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Impatto lunare

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Immagini del flash. La serie di fotografie riprese nello stesso istante (1 agosto 2013 alle 02:21:55.7 UT) da quattro diversi telescopi che mostrano il flash luminoso: da sinistra a destra, da Andrea Manna (Cugnasco, Svizzera, con un riflettore di 200 mm), Raffaello Lena (Roma, con un rifrattore di 130 mm) e Stefano Sposetti (Gnosca, Svizzera, rispettivamente con un rifrattore da 150 mm e un riflettore di 280 mm). La sovrapposizione tra le immagini indica inoltre che il flash non manifesta una parallasse misurabile, nonostante la base assai lunga tra Roma e il Canton Ticino (maggiore di 500 km).
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Registrazioni simultanee di un flash in Italia e Svizzera che supportano un impatto sul suolo lunare occorso il 1 agosto 2013

La possibilità di poter osservare, e documentare, eventi straordinari è uno degli aspetti più interessanti da un punto di vista astronomico. Tra questi, un evento spettacolare e raro è rappresentato, senza ombra di dubbio, dall’osservazione della collisione tra corpi celesti, come avvenuto per la seconda volta in quindici anni, sul più grande dei pianeti del nostro sistema solare: Giove. Nel corso del 1994, quando avvenne l’impatto dei frammenti della cometa Shoemaker-Levy 9, molti lettori non avevano probabilmente cominciato la loro attività di astrofilo.

Più recentemente, il 19 luglio 2009, l’astrofilo australiano Anthony Wesley scoprì sul pianeta gassoso una nuova formazione scura, provocata dalla collisione di un’asteroide o una cometa. Anche noi riuscimmo a produrre varie immagini documentando al meglio questi avvenimenti: in particolare la forma e l’estensione della macchia, localizzata alle alte latitudini meridionali di Giove. L’assidua e costante osservazione di questi fenomeni può rappresentare un campo di interesse scientifico particolarmente fertile per l’astrofilo. Grazie poi anche alla diffusione di Internet queste osservazioni vengono scambiate e condivise fra gruppi di astrofili.

Ma gli impatti non sono poi così rari nell’universo, e un altro esempio è rappresentato dalla Luna. Il nostro satellite, come avvenuto in modo più intenso e devastante miliardi di anni fa, subisce ancor oggi impatti di meteoroidi. Anni orsono la NASA, tramite il MEO (Meteoroid Environment Office, Marshall Space Flight Center) ha fatto presente la possibilità di osservare questi fenomeni sulla Luna appunto, semplicemente con l’uso di un piccolo telescopio e una telecamera. Il MEO ha già registrato oltre trecento flash e l’ultimo impatto ufficialmente pubblicato risale al 17 marzo scorso.

La ricerca dei flash originati da impatti di meteoroidi sulla porzione di superficie lunare non illuminata dal Sole, tramite osservazione visuale, era già stata proposta fin dal 1939 da Walter Haas, fondatore dell’ALPO (Association of Lunar and Planetary Observer). La ricerca di questi eventi, purtroppo caratterizzata da numerosi insuccessi, ha ricevuto però una nuova attenzione dopo i primi risultati ottenuti negli Stati Uniti nel corso del 1999, con la registrazione da parte di diversi osservatori di probabili impatti. La notte del 18 novembre di quell’anno, durante il massimo delle sciame delle Leonidi, David Dunham dello IOTA (International Occultation Timing Association), con una telecamera collegata al suo telescopio, registrò una serie di flash di magnitudine visuale stimata fra la 3 e la 7. Questi eventi furono anche registrati simultaneamente dai colleghi dell’ALPO. Nel corso degli anni successivi sono stati riportati altri risultati positivi, in particolare da monitoraggi condotti da gruppi di ricercatori in Spagna ed in Giappone, che numerosi risultati di singoli osservatori; quest’ultimi rimasti però privi di conferme.

Nei primi anni del nuovo millennio alcuni di noi iniziarono a dedicarsi alla ricerca di impatti di meteoroidi sulla Luna, aggiungendo questo nuovo campo alla loro abituale attività di ricerca astronomica (Stefano Sposetti nel campo delle occultazioni asteroidali e nella ricerca di pianetini, e Raffaello Lena nello studio sui domi lunari associati alla loro classificazione). Questi studi preliminari, in accordo con quanto proposto da W. Haas, suggerirono che un impatto lunare deve essere confermato da almeno un secondo osservatore distante qualche decina di chilometri. Nel corso dei monitoraggi, come quelli effettuati dal nostro team, è necessario che le registrazioni video soddisfino i due fondamentali criteri di contemporaneità e di stessa localizzazione sul suolo lunare. Questi due fattori sono la premessa per poter assegnare il label di “probabile impatto” alla visione di un flash luminoso.

I raggi cosmici sono particelle, principalmente protoni ed elettroni, che viaggiano a velocità vicine a quelle della luce. Dalla collisione con gli atomi degli strati superiori dell’atmosfera, essi producono particelle secondarie rilevabili dalle matrici CCD. La maggior parte dei raggi cosmici lasciano un segnale puntiforme rilevabile in un frame o, in alcuni casi, sono registrabili come doppietti o più raramente tripletti, o dalle forme atipiche a “ L” o “S”. Anche la radioattività naturale, circostante il sito osservativo, è in grado di produrre segnali luminosi sui sensori CCD.

Questo aspetto, per quanto semplice possa sembrare, è fondamentale, così come lo è la sincronizzazione delle riprese da siti diversi. Per avere la ragionevole certezza di un impatto lunare è infatti necessario escludere altre cause, quali i segnali spuri causati dalla riflessione della luce solare da parte di satelliti che vagano sempre più numerosi nello spazio, eventuali meteore che dovessero impattare “head-on” contro l’atmosfera terrestre, e soprattutto i raggi cosmici che, colpendo il sensore, generano lampi luminosi anche in condizioni di completa oscurità (come verificabile dalle prove di “dark test”, cioè con camere CCD accoppiate a telescopi tappati, vedi box a lato).

L’eventuale transito di satelliti può essere verificato attraverso appositi programmi o, ad esempio, via web, attraverso il servizio offerto da Calsky, di Arnold Barmettler. Per approfondimenti i lettori interessati potranno trovare ulteriori dettagli e spiegazioni sui segnali spuri nel capitolo 11 “Spurious flash or true impact event?” (scritto da uno di noi, R. L. con il GLR group e l’American Lunar Society) nel libro di B. Cudnick dal titolo “Lunar Meteoroid Impacts and how to observe them”, pubblicato da Springer nel 2009.

Il nostro team, costituito da tre postazioni osservative in Svizzera (Marco Iten, Andrea Manna e Stefano Sposetti) e una a Roma (Raffaello Lena), da tempo esegue riprese simultanee facendo proprio il criterio fondamentale della lunga distanza tra gli osservatori; nel nostro caso quella tra Roma ed il Canton Ticino, che è maggiore di 500 km. Infatti, in questa situazione è estremamente improbabile che un flash registrato simultaneamente e nello stesso luogo lunare possa essere di origine spuria. In Italia, negli anni passati, ci sono state alcune singole segnalazioni di flash senza alcuna conferma da parte di altri osservatori, e quindi non rientranti nei criteri di confidenza che è necessario adottare per questi eventi.

In Svizzera, negli anni 2011-12, erano stati identificati 13 probabili impatti da parte di M. Iten e S. Sposetti. Queste osservazioni erano state pubblicate sulla rivista on-line, Selenology Today, del GLR group.

Il flash osservato sulla Luna la mattina del 1 agosto 2013 funge da primo evento nazionale, poiché fino ad allora in Italia non era stato ancora registrato un flash da impatto che fosse confermato simultaneamente da altri osservatori.

Ecco la nostra strumentazione:

Strumentazione di Raffaello Lena (Roma) impiegata nel monitoraggio: rifrattore di 130 mm, con accanto il suo Mak-Cassegrain da 180 mm.

– Un rifrattore da 130 mm dotato di una camera Mintron MTV-12V1C-EX (25fps), che si trova a Roma (R. Lena);

– Un rifrattore da 150 mm ed un riflettore da 280 mm entrambi equipaggiati con una camera Watec 902H2 (25fps), situati a Gnosca, in Svizzera (S. Sposetti);

Strumentazione di Andrea Manna (Cugnasco, CH) impiegata nel monitoraggio: riflettore di 200 mm.

– Un riflettore da 200 mm dotato di una camera Watec 120N+ (25fps), situato a Cugnasco, in Svizzera (A. Manna).

Alle 02:21:55.7 UT, i quattro strumenti rilevano simultaneamente un lampo breve ed intenso.

Immagini del flash. La serie di fotografie riprese nello stesso istante (1 agosto 2013 alle 02:21:55.7 UT) da quattro diversi telescopi che mostrano il flash luminoso: da sinistra a destra, da Andrea Manna (Cugnasco, Svizzera, con un riflettore di 200 mm), Raffaello Lena (Roma, con un rifrattore di 130 mm) e Stefano Sposetti (Gnosca, Svizzera, rispettivamente con un rifrattore da 150 mm e un riflettore di 280 mm). La sovrapposizione tra le immagini indica inoltre che il flash non manifesta una parallasse misurabile, nonostante la base assai lunga tra Roma e il Canton Ticino (maggiore di 500 km).
Localizzazione del flash. Immagini sovrapposte con il bordo del disco lunare generato, dopo il calcolo delle librazioni, da due software: il Lunar Terminator Visualization Tool (LTVT) di Mosher e Bondo ed il Virtual Moon Atlas (VMA) di Legrand e Chevalley. La mappa indica le coordinate determinate a 73 ° ± 4 ° Est e 27 ° ± 3 ° Nord, nella regione vicino al cratere Seneca C.

Sovrapponendo le tre immagini, il punto luminoso non manifesta alcuna parallasse evidente, nonostante la base assai lunga tra Roma ed il Canton Ticino. La simultaneità delle osservazioni e la presenza del flash nella stessa posizione sulla superficie lunare indica che, con alta probabilità, l’evento registrato sia dovuto ad un impatto di un piccolo meteoroide. Lo strumento con maggiore apertura mostra il flash per una durata di circa 80 millisecondi; negli altri strumenti (più piccoli) il flash appare più breve. L’intensità di picco del flash è pari a circa 8 mag V. La verifica della presenza di eventuali satelliti terrestri lungo la linea di vista è negativa per un diametro di 3 gradi. Le coordinate del flash vengono determinate a 73 ° ± 4 ° Est e 27 ° ± 3 ° Nord, nella regione vicino al cratere Seneca C, a nord est del Mare Crisium.

Considerando l’attività meteorica di inizio Agosto, caratterizzata soprattutto dalle alpha-Capricornidi e dalle Perseidi, è probabile che l’oggetto che ha impattato la superficie lunare appartenga ad uno di questi due sciami, più probabilmente il primo considerando il massimo predetto per la notte del 30 luglio. In questo caso la velocità relativa di impatto di una tipica alpha-Capricornide si attesta attorno ai 23 km/s.

Curva di luce. Curva di luce del flash registrata dallo strumento di 280 mm. Ogni valore orizzontale corrisponde a 20 millisecondi.

Attraverso l’uso di modelli fisici che tengono conto della velocità di un meteoroide e dell’efficienza luminosa relativa alla trasformazione dell’energia cinetica in energia luminosa, è possibile stimare sia la massa del corpo impattante che il diametro del cratere formato. Le stime di questo tipo (che utilizzano la legge di Gault) sono ovviamente teoriche considerando le incertezze relative alla velocità dello sciame, la densità del corpo impattante e il valore dell’efficienza luminosa adottata. Comunque, considerando tutte queste incertezze, le stime eseguite indicherebbero che la massa del meteoroide potrebbe essere dell’ordine del chilogrammo ed il diametro del cratere dell’ordine di 1-10 metri; potrebbe quindi essere rilevato dal Lunar Reconnaissance Orbiter, per confronto con immagini ottenute in precedenza.

Dopo le prime comunicazioni apparse nel Lunar Photo of the Day (LPOD) dell’astronomo Charles Wood, e successivamente attraverso le pagine web del Lunar Pioneer, e nel notiziario dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), il nostro report è stato trasmesso alla dottoressa Danielle Moser, l’addetta del Marshall Space Flight Center della NASA, che si occupa di raccogliere questo tipo di segnalazioni. E’ stata fonte di soddisfazione ricevere la sua risposta, confermando che questa nostra osservazione sarà inclusa nella lista NASA, attraverso il Meteoroid Environment Office.