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ABBIAMO VISTO LE MONTAGNE DI PLUTONE – le interviste

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Edgard è Staff Scientist presso l'Osservatorio di Arecibo dove si occupa dello studio dei proccessi delle superfici planetarie. Nel suo lavoro usa tecniche numeriche, assieme alle osservazioni, per rispondere alle domande: "Com'era il nostro Sistema solare ai suoi inizi?" e "Ci sono pianeti abitabili oltre la Terra?".

Qual è stata la tua prima reazione davanti alle immagini di Plutone?

Ero sbalordito. Plutone ha indizi di recenti attività geologiche. La sua superficie suggerisce attività ancor più importanti di quelle alcuni dei satelliti ghiacciati di Saturno e Giove, coperti di crateri.

Credo che Sputnik Planum mi abbia sorpreso più di tutto il resto. Vedere le prove di flussi di azoto sulla superficie di Plutone è stato scioccante. È un processo geologico completamente nuovo che non avevamo considerato. È in casi come questo che la scienza si fa davvero affascinante; quando accadono cose che non ti aspetti. È la prova che abbiamo ancora molto da imparare sul nostro Sistema solare e sull’universo.

New Horizons ha misurato che il ritmo di fuga dell’atmosfera di Plutone è di ben 500 tonnellate all’ora. Potrebbe esserci una fonte che rifornisce di azoto l’atmosfera?

Questa è una delle più sorprendenti scoperte di New Horizons! Plutone sta perdendo molto azoto, eppure l’abbondanza relativa di quest’ultimo nell’atmosfera è rimasta piuttosto costante. Ciò significa che ci deve essere una fonte di azoto.

Alcune ipotesi preliminari suggerivano un trasporto attraverso impatti cometari o asteroidali; tuttavia, uno studio recente di Kelsi Singer del team di New Horizons è giunto alla conclusione che l’azoto introdotto da questi impatti non è sufficiente a compensare l’elevato ritmo di fuga. Ciò apre la possibilità che sia l’attività interna di Plutone a rifornire di azoto la superficie, ad esempio via geyser, come suggerito da Alan Stern. Tutto questo è molto affascinante, soprattutto considerato che non ci aspettavamo un freddo e lontano Plutone così attivo!

Potrebbe Plutone essersi rimpicciolito notevolmente in seguito alla perdita di azoto?

Il ritmo di fuga dell’azoto è di circa 1.5 x 1012 grammi all’anno. Assumendo che Plutone stia perdendo la sua atmosfera fin dall’inizio della storia del Sistema solare, la massa persa risulta essere circa 7 x 1021 grammi, solo lo 0,05% della massa totale di Plutone. Quindi anche se il ritmo di fuga è piuttosto elevato, non dovrebbe aver influito granché.

Come funziona il movimento delle sostanze volatili su Plutone rispetto a Marte?

L’atmosfera marziana è composta principalmente da anidride carbonica. Il fatto interessante è che le regioni polari possono scendere a 148 K, la temperatura a cui l’anidride incomincia a condensare. Ciò significa che durante buona parte dell’inverno, nelle regioni polari l’atmosfera inizia a collassare e a formare una calotta stagionale. Durante l’estate, l’anidride carbonica sublima e risale nell’atmosfera. Non tutta l’atmosfera collassa nella fase solida.

Pensiamo che l’atmosfera di Plutone segua lo stesso ciclo, ma su scala globale. L’orbita di Plutone è piuttosto eccentrica. Durante l’inverno, crediamo che tutto il gas nell’atmosfera collassi sotto forma di solido sulla superficie. Quando si avvicina l’estate, i gas sublimano e ritornano nella loro fase gassosa, “riempiendo” l’atmosfera.

In cosa consiste la fuga idrodinamica a cui è soggetta l’atmosfera di Plutone?

Le molecole di un gas sono sempre in movimento e in continua collisione tra di loro. Questo processo permette al gas di raggiungere un punto in cui può essere descritto usando la statistica. Sappiamo che la velocità dei gas può essere descritta attraverso una distribuzione di probabilità che raggiunge il massimo in prossimità della velocità media delle molecole del gas. Quando rovesci qualcosa di molto puzzolente, chi si trova dall’altra parte della stanza sentirà subito qualcosa e pochi attimi dopo l’intera area sarà dominata dalla puzza: questo perché alcune delle molecole del gas viaggiano molto velocemente, mentre il grosso viaggia più lentamente.

Nella fuga idrodinamica, le più veloci molecole di un gas possono scappare dal pianeta. Mentre percorrono le loro traiettorie di fuga, possono scontrarsi con altre molecole di massa differente e scambiare la loro energia. Ora queste molecole più pesanti hanno improvvisamente più energia e possono anch’esse scappare grazie a questo scambio di energia con molecole più leggere e rapide. Si tratta di un processo che richiede quindi molte molecole leggere in grado di raggiungere velocità abbastanza elevate da trascinarsi dietro le molecole più pesanti.

Alla Terra e Marte rimangono poche di queste molecole leggere (solitamente idrogeno, da cui il termine ‘idrodinamico’) e quindi questa fuga idrodinamica è molto bassa. Su Plutone invece, il metano (peso molecolare 16 g/mol) scappa liberamente dall’atmosfera di Plutone, trascinandosi dietro parte dell’azoto molecolare (peso 28 g/mol).

Potrebbe il fatto che il baricentro del sistema Plutone-Caronte si trova al di fuori di Plutone stesso causare una qualche perturbazione nel trasporto di queste molecole?

È proprio ciò che crediamo stia accadendo. Data la loro vicinanza e la bassa velocità di fuga (dovuta alla scarsa massa dei due corpi), lo scambio di materiali volatili tra Plutone e Caronte è possibile ed è ciò che New Horizons sta cercando. Il punto scuro e rosso sul polo di Caronte potrebbe essere proprio composto da materiali volatili provenienti da Plutone.

Qual è la più importante destinazione nel Sistema solare da far visitare alle nostre sonde nei prossimi decenni?

Sono entusiasta della futura missione verso Europa. Penso che Europa offra la più grande opportunità di ospitare vita. ‘Siamo soli?’ è una delle domande alla base dell’astronomia. Trovare prove della presenza di vita altrove nel Sistema solare, sia microbica che intelligente, ci permetterà di capire molto di più su come la vita sia comparsa sulla Terra e quanta ne potremo trovare altrove nell’universo. Siamo sul punto di essere in grado di risolvere una delle più antiche domande [n.d.r. vedi anche l’inchiesta su Coelum 193, 194 e che proseguirà su Coelum 196].

Per capire come il Sistema solare si è formato ed evoluto, dobbiamo studiare tutta la gamma dei suoi oggetti. Abbiamo una buona quantità di dati su Terra, Luna, Marte, Mercurio, Giove, Saturno e i loro satelliti ghiacciati, ma conosciamo ancora pochissimo di Urano e Nettuno, oltre a gran parte degli oggetti del sistema solare esterno. Abbiamo bisogno di osservazioni e misurazioni da questi corpi per poter avere un’immagine più nitida di come si è formato ed evoluto il Sistema solare.