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Dalla Terra alla Luna

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Se il mese scorso abbiamo voluto mettere alla prova la vostra dimestichezza con il pianeta più caro al genere umano (no, non stiamo parlando di Plutone), è stato solo per mostrare quanto poco si conoscano realmente anche le cose più comuni. La Terra è infatti certamente un pianeta, oltre ad esserci madre e genitrice; nonché l’unico luogo dell’Universo che davvero conosciamo e frequentiamo.
Il solo altro luogo che ha avuto la ventura di ospitare l’orma di un piede umano è la nostra vicina e compagna Luna, che però è stata così poco considerata dopo i primi emozionanti appuntamenti che avrebbe tutti i diritti di tenerci il muso come una fidanzata trascurata.
Il primo pensiero che abbiamo avuto, dopo i tafferugli di Praga, è stato allora quello di inventare un quiz basato sulla Luna e sulle risoluzioni dell’IAU, immaginando di dotarvi di poteri divini e di chiedervi quali potrebbero essere le “minime azioni possibili” in grado di promuovere la Luna a “Pianeta” secondo le nuove definizioni. Avreste potuto fare qualsiasi cosa: dilatarla, restringerla, appesantirla, spostarla ovunque nel sistema solare: l’importante era che, a valle delle modifiche potesse meritarsi l’ambita qualifica di “Pianeta”. Per il quale, ormai, non basta più essere un “astro errante”, con buona pace degli antichi Greci.
Però, abbiamo anche pensato che una domanda del genere sarebbe stata davvero poco romantica, mentre invece a noi la Luna suscita ancora ricordi e visioni da autentico “Sturm und Drang”: tanto per dire, l’unica volta che abbiamo fatto i capricci per vedere la televisione sino a tardi è stato durante la notte tra il 20 e il 21 luglio 1969. È possibile che il suo fascino nasca anche dal fatto che, pur presentando caratteristiche di corpo celeste, sembra appena fuori casa, quasi appesa in giardino. E basta questo per capire perché, sin dall’antichità, la letteratura si sia cimentata nella ricerca di un metodo per raggiungerla; a partire da Luciano di Samosata, passando per l’Orlando Furioso dell’Ariosto e il Cyrano di Rostand, fino al proiettile di Jules Verne.
I metodi proposti dagli autori classici, però, non è che fossero poi così entusiasmanti, almeno dal punto di vista delle scienze fisiche: dovendo eleggere un vincitore, le nostre preferenze andrebbero al signor De Bergerac che, se non ricordiamo male, proponeva ben sette metodi per raggiungere l’amato satellite: uno più inutilizzabile dell’altro, naturalmente, ma non è certo questo il punto. Anche i primi libri di astronautica capitatici tra le mani (“Razzi Interplanetari”, di Lester del Rey) e i primi libri di fantascienza non lasciavano molte speranze: senza eccezioni, presupponevano la necessità di una o più stazioni spaziali, in numero direttamente proporzionale all’ottimismo dell’autore in merito alla scoperta di nuovi propellenti.
È sempre un buon esercizio, però, tornare sulle vecchie idee per cercare di capire – senza troppa aria di sufficienza – “perché” fossero sbagliate. Anche le più semplici: ad esempio, l’ipotesi di “andare sulla Luna in mongolfiera” era effettivamente stata avanzata da qualcuno, ma sareste davvero in grado di demolire l’idea con un solo argomento logico, anche senza considerare l’assenza dell’aria nello spazio tra Terra e Luna (in fondo, l’assenza d’aria nello spazio non era una conoscenza così ovvia, ai tempi delle mongolfiere)?
E allora, anche noi vogliamo estrarre dal cappello una vecchia idea: decidiamo di usare un filo. Non prendeteci troppo in giro: non solo perché già Arthur Clarke ne ha parlato nel suo “Le Fontane del Paradiso”, ma anche e soprattutto perché non avete riso per niente quando sullo Shuttle si tentò l’esperimento Tethered.

Per farla breve, tutto quel che ci serve è un po’ di filo che riesca ad unire la Terra alla Luna, magari passando da una bella stazione spaziale piazzata in orbita geostazionaria. Non abbiamo alcun problema per portare il capo giusto del filo a destinazione, perché siamo riusciti a convincere un miliardario americano a finanziare l’impresa. Il nostro sponsor ci ha già fatto pervenire un gomitolo sferico di robustissimo filo, la cui sezione circolare è di un centesimo di pollice (visto che pagano gli americani, misuriamo come preferiscono loro: per pochi dollari siamo pronti a svendere tutto il sistema metrico decimale).
Il gomitolo assegnatoci ha un diametro di 24 pollici, che però a occhio ci sembra un po’ scarsino… quello che ci chiediamo è se con quel filo riusciremo ad arrivare, non dico alla Luna, ma almeno all’orbita geostazionaria
Insomma, quanto è lungo il filo nel gomitolo? E nel caso che non bastasse, quale dovrebbe essere il diametro del gomitolo per arrivare alla Luna?