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Hubble sotto attacco: un approfondimento

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Le recenti polemiche su Hubble hanno avuto il merito di rendere noti gli importanti contributi di Lemaître (e di altri astronomi come Slipher, Lundmark, Wirtz…) alla cosmologia moderna, contributi finora apprezzati soltanto da chi avesse approfondito l’evoluzione storica di questa scienza. Se è giusto che il mito di Hubble lasci il posto alla storia, alcune accuse nei confronti dell’astronomo americano mi sembrano però eccessive. A questo proposito ci sono stati studi più equilibrati; in particolare, per quanto riguarda la scoperta dell’espansione dell’universo credo che l’articolo migliore sia quello di Helge Kragh e Robert Smith,  pubblicato nel 2003 sullla rivista History of Science. Kragh e Smith identificano come personaggi chiave della scoperta Friedmann, Lemaître e Hubble, e affermano che, dovendo indicare un unico scopritore dell’espansione, questi non può che essere Lemaître, “avendone fornito le ragioni teoriche e osservative”. Osservano inoltre che l’esclusiva attribuzione ad Hubble della scoperta dell’espansione è avvenuta nel corso del tempo, in particolare dopo la sua morte: non è dunque Hubble che deve essere ritenuto responsabile delle distorsioni e semplificazioni storiche successive. Che poi Hubble abbia difeso orgogliosamente le sue scoperte e non abbia apprezzato come avrebbe dovuto i contributi di chi lo ha preceduto mi sembra innegabile e senz’altro criticabile, ma non c’è alcuna prova di scorrettezze più gravi, in particolare di un suo intervento diretto presso Smart, l’editor del MNRAS, per censurare l’articolo di Lemaître.

Bisogna comunque riconoscere che i lavori di Hubble furono fondamentali: le sue misure di distanza con le Cefeidi offrirono un metodo diretto per misurare la distanza delle galassie, la sua classificazione delle galassie era più generale e perfezionata di quella di Reynolds, e la linearità della relazione velocità-distanza, se la giudichiamo a posteriori, fu davvero confermata solo nel 1931 dall’articolo firmato da Hubble ed Humason, i cui dati includevano galassie a grandi distanze e rendevano dunque trascurabili i moti locali. Occorre al tempo stesso sottolineare che Hubble ebbe la fortuna di osservare con il miglior telescopio dell’epoca, e che la nascita della cosmologia moderna è dovuta al contributo fondamentale di altri fisici e astronomi, primo fra tutti Lemaître, oggi giustamente rivalutati.

ALBERTO CAPPI

INAF – Osservatorio Astronomico di Bologna