ricerca, i team Euclid in tutta Europa entrano in gioco testando una procedura di nuova concezione per sbrinare l’ottica della missione. In caso di successo, come si sta verificando, le operazioni convalideranno il piano delle squadre di missione di mantenere il sistema ottico di Euclid quanto più libero possibile dai ghiacci per il resto della sua vita in orbita.

Negli ultimi mesi, mentre si mettevano a punto e calibravano gli strumenti di Euclid, gli esperti hanno notato una piccola ma progressiva diminuzione della quantità di luce misurata dalle stelle osservate in maniera sistematica dallo strumento visibile (VIS ) .

Si tratta appunto di un problema comune che i veicoli spaziali devono affrontare una volta arrivati ​​nello spazio: l’acqua assorbita dall’aria durante l’assemblaggio sulla Terra viene ora gradualmente rilasciata da alcuni componenti del veicolo spaziale, eliminata dal vuoto dello spazio.

Nel freddo gelido del nuovo ambiente di Euclid però, le molecole d’acqua contenute nell’aria che viene rilasciata tendono ad attaccarsi alla prima superficie su cui atterrano e, e se questa superficie è l’ottica altamente sensibile l’effetto diventa evidente.

“Abbiamo confrontato la luce stellare che entra attraverso lo strumento VIS con la luminosità registrata delle stesse stelle in tempi precedenti, viste sia da Euclid che dalla missione Gaia dell’ESA “, spiega Mischa Schirmer,  esperta della calibrazione per il consorzio Euclid e uno dei principali progettisti di il nuovo piano di de-icing.

“Alcune stelle sembrano variare nella loro luminosità, anche se per la maggior parte è stabile per molti milioni di anni. Quindi, quando i nostri strumenti hanno rilevato un debole e graduale declino dei fotoni in arrivo, è stato facile capire che non erano le stelle, ma noi”.

Ci si è sempre aspettati che l’acqua potesse gradualmente accumularsi e contaminare la visione di Euclide, poiché è molto difficile costruire e lanciare un veicolo spaziale dalla Terra senza che parte dell’acqua presente nell’atmosfera del nostro pianeta vi si insinui.

Per questo motivo, subito dopo il lancio si è svolta una “campagna di degassamento” in cui il telescopio è stato riscaldato da riscaldatori di bordo e anche parzialmente esposto al Sole, sublimando la maggior parte delle molecole d’acqua presenti al momento del lancio sulle superfici di Euclid o molto vicine. Una parte considerevole, tuttavia, è sopravvissuta, essendo stata assorbita nell’isolamento multistrato, e ora viene lentamente rilasciata nel vuoto dello spazio.

Dopo un’enorme quantità di ricerche – compresi studi di laboratorio su come minuscoli strati di ghiaccio sulle superfici degli specchi si diffondono e riflettono la luce – e mesi di calibrazioni nello spazio, il team ha stabilito che diversi strati di molecole d’acqua sono probabilmente congelati sugli specchi nell’ottica di Euclide. Si tratta dicevamo di spessori pari all’equivalente della larghezza di un filamento di DNA e certo si tratta anche di un’ulteriore conferma della sensibilità della missione il fatto stesso che rilevi quantità così piccole di ghiaccio.

Mentre le osservazioni e la scienza di Euclid continuano, i team hanno elaborato un piano per capire dove si trova il ghiaccio nel sistema ottico e mitigarne l’impatto ora e in futuro, nel caso continuasse ad accumularsi.

Il modello strutturale e termico del modulo di carico utile della missione Euclid dell’ESA visto nella camera bianca, con parte degli strumenti VIS (coperto in isolamento multistrato nero, o MLI) e NISP (coperto in MLI dorato) installati. Il materiale di rivestimento il cui peso è stimato in 10 kg circa può assorbire fino a quasi l’1% del proprio peso in acqua.

Nuovo piano per decontaminare Euclid da 1,5 milioni di km di distanza

Per rimuovere lo strato di ghiaccio ’opzione più semplice sarebbe quella di utilizzare la procedura di decontaminazione sviluppata ben prima del lancio e riscaldare quindi l’intero veicolo spaziale aumentando lentamente la temperatura da circa –140°C a, in alcune parti della navicella, sino ad un “mite” –3°C.

Ciò pulirebbe l’ottica ma riscalderebbe anche l’intera struttura meccanica del veicolo spaziale. Poiché la maggior parte dei materiali riscaldandosi si espande per poi non necessariamente tornare esattamente allo stesso stato dopo una settimana di raffreddamento, si potrebbe rischiare una differenza potenzialmente sottile nell’allineamento ottico di Euclid. Previsione inaccettabile per una missione così delicata in cui si possono notare effetti sull’ottica da un cambiamento di temperatura anche solo di una frazione di grado, che richiede almeno diverse settimane di ricalibrazione fine.

“La maggior parte delle altre missioni spaziali non hanno requisiti così esigenti in termini di ‘stabilità termo-ottica’ come quelli di Euclid”, spiega Andreas Rudolph, direttore di volo di Euclid presso il controllo missione dell’ESA.

Per limitare gli sbalzi termici, il team inizierà riscaldando individualmente le parti ottiche a basso rischio del veicolo spaziale, situate in aree in cui è improbabile che l’acqua rilasciata contamini altri strumenti o ottiche. Inizieranno con due specchi di Euclide che potranno essere riscaldati indipendentemente. Se la perdita di luce persisterà essi continueranno a riscaldare altri gruppi di specchi di Euclide, controllando di volta in volta la percentuale di fotoni di ritorno.

Piccole quantità di acqua continueranno a essere rilasciate all’interno di Euclid per tutta la durata della missione, quindi sarà sempre necessaria una soluzione a lungo termine per sbrinare regolarmente le sue ottiche senza impiegare troppo tempo prezioso per la missione: ricordiamo che Euclid ha solo sei anni per completare la sua indagine.

Una volta isolata l’area interessata, la speranza è che in futuro si potrà semplicemente riscaldare questa parte isolata della navicella spaziale secondo necessità. Quindi un lavoro molto complesso e dettagliato ma funzionale per risparmiare tempo prezioso in futuro.

Nonostante quanto sia comune questo problema di contaminazione per i veicoli spaziali che operano in condizioni fredde, sorprendentemente sono poche le ricerche pubblicate su come si forma esattamente il ghiaccio sugli specchi ottici e il suo impatto sulle osservazioni. Euclide non solo potrebbe rivelare la natura della materia oscura, ma potrebbe anche far luce su un problema che affligge da tempo i nostri occhi vagabondi nello spazio, che scrutano la Terra e l’Universo.

Come anticipato il nuovo approccio sta già mostrando ottimi risultati, sarà quindi possibile proseguire con le fasi di messa a punto dello strumento senza particolari interruzioni e perdite di tempo prezioso.

Fonte: ESA

 

Eclissi e Stima del Raggio Solare 8 aprile 2024

Tempo di lettura: 4 minuti

Nel numero 256 di Coelum Astronomia la
squadra composta da Alessandro Pessi, John
Irwin, Luca Quaglia, Lucian Kafka e Konstantinos
Emmanouilidis hanno condiviso con i lettori
i passaggi per la stimare il raggio solare sfruttando
le condizioni favorevoli delle eclissi.
In vista della prossima eclissi dell’8 aprile
2024 il team ci riprova e ci spiega come.

L’8 Aprile 2024 un’eclissi di Sole sarà visibile dall’America del Nord e Centrale, e marginalmente da Hawai’i, Polinesia Francese, Isole Cook, Kiribati, Groenlandia, Islanda, Irlanda e Regno Unito. L’eclissi sarà totale in un corridoio di circa 180 km di larghezza: la banda di totalità attraverserà Messico, gli Stati Uniti e il Canada. L’eclissi sarà parziale al di fuori di questa fascia nei rimanenti luoghi in cui l’eclissi sarà visibile.

Milioni di persone potranno potenzialmente assistere allo spettacolare fenomeno della totalità. Alcune di esse, posizionate esattamente in mezzo alla banda di totalità, vicino alla linea di centralità, potranno ammirare, tempo permettendo, la corona solare per oltre 3 minuti (in Messico e nella maggior parte degli Stati Uniti, per oltre 4 minuti). Altre invece saranno vicine ai limiti della banda di totalità: che esperienza essi avranno? La domanda non è solo accademica, poiché alcune grandi città, in particolare Montréal, saranno bisecate da uno dei due limiti della banda di totalità.

Mappa di Montréal che mostra, in arancione, il limite nord della banda di totalità (il limite “vero”) dell’eclissi dell’8 Aprile 2024, calcolato prendendo in considerazione la topografia del profilo lunare (detto anche bordo o limbo lunare) e assumendo un raggio solare di 959.95”. In blu, il limite nord della banda di totalità (il limite “medio”), calcolato assumendo che la Luna sia una sfera perfetta, senza valli o montagne, e un raggio solare di 959.95”. Questo limite “medio” è quello che si trova su quasi tutte le altre mappe per questa eclissi (Map Data © Google Earth 2024, calcoli di John Irwin).

 

Come la figura 2 mostra, circa 90 km a sud-est di Montreal, vicino alla linea di centralità, la totalità durerà circa 3 minuti e 30 secondi. Allontanandosi dalla linea di centralità, la durata della totalità diminuirà, inizialmente molto gradualmente, ma poi sempre più rapidamente avvicinandosi ai limiti della banda di totalità. A circa 70 km dalla linea di totalità (circa 80% della distanza tra linea di centralità e limite nord), la durata della totalità avrà ancora un rispettabile valore di circa 2 minuti. A circa 80 km dalla linea di totalità (circa 90% della distanza tra linea di centralità e limite nord), la durata della totalità sarà ancora di circa 1 minuto 20 secondi. Da qui al limite nord, la durata della totalità crollerà rapidamente, sino ad azzerarsi esattamente al limite. Questa sembrerebbe una zona da evitare a tutti i costi, ma in realtà ai limiti della banda di totalità i fenomeni transitori dell’eclissi vengono esaltati e interessanti studi scientifici possono essere condotti, tra i quali la misura del raggio solare.

Il grafico mostra la dipendenza della durata della totalità dell’eclissi dell’8 Aprile 2024 in funzione della distanza dalla linea di centralità, a sud-est di Montréal. Distanze positive a nord della linea di centralità, e negative a sud di essa. I valori di durata “vera” della totalità includono gli effetti della topografia del limbo lunare, quelli “medi” assumono che la Luna sia una sfera perfetta (calcoli di John Irwin).

 

I fenomeni transitori sono quelli che si possono vedere, di solito brevemente, attorno ai tempi di secondo e terzo contatto, quando la totalità comincia e finisce. Dovuti alla topografia del limbo lunare, quando l’eclisse è quasi totale, quello che rimane della fotosfera (lo strato superficiale del Sole) si frammenta in brillanti grani di Baily, come mostrato in figura 3. Giusto prima del secondo contatto e giusto dopo il terzo contatto, i grani di Baily generano lo spettacolare effetto dell’anello di diamante. La cromosfera, il colorato strato sottile giusto sopra la fotosfera, diventa brevemente visibile. Le ombre volanti, elusive e affascinanti bande di luce e ombra che si muovono rapidamente sulla superficie del paesaggio, nelle opportune condizioni, possono apparire in modo spettacolare. Questi fenomeni sono estremamente brevi in quasi tutta la banda di totalità, ma sono estesi, esaltati e prolungati nelle vicinanze dei limiti della banda di totalità [1].

Sequenza di grani di Baily visibili nei secondi precedenti il secondo contatto (C2) dell’eclisse anulare-totale del 20 Aprile 2023 in Australia. Queste immagini sono estratte da un video ad alta risoluzione registrato nelle vicinanze della linea di centralità. (credito per le immagini: Jörg Schoppmeyer).

La drastica riduzione della durata della totalità caratteristica dell’osservare l’eclisse dal limite non sembrerebbe essere controbilanciata dall’estensione e dalla intensificazione dei fenomeni transitori. In realtà, come vedremo, la corona solare rimane visibile significativamente più a lungo di quello che la semplice durata di totalità sembrerebbe indicare.

 

  1. Considerazioni sul calcolo dei limiti della banda di totalità

    [..]

  2. Stimare il raggio solare osservando dal limite della banda di totalità

    [..]

  3. Stima del raggio solare durante l’eclissi totale del 2017

    [..]

  4. Stima del raggio solare durante l’eclissi anulare-totale del 2023

    [..]

  5. Stima del raggio solare durante l’eclissi totale del 2024

    [..]

L’articolo completo è su COELUM ASTRONOMIA N°267 prenotalo finché disponibile.

 

 

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